So che ho già in ballo Black Eyes. So che di questa ho pronti solamente quattro miseri capitoli. Il problema è che amo questa ff visceralmente e proprio non riesco ad aspettare oltre per condividerla con voi... spero la amerete anche solo la metà di quanto la amo io.
Buona lettura!
PROROGO
Non è facile avere quindici anni. E lo è ancor di meno quando hai la netta sensazione che la tua vita non sia altro che una finzione. Una recita. Dove ogni santo giorno ti passano un copione che tu non riesci a comprendere e che sei comunque costretto a seguire. Ti guardi attorno e tutto ti sembra sbagliato. Fin da quando ero solo una bambina, mi è stato insegnato che il sangue è la cosa più importante. Mio padre mi tratteneva per ore e ore nel suo studio cercando di convincermi che non siamo tutti uguali. Che i purosangue, quelli come noi, sono nettamente superiori a tutti gli altri. Nulla a che vedere con gli “sporchi” mezzosangue o con i babbani. Non ha mai permesso che sotto la sua sorveglianza io, la sua unica figlia, frequentassi “gentaglia” del genere. Eppure io non capivo. Quando mia madre mi portava al parco di nascosto da lui e vedevo gli altri bambini, non notavo nessuna differenza tra loro e me. Come me amavano correre ed andare sull’altalena. Pensai che forse la differenza fosse “dentro”. Mi ricordo che un giorno un bambino che giocava con me si graffiò un ginocchio e dalla ferita uscì un po’ di sangue. Incuriosita, mi avvicinai e rimasi sorpresa. Quel bambino non aveva nulla di magico eppure il suo sangue era rosso, proprio come il mio. Di ritorno a casa non dissi nulla a mio padre, ma da quel giorno smisi definitivamente di credere alle sue parole. Lo ascoltavo, certo, e davanti a lui fingevo che nulla fosse cambiato, ma per me ora tutto era diverso. Il giorno che arrivò la mia lettera per Hogwarts ci fu una gran festa e mio padre mi annunciò che certamente, proprio com’era successo a lui, sarei entrata a far parte della casata di Serpeverde. La casata più pura e importante. Ma io non volevo. Avevo deciso che mai sarei entrata in quella casata. Non volevo anche a scuola dover sopportare tutti quei discorsi assurdi sulla purezza del sangue. Non volevo dover fingere di essere qualcuno che non ero. Purtroppo, come spesso accade, il destino ci mise il suo zampino. Sull’espresso per Hogwarts conobbi una ragazzina dolcissima e strinsi con lei un'immediata amicizia. Francis Paciock mi conquistò subito con la sua simpatia e le sue idee così simili alle mie. Mi rassicurò sullo smistamento dicendomi che sicuramente anche lei sarebbe finita in Serpeverde, come sua madre. Da quel preciso istante desiderai di essere nella sua stessa casa, così avrei fatto felice mio padre, ma sarei stata contenta anche io poiché potevo essere me stessa proprio come la mia amica. Fu così che quando la professoressa McGranitt chiamò il mio nome e il cappello mi smistò tra i Serpeverde ne fui entusiasta. Trotterellai felice verso la tavolata verde-argento. Rimasi in attesa, aspettavo solo la mia amica. Ma quando Fran si sedette sullo sgabello con mio grande orrore la vidi smistata in corvonero. Così mi ritrovai in mezzo ad un vero e proprio covo di serpi tutte fissate con la questione del sangue. Come avevo sempre fatto iniziai a fingere di pensarla come loro. Per mia fortuna io e Fran rimanemmo comunque amiche così ogni momento libero lo passavo con lei e finalmente potevo essere me stessa.
Passò il primo anno e con mia grande sorpresa, nonostante le mie paure lo superai senza molta fatica. Il secondo anno iniziò notevolmente meglio del primo. Oramai ero abituata alla mia “doppia vita” e sapevo di poter contare su una grande amicizia. Ricordo come fosse ieri il momento dello smistamento. Quell’anno sarebbe arrivato Frank il fratello di Fran, ma non fu l’unica novità. Appena lo sciame di novellini sfilò davanti ai tavoli vidi la mia amica sbracciarsi come una matta nella mia direzione e indicarmi un piccolo gruppetto formato da quattro ragazzini. Uno era piuttosto basso e rotondetto e non aveva una faccia molto sveglia. Il più alto di tutti aveva un’aria piuttosto trasandata e malinconica. Gli altri due erano invece i classici figli di papà. Uno occhialuto e con la faccia da schiaffi e l’altro belloccio, ma con un’ aria arrogante da far venire il voltastomaco. Era proprio quest’ultimo che Fran m’indicava con tanto entusiasmo. Tutti e quattro furono smistati in Grifondoro, proprio come il fratello di Fran e lei colse l’occasione al volo. Qualche giorno dopo venne da me mentre me ne stavo seduta a leggere sotto a un albero del parco per chiedermi un grosso favore.
