Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Black Soul;

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Damned Roar
view post Posted on 24/7/2009, 09:25




Buongiorno a tutti ^_____^
A grande richiesta arriva anche la mia ff *sommersa dai pomodori*
Eh. Aspettate prima di lanciare i pomodori ùwù

E' una ff semplice semplice, non modifica assolutamente la trama dei sette libri che tutti conosciamo benissimo. O, almeno, non tanto, bisto che ho inserito un Personaggio Nuovo (con le lettere maiuscole .-.). Per quanto possibile quindi, seguirò la trama originale di Harry Potter.
Faccio qualche precisazione all'inizio, così poi capite meglio .____.
La storia inizia al comincio (per non ripetere inizio *me furba*) del quinto libro. Quindi c'è la Rospa, per intenderci. Se c'è qualche imprecisazione per quanto riguarda gli accenni alla trama originale, mi farebbe piacere notarli ^^ Anche perchè non vado a rileggermi il quinto libro èwé (volume spreferito della saga >.<""")
Detto questo vi lascio alla storia, buona (si spera) lettura

SPOILER (click to view)
Sì, sono ancora qui .___.
Ho già 11 capitoli pronti, quindi all'inizio andrò abbastanza veloce, poi però non so con quanta periodicità potrò aggiornare, perchè sono una scansafatiche e ho un casino di compiti *rimandata di latino e greco molto orgogliosa di esserlo*


E ora basta, vi lascio alla storia ùwù



SPOILER (click to view)
La protagonista.
image
Pic's Copyright of Andreas Stridsberg


-blablabla- parlato
-BLABLABLA- urlato
chileggeèunoscemo quello che pensa Alexandra
anchechinonleggeèunoscemo quello che pensa il Potion Master
"lalala" citazioni da canzoni
-Bidibibodibibù.- incantesimi


Never Forget Your Past - Chapter 1;



-No. Categoricamente no.-
-Ma perché? E’ l’opportunità della tua vita e tu la stai sprecando per…per…-
-NON E’ UNA STUPIDAGGINE!- urlò all’improvviso la ragazza, alzando il tono
-E invece sì.-
-Credi pure quello che vuoi.-
-E comunque la mia non era una richiesta…-
-Ah no?- fece, con finto stupore
-…era un ordine. E tu, in quanto sottoposta, sei obbligata a fare quello che ti dico di fare.-
--
-La questione è chiusa.-
Questo lo credi tu.

-



Hogwarts. Quanto tempo. Quanti ricordi.
Strinse il pugno, decisa a non far vedere la propria debolezza ai suoi compagni di vagone.
Ah, questo sì che è il colmo. Io, che avevo promesso a me stessa di non tornare più in quella prigione, ora sono costretta ad andarci per parare il culo a tutti gli stupidi che sono là dentro.
Sbuffò, stizzita, e sprofondò ancora di più nel sedile.
Fortunatamente Caramell aveva avuto la buona idea di mandare lei e gli altri Auror ad Hogwarts due giorni prima che arrivassero gli studenti. Per lo meno a quello sono scampata.
I suoi compagni avevano notato che ogni metro che si avvicinavano alla scuola, Alexandra diventava sempre più scura in volto, continuando a rimuginare su qualcosa. I capelli corvini perfetti, come sempre, gli occhi verdi che luccicavano malevoli.

Con un fischio stridulo il treno incominciò a rallentare, fino a fermarsi definitivamente. Con un piccolo ringhio liberatorio, la ragazza si mise il cappotto in pelle nero lungo fino ai polpacci e prese la sua borsa a tracolla. Scendendo dal treno notò, con molto (poco) piacere, che l’intero corpo insegnati di Hogwarts li attendeva alla stazione. E con suo ancora più sommo piacere notò che c’era pure Caramell. No dai, con tutta questa felicità rischio di iniziare troppo bene questo lungo e terribile anno.
Caramell si fece avanti per presentare i quattro Auror:
-Allora, Keenan Thunder…- un uomo sulla trentina, biondo, ben piazzato si fece avanti
-…Seth Marr…- stavolta fu il turno di un uomo non molto alto, con i capelli castani e il viso sorridente
-…Alphonse Villardo…- uno stangone, capelli rossi arruffati, gli occhiali sul naso
-…e Alexandra Mustang.- con uno sguardo truce sul volto, lei fece un passo in avanti, e si mise a squadrare malamente i professori.

Il silenzio calò.
Caramell, probabilmente l’unico a cui la causa di tutto ciò era oscura, si sentiva particolarmente a disagio.
Keenan si fece allora avanti, rispettoso come sempre:
-Signore, se non sale sul treno non può tornare indietro, le consiglio di sbrigarsi.-
-Oh sì certo.- prese la sua valigia e fece per salire sul treno, poi si voltò
-Mi raccomando: siete stati scelti perché siete i migliori. E’ un compito gravoso e voi sapete quanto. Non lasciate che niente vi fermi. Arrivederci a tutti.- Pure la paternale?
E il treno partì, lasciando dietro di sé solo una lunga scia di fumo.

Silente battè le mani, sorridendo:
-Perfetto, ora permettetemi di portarvi alle vostre stanze, cosicchè possiate riposarvi. Parleremo dopo di questioni di lavoro.-
Oh sì, il vecchietto fa come sempre finta che tutto sia rose e fiori.
L’aveva subito notato, Lui. Come sempre. Con gli stessi abiti, lo stesso sguardo. Lo stesso finto sguardo che ha sempre avuto: quello che vuole fare il duro e il freddo, ma che invece non è nemmeno la metà di quello che dà a vedere. Non avevano ancora incrociato gli sguardi. Meglio così. Meglio ritardare il più possibile la tempesta. Sono certa che non riuscirei a trattenermi.

