Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Il primo giorno, Seguito de "La prima sera"

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Camelia.
view post Posted on 7/8/2011, 11:25 by: Camelia.




Che bello essere stimolati così! :)

Ecco a voi il Capitolo 3:


Si vestì e si infilò la divisa, che frusciò sulla sua testa e lungo il suo corpo: la lisciò con le mani e allungò il collo per vedersi il più possibile nello specchio. Per quanto si sforzasse, riuscì a vedersi appena sotto le spalle, così prese a saltellare cercando di catturare la vista di se stesso completamente rivestito di nero e con lo stemma di Serpeverde sul petto.
Una macchia scura prese a danzare su e giù nello specchio e quello che dopo un po’ si fermò ansante fu un Severus felice, orgoglioso.
Osservò il suo viso ridente attraverso i capelli scompigliati, una visione per lui nuova. Il cuore gli batteva forte, si sentiva pieno di gioia, di energia, di…

Un’altra volta gli era capitato di sentirsi così e si bloccò nel ricordare ancora una giornata di sole in cui le sue mani e quelle di Lily erano state il perno di un mondo fatto solo di pura esultanza.

Improvvisamente non sorrideva più e la sua bocca pareva una crepa su un muro vecchio; il respiro gli si era mozzato e solo i battiti del suo cuore martellavano dentro di lui, anche se sempre più lenti e regolari.
Voleva, doveva, rivedere Lily e prima di fare colazione, decise.

Era passata solo una notte e gli pareva che fosse una vita.
Poté percepire la distanza dilatarsi tra quel sotterraneo e la torre dove si trovavano i dormitori di Grifondoro. Una paura irrazionale si impossessò di lui, temette che lei l’avesse dimenticato, che non gli avrebbe rivolto parola quando si fossero incontrati di lì a poco nella Sala d’Ingresso o in Sala Grande.
Ma rapidamente come quei pensieri neri si erano insinuati nella sua mente, l’idea della Sala d’Ingresso lo mise di buon umore.
Le loro sale comuni erano distanti, è vero, ma si sarebbero incontrati a metà strada, il che accorciava lo spazio tra lo loro e per qualche oscura ragione rendeva meno probabile che Lily fosse diventata un’estranea nel giro di una nottata.

Rinfrancato, Severus prese il pigiama e uscì dal bagno.
Nessun movimento nel corridoi, nessuno, a parte il Prefetto Malfoy, aveva ancora lasciato il tepore delle coperte. Avviandosi verso la sua camera, gli unici rumori che sentiva erano i morbidi tonfi delle sue pantofole sui tappeti in fila.
Con la mano sulla maniglia si fermò un attimo a sbirciare la porta in fondo che portava alla sala comune e, come appena sveglio, un ridda di sensazioni spiacevoli gli ribollì dentro rapidissima. Scosse con forza il capo per liberarsi di quei residui di un incubo notturno che non aveva nessuna voglia di ricordare nei particolari, se i soli frammenti che riaffioravano ogni tanto erano così angoscianti.
Aprì la porta, risoluto, e chiuse dietro di sé paure e pensieri pesanti.

Avery e Mulciber dormivano ancora della grossa; probabilmente, se fosse dipeso da loro, si sarebbero alzati solo a mattina inoltrata. Severus pensò divertito a cosa sarebbe successo se i due non si fossero presentati al primo giorno di lezione e decise che li avrebbe svegliati lui, se non avessero dato cenno di voler abbandonare il proprio sonno.
Aveva raggiunto il proprio letto e dopo aver piegato con cura il pigiama sul cuscino, si era messo calzini e scarpe, lasciando le pantofole ai piedi del baule.

Prese in mano la bacchetta, osservando il fuoco nel camino e il tappeto bruciato. Gli venne in mente sua madre, una figura magra, perennemente impaurita, che sembrava cercasse sempre il modo di non farsi notare, di confondersi con l’aria che la circondava.
Anche lei era stata in Serpeverde, ma ora Severus realizzò che non le aveva mai chiesto -né lei gli aveva mai parlato- di come si era sentita il suo primo giorno lì e non solo. Si rese conto che da sua madre aveva appreso un milione di informazioni su Hogwarts, ma mai, mai, avevano parlato di lei.

