Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Il primo giorno, Seguito de "La prima sera"

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Camelia.
view post Posted on 9/8/2011, 22:58 by: Camelia.




Grazie! :) :)


Capitolo 5


Severus scosse il capo per scacciare quel ricordo. Era stato secoli fa, era stato un altro bambino.

Da quanto non c’era più un contatto fisico con sua madre?
Il giorno prima, quando era salito sull’Espresso per Hogwarts, Eileen aveva allungato una mano verso di lui, forse voleva accarezzargli la testa, forse no, fatto sta che Severus si era irrigidito e anche sua madre era parsa stupita del movimento del proprio braccio. Gli aveva stretto appena la spalla tra la punta delle dita e gli occhi vuoti da anni si erano per un istante riempiti di qualcosa che Severus non ricordava di averci mai visto.
Era stato imbarazzante, per entrambi, eppure si erano detti tutto quello che avevano vergogna di dirsi, vergognandosi di averlo fatto.

Sul binario, intanto, Lily si lasciava stritolare dalle braccia di suo padre e di sua madre, mentre Petunia se ne stava in disparte, col broncio, saettando sguardi attorno. Le si leggeva in faccia che stava friggendo dalla voglia di andarsene via di lì, non faceva che spostare il proprio peso da un piede all’altro, lanciando occhiate disgustate ai genitori e alla sorella e cercando di non guardare tutto il caos lì intorno e l’andirivieni di tutte quelle persone squilibrate, vestite con abiti dalla foggia e dai colori pazzi; per sbaglio, aveva incrociato per un attimo gli occhi di Piton, affacciato alla porta del vagone, e invisibili scintille d’odio furono scambiate con reciproca soddisfazione.

“Mi scriverete, vero?” stava dicendo Lily trepidante.
“Ma certo, tesoro” disse dolcemente la signora Evans, dandole l’ennesimo bacio sulla guancia. “Scrivici anche tu, piccola, mi raccomando. Raccontaci tutto!”
Le accarezzò i capelli rossi e il viso insieme eccitato e spaurito.
“E sii brava.”
“Sì, mamma!” Lily si gettò di nuovo tra le sue braccia.

Non potendone a farne a meno, Severus aveva spostato l’attenzione sulla famiglia felice (beh, sorella babbana a parte) e anche Eileen, seguendo lo sguardo di suo figlio, aveva suo malgrado posato l’occhio sul gruppetto abbracciato, ascoltandone il brandello di conversazione.
Madre e figlio sussultarono nello scoprirsi a guardare qualcosa che loro due erano incapaci di riprodurre. Le dita di Eileen scivolarono via dalla spalla ossuta di Severus e la donna tentò di dire qualcosa.
“Fai presto” pensava il bambino, a disagio, evitando di guardarla.
Non ce la faceva più a sostenere quella situazione di tensione.

“…Scrivimi...” gli disse infine Eileen, con voce piatta, fissando un punto sopra la sua spalla.
Non era un ordine, era più una frase fatta, qualcosa che andava detto, eppure portò con sé l’eco velata di una preghiera.
La donna allungò la mano di nuovo e la bloccò a mezz’aria. Sempre senza guardarlo, con un gesto meccanico sfiorò il petto del figlio, spazzolando rapida con la mano la divisa di Severus, anche se non c'era nulla da togliere.
“Quando… quando arrivi, intendo” aggiunse a voce più alta e sicura, come per escludere qualsiasi coinvolgimento e rimarcare il fatto che scrivere a casa fosse nulla più che una consuetudine, qualcosa da fare e basta.
“Va bene.”
Severus mosse un passo indietro. Non vedeva l’ora di chiudere, non poteva dirle nient’altro, anche se sentiva di essere villano.

Si erano guardati un’ultima volta, gli occhi pieni di speranza di Severus contro quelli spenti per sempre di Eileen, dopodiché il bambino si era voltato ed era corso subito a prendere la divisa dal suo bagaglio, sgomitando nel vagone affollato.
Fu l’unico a non sporgersi dal finestrino, urlante, per salutare sua madre, immobile sul binario.
La vide alzare di scatto una mano e deviarla immediatamente a grattarsi il collo, gli occhi scuri grandissimi nel viso scarno e scolorito, mentre tutti gli altri genitori si sbracciavano attorno a lei e alcuni seguivano anche il movimento lento del treno che sbuffava più che mai.
Un’impenetrabile cortina di vapore bianco oscurò i finestrini e solo allora Severus si prese una pausa dalla gioia infinita di essere accanto a Lily e guardò verso il binario che non poteva vedere; alzò le dita di una mano, per un attimo.

