Capitolo 3
Processo
Silente finì di vestire la bambina. L’abitino principesco che indossava era nero come i suoi lunghi boccoli e riluceva di fili argentei e piccoli diamanti che lo decoravano e avvolgevano la bambina in uno scintillio cupo che sapeva di morte.
I capelli corvini erano intrecciati di nastri argentei che scintillavano come stelle nella notte, il visetto pallido era rigato di lacrime silenziose e le manine paffute si erano smagrite per il prolungato digiuno.
“Ricordi tutto quello che ti ho detto?” le chiese Silente grave sistemandole i riccioli attorno al viso con immane tenerezza.
La piccola annuì seria seria.
Silente la sollevò con dolcezza e le diede un buffetto sulla guancia, abbozzando un sorriso per cercare di sollevarle il morale. Invano.
Sospirando, il Preside dal naso acquilino si diresse con la bambina tra le braccia verso le fiamme verdi del camino e sentì la piccola stringersi a lui.
Sapeva che Civa aveva paura della Metropolvere, ma era il metodo più veloce per raggiungere il Ministero; quindi la strinse più forte ed entrò tra le lingue di fuoco color smeraldo tanto simili agli occhi di Civa.
“Ministero della Magia” disse semplicemente e, in un vortice di fuliggine dall’odore acre, vennero risucchiati verso l’atrium.
Una volta raggiunto il grande atrio del Ministero, Silente scese le scale fino al piano interrato, facendosi largo nella fiumana di gente che si accingeva a presenziare all’imminente processo.
Era veramente una folla quella che scemava di sotto per vedere come sarebbe finita quella storia. Silente si stupì del tanto interesse suscitato da Severus, ma probabilmente la maggior parte di quei signori era lì per capire che parte avesse lui stesso in tutta quella faccenda.
Civa era inquieta e si agitava singhiozzando tra le sue braccia. Aveva passato la notte a piangere e si era addormentata tra incubi e lacrime. Se non avessero assolto Severus, il cuoricino della piccina non avrebbe certamente retto.
Con un sospiro, Silente scansò i curiosi che cercavano di toccare la bambina ed entrò nella stanza.
Un’aula di tribunale di forma quadrata, una sedia con delle catene al centro e una serie di tribune che si elevavano lungo le pareti. Le panche del Wizengamont erano già piene, ma un posto accanto al podio di Crouch era ancora libero: il posto di Silente.
L’uomo dalla lunga barba argentea salì con calma la scalinata, salutando i conoscenti, e prese posto accanto a Bartemius Crouch. Civa era seduta in grembo al vecchio Preside, lo Stregone Capo del Wizengamont. Il distintivo dorato brillava sul tessuto scuro che le fasciava il piccolo petto scosso dai singhiozzi.
Crouch si chinò verso Silente.
“Albus, cosa ci fa qui la bambina?” chiese brusco.
Silente lo fissò con velato rimprovero, accennando allo stato in cui versava la piccina tra le sue braccia.
“Abbi un filo di tatto, Barty, Civa sta male” gli disse con calma glaciale. “E comunque sia, Severus è il suo legittimo tutore. Non vedo perchè non debba presenziare al suo processo”
“Ha solo due anni, cosa vuoi che gliene importi?” ribatté l’uomo con un alzata di spalle.
L’occhiata che gli lanciò Silente era così velenosa da ammazzare un Basilisco.
“Capisce più di quanto non capisca tu, Barty, e ora ti prego di cominciare il processo” rispose pacatamente il Preside dalla barba argentea tornando a guardare la sedia in mezzo all stanza.
A un cenno di Crouch, una porta si aprì di colpo e mostri di nero vestiti trascinarono dentro un uomo magro, pallido e smunto dai capelli corvini: Severus. I suoi occhi erano spenti, due tunnel bui colmi di dolore e disperazione...
La piccola si agitò in grembo a Silente tendendo le manine verso l’uomo.
“Stai buona, Civa” le ordinò dolcemente Silente tenendola ferma.
“Sev!” trillò la piccina singhiozzando.
L’uomo alzò lo sguardo vuoto e disperato su di lei e incontrò i suoi occhi smeraldini velati di lacrime di dolore.
E come per incanto la vita tornò in lui, la voglia di vivere, di combattere.
Lei, solo lei, solo per lei.
“Civa!” gridò gettandosi in avanti e strattonando le catene come nel tentativo di raggiungerla.
“Fermatelo!” ordinò Crouch puntando un dito verso i mostruosi Dissennatori che spandevano il loro gelo mortale sulla sala gremita.
Civa rabbrividì e singhiozzò istericamente.
Piton tentava disperatamente di liberarsi per correre da lei.
Due dissennatori lo afferrarono e lo costrinsero a sedersi. Sopraffatto dal loro potere, Sev si accasciò sul seggio incantenante.