- Ti prego!
Esclamò strizzandomi una mano talmente forte da bloccarmi la circolazione.
- No! Ti ho detto di no e non cedo!
Risposi io risoluta, ma purtroppo lei aveva un’arma cui non sapevo negare nulla: due grandi occhi blu da cucciolo ferito. E così mezz’ora più tardi stavamo raggiungendo Frank sulle rive del lago nero per conoscere i quattro cosiddetti “malandrini”. Peter Minus, quello grassoccio e con la faccia da tonto si rivelò veramente tonto. Se ne stava lì a sghignazzare nervosamente in un modo abbastanza disgustoso. James Potter, l’occhialuto, era veramente irritante come sembrava. Per tutto il tempo non fece altro che scompigliarsi i capelli e vantarsi delle sue grandi capacità nel volo. In quel momento ringraziai il cielo per quella piccola parte di serpe che ho in me e che mi fece rispondere che anche le anatre sanno volare, ma non per questo vanno in giro a vantarsene. Ricordo che da quel momento chiuse il becco per una buona mezz’ora, con grande piacere per le mie orecchie. Poi davanti a noi si stagliò la figura “aitante” di Sirius Black al che Fran si sciolse come un ghiacciolo al sole e il nostro nuovo “amico” si godette una delle tante conquiste che poi raccolse nel corso degli anni. Infine strinsi la mano allo spilungone trasandato di nome Remus Lupin. Per tutto il tempo mi chiesi che diavolo ci facesse uno come lui, con gente come loro. Pareva un ragazzino riservato e intelligente, tutto il contrario degli altri tre idioti. Così da quel momento io e Fran iniziammo a frequentarli saltuariamente. Ovviamente dovetti spiegare loro della mia “doppia vita” e precisare che in me di Serpeverde c’era proprio poco e che solo James e Sirius riuscivano a tirare fuori questo lato nascosto. Ricordo che risero. Quegli idioti credevano che scherzassi. Il secondo e il terzo anno passarono velocemente, tra le lacrime di Fran per Sirius che correva dietro ad ogni sballottata che vedeva. Purtroppo verso la fine del terzo anno quell’idiota sembrò essersi preso una cotta per me. Ovviamente io non lo degnavo nemmeno di uno sguardo, un po’ perché sapevo che piaceva a Fran e un po’ perché non mi era precisamente simpatico. Ricordo che un pomeriggio d’inizio maggio io e Fran ci eravamo sedute ai piedi di un albero in una piccola radura che da tempo avevamo scoperto al limitare della foresta proibita. Come sempre lei mi stava tormentando su quanto Sirius fosse straordinario e meraviglioso ed io la ascoltavo annoiata annuendo di tanto in tanto persa nelle mie fantasticherie romantiche su Remus. Eh sì, alla fine mi ero presa una bella sbandata per quel ragazzino tanto timido e riservato. Anche se a quanto pareva, lui sembrava non avermi nemmeno notata. A un tratto sentimmo un rumore e davanti a noi vedemmo un grosso cane nero che ci osservava nascosto tra i cespugli. Fran gemette di paura, mentre io, che adoro gli animali, sorrisi tranquilla e lo chiamai a noi. Il cagnone trotterellò allegro verso di me e iniziò a farsi accarezzare il manto lucido. Mi risedetti accanto a Fran e continuai ad ascoltarla senza smettere di accarezzare quel dolce cucciolone che non perdeva occasione per leccarmi la faccia. Purtroppo perfino il cane era annoiato dalle chiacchiere insistenti della mia amica, infatti, iniziò a darmi delle musate per attirare tutta la mia attenzione su di sé. Io risi per quel buffo comportamento e cominciai a fargli i grattini che a quanto parve, gradì parecchio perché si voltò a pancia all’aria mugolando felice.