-



Silente li aveva accompagnati al settimo piano, e aveva mostrato loro le quattro stanze e poi si era congedato, chiedendogli di presentarsi qualche ora più tardi nel suo ufficio.

Alexandra era entrata nella sua stanza sbattendo la porta e rimuginando. Fece scorrere velocemente lo sguardo sulla camera-studio, aprì una porta ed entrò nella camera da letto. Lanciò la borsa a tracolla sul letto e notò le sue valigie su una cassapanca.
Stizzita come non mai, si sedette comodamente e molto poco elegantemente su una poltrona.
Ok Alexandra, stai calma. Calma, respira regolarmente.
Quasi si mise a ridere, ricordando di essersi detta le stesse cose, qualche anno prima, quando andare ad Hogwarts non era un supplizio poi così grande...

FLASHBACK
-Mustang che fai?- Elia Reeves. Quinto anno. Serpeverde. Incubo giornaliero: altezzoso, borioso, strafottente e chissà quant’altro.
-Cerco.-
-Cosa?- Oh, caro Reeves. Guarda che me ne sono accorta che tu e i tuoi compari, molto in carne oserei dire, state ridendo alle mie spalle come dei pazzi.
-Il tuo cervello.- con uno scatto si voltò verso il biondino, furente

-Già dal primo giorno superi il segno.-
-Io?- la ragazza si guardò attorno con finto stupore –Ma dai, lo sai che ti stimo molto.- faticò parecchio a dire le ultime due parole, e fu pure costretta a sorridere, per continuare la farsa
-Uh, sicura?-
-Certo che sì.- Ecco, brava, sorridi ed annuisci.Anzi, permettimi di dirti una cosa…- disse ancora, avvicinandosi al ragazzo

-Uh?-
-Caro il mio Reeves, Madre Natura ti ha offerto tante qualità…- il biondino alzò un sopracciglio -…la bellezza, l’intelligenza, l’acutezza mentale, la simpatia…- Elia tirò in fuori il petto, come un polletto inorgoglito -…ma, dimmi. Perché le hai rifiutate?- con un colpo di bacchetta il ragazzo borioso e i due compari caddero a terra, fra le risate di quelli che erano ancora nei corridoi.
-Ciao ciao Reeves.- fece, salutandolo ironicamente con la mano –Ci vediamo a cena.- e si allontanò dai tre.
Con un sospiro rassegnato, si fece spazio fra la gente, che ancora osservava la scena. Lei, odiando la massa, non fece altro che trascinare i suoi bagagli fino all’ultimo scompartimento del treno, entrarci e chiudere la porta.


Ok Alexandra, stai calma. Calma, respira regolarmente. Stai tranquilla, hai solo fatto fare una figura di merda a Reeves, cosa vuoi che sia? Probabilmente te la farà pagare, ma ne è valsa la pena, no? Si guardò nel riflesso del vetro e, ancora, sospirò: la pelle pallida, diafana, il viso delicato, che sarebbe stato anche ritenuto carino, gli occhi, verdi come degli smeraldi, luccicavano nella semi-oscurità del vagone, i capelli corvini, lunghi fin oltre le spalle, scalati. Non aveva ancora addosso la divisa della Casa. E, dopotutto, chi ce l’aveva?, non erano neanche passati venti minuti da quando erano partiti da King’s Cross.

Con un altro, doloroso e sofferto sospiro, mise la sua valigia, rigorosamente nera, sulla retina. La borsa a tracolla, nera, con sopra stampata la faccia di Jack Skeletron, conteneva la sua vita: l’i-pod, qualche libro, un quaderno e tante biro.

In un mondo in cui vivere si riduce ad apparire, io, e solo io, scavo nel profondo dell’anima di ciascuno degli esseri viventi per scoprire quali segreti nascondono, se dentro di loro c’è un’anima sì o no. Se soffrono, amano, appaiono, come tutti gli altri. Sono diversa. E non m’importa.

Lanciò la borsa su uno dei due sedili vicino alla finestra e, sbuffando, sprofondò nell’altro. Per i primi dieci minuti guardò semplicemente fuori dalla finestra, con aria assorta, immersa nei suoi pensieri. Poi decise che era ora di cambiarsi. Allungò la mano verso la bacchetta e, pigra, borbottò un incantesimo, cambiandosi d’abito. Osservò lo stemma raffigurante un serpente cucito sulla divisa. Ovviamente, si rifiutava di mettere i golfini che facevano tanto Hogwarts o quelle camicie: semplicemente, sotto la divisa, aveva una maglia nera dei Nightwish, uno dei suoi gruppi babbani preferiti, raffigurante un angelo adagiato su una colonna. I jeans neri e le All Star nere. Si alzò le maniche della divisa, fino ai tre quarti del braccio e osservò le montagne di braccialetti. Ognuno di essi per un ricordo, ognuno di essi narra una storia, insieme danno vita alla mia, di miserabile esistenza. E cos’è la vita se non il racconto di uno stolto? Forse, lo scritto di un uomo che magari stolto non è. Forse, solo un ubriaco che si diverte a giocare con le lettere.
FINE FLASHBACK

Era di nuovo stata soffocata dai ricordi. Manco fosse una vecchia, con anni e persone nella memoria. Di cui serbare il ricordo. Sospirò e chiuse gli occhi. Rimase qualche secondo così. Ferma. Immobile. Quasi morta. Poi si rialzò. E’ ora di entrare in scena.


Sometimes it's easy - Chapter 2;



Trucco pesante. Jeans neri. Maglia a maniche corte con stampato sopra l”hand-granade” dei Green Day. All Star nere. Il giubbotto in pelle. Bracciali con borchie e quant’altro.
Appena i suoi compagni bussarono alla porta uscì, e si diressero nell’ufficio del preside.

Già sulla scala a chiocciola sentirono una voce nuova. Si guardarono. Mani alle bacchette, pronti ad intervenire. Entrarono tutti insieme.

