Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

La vera storia di Severus Piton (tutto quello che è stato celato), 1. Gli occhi trovano conforto nel guardare altri occhi fatti della stessa anima

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Half-Blood Prince Always
view post Posted on 26/7/2011, 20:58




Salve a tutti
la fan fiction che sto per proporvi ha un raiting VERDE.
Introspettiva, drammatica.
Auguro a tutti voi buona lettura.


Nulla del Principe è stato svelato. Tutto è andato via perdendosi con lui. Cosa lo ha realmente portato ad essere l'uomo che la Rowling ci ha fatto conoscere senza una spiegazione. Passato a dir poco inesistente, perchè miei cari lettori, Lily Evans è solo un dettaglio. Ricostruzione di una vita e giustizia vera per il Principe di Hogwats.


Il mio nome è Severus Piton, ho 37 anni e… sono morto.

La mia vera storia incomincia molto prima dei miei ricordi, quando in realtà non ero neanche ancora venuto alla luce, ma il mio cammino, penso ora, fu già delineato. Mezzosangue di forgiatura, ma di pura magia intriso. Madre maga, padre babbano. Un unione mai toccata da fortuna.

A differenza di quello che si pensa mia madre non era una donna forte, da lei presi i colori scuri, i lineamenti marcati e gli occhi. Esile e non molto alta, marcava il territorio con il suo agire prorompente e imponente da maga serpe verde. Mi diede la parte di se più importante e pura: il dono della magia.
Mio padre? Un babbano che non conosceva troppo bene la donna che aveva preso in moglie. Alto, pelle chiara da puro inglese e di corporatura robusta. Da lui per quanto mi riguarda presi solo il cognome e non per mia scelta.

I miei genitori mi ebbero poco dopo la loro unione, in circostanza del tutto improvvisa considerando che il compagno di mia madre non fu ben lieto di sentirsi padre così presto, ma le regole della magia erano chiare. Art.65 cod. mag. Civ: Qualora una coppia decida di abortire la giustizia magica prenderà dei seri provvedimenti dal momento che non solo una goccia del sangue magico deve andare sprecata. Se la medesima coppia è impossibilità nel mantenimento del nascituro allora è bene che lo consegni a noi, i quali prederemo provvedimenti per la crescita e la cura dello stesso.
Mia madre si rifiutò di fare entrambe le cose contro naturalmente i voleri dell’uomo che in realtà doveva essere mio padre.
Nacqui. Fu il primo errore, in quanto errore, capii in seguito.

Fu mia madre a scegliere il mio nome: Severus. Credo che per lei fosse una sorta di benedizione donatami. La severità del mio agire, come quasi nel prevedere il futuro che avevo davanti a me. Ne delineava l’essere rigoroso e inflessibile. Mi stava già raccontando.

Unico figlio, condivisi con la prima donna della mia vita il dolore per un amore non corrisposto. L’imparai già da molto piccolo.
Mio padre era solito non rientrare in casa durante le ore notturne lasciando mia madre, ancora con i postumi della gravidanza, a badare a me. Lo fece sempre con grande dedizione, seppure non ricordo una carezza da parte sua. Doveva essere forte. Forte per lei, forte per me. Forte per noi due, l’unica vera cosa definibile famiglia.
Quando l’uomo rientrava era spesso su di giri, ubriaco come si dice normalmente. Ricordo ancora il fetore di alcool che lo caratterizzava e il suo modo di chiamarmi, per lui ero: Coso. Non sono mai riuscito a comprendere come mia madre potesse AMARLO. Come si può amare un essere del genere? Tempo dopo mi rivolsi la medesima domanda: Come si poteva mai amare un essere come me? Ma questa è un’altra storia.

Il mio primo ricordo fu quello di vedere mio padre picchiare mia madre mentre io ero seduto sul pavimento della piccola cucina di casa. Potevo avere pressappoco tre anni o quattro anni di vita e già pensavo a quante volte l’avesse toccata in quel modo in quegli anni per me privi di ricordo. Lo scenario che si presentò davanti ai miei occhi fu quello di rossori cutanei per via dei colpi, urla, pianti, grida. Se state pensando che fosse tornato da una delle sue serate di sballo alcolico babbano vi sbagliate, per mio padre questo era una specie di malsano hobby. Fu lì che realizzai che non ero il benvenuto, qualcosa dentro di me lo percepiva.

