| Capitolo DUE. Diagon Alley
Mancava una settimana al primo settembre ,Emma era andata nel sobborgo magico di Diagon Alley , che si trovava a Londra, insieme ai nonni. In quel luogo avrebbe trovato certamente tutto l’occorrente; i libri, il calderone, gli ingredienti per le pozioni e cosa più importante, la bacchetta. I tre entrarono nel Paiolo Magico. Dall’esterno era una squallida taverna che avrebbe dovuto attirare l’attenzione della gente proprio per il suo aspetto trasandato invece, tutti vi passavano davanti come se non la vedessero. Infatti il paiolo Magico appariva solo agli occhi dei maghi. Emma fu La prima ad entrare; l’uomo pelato dietro il bancone, chinò leggermente la testa di lato, in segno di saluto “benvenuta signorina Black, oh vedo con piacere che ci sono anche i suoi nonni.” “salve Tom” salutarono quasi in coro i tre visitatori. Il locandiere si avvicinò “posso offrirvi qualcosa?” “oh grazie Tom, ma siamo qui per fare compere.” Rispose Rufus. “per chi di voi, se posso permettermi.” “per la piccola Emma, tra poco inizierà la scuola.” Tom strabuzzò gli occhi “già così grande da frequentare Hogwarts … complimenti” così dicendo rivolse un sorriso sdentato alla bambina, che rispose imbarazzata, allo stesso modo. Il trio uscì così da una porticina sul retro. Si trovarono davanti a un muro di mattoni, il nonno tirò fuori la sua bacchetta e picchiettò deciso alcuni mattoni. Al terzo tocco il muro iniziò a sparire per lasciare spazio ad un arco. Lo attraversarono e si trovarono in una via frequentata da decine e decine di persone con indosso strani abiti e cappelli a punta, erano tutti maghi. “eccoci a Diagon Alley” annunciò Rufus. Sophia si chinò su Emma “allora da dove vogliamo cominciare?” la bambina tirò fuori dalla tasca del cappotto una foglio di pergamena, lo aprì e iniziò a leggerlo. “andiamo a prendere i libri” rispose. I due nonni si stavano dirigendo decisi verso un negozio con milioni di libri esposti nella piccola vetrina, che portava un’insegna con scritto il Ghirigoro. Dietro di loro Emma saltellava allegra continuando a guardarsi intorno. Era già stata molte volte in quel luogo pieno di magia, in cui i maghi potevano essere loro stessi senza doversi preoccupare di non farsi vedere dai babbani, ed ogni volta per lei, era come la prima. Le piaceva vedere le streghe con i loro buffi cappelli a punta, di mille colori e con cose strane attaccate sopra, una volta ne aveva visto perfino uno con un gufo impagliato. Amava guardare dentro le vetrine, anche quelle in cui erano esposti occhi di strane creature dentro boccette piene di gelatina. Emma camminava sul lato destro della strada, stando attenta a non perdere di vista i nonni, quando la sua attenzione venne attirata da uno strano spettacolo. Vide suo cugino Sirius, in compagnia di un altro ragazzino, i due stavano ridendo, ma non di una cosa buffa o di una stregone dall’aspetto ridicolo. Ridevano di un terzo ragazzino, dal naso adunco e i capelli neri e lunghi che gli incorniciavano il viso pallido. Emma ricordò improvvisamente un altro motivo per cui non sopportava Sirius, gli piaceva fare il gradasso. Decisa andò versò i tre con aria minacciosa, si diresse verso Sirius e lo afferrò per il mantello. “ti diverti così tanto a fare il gradasso. Sappi che se i nonni decideranno di prenderti a casa io mi trasferisco.” Guardava il cugino dritto negli occhi con aria di sfida. In quel momento il compagno di angherie di Sirius si fece avanti “ti fai mettere i piedi in testa da queste bambina? È anche più bassa di te”. Emma si voltò, senza però lasciare il mantello di Sirius. Lo fulminò con lo sguardo. “io ti conosco, sei Potter, abiti anche tu a Godric’s