-Oh, eccovi.- Silente, come al solito, sorridente e cordiale. Per quanto tempo ancora terrà quella maschera?-Colgo l’occasione per presentarvi la nostra nuova professoressa di Difesa contro le Arti Oscure: Dolores Jane Umbridge.- la donna si alzò dalla sedia e squadrò i quattro Auror, soffermandosi su Alexandra che, spavalda, ricambiò l’occhiataccia con altrettanto veleno. Rospa.
Inaspettatamente, la Umbridge mise mano alla bacchetta e disse:
-Albus, pensavo che tu fossi più attento.-
-Come?- Silente aveva perso d’un tratto la tranquillità e il sorriso
Con uno scatto felino, strano per una come lei, acchiappò Alexandra e le sollevò la manica sinistra del cappotto.
Silente guardò, per niente stupito, il Marchio Nero sull’avambraccio della ragazza.
-Ora potrebbe anche lasciarmi andare, sa?- disse furiosa, staccandosi dalla donna, che le faceva particolarmente ribrezzo
-Cosa? Albus, l’hai visto pure tu: ha il Marchio!-
-Ma brava- Alexandra si mise ad applaudire ironicamente –Le dice niente il fallimento del caso 666?-
-Un numero, un destino. Le identità dei partecipanti sono rimaste top secret. Quindi sei tu, eh?-
-Eh sì, credo proprio di sì.- stava iniziando a calmarsi, giusto poco poco, però.
In quel momento, entrò Lui. L’aria si fece più fredda. Il viso di Alexandra ebbe un momento d’indecisione, come se non sapesse se scappare, ucciderlo o nascondersi sotto la scrivania di Silente.
In un secondo, riacquistò la sua sicurezza, ma scordò di coprirsi l’avambraccio, che rimase così scoperto, agli occhi di tutti. Ai suoi occhi.
-Buongiorno Severus.-
-Buongiorno.- nemmeno la sua voce era cambiata, lo stesso tono, la stessa musicalità, la stessa ironia nascosta sotto un velo di cinismo e serietà.
-D’accordo, ora che ci siamo tutti puoi anche esporre le formazioni.-
-Bene.- si sedette su una poltrona di velluto, come se fosse a casa sua, ed accavallò le gambe, tranquillo. Con un colpo di bacchetta fece apparire nell’aria una riproduzione del castello di Hogwarts, realizzato con una sorta di fumo, che rendeva trasparenti le pareti.
Alexandra si mise a bucherellare le pareti che però subito si riformavano.
-Allora, all’arrivo degli studenti Keenan sarà con Hagrid e lo accompagnerà con i primini nell’attraversata del lago. Seth sarà alla stazione e ci rimarrà finchè tutti gli studenti non saranno saliti sulle carrozze, dopodiché salirà sul treno e controllerà che non ne sia rimasto nessuno. Alphonse, rimarrà al castello e controllerà a distanza i movimenti delle carrozze. Mustang invece…- Ecco, il cognome. Seguirà i movimenti delle carrozze da vicino.-
-A piedi o devo portarmi dietro un pony?- La voce è salita ed uscita da sola, lo giuro, io non c’entro niente!
-A piedi.- ripetè lui, senza nemmeno guardarla, e con un tono da “brutta-scema-ringrazia-che-ci-siano-testimoni”
-Oh certo, mi sembra ovvio. Mi hanno mandata qui per badare alle chiappe di duemila ragazzini scalmanati e poi mi dicono che devo scorrazzare dietro alle loro carrozze a piedi. Certo.- replicò lei con un tono da “se-dici-ancora-qualcosa-ti-crucio”
-E’ il suo lavoro.-
-Certo, infatti non mi sono mica lamentata: la mia era una semplice constatazione.- Keenan dovette posarle una mano sulla spalla per farla tacere
-D’accordo.- Silente non si era perso nemmeno una battuta –I ragazzini scalmanati arriveranno domani pomeriggio. Fatevi trovare pronti.-

Alexandra si congedò con un borbottio che sembrava qualcosa tipo “Io sono nata pronta…”

-



La sera era calata presto. E lei non aveva cenato. Era andata in riva al Lago. Come quella sera di tanti anni fa. Era seduta vicina all’acqua e guardava il riflesso della Luna. E, nuovamente, i ricordi affiorarono nitidi nella sua mente.


FLASHBACK
Finalmente sera. Finalmente fuori. Un libro, la musica e il lago. Il momento preferito della sua giornata. Scese fino sulla riva del lago, camminando piano, assaporando ogni secondo.
Si avvicinò all’acqua e si sedette, la schiena appoggiata contro un tronco.

-Lumos.- e tutto divenne magico. Gli insetti, attratti dalla luce della bacchetta, si avvicinavano, riempendo la notte di ronzii. Aprì il libro e si mise a leggere.

Erano passati neanche dieci minuti, che sentì dei passi. Stizzita, riprese a leggere, cercando di ignorarli, chiaro indice della presenza di qualcuno. Non al Lago, ti prego, non qui.
E invece sembrava proprio che venissero verso di lei.
Sentì i passi avvicinarsi sempre di più, fino a fermarsi a mezzo metro da lei. Per tutto questo tempo, Alexandra non aveva alzato lo sguardo dal libro.

-Cosa ci fa fuori a quest’ora?- aveva riconosciuto la voce del pipistrello, strano che non si fosse messo a gesticolare, come suo solito
-Leggo.-
-Grazie, questo lo vedo.-
-So perfettamente che ora è. Come vede…- e alzò un braccio mostrando, fra la marea di bracciali, anche un orologio da polso digitale -…non è ancora scattato il coprifuoco. Indi per cui, posso rimanere ancora qui.-
-Certo, il ragionamento non fa una piega.-
-Bene.-

Molto, molto, molto stizzita, la Serpeverde riprese la lettura del libro, che nuovamente interruppe quando sentì il pipistrello sedersi sulla riva, a qualche metro da lei, aprire un libro e leggere. Oh, santo Mason, proprio qui doveva venire? Non si può dire che fosse una ragazza sociale, no quello no. Ma addirittura quello. Avrebbe voluto cacciare un urlo per sfogarsi, ma poi avrebbe dovuto spiegare all’uomo in nero il perché del momento di pazzia, allora preferì ricominciare a leggere, ignorandolo.