Con il passare del tempo la paura di quei momenti si fece routine, come anche il mio agire e le mie sensazioni così vivide tutt’ora che a volte mi sembra quasi di toccarle. In quelle circostanze era come se l’oscurità mi avvolgesse e non mi permetteva di respirare. I miei occhi spesso serrati nascondevano la visione di ciò che stava avvenendo, ma nella mia testa continuavano ad entrare urla accompagnate da parole troppo pesanti per essere pronunciate così a gran voce, ma che venivano ugualmente scagliate come in una guerra interminabile. Ma tra tutto ciò solo un piccolo dettaglio mi lacerava il cuore: il pianto di mia madre.

Spesso mi trovavo accovacciato nell’angolo meno luminoso della casa, con le braccia intorno al viso che mi facevano da scudo e mi proteggevano da quella guerra senza vinti e vincitori, ma fatta solo di dolore. Non riuscivo a capire perché ogni volta avevo così tanta paura.. ogni volta che accadeva non facevo altro che detestare la mia esistenza odiando quelle lacrime che mi bagnavano il viso facendomi rendere conto maggiormente della realtà in cui vivevo. Una realtà fatta di tanti pugnali che trafiggevano ogni parte del mio corpo costringendomi ad un male interiore che era più doloroso di quello fisico. Volevo aprire quei dannati occhi, ma non ce la facevo, volevo intervenire per fermare quella dannata guerra.. ma i miei muscoli me lo impedivano. Ero bloccato, solo il mio cuore continuava a muoversi velocemente come se volesse uscire da quel petto che lo imprigionava. Mi sentivo anche io così, imprigionato in una gabbia fatta di disperazione, urla e lacrime; una gabbia senza chiave, una gabbia senza uscita. Ed ecco arrivare il silenzio che grida ancora di più delle urla stesse, un silenzio che cela frammenti di un cuore spezzato che sanguina dopo aver lottato tanto. Era quasi visibile quel cuore, erano quasi palpabili quelle gocce di sangue. Finalmente ebbi il coraggio di alzare la testa e aprire i suoi occhi… i suoi capelli neri che gli incorniciavano il viso, erano bagnati da pesanti lacrime argentee.. ora la potevo osservare nella penombra della stanza, ora potevo osservare quell’immagine femminile accasciata pesantemente su una sedia. Aveva lottato tanto, aveva combattuto più del solito difendendo la sua dignità di donna, la sua dignità di madre. Le sue mani al viso nascondevano le ultime lacrime che cadevano giù. In quelle circostanze mi alzavo lentamente, ma continuavo a fissare la prima donna che gli aveva rubato il cuore. Volevo portarla via di lì, volevo regalargli una vita degna di lei, della sua importanza. Perché lei era importante! Ma cosa ne potava sapere un bambino di nove anni infondo… cosa potava sapere del dolore che stava provando sua madre, cosa potevo sapere di quella sofferenza che ricevevo solo di riflesso. Ma se io stavo già così male, non osavo neanche immaginare come potesse stare lei, solo il pensiero mi provocava una stretta al cuore. Spesso cercavo di non farmi avvolgere da quei pensieri, non potevo permettermi di cadere nuovamente in quel baratro iniziale, dovevo anch’io essere forte per mia madre. In quelle circostanze mi avvicinavo alla mia donna, alla mia compagna, a mia madre, le prendevo il volto tra le mie mani e le dicevo:
“Gli occhi non trovano rifugio nel pianto, ma nell’ unione con altri occhi fatti dalla stessa anima”

LA VERA STORIA DI SEVERUS PITON

 
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La Ragazza delle Arance
view post Posted on 27/7/2011, 11:37




Edipica! =)
 
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Sibilla Piton
view post Posted on 27/7/2011, 12:23




Beeeeeeella!!!!
 
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•°o.OdamÅrwenO.o°•
view post Posted on 28/7/2011, 14:52




Molto bella.
 
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view post Posted on 12/11/2011, 21:24

Viviamo tutti nelle tenebre, ma alcuni guardano le stelle

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