Ora che doveva scriverle, non sapeva da che parte cominciare, non c’era un terreno comune di emozioni.

Pensò a cosa Lily avrebbe scritto ai suoi genitori, certamente lo avrebbe fatto con l’entusiasmo e l’affetto che la contraddistinguevano e per di più aveva tutto da raccontare, mentre lui non aveva che i propri sentimenti da esprimere, dato che Eileen conosceva già tutto quello che era cornice e contenitore di una vita nuova.

Severus da tempo non esprimeva le proprie emozioni con i suoi genitori.
I Piton erano quasi tre estranei legati loro malgrado da un rapporto che era fatto di tutto tranne di ciò che di solito definisce il concetto di famiglia.
Eileen però, anche se non affettuosa come la madre di Lily e poco incline a manifestazioni di amore materno, a modo suo era stata una buona madre. Aveva sempre difeso Severus, anche fisicamente quando era piccolo, e solo adesso lui apriva gli occhi, solo ora comprendeva l’enormità di quegli atti e la disperazione di dover dividere la vita con un uomo come Tobias. Non poteva esistere un matrimonio più sbagliato: come era finita Eileen Prince, Serpeverde, nelle grinfie del violento babbano Piton?
Ora Severus si chiese se l’insofferenza e certe sbrigative risposte di Eileen su Hogwarts, quando lui la pungolava di avide domande, non fossero dovute al dolore di sapersi lontana per sempre da quella realtà così meravigliosa, relegata a ricordo perduto.

Severus chiuse gli occhi e provò a immaginare di uscire da scuola e non tornarci mai più, per finire in un posto come Spinner’s End e in compagnia di un uomo come Tobias.

L’angoscia degli evanescenti ricordi del suo incubo notturno non fu più nulla di fronte alla bestialità di quel pensiero.
Solo ora vedeva davvero sua madre.
La sua freddezza, la stanchezza che le avviluppava l’anima e che si traduceva nella perenne sconfitta sul volto sempre teso e impaurito e mai sorridente… tutto ora gli appariva sotto la giusta e impietosa luce.
Provò l’impulso di abbracciarla, come aveva fatto secoli prima, tanti anni fa, quando Eileen era il suo unico riparo, prima che lui la sostituisse con la solitudine di una stanza vuota o di vagabondaggi fuori casa.
Eppure sapeva bene che se sua madre fosse stata lì, davanti a lui, in quel preciso momento, non l’avrebbe abbracciata affatto. Non avrebbe nemmeno fatto il più piccolo cenno di intenzione.
Ora che non era più con lei, solo ora la capiva davvero, ma non era in grado di colmare con gesti affettuosi la distanza emotiva che era la cifra della “famiglia” Piton.
Tuttavia le avrebbe scritto, e non come dovere, ma per onorare la scoperta e la comprensione dei suoi sentimenti.

Severus si diresse alla sua scrivania, dove la sera prima aveva sistemato libri, inchiostro e pergamena. Accese la lanterna e si sedette sulla sedia dallo schienale rigido. Sapeva cosa doveva fare e, mentre srotolava la pergamena, apriva la boccettina scura e saggiava la punta acuminata della sua piuma, pensò intensamente a quali parole avrebbe usato.
Rimase per un po’ immobile, gli occhi fissi sul niente, completamente immerso nei suoi pensieri mentre con il braccio teneva tesa la pergamena che si arrotolava sugli angoli.

“Cara…”
No, “Cara mamma” no.
“Ciao mamma, io…”
Severus si soffermò incerto sulla parola “mamma”, ma dopo lunghe riflessioni e una spasmodica ricerca di alternative, una più improbabile dell’altra, non trovò nulla con cui sostituirla.
Pensò anche al resto delle cose che avrebbe scritto, mordicchiandosi il labbro inferiore e giocherellando con la piuma, sentendosi a disagio laddove gli pareva di sconfinare troppo nel sentimentalismo, anche se si trattava solo di una fredda cronaca di viaggio.