Poi però, non resistette. Attraverso i capelli lo osservò. Era seduto come lei, schiena appoggiata ad un tronco. Il libro, un tomo spesso, aperto sulle ginocchia, una cortina di capelli corvini tutt’attorno. La luce della luna e quella delle bacchette lo illuminava, dandogli un’aria arcana, misteriosa.
Scosse la testa. Questo è troppo, sto vaneggiando. Quindi chiuse il libro con un botto.
FINE FLASHBACK

Ma adesso non sarebbe arrivato. Quei giorni erano passati da molto tempo, ormai. Niente più libri, niente più sogni, niente più speranze, niente più…
Cosa diavolo è questo rumore? Non saranno mica…passi?
Decisa a non conversare con nessuno, Alexandra si alzò e, silenziosa come un gatto, si infilò in un cespuglio basso, proprio dietro all’albero a cui era appoggiata prima.
Trattenne il respiro quando una sagoma apparve in fondo al vialetto.
Il cuore le batteva sempre più forte. Il sangue le premeva nelle tempie.
Ma…No, dannazione: è la rospa.
La delusione si dipinse sul suo volto, anche se nessuno poteva vederla. E lei non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno a sé stessa. Di aver sperato, per qualche piccolo, infimo, misero (Meraviglioso) minuto che non avesse perso quell’abitudine. Quel loro piccolo, intimo segreto.
Rituale. Tradizione.
Ma quanto sono stupida?
La delusione brucia più delle lacrime non versate e delle parole taciute e mai dette.


Open Doors - Chapter 3;



Due ore dopo, camminava senza una meta per Hogwarts, evitando spiacevoli incontri. La mente era spenta, e gli unici pensieri che le passavano per la testa erano come un rumore di sottofondo a cui non si presta la minima attenzione.
Lo sguardo scorreva amorevolmente su ogni angolo del castello. Su ogni quadro, su ogni scala, su ogni porta. Tutto le ricordava tanti momenti felici. Non c’era spazio per quelli infelici.

Stava voltando un angolo quando pensò che magari era meglio legarsi i lacci delle scarpe prima di volare giù fino al primo piano.
Qualcuno però ebbe le bellissima idea di girare lo stesso angolo nella direzione inversa alla sua, proprio mentre legava i lacci.
Inutile dire che su un corridoio largo tre metri, questo qualcuno doveva proprio passare dove c’era lei.
Inutile dire anche che caddero l’uno addosso all’altro, lei sopra, il furbastro sotto.

-Ma che diavolo? Ti costava tanto guardare davanti a te mentre cammini? O eri tanto occupato ad osservare un maiale grosso quanto il livido che mi hai fatto sul culo volare sopra la tua testa?-
-Noto che i suoi insulti sono decisamente migliorati col tempo. Non in meglio, però.-
Il mondo le crollò addosso.
Quegli occhi.
Quei dannatissimi occhi.
Neri.
Con un balzo felino si allontanò da Piton.
-Colpa sua che investe le persone che si fanno i fatti propri.-
-In mezzo al corridoio, chinata?-
-Mi stavo allacciando le scarpe per evitare una catastrofe naturale. Mi sembra una cosa normale. Per le persone come me. Immagino che lei preferisca volare giù dal settimo piano.- lo guardò malevola –Certo, assolutamente normale, vero?- lui non rispose -Sa cosa?- continuò lei avvicinandosi –Potrebbe anche chiedermi scusa.-
-Anche questa è una cosa che fanno le persone normali come lei?- fece lui, ironico
-Certo.-
-Bene, allora non lo farò.-
-Bene.-
-Bene.-
-BENE!- e gli passò accanto, stando ben attenta a pestargli pesantemente un piede –Oh perdindirindina, era il suo piede o era una pantegana?-
Lui non le rispose e riprese a camminare, ignorandola.

-



Stupidi ragazzini scalmanati. Grazie al cielo non devo stare dietro ai primini. Li avrei affogati tutti. Oppure li avrei dati in pasto alla piovra, sbuffò, povera, non mangia mai carne fresca.
Il suo compito era tanto facile quanto noioso. Contava sette studenti e li sbatteva in una carrozza.
-E chissene frega di chi vuole stare con chi.- borbottò dopo aver chiuso (forse a chiave, non si ricordava già) sei Serpeverde dell’ultimo anno con un Grifondoro del secondo.
Finito il lavoro si voltò verso il castello e lanciò il segnale: scintille rosse. Alphonse le rispose quasi subito, e diede il permesso ai Thestral di partire.
Tre quarti d’ora dopo finalmente oltrepassavano le porte di Hogwarts.
Altro che pony, la prossima volta i ragazzini trainano le carrozze, i Thestral dentro le carrozze e io davanti al caminetto in camera.

Con un colpo di bacchetta fece spalancare le porte delle carrozze e gli studenti –ragazzini scalmantati- scesero come una mandria di bufali e si diressero nella Sala Grande.

-Come se non mangiassero da giorni, eh?- Alphonse le si era avvicinato
-Come se avessero bisogno di mangiare e riposarsi dopo più di due ore di viaggio.-
-Ultimamente sei più cinica, è successo qualcosa?-
Lei si voltò a guardarlo.
-No, assolutamente niente.- e si diresse verso il portone della Sala Grande.