Hollow” “James” rispose come se quella situazione fosse totalmente normale, porgendo la mano a Emma. Lei guardò prima la mano, poi il volto del suo proprietario. Decise allora di lasciare andare Sirius, prese per mano il ragazzino , che fino a quel momento era stato in silenzio e se andò con lui. Era terribilmente arrabbiata, se lo trascinò dietro, senza rivolgergli la parola, fino a che non arrivarono davanti al Ghirigoro. Lì si fermò e finalmente si rivolse a lui “dovresti rispondergli, non devi farti trattare così da loro. Se fossi stata un po’ più grande avrei mollato un pugno in faccia a ciascuno dei due.” “erano in due, non avrei potuto fare nulla. Potevo solo subire.” Rispose. Emma avrebbe voluto ricordargli che lei gli aveva appena tenuto testa, ma pensò anche che sarebbe stata indelicata una cosa simile. Di solito ai maschi non piaceva farsi salvare dalle femmine e poi farselo rinfacciare. “io sono Emma, piacere.” Sorrise e porse al ragazzino la mano. “Severus, Severus Piton.” Rispose e strinse la mano che lei gli porgeva. “dove sono i tuoi genitori?” gli chiese Emma, notando che mentre era in compagnia di Sirius e James nessun adulto si era intromesso. Se ci fossero stati i genitori di Severus sicuramente sarebbero intervenuti. “e i tuoi dove sono?” Emma non si aspettava certo una tale risposta. “sono morti.” Rispose. Vide il volto del suo piccolo compagno farsi serio. “non lo avrei mai immaginato.” Disse Severus. “lascia perdere, capita. Ora vuoi dirmi dove sono i tuoi? Almeno puoi andare da loro, e ti posso accompagnare, conosco abbastanza mio cugino da sapere che ne approfitterebbe di nuovo per prenderti in giro, se ti vedesse ancora solo.” “mia madre è andata nel negozio di abiti di madama McClan, ero rimasto indietro e quei due anno iniziato a chiamarmi Mocciosus.” Emma sospirò “ è terribilmente nel loro stile.” “senti vado da solo, tu fai quello che devi” guardò Emma e si soffermò sugli occhi verde smeraldo della bambina. “e grazie” aggiunse, anche se quella parola parve costargli un piccolo sforzo. Emma rimase a fissare il ragazzino fino a che non fu scomparso dalla sua vista poi, entrò nella libreria e cercò, tra tutte le persone che affollavano quel luogo, i suoi nonni. Quando finalmente lì trovò li raggiunse. “dove ti eri cacciata??” Sophia la strinse a te e aggiunse “siamo stati tanto in pensiero, ci siamo girati e tu non eri più dietro di noi” “ho dovuto aiutare un ragazzino, Sirius e James Potter lo stavano disturbando.” Sophia sospirò, tentando di non far notare la cosa alla nipote, Emma però non se lo lasciò scappare. “chi era quel povero ragazzino?” chiese subito Rufus. “Si chiama … Severus, Severus Piton mi sembra.” “Piton, deve essere il figlio di Eileen Prince. Poverino, come se le cose non gli andassero già abbastanza male.” “ora basta Rufus, hai detto anche troppo” Sophia intervenne bruscamente. La discussione venne abbandonata e si dedicarono ai libri scolastici. Emma uscì dal Ghirigoro con tutti i libri necessari. Aveva comprato quello di difesa contro le arti oscure, poi c’erano storia della magia, incantesimi, pozioni, erbologia, cura delle creature magiche e infine trasfigurazione. La tappa successiva fu il negozio in cui vendevano gli ingredienti per le pozioni e i calderoni. Con grande sorpresa di Emma il nonno la portò nel negozio di animali, sapeva che da sempre desiderava una civetta. Uscirono dal negozio con una gabbia. Emma ne aveva scelto un esemplare maschio, marrone chiaro con il petto bianco. Aveva due immensi occhi gialli. “allora come la chiamerai?” domandò nonna Sophia. “ancora non lo so, ci devo pensare.” “cosa manca?” Rufus camminava carico di tutte le spese della nipote. “le uniformi e la