- Ma sei proprio un bel cucciolone sai?
Gli domandai grattandogli il petto. Lui abbaiò e scodinzolò in risposta facendo ridere anche Fran. A quel punto anche lei si era sciolta e mi guardava sorridendo.
- Ma che diavolo sta succedendo qui?
La voce di Remus mi fece sobbalzare. Gli sorrisi, e lo salutai con la mano.
- Eh Rem! Vieni qua, guarda abbiamo trovato un cane!
Lui si avvicinò di qualche passo osservando la scena. Aveva un’espressione indecifrabile sul volto. Un misto di rabbia e disgusto. Io lo incitai ad avvicinarsi ancora.
- Che c’è? Non ti piacciono i cani?
Gli chiesi stizzita mentre un’altra leccata umida mi accarezzava la guancia facendomi sorridere.
- Sei disgustoso.
Mormorò Remus a denti stretti. Io aggrottai la fronte arrabbiata.
- Io?
Chiesi pronta al litigio. Lui scosse il capo arrossendo lievemente.
- No, il ”cane”.
Rispose lui continuando a fissare l’animale con puro odio nello sguardo. Nel frattempo James-quattrocchi-Potter si stava avvicinando di corsa e appena ci raggiunse scoppiò a ridere.
- Sirius brutto idiota pulcioso è un’ora che ti cerco!
Io sgranai gli occhi nella sua direzione, anche perché proprio in quell’istante le mie dita, fino a poco prima appoggiate sul capo del cane, erano intrecciate ora a una massa di capelli corvini. Abbassai lo sguardo e i miei occhi incrociarono quelli soddisfatti di Sirius Black. Io e Fran saltammo in piedi urlando spaventate e infuriate. Sirius intanto se ne stava sdraiato a pancia all'aria e sghignazzava divertito.
- Tu! Tu! Sei un essere disgustoso!
Gli gridai furiosa. Poi mi rivolsi a Remus che mi guardò preoccupato.
- E tu: potevi almeno avvertirmi no? Ti stavi divertendo forse? Eh? Te ne stavi lì a fissarmi mentre io... accarezzavo... oddio! Quel... quel... accidenti! Che schifo!
Esclamai pulendomi il viso mentre Sirius si alzava senza smettere un attimo di ridere.
- Mi hai leccato la faccia per più di mezz’ora: che schifo!
James ormai era piegato in due dal ridere, come Sirius, mentre Remus aveva un’espressione dispiaciuta tradita da un mezzo sorrisetto involontario. Presi la mano di Fran che era rimasta talmente scioccata da essersi paralizzata e mi allontanai gridando ai tre di non volerli più vedere. L’unico che perdonai veramente fu Remus anche perché fu l’unico a scusarsi per l’accaduto e che si arrabbiò talmente tanto con Sirius da non rivolgergli la parola per tutto il mese seguente.
E così eccoci qui. Una mattina ti svegli e non sei più una bambina con lunghe trecce, ma una ragazza a tutti gli effetti in procinto di cominciare il quarto anno di studi. Il venti settembre, Silente Organizzò un ballo d’inizio anno. Tutti si misero in ghingheri soprattutto quelli della mia casata. Io mi ritrovai vestita in stile “damigella d’onore” o roba simile grazie alla geniale trovata di mio padre di mandarmi l’abito da cerimonia appartenuto probabilmente a qualche vecchia prozia morta da secoli. Fran riuscì a estorcere un invito da parte di Sirius con la collaborazione del suo gentilissimo e super paziente fratellino mentre io, dovendo recitare la solita commedia, accettai l’invito di Marcus Burke un ragazzo molto affascinante e al contempo parecchio irritante di un anno più grande di me. Marcus era figlio di un’importante famiglia purosangue e sapevo benissimo che voleva stare con me solo per il mio cognome. Non ero certo il suo tipo. Lui: alto, bello, fisico perfetto e con modi di fare eleganti e nobili. Io: non molto alta, secca senza nemmeno un filo di curve, con i capelli perennemente in disordine e l’aria trasandata. La serata iniziò tranquilla, anche se detestavo non poter stare con i miei veri amici in un’occasione come quella. Vidi una Fran radiosa letteralmente artigliata al braccio del solito borioso Sirius Black, Potter invece se ne stava in mezzo a cinque ragazze che starnazzavano come oche e che lui nemmeno guardava. Seguii il suo sguardo torvo e vidi Lilian Evans che civettava felice con un impacciatissimo Severus Piton. Sorrisi a quella scena. Anche se non conoscevo bene Severus, mi ricordava moltissimo Remus quando parlava con me. Cercai quest’ultimo con lo sguardo e lo trovai in un angolo del salone tutto solo intento ad’osservare gli altri divertirsi. Rimasi imbambolata a fissarlo per un momento e i nostri occhi s’incontrarono facendo raddoppiare i battiti del mio cuore. Gli sorrisi e accennai un saluto con la mano. Lui fece lo stesso.