-



-Allora,- fece a Seth e a Keenan, che erano arrivati già da un po’ –Si mangia?-
-Prima devono smistare i primini...-
-Ambarabaciccicoccò.-
-...col cappello.-
-La mia era un’affermazione.-
Silente stava presentando agli studenti la Umbridge che, come avevano scommesso Seth e Alphonse, aveva fatto la sua entrata in stile. Mentre Alexandra, da fuori dalla Sala, le faceva la linguaccia. A breve sarebbe stato il loro turno.

-Dopo gli avvenimenti dell’anno scorso- Silente, come al solito, tranquillo e sorridente- abbiamo richiesto al Ministero una scorta d’eccellenza per tutti voi studenti. Quindi, sono stati mandati quattro Auror per controllarvi. Prego, entrate.- e con un suo cenno il portone si spalancò.
Tutti gli studenti, nessuno escluso e tutti compresi, si voltarono a guardare, incuriositi.
Alexandra, fregandosene dei suoi compagni, avanzò per prima. Da sola. Lungo la navata. Poco dopo sentì anche i passi degli altri che la seguivano.
Arrivati davanti al tavolo degli insegnanti si voltarono verso il loro pubblico. Ragazzini assatanati.
Alexandra tirò fuori la bacchetta e, puntandosela sul collo, disse:
-Sonorus.- in modo che la sua voce fosse sentita da tutti.
Gli altri tre Auror si guardarono straniti.
-Bene, bene. Buonasera ragazzi.- le rispose un coretto smorto di una decina di persone –Uhuh, ho detto: BUONASERA, ragazzi.- come d’un tratto tutti si svegliarono e risposero prontamente, formando un coro soddisfacente –D’accordo. Ci siamo svegliati, eh?- i professori si guardavano straniti, scandalizzati e alcuni, fra i quali Hagrid che non finiva di ridere, anche divertiti –Allora, vi parlerò da pari a pari, con parole terra a terra, in modo da farmi capire. Io e i miei compagni siamo qui solo per parare il culo a voi.- Hagrid cadde dalla sedia –Abbiamo scollato i deretani dalla nostra sedia nel Ministero, abbiamo lasciato la famiglia a casa abbiamo fatto armi e bagagli e siamo venuti qui. Solo per parare il culo a voi.- Vitious si alzò e cercò di far raddrizzare il mezzo-gigante –Le regole le sapete, Silente ve le ripete tutti i santi anni. Quindi,- si schiarì la voce –VEDETE DI SEGUIRLE. Non sono ammesse uscite oltre il coprifuoco, non sono ammessi incantesimi e/o duelli nei corridoi della scuola. Se proprio volete ammazzarvi, fatelo lontano dalla scuola, magari nella Foresta Proibita.- guardò gli studenti, stupiti –O, se volete un consiglio personale, potete avvelenarvi durante le ore di Pozioni. Dubito che il vostro professore se ne accorgerebbe. In ogni caso, noi Auror dobbiamo fare il nostro lavoro. Chiunque becchiamo, che stia trasgredendo alle regole, verrà severamente punito. Tanto più che ho scoperto che Hogwarts ha una sala torture, ora potrò esprimere la mia creatività nelle punizioni.- scrocchiò le dita –Questo, non perché sono assetata del vostro sangue, ma semplicemente perché questo è un periodo pericoloso. E, fra la sottoscritta con le sue punizioni e Colui-che-non-deve-essere-nominato e i suoi Mangiamorte, io sono il male minore. Come Scilla per Ulisse, spero che sappiate chi sia costui. Scilla, come me, semplicemente stacca la testa ad alcuni compagni dell’eroe, Cariddi li uccide tutti. Grazie dell’attenzione, buona cena a tutti. Finite Incantatem.- e la sua voce tornò normale.
Ci fu un minuto di silenzio attonito, poi scrosciarono gli applausi.

-Inutile dire che hai fatto contenti gli studenti e scioccati i profi, vero?-
-Inutile dire che l'ho fatto apposta, vero?- replicò lei a Keenan, facendogli il verso

Un inchino, Damn x3
 
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Damned Roar
view post Posted on 24/7/2009, 11:40




Away From You - Chapter 4;



Mezzanotte. Turno di Alexandra.
Certo, mi sembra ovvio: tutti gli altri si sono ubriacati con Hagrid.

Settimo piano.
Camminava con passo felpato, la bacchetta alla mano, attenta, nessun pensiero nella mente. O almeno si convinceva di non averne nessuno.

Chissà cosa ha pensato di me quando mi ha vista. Certo, se gliel’avessi chiesto l’avrei fatto insospettire. Si fermò di colpo. Ma cosa DIAVOLO sto pensando? Non me ne frega niente di lui. Niente di niente. Niente. Niente. NIENTE.
Riprese a camminare, concentrandosi su ogni ombra, ogni rumore.



Sesto piano.
Il passo forse più veloce, ma gli occhi attenti. Massì, dopotutto avrà passato il tempo a chiacchierare con Silente. Anzi, probabilmente nemmeno si è accorto che ho parlato. Nuovamente, si fermò. Ma dannazione, non me ne importa niente. Niente. NIENTE.

Quinto, quarto, terzo e secondo piano.
Quasi corse, lanciò solo un’occhiata alla biblioteca. No ferma, devo fare bene il mio lavoro. Calmati, osserva ogni piccola cosa. Tendi le orecchie ad ogni piccolo rumore.

Primo piano.
Spalancò le porte della Sala Grande, ancora illuminata, e gettò un rapido sguardo alle tavolate. Vuote. Controllò anche la salita verso il castello e poi…guardò quella scala. Quella che portava ai sotterranei. Un sospiro e iniziò a scenderla.