“Severus Tobias Piton, sei imputato di Alto Tradimento al Governo, complicità in omicidio, spionaggio e fedeltà al Signore Oscuro. Come ti dichiari?” disse l’uomo sul podio alla destra di Silente, Crouch, guardando disgustato Severus, che se ne stava legato sulla sedia nel mezzo dell’aula, esposto agli sguardi malevoli di centinaia di maghi e streghe che ancora commentavano la sua inaspettata reazione.
“Colpevole. Sì, ero un Mangiamorte, ma già da tempo facevo il doppio gioco fornendo informazioni all’Ordine della Fenice” disse Severus tentando di ordinare i pensieri. Doveva pensare lucidamente, difendersi. Doveva tornare dalla sua piccina. Aveva la voce stanca e tremante come le sue membra smagrite e ossute.
Civa tentò di nuovo di divincolarsi dalla presa di Silente, è lui dovette trattenerla con la forza.
*Non ancora, non ancora* le diceva telepaticamente, tentando disperatamente di tranquillizzare quel piccolo urgano dagli occhi preziosi.
“Sev! Sev!” singhiozzava disperatamente lei tendendo le manine verso la sedia sotto lo sguardo allibito dei presenti.
“Albus, confermi ciò che questo spregevole individuo asserisce?” chiese Crouch rivolto a Silente fissando la bambina con notevole disapprovazione.
“Ma centi chi palla! Spegevoe salai tu, vecchio scimu…” fece la piccola tentando nuovamente di divincolarsi, stavolta per colpire Crouch con i piccoli pugnetti serrati.
“Civa, taci!” le intimò Silente perentorio bloccandola, poi si rivolse all’uomo. “Confermo. Severus si è messo dalla nostra parte da prima della caduta di Voldemort”.
Crouch storse il naso contrariato. Sembrava non credere all’innocenza di Severus.
Civa singhiozzò più forte, guardando implorante il mago sul podio, come a chiedergli di essere clemente. Ma Bartemius Crouch non conosceva la parola pietà e quando parlò lo fece con l’odio più puro nella voce.
“Le accuse a discapito del qui presente Mangiamorte sono troppo gravi per essere compensate da così poco. Non possiamo riporre fiducia in un uomo che ha tradito il suo stesso Paese per sete di potere” disse velenoso guardando Severus con disprezzo. “Questo essere infimo che sta laggiù incatenato non è che un verme, uno scarto della società. È troppo pericoloso lasciare che giri a piede libero per le nostre strade: cosa gli impedirà di uccidere e torturare Babbani e Maghi per il puro piacere di sentirsi più forte? Cosa gli impedirà di seminare il terrore con le sue maledizioni per tutta Londra? Volete che un simile mostro, un pluriomicida che si è macchiato dei crimini più orrendi, insegni ai vostri figli come avvelenarvi nel sonno? Volete che abbia la possibilita di avvicinarsi ai vostri bambini ed irretirli con il fascino delle arti oscure? Io dico di no e voto per la condanna!” e così dicendo alzò la mano.
Civa pianse più forte, terrorizzata dalle parole di fuoco che quell’uomo cattivo aveva rivolto al suo dolce Severus e dallo sguardo di odio immenso che rosseggiava in direzione del pover uomo incatenato.
Un piccolo pizzicotto sulla gambina paffuta le disse che era ora di recitare. Le parole che le aveva insegnato nonno Albus erano difficili da pronunciare e ancor più da ricordare, ma per Severus era disposta a fare anche l’immenso sforzo di sputarle in faccia a quel diavolo di Crouch. Doveva salvare Sev, altrimenti non sarebbe riuscita mai più ad essere felice. Sev era suo, nessuno poteva portarglielo via.
“No!” gridò la bambina liberandosi con uno strattone dalla stretta di Silente e correndo a perdifiato giù per le gradinate, in lacrime.
Si gettò a capofitto giù dalla scalinata e raggiunse lo spiazzo al centro del quale vi era la sedia di Severus. I due Dissennatori stavano per avvicinarsi , ma qualcosa, probabilmente un ordine di Silente, li frenò. La piccola dai ricci aurei si precipitò verso Piton, che si era slanciato dalla sedia e strattonava le catene per tentare di liberarsi e raggiungerla. Le manette di metallo caddero con uno schiocco secco e Severus crollò in ginocchio stringendo la piccola singhiozzante tra le braccia forti.
Alla sola vista della sua piccola principessina Severus parve improvvisamente rinvigorito, come se avesse bevuto un elisir rigenerante. Dai suoi occhi prima vuoti e freddi ora sprizzavano fiamme incandescenti del colore delle tenebre che guizzavano di euforia mentre si posavano sui ricci d’ebano della piccina.
“Piccola mia, non piangere, shh, no mio tesoro, non temere”le sussurrò piano sollevandola delicatamente, come se avesse paura di spezzarla.