- Chi sta salutando la mia dolce damigella?
Mi chiese Burke abbracciandomi da dietro. Io mi voltai cercando di scrollarmelo di dosso gentilmente.
- Oh no... nessuno.
Lui sorrise malignamente guardando oltre la mia spalla.
- Non dirmi che conosci quel mezzosangue di Lupin.
Io scossi il capo sforzandomi di sorridere e cercando di soffocare l’istinto di gonfiarlo di botte.
- Figurati, non frequento certa gente.
Risposi voltandomi appena e con mio grande orrore vidi Remus a pochi passi da me che mi guardava amareggiato. Il mio sorriso si spense. Lo vidi darmi le spalle e allontanarsi a grandi passi fuori dalla Sala Grande. Tornai a guardare Burke che sogghignava soddisfatto e lo detestai. Mi presi un paio di minuti, poi mi congedai dicendo che ero stanca e che sarei tornata in dormitorio. Una volta fuori dal caos del ballo iniziai a correre come una disperata rompendo un tacco delle mie scarpe. Arrivai in cima alla torre di astronomia con il fiatone e zoppicando. Remus era lì fuori e guardava la luna specchiarsi nel lago nero.
- Remus...
Sussurrai cercando di riprendere fiato. Lui si voltò a guardarmi.
- Che ci fai qui?
Mi chiese stizzito. Io avanzai di qualche passo.
- Ti ho cercato per tutta la scuola.
Lui annuì e tornò a volgere lo sguardo all’orizzonte. Lo affiancai e misi una mano sulla sua.
- Remus... mi dispiace tantissimo, io... lo sai che non penso quello che ho detto.
Tentai di giustificarmi.
- Non è per quello, so che non avevi scelta.
M’interruppe lui. Io lo guardai confusa.
- Il fatto è... è che tu stasera, lì in quella sala, eri la più bella e io...io sono un idiota.
Continuò scuotendo il capo rassegnato. Sorrisi alle sue parole così dolci e così tanto attese.
- Non sei per niente un idiota e conciata così io, sono ridicola, insomma guardami: sembro una bomboniera!
Ribattei sorridendo nervosamente. Lui mi guardò serio.
- Tu sei la più bella sempre e sì, io sono un idiota: e sai perché?
Mi chiese arrossendo. Io scossi il capo con il cuore che mi esplodeva nel petto.
- Perché quando ho visto Burke che ti abbracciava, avrei tanto voluto dargli un pugno su quella sua faccia arrogante e prenderti e portarti via con me e...
Non gli feci nemmeno finire la frase. Lo avvicinai a me tirandolo per il cravattino e lo baciai. Fu un bacio dolce e al contempo appassionato. Il nostro primo bacio. C’è veramente qualcosa di magico nel primo bacio, anche se penso che fosse proprio lui a renderlo speciale. Così iniziò la nostra storia. Per tutto l’anno ci frequentammo assiduamente lontani da occhi indiscreti per non rischiare un putiferio dovuto alle nostre diverse origini. Nonostante questo vivevamo la nostra storia serenamente e ci amavamo moltissimo. Solo Fran e Sirius, che si frequentarono per un po’ nello stesso periodo, sapevano di noi, e con mia grande sorpresa il mio odiato nemico ci fu di grande aiuto. Ci prestò la cosiddetta mappa del malandrino e grazie a essa io e il mio amato riuscivamo a trascorrere moltissimo tempo da soli. Parlavamo moltissimo e di tutto e questa era la cosa che ci legava di più. Poi a volte di notte scappavamo dai rispettivi dormitori per passeggiare nel parco o vicino al lago Nero. In queste fughe spesso m’imbattevo in Severus Piton con il quale litigai più di una volta, dato che sempre minacciava di andare a riferire al preside delle mie uscite. Nonostante alcune difficoltà, insomma tutto procedeva per il meglio. Purtroppo però il giorno del nostro ritorno a casa Dorea Black, una delle mie compagne di stanza, ci vide mentre ci salutavamo con un bacio appassionato ed io capii che era l’inizio della fine. Infatti “casualmente” mio padre venne a sapere di noi e scoppiò il finimondo. Fino ad allora non aveva mai alzato un dito su di me, ma quel giorno lo fece eccome. Il primo schiaffone mi colpì in pieno volto facendomi cadere a terra e dopo di quello, ne vennero molti altri. Mia madre non poté fare nulla per difendermi. Rimasi a letto un mese senza potermi muovere. Quel bastardo mi aveva rotto due costole e aveva fatto a pezzi la mia anima. Da quel momento lo odiai come mai nella mia vita. Passai l’estate rinchiusa in casa mentre mio padre raccontava a tutti di avermi dovuto punire dopo avermi trovata a letto con uno squallido babbano nella loro “santa” casa. Era stato costretto a punire quella “piccola sgualdrina”, così mi chiamava. Mi minacciò. Disse che se avessi provato a frequentare ancora certa “feccia” mi avrebbe ritirato da scuola e avrebbe fatto espellere anche Remus. Già Remus. Non ebbi notizie di lui per tre mesi.