Sotteranei.
L’aria era umida. Nessuno studente in giro, come negli altri piani. Passò davanti a quella porta, decisa a far finta di niente. Poi però si trovò una seconda volta a passarci davanti. E una terza. Una quarta. Una quinta e una sesta. Alla ventesima decise di sbirciare. Lancio solo uno sguardo e poi me ne vado.
Si chinò verso la serratura e sbirciò. Trattenne il respiro. La scrivania era proprio di fronte alla porta e lui era seduto lì. Chinato su alcuni fogli. Ok, ora me ne vado.
Ma le gambe non si muovevano. Via, via; devo andare via.
Niente da fare, il corpo non collaborava. Dannazione.
Rimase qualche minuto in contemplazione. Forse mezz’ora, forse un’ora, forse un secolo. Chi lo sa?
Poi si voltò e se lo trovò davanti.

(N.d.A: L’espressione di Alexandra era questa -------> O_____________________________O)

-C-c-cosa diavolo ci fa qua fuori?- inizò a balbettare
-Quello dentro è un ologramma. E noi siamo maghi. Forse lei non ci fa tanto caso…-
-C-c-cosa ci fa qui?- ripetè
-Dovrei farle io questa domanda; quindi gliela faccio: cosa ci fa davanti alla mia porta?-
--
-Anzi, perché sbircia dalla serratura della mia porta?-
-Stosolosvolgendoilmiolavoro.- bofonchiò
-Come?- fece Severus, avvicinando ironicamente l’orecchio ad Alexandra
-Sto-solo-svolgendo-il-mio-lavoro.- ripetè lei, lo sguardo fisso a terra e le guancie infuocate
-Ah bene.- tamburellò con le dita sul suo braccio
-…-
-…-
-…-
-Ha intenzione di rimanere piantata qua fuori tutta la sera?-
-…-
-Suvvia, non si sarà mica addormentata?-
-…-
-D’accordo, neanche normalmente ha una faccia tanto sveglia, ma adesso sembra davvero addormentata.-
-Eh già, certo.- fece lei guardandolo d’un tratto negli occhi –Sono solo una povera sfigata con la faccia da addormentata.- Che sguardo triste.
Con passo lento e stanco, Alexandra salì le scale, congedandosi con un cenno della mano.


When you're gone - Chapter 5;



“Non ho mai pensato che avrei avuto
bisogno che tu fossi lì quando piangevo.
E i giorni sembrano anni quando sono sola.

Vedi quanto ho bisogno di te adesso?

Quando sei lontano
i pezzi del mio cuore sentono la tua mancanza.
Quando sei lontano
mi mancano le parole che ho bisogno di sentire per farmi
sempre andare avanti fino alla fine della giornata.
Mi manchi.”

Non mi sono mai sentita così prima d’ora. Tutto ciò che faccio mi ricorda lui.

“Eravamo fatti l'uno per l'altra, quaggiù per sempre.
So che lo eravamo, sì.
Tutto quello che volevo era che tu sapessi
che in tutto ciò che faccio metto il cuore e l'anima
riesco a malapena a respirare,
ho bisogno di sentirti qui con me, si. “

Non sarei mai dovuta venire qui. E’ stato il mio errore più grande.
Era seduta in riva al Lago, come aveva sempre fatto quando era triste. Vicinissima all’acqua, con un rametto la muoveva. Le increspature si riflettevano su tutto lo specchio. Era notte fonda e non c’era la luna. Il buio sarebbe stato totale se non per qualche lucciola che volava attorno alla superficie del Lago. Il loro leggero ronzio costituiva, con il fruscio degli alberi, una sinfonia dolce e malinconia.
Non avrei mai dovuto farlo.
No.
Mai.

Con un sospiro doloroso si sdraiò sull’erba e guardò le stelle. La maggior parte erano coperte dalle nuvole, le poche che si vedevano sembravano brillare solo per lei. Rincuorandola, consigliandola, ma per una volta, le sue orecchie erano sorde e gli occhi ciechi a quei muti richiami. Lo sguardo era rivolto verso il cielo notturno, ma la mente non c’era. Correva ai giorni felici di tanti anni fa, quando tutto era ancora così facile da sopportare, quando tutto non era così complicato, quando tutto si risolveva serenamente. Prima, prima, prima che glielo dicesse. Prima che le deturpassero il braccio con quel dannato Marchio.
Chiuse gli occhi.
Pensava intensamente a quei momenti.
Lontani.
Amati.
Dimenticati?

FLASHBACK
-Dai, dai. Professore se non si sbriga la perderemo.- la giovane Alexandra era sulla soglia dell’ufficio di Piton, impaziente
-Sì, dannazione, arrivo.-
-Forza, sembra una lumaca.- si lasciò scappare lei
-Come?- la sua testa spuntò dalla porta della camera da letto, con un’espressione corrucciata
-Niente.- ribattè, rossa in viso

Poi, spazientita lo prese per un braccio ed iniziò a tirarlo, fino a convincerlo a prendere un mantello e a correre fuori, nel giardino.
Anche quella volta era notte fonda, e cosa ci facessero una studentessa e un professore insieme fuori a quell’ora era meglio che nessuno lo sapesse.
Corsero fino al limite della Foresta Proibita.
Mentre riprendevano fiato, Alexandra disse:
-Certo che poteva sbrigarsi, se non avessimo corso non saremmo arrivati qui in tempo per le stelle cadenti.-
-Ecco, allora è per quello che ho perso trent’anni di vita, per vedere delle stelle cadenti?-
-Uh?-
-Questa dannatissima corsa mi ha fatto perdere trenta preziosi anni della mia sacrosanta vita.-
-Ah ecco, così è più chiaro.- uno scappellotto la colpì alla nuca

D’un tratto lo prese per un braccio ed iniziò a scuoterlo:
-Guardi, guardi: le stelle cadenti.- indicando il cielo con gli occhi sognanti
Lui, con il solito tono indifferente, disse: -Signorina Mustang si calmi, ha 15 anni e sono solo delle stelle.-
-Prima le guarda e poi mi dice se sono solo delle stelle.-
Allora Piton, sbuffando, alzò lo sguardo. Non erano solo delle stelle cadenti. Erano tantissime, luminose, veloci, stelle cadenti. Ne guardavi una e ne perdevi altre dieci. Era uno spettacolo incredibile. E loro due erano lì, insieme, con il naso all’insù in una fredda notte di Dicembre a guardarlo.