Mulciber si rigirò nel letto e Severus fu strappato dalle sue riflessioni. Non voleva che i suoi compagni lo trovassero a scrivere a sua madre.
Intinse la piuma nell’inchiostro e cominciò a grattare la pergamena con una grafia minuta e nervosa:

Ciao mamma,
ti scrivo che è ancora mattina presto, i miei compagni dormono ancora.
Ieri sera c’è stato lo Smistamento e sono un Serpeverde.


Dopo qualche secondo di titubanza, aggiunse una sottile linea sopra il punto. Fu l’unica concessione a un’emozione, anche se si pentì subito di questa debolezza.
Ma non voleva che ci fossero cancellature, quindi proseguì.

… Serpeverde! Il Preside Silente ci ha fatto un discorso dopo cena e ancora non ho conosciuto nessun insegnante, anche se mi hanno detto che il professor Lumacorno ci insegnerà Pozioni ed è anche il direttore della nostra Casa.

Tralasciò di scrivere “Come ai tuoi tempi?”, così come stava tralasciando qualsiasi parola o espressione che potessero tradire una vicinanza.
Mulciber grugnì, rigirandosi di nuovo.

Forse lo vedrò oggi. Ho già conosciuto il nostro prefetto, si chiama Lucius Malfoy. E i miei compagni stanza, Avery e Mulciber.

Si fermò e prese ad accarezzarsi il mento con la piuma.
Doveva scrivere qualcos’altro, la lettera era davvero breve!
Pensò a Frongy e a quanto era capitato nel corridoio poco prima, ma rifletté che parlare di elfi domestici a una donna che viveva nella miseria non fosse una gran mossa.
Poi si ricordò dell’impresa del giorno prima e intinse in fretta la piuma, eccitato, ma un attimo prima di tracciare qualsiasi segno, si fermò.
Voleva raccontarlo, ma allo stesso tempo si rifiutava di farlo.
Era una cosa sua.
E dei suoi compagni. Una cosa di Hogwarts, del suo nuovo mondo, che non voleva sporcare mandandola a Spinner’s End.

No… Non gliel’avrebbe scritto.

Oggi avrò le prime lezioni e mi hanno detto che ci distribuiranno gli orari a colazione.

Che cosa arida da scrivere… perché non le scriveva che voleva cercare la biblioteca e dare un’occhiata al parco prima di immergersi nella lettura di qualche libro adatto a ragazzi più grandi, di cui però eguagliava il livello di conoscenze?
Quel giorno poi anche aveva in mente di passare molto tempo con Lily, ma questo non l’avrebbe assolutamente scritto.
Eileen forse aveva capito che suo figlio conosceva quella bambina babbana, quando erano stati al binario 9 e tre quarti il giorno prima, e forse aveva anche capito qual era stata la meta delle sue lunghe assenze da casa, ma non aveva detto niente e Severus a sua volta aveva continuato a non mettere in comunicazione il mondo di Lily con quello di Spinner’s End, neppure nel momento del distacco da sua madre.
Era difficile scrivere quella lettera per un bambino abituato a dividere la propria vita in tanti pezzi che si curava rimanessero ben indipendenti l’uno dall’altro.

Spedirò questa lettera più tardi, devo prima capire dove si trova esattamente la guferia della scuola. E comunque penso che sia meglio se la lettera arriva di notte.

L’ultima frase l’aggiunse senza riflettere, scrivendo di getto a lettere più scomposte e più minute ancora. A quanto pareva, era solo nel timore delle reazioni di Tobias che riusciva a manifestare un po’ di empatia.
Severus non si soffermò a pensarci, ma gli fece bene scriverla.
Come fece bene a Eileen leggerla, quando la lettera arrivò quella notte, con un gufo che molto discretamente frusciò piano con l'ala scura sul vetro sudicio della finestra della cucina, mentre suo marito non c’era.

Anche Avery si mosse sotto le lenzuola, mentre Mulciber si grattava negli ultimi rimasugli di sonno.

Ciao,” decise infine di scrivere, a grande fatica. “Severus

Arrotolò stretta la pergamena e la legò con un cordino proprio mentre Mulciber allungava un braccio fuori dalle coperte e si esibiva in un colossale, sonoro sbadiglio.

Edited by Camelia. - 24/7/2013, 14:36
 
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