Undici anni di sofferenza assieme non potevano produrre differenti manifestazioni di affetto materno e filiale tra Eileen Prince Piton e Severus.
Probabilmente, l’unico “sentimento” che si poteva riscontrare nel rapporto tra lui e sua madre era il rispetto. Gli abbracci erano spariti da tempo, Severus aveva imparato a farne a meno ed Eileen… beh, lei era stanca, sfiancata dagli anni trascorsi accanto a Tobias, senza più alcuna volontà. Non lottava più, neppure per suo figlio, da quando Severus aveva imparato a difendersi da solo, ed era accaduto molto presto.

Eppure, nonostante gli anni di sottomissione e silenzio, Severus fu certo che lei avrebbe lottato ancora se il marito non avesse acconsentito, per puro dispetto, a mandare il bambino a Hogwarts. Ma perfino Tobias aveva visto più vantaggio nel liberarsi del ragazzino che tenerselo a casa… In ogni caso sarebbe rimasta la moglie, non gli sarebbe mancato qualcuno su cui sfogare il suo animo bestiale.
La mattina della partenza, quando Eileen e Severus si erano preparati in fretta per uscire, Tobias non aveva detto nulla, ma una volta sulla soglia, aveva sputato per terra guardando moglie e figlio allontanarsi uno di fianco all’altra, trascinando un baule.

Severus si chiese cosa aveva subito la madre, al suo ritorno a casa. Mentre lui era sul treno, con Lily e quei due bambini antipatici, mentre era Hogsmeade, o mentre si dirigeva alle barche, o nei meravigliosi momenti impiegati ad attraversare il Lago Nero… che cosa era successo a Eileen?
Si vergognò di non aver pensato a lei neanche un attimo, il giorno prima. Quale disperato coraggio le aveva fatto varcare la soglia di quella casa maledetta quando aveva fatto ritorno alla desolazione di Spinner’s End? Che avrebbe fatto da sola, con Tobias? Cosa le avrebbe detto quel babbano? Cosa le avrebbe… fatto?

Severus si afferrò il capo tra le mani.

***

Quella notte di otto anni prima, quando era venuto a sapere l’esaltante verità della sua natura di mago, Severus era ritornato nel suo letto con il cuore a mille e una valanga di pensieri.
Si era messo sotto le coperte, ma per circa mezz’ora era rimasto seduto, eccitato, tentando di muovere una sedia lì vicino. Non c’era stato verso, la sedia era rimasta ferma dov’era, sotto la finestra. Un po’ deluso, era stato improvvisamente colto da una pesante stanchezza. Doveva aspettare fino al giorno dopo, l’indomani avrebbe chiesto a sua madre come fare, oh sì. Anche lei era magica.
A quella rivelazione, gli era sembrato di aver cancellato Tobias dalla sua esistenza.
Certo, era durato molto poco. Era bastato che suo padre tornasse a casa perché i muri tornassero a essere brutti e freddi. Lo sentì, nella camera accanto.

La cucina era stata riordinata, Severus aveva sentito sua madre rimettere tutto a posto, anche se poteva giurare che non aveva usato la magia. Per paura, come capì solo parecchio tempo dopo.
Eppure quell’uomo aveva trovato da ridire, come sempre, e le grida erano continuate anche di sopra. Ma quella fu la prima volta che Severus ebbe un vago pensiero felice su cui focalizzarsi, anche se la paura e le lacrime tornarono a fargli compagnia, mentre si raggomitolava sotto le coperte in preda all’angoscia e si sforzava di non sentire, non sentire…

***


Severus si riscosse, staccando le mani dalla testa. Non aveva più tre anni, per Merlino.
Si limitò a provare una fitta dolorosa al petto al pensiero di Tobias. O meglio, di sua madre sola con lui. Maledetto babbano.
Babbano... Tornò subito a pensare a Lily; era per questo che il Cappello Parlante non l’aveva messa a Serpeverde? Al banchetto di benvenuto Lucius Malfoy aveva definito quelli come Lily “rifiuti babbani”.
L’agitazione scosse Severus.