-Allora? Le sono piaciute?- fece lei dieci minuti dopo, guardandolo mentre camminavano verso il castello
-Uh.-
-Cosa significa “Uh.”?-
-Significa che…- annaspò alla ricerca delle parole giuste –...è stato uno spettacolo…- la guardò -…meraviglioso.- ammise infine con un sospiro rassegnato
-Ah-ah! L’ha ammesso!- gli rise in faccia
Alexandra –Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo.- continuò, terminando il tutto con una risata, molto diabolica. Al che si mise a saltellare come un coniglio davanti al professore
-Non mi assumo le responsabilità di nessuna catastrofe naturale causata dalla qui presente ragazzina scalmanata che salta come un grillo.-
-E chi le dice che io possa causare una catastrofe naturale?- ribattè, saltando con più insistenza ancora, ma lui non rispose.
Al buio, Alexandra non vide un sasso grande quanto la sua zucca, e c’inciampò sopra, rotolando giù dalla collinetta e atterrando sul deretano con un "Ma che cazz..." poco elegante.
-Ahio.-
-Ecco, io cosa le dicevo?-
-Ma prof, poteva anche dirmelo!-
-Dirle cosa?-
-Del sasso.-
-Quale sasso?-
-QUEL BASTARDO D’UN SASSO CHE MI HA FATTO ROTOLARE GIU’ DA QUELLA DANNATISSIMA MONTAGNOLA DI TERRA.-
-Si chiama “collina”.- fece lui, continuando con il suo tono indifferente e ostentando un sorrisetto ironico.
Lei bofonchiò qualcosa in risposta.
Quando fece per alzarsi però, vide una mano tesa verso di lei. La osservò a lungo, e poi guardò Piton. Il suo viso era in ombra e non vedeva la sua espressione.
Posò la sua mano su quella di lui, che l’aiutò ad alzarsi.
-Grazie.-
Ci fu un momento di silenzio.
-Di niente.-
Lei gli sorrise e poi riprese a saltellare verso il Castello.
Sono io che dovrei ringraziare te.
FINE FLASHBACK

Sorrise ripensando a quei momenti. Pianse ripensando a quei momenti. Quanto ero stupida, cosa mi aspettavo? Cosa diavolo volevo? Le lacrime continuavano a scorrere senza che lei potesse farci qualcosa, senza che lei potesse fermarle. Sentì dei passi.
Ma dannazione: ‘sto posto non è mai stato così tanto frequentato!
-Buonasera Alexandra.-
-Oh, buonasera Albus.-
-Anche tu non riesci a dormire?-
-No, ho solo finito il giro di ronda.- Finito? Uhuh, questa sì che è una battuta: nemmeno l’ho iniziato!
-Ah, bene. Brava, vedo che hai preso il tuo lavoro sul serio.- Ma cosa fa? Infierisce? Gira il coltello nella piaga? Ma si limitò ad annuire, in silenzio.
-Certe volte,- fece lui guardandola intensamente –la risposta più semplice è sotto i nostri occhi, ma noi non la vediamo perché siamo troppo occupati a cercare di arginare un fiume.-
-Uh?-
-Immagina, di camminare in un bosco con quanto hai di più prezioso, una rara e splendida gemma. All'improvviso una bestia feroce ti attacca: lasci cadere la gemma e scappi. Quando ti rendi conto di aver perso la gemma, hai paura di tornare nel bosco a cercarla. Ora, questo significa che la gemma non c'è più, o che brilla ancora sotto le foglie in attesa del tuo ritorno?-
Lei abbassò lo sguardo.
-Ora perdonami, ma mi devo congedare. A domani Alexandra.
-Sì…a domani…-
In attesa del mio ritorno?
 
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•Joy;
view post Posted on 24/7/2009, 18:55




Oddio...meravigliosa!!!! :<3: Dai continua che son curiosaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa :complimenti:
 
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Damned Roar
view post Posted on 28/7/2009, 18:36




Oddio, addirittura meravigliosa? òwò
Ma grazieeeeee x3
Magari dopo aggiungo un altro capitolo u.u
 
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beussina96
view post Posted on 28/7/2009, 23:12




NO!aspetta aspetta aspetta!
piton è il mio unico amore e questa è l'unica FF meravigliosa che mi abbia mai emozonato...e tu dici...che poi continui?

MA STAI SCHERZANDO?! ti prego T.T :snape: :wub:
 
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Damned Roar
view post Posted on 29/7/2009, 09:09




Oddio, così mi fai arrossire èwé
Adesso aggiungo subito un altro capitolo u.u

My Happy Ending - Chapter 6;



“Tu eri tutto, tutto quello che volevo
Eravamo fatti per stare insieme, sembravamo così.
Ma tutto questo è andato perduto
Tutti i nostri ricordi così intimi per me sono svaniti.
Per tutto questo tempo tu hai finto.
Troppo per il mio lieto fine.”


Non può davvero sperare che io vada da lui a dirglielo. Con le mani in tasca e l’espressione corrucciata, Alexandra stava tornando in camera. Erano circa le due e mezza di mattina e, ovviamente, non c’era nessuno in giro. Come se poi sapessi cosa dirgli, vero? Ma in realtà sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto dire, cosa avrebbe dovuto fare; sarebbe bastato così poco, magari non per risolvere tutto, ma, almeno, per ripartire da zero. Con un sospiro iniziò a salire le scale, verso camera sua, con i pensieri già rivolti alla dormita che si sarebbe fatta da lì a poco.