Quando tornai a scuola per il mio quinto anno, non gli dissi nulla di quello che era accaduto e ricominciammo a frequentarci di nascosto. Sapevo di rischiare, ma lo amavo troppo per rinunciare a lui. Ricordo che per il nostro anniversario mi portò nella stanza delle necessità per una romantica cena. Facemmo l’amore per la prima volta, e fu qualcosa di così travolgente che riuscì ad amplificare ancor di più i nostri sentimenti reciproci. Decidemmo che finita la scuola, ci saremmo sposati e ce ne saremmo andati via. Solo io e lui. Quanti progetti si facevano appena finito di fare l’amore. Abbracciati l’uno all’altra tra le lenzuola del suo letto. Sognavamo un futuro, dove nulla ci fosse d’ostacolo, ma il destino aveva in serbo per noi altri progetti. Il sesso aveva cambiato radicalmente il nostro rapporto e non solo nel bene. Il tempo che potevamo trascorrere insieme era sempre meno e veniva senza eccezione consumato dalla travolgente passione che ci legava. Spesso Remus aveva espresso il suo disappunto e frequentemente ci ritrovavamo a litigare perché oramai non parlavamo nemmeno più. Verso la fine di novembre mi chiese d’incontrarci alla torre di astronomia dopo l’ennesima litigata.
- Io non ce la faccio più Cris, non possiamo andare avanti di questo passo
Esordì preannunciandomi che da questa discussione stavolta ne sarei uscita distrutta. Mi avvicinai e tentai di stringerlo a me, ma si allontanò.
- Rem ti prego, sai che non possiamo vivere la nostra storia sotto gli occhi di tutti, sarebbe la fine.
Risposi disperata. Lui scosse il capo risoluto.
- Mi dispiace Cris, io ti amo e proprio per questo non ce la faccio a stare con te in questo modo. Ci nascondiamo come se stessimo commettendo un crimine e non posso più sopportarlo...
Gli presi la mano mentre le lacrime iniziavano a scendere copiose sulle mie guance arrossate dal freddo.
- Sì, ma Rem manca poco! Finita la scuola noi... andrà tutto a posto.
Lo implorai. Lui lasciò la mia mano e si allontanò di qualche passo.
- Forse, ma questa situazione mi sta distruggendo e non fa bene nemmeno a te, credi che non ti veda? Credi che non sappia quanto soffri? Credo che sia meglio per entrambi se non ci vedessimo più.
Non credevo alle mie orecchie. Sentii distintamente il mio cuore spezzarsi e il mondo mi crollò addosso.
- No Rem, no ti prego! No!
Piangevo come una bambina e non facevo che pregarlo di cambiare idea, ma lui non lo fece. Così con poche parole mise fine all’unico rapporto importante della mia vita ed io morii dentro. Da quel momento per quanto possa sembrare incredibile, non lo incontrai più. Mi evitava in ogni modo e con il tempo il mio dolore si trasformò in rabbia, poi in malinconia e infine sentii di aver voltato pagina quando decisi che era tempo di andare avanti.
Commenti, pareri, morti premature?