Chiuse di schianto il libro, lo rimise a posto e fece per uscire dalla porta, risoluto. Al diavolo la sala comune, i compagni Serpeverde, l’ansia di piacere a Malfoy… Solo per oggi, sarebbe salito da solo fino alla Sala d’Ingresso e l’avrebbe aspettata, sperando che non ci fosse troppa gente.
Aveva già la mano sulla maniglia della porta, quando udì delle voci vicinissime e con un balzò si portò di nuovo presso le poltrone.

Avery e Mulciber entrarono ridacchiando, le facce un po’ più sveglie. Evidentemente l’acqua aveva fatto il miracolo.
“Ehilà!”, lo apostrofò Mulciber, ora in grado di connettersi con la realtà e di pronunciare parole di senso compiuto. “Avevo appena detto ad Avery che secondo me potevi già essere in classe ad aspettare la prima lezione...” E rise.
Severus cercò di ridere anche lui. Mulciber era davvero scemo.
Lo vide lanciare le pantofole verso il letto e così pure il pigiama, che rimase penzoloni sulle coperte in disordine. Lo stesso fece Avery, anche se ebbe la decenza di posare le sue cose.

“Ah, bene!” Mulciber face un gran sospiro con le mani sui fianchi, fissando Severus.
“Secondo me tu ci farai guadagnare un sacco di punti, diventerai il cocco dei professori. Aspetta solo che si sappia cosa hai fatto ieri sera…”
Piton si sentì pungolare dal compiacimento, ma non lo diede a vedere e si voltò verso il camino.
Sentì i suoi compagni avvicinarsi e un’esclamazione uscì ancora dalla bocca di Mulciber.
“Ma cosa fai, l’elfo domestico? Guarda che non occorre che sistemi il letto e il pigiama. E le pantofole, guarda Avery, ha messo in ordine le pantofole!”
Severus odiò quel bambino.
Avery si rese conto che Mulciber stava esagerando e gli fece cenno di star zitto. Come aveva fatto il compagno la sera prima, cinse le spalle di Severus con un braccio, spingendolo verso una poltrona.

“Non avete mai avuto un elfo domestico a casa?”
Severus lo guardò; Avery forse era meno bestia di Mulciber nei modi, ma il suo parlare piano e lo sguardo troppo comprensivo, traditore di una grande malizia, erano forse più difficili da digerire.
Si sentì a disagio: come sempre, quel bambino non faceva domande, ma affermazioni.
“No. Ma ho messo a posto per abitudine...” Severus passò al contrattacco, parlando col tono più indifferente che riuscì ad adottare.
Fissò il tappeto, come per sbaglio.
Certe cose mi vengono senza pensarci.

Bingo.

Ora Avery non aveva più niente da dire e Mulciber si avvicinò a loro, gettando uno sguardo al tappeto pure lui. Anche se non li guardava, Severus percepiva che la loro abitudine al lusso e alla ricchezza si sarebbe sempre inesorabilmente infranta contro le sue capacità superiori.
Si grattò la testa e li graziò, scegliendo di non umiliarli oltre. Doveva tenerseli buoni.
“A che ora si va di sopra?”
“Verso le 8, credo” rispose Avery gentilmente.
Mulciber emise un lamento.
“Beh, almeno oggi, no? La prima lezione è alle 9, ma devono darci gli orari e tutto… Andiamo a vedere se Malfoy è già in sala comune.”
“È uscito” li informò Severus.
“Perché, l’hai visto?”
“Sì, l’ho incontrato in corridoio.”
“Ah già!” Mulciber si diede una manata in fronte. “È un Prefetto, i Prefetti hanno il loro bagno.”
Questa poi. Bagni riservati.
Ecco una cosa di Hogwarts che Severus non sapeva (perché sua madre non gliene aveva mai parlato?) ed ecco spiegato l’arcano su Malfoy che all’alba usciva dalla sala comune in pigiama.
“Beh, andiamo?” fece Avery, annoiato. “Tanto qui non c’è niente da fare.”

Severus si alzò dalla poltrona, lievemente agitato. Mentre il terzetto usciva dalla stanza, finse di grattarsi il torace, per sentire la bacchetta contro il petto.
Stava per essere presentato come si deve al Prefetto della sua casa, nonché a un ragazzo che doveva appartenere a una famiglia magica molto importante.

Edited by Camelia. - 24/7/2013, 20:32
 
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