Arrivata sul pianerottolo, trattenne il respiro: c’era una persona davanti alla porta della sua camera. Una figura inconfondibile, nera come la Notte, silenziosa come i Suoi figli.
Scocciata, gli passò davanti senza degnarlo d’uno sguardo:
-Sparisca.-
-No. Sono qui per parlarle e non me ne andrò fino a quando non ci riuscirò.-
-Bene.-
-Davvero?-
-No. Potrà anche stare lì fuori tutta la notte, ma non mi parlerà di quello di cui vuole parlare.-
-Un discorso molto contorto devo dire.- fece lui, con un sorriso ironico sul viso
-Ecco, è proprio questo che odio di te!- gli urlò Alexandra in faccia, pochi secondi prima di entrare e barricarsi in camera.
No no, non devo piangere. Non per lui. Non ora. Mai. Non merita le tue lacrime,non i tuoi dolori. Non merita tutto il tempo che tu passi a pensare a lui, a soffrire per lui. Basta. Smettila, brutta stupida, continuava a ripetersi, premendo le mani sulle orecchie, come per non sentire il dolore. Un dolore tanto fisico quanto morale. Come se una bestia l’avesse assalita mentre camminava con il proprio cuore in mano, l’essere aveva dilaniato il suo povero organo; aveva morso, strappato; e ora il cuore sanguinava, ma lei si rifiutava di piangere.

“E' bello sapere che c'eri
Grazie per aver finto che ti importasse
E per avermi fatta sentire come se io fossi stata l'unica
E' bello sapere che abbiamo avuto tutto
Grazie perché sei stato a guardare mentre cadevo,
E perché mi fatto sapere che era finita.”


Dopo qualche minuto riuscì a calmarsi il necessario per riuscire ad alzarsi. Subito si diresse in bagno, con le gambe che tremavano. Si guardò allo specchio: gli occhi arrossati dal pianto trattenuto, l’espressione sofferente, le labbra che fremevano. Si passò una mano sul viso, affranta e distrutta. Aprì l’acqua calda della vasca da bagno; il vapore e il calore la fecero cadere in una sorta di coma, in cui non pensava a niente, in niente credeva, in niente sperava. Niente. Un limbo. Solo lei e l’acqua.

-



Mezz’ora dopo, uscita dal bagno con i capelli ancora bagnati ed addosso una tuta nera, aveva dovuto fare a pugni con i suoi rimorsi. E se l’avessi fatto entrare? Cosa mi avrebbe detto? Sarebbe cambiato qualcosa? Sarebbe, si azzardò a pensare, sarebbe tornato tutto…come prima? Scosse la testa e si avvicinò alla porta.
Il pomello mi osserva. E in effetti sembrava proprio così: la manopolina in ottone rifletteva la sua immagine, dandole l’impressione di essere osservata trucemente dal pomello. Mosse la mano, scossa da un leggero tremito, e aprì la porta giusto quel che bastava per mettere la testa fuori. Diede un’occhiata e poi la chiuse di nuovo di colpo.
Cosa diavolo ci fa ancora lì? Si chiese, stupita. Cosa aspetta? Che lo faccia entrare? Che gli offra dei pasticcini e gli faccia la lavanda dei piedi? Sta fresco! Preferirei vestirmi come la Rospa, piuttosto che farlo entrare. E così, decisa a non aprire di nuovo la porta, si sdraiò sul letto e spense la luce, sperando che il sonno l’accogliesse presto fra le sue braccia.

Contemporaneamente, fuori dalla porta, Piton aspettava. Aspettava che lei aprisse la porta, che gli sorridesse come solo lei sapeva fare, che lo perdonasse. Da quando è qui, non l’ho ancora vista sorridere una sola volta…non in modo sincero, pensava, giocherellando con la bacchetta. Un lieve sorriso ironico si disegnò sul suo volto. Aspetterò. La conosco e so perfettamente che ora si sta rodendo nel dubbio e nei rimorsi. Sta cercando di dormire e non ci riesce. Devo solo aspettare.















E se fosse cambiata?
















E se avesse smesso di sperare?


Nella stanza, Alexandra si girava e si rigirava nel letto; ora aveva freddo, ora caldo; e non riusciva ad addormentarsi. Crepa, imprecò accendendo la luce e prendendo, stizzita, un libro dal comodino. I minuti passarono mentre lei leggeva. Un quarto d’ora dopo era ancora alla prima riga. Dannazione! Soffocò un grido in uno dei tanti guanciali ai quali era appoggiata. Scostò le coperte e andò nello studio.
Si avvicinò alla porta. Stupido pomello. Aprì la porta. Lui era ancora lì. Si guardarono per quelli che sembravano anni.


-Entri.- fece lei, scostandosi per farlo entrare. Stai ancora sperando, quindi? O ti sei spenta come una candela? Dannazione, ti prego, ti scongiuro, sorridi. Ma lei non sorrise, lo guardò semplicemente, lasciando al suo sguardo il compito di dirgli quanto dolore le fosse costato quel gesto.
 
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beussina96
view post Posted on 29/7/2009, 11:38




NOOOOOOOOOOOOO MA LO FAI APPOSTA T.T CONTINUA PER PIACEREEEEE
NON FARMI LEGGERE LE COSE A METà!TI SCONGIURO T.T


:T_T: :X_X: :>_>:


:snape: :<3:

CONTINUA DANNAZIONE!
 
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•Joy;
view post Posted on 29/7/2009, 12:50




MA DAIIII..non puoi rimanermi così...dai suuuuuuuuuuuu continuaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!

Si devo dire che il modo in cui scrivi non è meraviglioso no....è a dir poco divino!!!!*-*

CONTINUA!!!!!
 
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7 replies since 24/7/2009, 09:25   77 views
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