bacchetta.” “la bacchetta voglio tenerla per ultima.” Emma intervenne e così andarono da madama McClan. Con sorpresa della ragazzina, proprio mentre entravano, ne uscì Severus. “oh Eileen!” Sophia andò incontro alla donna dai capelli neri e crespi, il naso adunco di cui non si poteva certo dire che fosse bella. Emma guardò prima lei,poi il figlio e notò che era la fotocopia maschile della madre, ma aveva qualcosa che lo rendeva carino ai suoi occhi, forse gli occhi color della pece in cui ci si poteva perdere. Sua nonna intanto aveva baciato sulla guancia la signora Piton. “oh signora Black, è dal funerale di suo figlio che non ci incontriamo più, questa deve essere Emma.” Le sorrise e la bambina ricambiò. “tutto bene Eileen? Ci sono giunte voci sulla sua triste separazione dal marito” Rufus non era certo un uomo discreto, se voleva dire una cosa la diceva, senza pensarci due volte. “non funzionava tra noi, è stato meglio così, forse se avessimo continuato la nostra storia Severus ne avrebbe potuto risentire e questa, è l’ultima cosa che voglio.” Eileen era una donna forte e non temeva mostrare le debolezze. “lo hai detto a tua madre quello che è successo?” Emma di era avvicinata a Severus così che parlandogli, nessun altro se non lui, potesse sentirla. Lui la guardò storta “certo che no” “avresti dovuto farlo invece” replicò lei. “andiamo Severus, Emma spero tanto che voi due finiate nella stessa casata, magari Serpeverde, proprio come me e tuo padre.” Eileen sorrise ancora. “preferirei Corvonero, come mia madre” fu la replica di Emma. Anche le divise furono spuntate dalla lista delle cose da fare. Il negozio che vendeva bacchette era proprio lì di fianco. “voglio entrare da sola.” Dichiarò Emma. I nonni la lasciarono fare, promettendole di aspettare lì fuori. Entrò nel negozio del signor Olivander e un campanellino suonò. Si trovava in una piccola stanza, in cui l’arredamento era costituito solo da un paio di sedie contro un muro e un bancone; ma dietro a questo si trovavano milioni di scaffali, in cui erano riposte altrettante piccole scatole. Un uomo dai capelli grigi e la pelle bianchissima, comparve da quel labirinto di scaffali. Era basso e leggermente ingobbito. “chi abbiamo qui? Un’altra giovane piccola strega.” Disse rivolgendosi ad Emma. La osservò da dietro gli occhiali impolverati. “sei una Black non è vero?” Emma sgranò gli occhi. “come fa a saperlo?” Olivander sorrise. “vede signoria, si dà il caso che io ricordi tutti gli studenti a cui io abbia venduto una bacchetta e lei, lei somiglia molto a suo padre Simour Black, ha gli stessi tratti nobili e quei capelli color del rame sono gli stessi di Ginevra Cooper” La ragazzina era estremamente sorpresa. “inoltre” proseguì il venditore “tua madre venne a dirmi che si era sposata con Black, disse che ci teneva a farmelo sapere, dovevo stargli simpatico.” Sorrise “ ma ora lasciamo perdere i lieti ricordi. Pensiamo alla sua bacchetta.” Sparì dietro il bancone, senza lasciare il tempo ad Emma di dire nulla. tornò con una scatoletta, l’aprì “questa è di abete e corde di cuore di drago.” La prese in mano e l’agitò, ma non successe nulla. Olivander gliela sfilò di mano e in meno di due secondi era indietro con un’altra bacchetta “questa è d’acero e crine d’unicorno” questa volta, mentre l’agitava scaturì una scintilla dalla punta. “questa è perfetta! Molto simile a quella di sua madre.” Emma pagò ed uscì, raccontò ai nonni quello che era successo nel negozio, loro confermarono le somiglianze che il rivenditore le aveva trovato con i genitori. Ora era pronta per diventare una strega in piena regola.
emmm... che ne pensate????
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