“No voio che ti pottino ‘ia, no voio che ti facciano bua! Sev, Sev, no mi lasae, ti pego!”singhiozzò la bambina stringendo convulsamente le vesti di Piton.
“No, mia bimba, no. Non ti lascerò mai. Dovessi tornare a nuoto dall’Antartide o attraversare il Sahara a cavallo di un dromedario ubriaco, tornerò sempre da te, dalla mia piccola bambolotta. Non riusciranno a separarci!”Severus la strinse forte, le carezzò i boccoli e la ricoprì di teneri baci.
Civa smise lentamente di piangere e Piton le asciugò le guanciotte rosee con un lembo della veste lacera. Sembrva ringiovanito di dieci anni mentre se la stringeva e se la spupazzava teneramente.
La bimba prese fiato e fissò con aria di sfida Crouch che, dal suo posto sul podio, osservava allibito quella scena di tenerezza inaudita.
Era giunto il momento della verità. Se la tattica escogitata dal vecchio Preside non fosse andata a buon fine, allora Severus sarebbe stato spacciato. E tutto dipendeva da una piccina di due anni aguerrita e disperata.
“Seveus Tobias Piton è tonnato dalla notta patte quando ha saputo che Lod Voddemot milava alla notta famia. Tonnato pe i bene di mia made Lily Clalice Beatiz Evans. E è limatto pe potegela” esclamò decisa con la vocetta infantile, ancora stretta tra le braccia di Piton.
“No, Civa” la fermò Piton alzandosi in piedi con lei in braccio. “In verità, sono tornato sì per tua madre, ma, quando ti ho visto e ho capito, sono rimasto per proteggere te, Civa, e per giurarti il mio amore, in etterno a te fedele” disse Piton serio fissando il Wizengamont come a sfidarli ad affermare il contrario. “Ti amo, Civa”
Poi, ignorando le centinaia di occhi che li fissano allibiti, appoggiò per un secondo infinto le labbra su quelle della bimba.
Nella giuria calò il più stupefatto dei silenzi mentre Piton sedeva sul seggio incantenante cullando dolcemente la piccola dagli occhi di smeraldo, che rideva allegra ora che era di nuovo tra le sue braccia.
“Come potete vedere” esordì Silente alzandosi in piedi, “Severus Piton non è il mostro che Barty vuole farvi credere” Attese qualche istante, lasciando scorrero lo sguardo azzurro sui maghi e le streghe del Wizengamont. “Severus Piton ama, e chi ama non può essere considerato un mostro”Di nuovo, attese che le sue parole facessero effetto. “Severus Piton è il protetto di una bambina di due anni che è più potente di tutti noi messi insieme. La sua innocienza infantile è la prova più sicura che abbiamo del reale pentimento di Severus: Civa non proteggerebbe mai un uomo dal cuore impuro”
Un altro attimo di silenzio che parve eterno si propagò per la sala.
Sui visi dei presenti si susseguivano espressioni di tenerezza, disprezzo, confusione, compassione,disgusto. Nessuno riusciva a decidere se Severus meritasse o meno il perdono della corte, se il pluriomicida si fosse davvero convertito in un tenero baby sitter che si lasciava mordicchiare il collo da una piccola di due anni dal destino inestricabile. Era sicuro lasciarlo libero di accudire il futuro del mondo magico? Era sicuro lasciargli istruire i giovani maghi?
Ma le risate di Piton mentre coccolava la bambina erano impregnate di sincerità e nei suoi occhi brillavano l’adorazione e la devozione più complete e vive. Era vivo come non lo avevano mai visto neanche coloro che già lo conoscevano; una vitalità che sprizzava da ogni poro e gli colorava le guance di porpora.
Piton era cambiato, realizzarono i maghi e le streghe della giuria con sussurri di incredulo stupore, ed era diventato quello che ora vedevano al centro dell’aula: un innamorato e adorante compagno per la futura Primo Ministro della Magia. Come potevano rifiutargli la salvezza e far soffrire quel piccolo bocciolo dai ricci d’ebano?
Non una mano si alzò per la condanna, cosa che fece andare Crouch su tutte le furie.
“… e con ciò, io ti dichiaro assolto da tutte le accuse, per volere della Nostra Signora, futura 1° Ministro” esclama stizzito pestando il martelletto sul tavolo innanzi a lui.
Un forte appluso coprì le grida di gioia della piccola Civa, che prese a saltellare in braccio a Piton stringendolo con tenerezza immensa e piangendo felice.
“Lavorerà per me a Hogwarts come insegnante di Pozioni” assicurò il vecchio Preside, lo sguardo orgoglioso fisso sulla scena di tenerezza che si svolgeva al centro dell’aula: Civa accoccolata tra le braccia forti di Piton, stretti in un abbraccio caldo e dolce.