| parodia tratta dalla poesia prima fuga di Umberto Saba.
IMMAGINE RIFLESSA
era estate, c'erano le vacanze e Severus stava affacciato alla finestra della sua casa di Sinners' end ad osservare la ciminera che si stagliava nel cielo azzurro. in controluce vedeva riflesso sulla superficie incrinata della finestra la sua immagine che di colpò sembrò prendere vita ma non era la sua solita dura e distaccata faccia. quella era più solare, gentile vivace... insomma il suo opposto. nel vedere questa cosa il volto di Severus si incupì di più.
la vita, la mia vita, ha la tristezza della nera ciminiera di carbone, che vedo ancora in questa strada
il suo volto riflesso rispose invece tra lo stupore del Potion Master.
io vedo, per oltre alle sue porte aperte, il cielo azzurro e il mare con le antenne.
Severus allora rispose alla sua immagine riflessa: nero come la dentro è nel mio cuore; il cuore dell'uomo è un antro di castigo.
l'altro Severus cercò di convincerlo: è bello il cielo a mezzo la mattina, è bello il mar che lo riflette, è bello che anch'esso il mio cuore: uno specchio a tutti i cuori viventi.
lo sguardo di Severus si indurì se nel mio sguardo, se fuori di lui, non vedo che diperazione, tenebra, desiderio di morire, cui lo spavento dell'ignoto a fronte si pone, tutta la dolcezza a togliere che quello in se recherebbe.
la sua immagine riflessa non si perse d'animo e rispose così: le foglie morte non fanno a me paura, e agli uomini io penso come a foglie.
Severus iniziò ad alterarsi con quella cocciuta immagine di se stesso, iniziava a dargli fastidio: oggi i tuoi occhi della nera ciminiera di carbone, vedono il cielo ed il mare, al contrasto, più luminosi: pensa che saranno chiusi domani.
la sua immagine sorrise: ed altri si apriranno simili ai miei, simili ai tuoi.
Severus ribatte deciso: la vita, la tua vita a te cara, è un lungo errore...
ma la sua immagine lo interruppe: breve, dorato, appena un'illusione
Severus non gli dette retta e continuò: e tu lo sconti duramente.
la sua immagine scosse la testa: come in me in questi altri lo sconto: persone, mansi animali affaticati; intorno vadano in ozio o per faccende, io sono in essi, ed essi sono in me e nel giorno che ci rivela.
il volto di Severus fu attraversato da una smorfia di dolore... il marchio nero: pascerti puoi tu di fole ancora? io soffro; il mio dolore, lui solo, esiste si alzò dal davanzale e si avvicinò all'armadio per prendere il necessario.
la sua immagine riflessa nello specchio gli rispose: e non un poco il blu de cielo, e mare oggi si unito, e in mare le antiche vele e le ormeggiate navi, e la nera ciminiera di carbone, che il quadro, come per caso, incornicia stupendamente, e quelle più soavi cose che in te, del dolore al contrasto, senti-accese delizie- e che non dici?
Severus voltandosi seccamente verso lo specchio rispose gelido: troppo temo di perderle; felici chiamo per questo i non nati.
la sua figuara ribatte dolcemente come se stesse parlando ad un bambino: i non nati non sono, i morti non sono, vi è solo la vita viva eternamente; il male che passa e il bene che resta.
questa volta il volto di Severus era colmo di rabbia: il mio bene passò, come il mio male, ma più in fretta passò; di lui nulla mi resta.
la sua figura scosse la testa e arrabbiata disse: taci, empie cose non dire.
ma Severus col suo solito modo chiuse le ante dell'armadio e si diresse verso l'entrata per prendere il mantello appeso, passando davanti ad un'altro specchio gli rivolse queste parole. anche tu taci, voce che dalla mia sei nata, voce d'altri tempi serena; se puoi, taci; lasciami assomigliare la mia vita -tetra cosa opprimente- a quella nera volta, sotto alla quale un uomo siede, fin che gli termini il giorno, e non vede l'azzurro mare.
la sua immagine provò a ribattere: oh, quanta in te provavi nel dir dolcezza!
Severus disse le ultime parole prima di uscire dalla casa e smaterializzarsi. e il cielo che gli è sopra.
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che ne pensate? ^^
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