Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Hogwarts Asylum

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Albus Severus Tom Grindelwald
view post Posted on 12/3/2011, 21:14




Titolo: Hogwarts Asylum
Genere: FanFiction post morte di Voldemort XD
Note: AU, OOC

Buonasera caro lettore questa FanFiction è nata con lo scopo di divertire la mia mente malata attraverso un racconto che dimostri quanto a volte la linea fra realtà e fantasia sia così sottile da non essere distinta. In questa FanFiction si racconta di Harry e dei suoi amici dopo la morte di Voldemort, ma prima degli eventi scritti dalla Rowling. Non è un semplice dopo Voldemort, parla di Harry più da vicino e di alcune vicende che nel libro reale non potrebbero mai accadere. Quindi questa FF è una AU e una OOC di conseguenza se vi aspettate la solita Hogwarts o le solite avventure del nostro eroe vi consiglio di cambiare racconto, se invece vi piacciono gli intrighi psicologici allora siete nel posto giusto.




Sogno e Realtà


Erano passati pochi mesi dall’ultima lotta con Voldemort e Harry Potter oramai sembrava felice nella sua nuova vita accanto a Ginny e ai suoi amici Ron e Hermione. Aveva deciso di tornare a Hogwarts per finire gli studi, i M.A.G.O. sarebbero stati importanti per trovare un lavoro decente e adesso quella era la sua preoccupazione maggiore, com’era giusto che fosse. Nel mondo magico si respirava un’insolita aria di allegria, le strade sembravano più luminose ora che i dissennatori erano chiusi di nuovo ad Azkaban e le persone stesse sembravano più sorridenti. Harry era seduto sul letto della sua nuova casa a Godric Hollow. Un ragazzo poco più grande di lui che era stato arrestato per un giro illegale di bacchette magiche durante il governo di Voldemort era finito sul lastrico e stava vendendo la casa per racimolare qualche galeone. Harry ne aveva approfittato per avere una dimora vicino a quella dove sarebbe dovuto crescere. Così si era trovato con una casa di proprietà e tante stanze inutilizzare che venivano spesso occupate da: Ron, Hermione, Ginny, Neville, Luna o qualunque dei suoi amici volesse andarlo a trovare. Per comprare quella casa aveva quasi svuotato la sua camera blindata alla Gringott ma a lui non erano mai interessati tanto i soldi e a conti fatti con i restanti galeoni avrebbe in ogni caso potuto vivere per qualche anno senza lavorare. Stava seduto sul letto pensando al piccolo Ted Lupin che era stato momentaneamente affidato ai Weasley, Harry non era certo un irresponsabile e adempiva ai suoi doveri di padrino, ma sapeva che con una vera famiglia come quella sarebbe stato molto meglio. Almeno finché non sarebbe stato in grado di allevarlo da solo. Pensando a Ted fu preso da un po’ di angoscia, anche lui come Harry sarebbe cresciuto senza i veri genitori, anche lui come Harry sarebbe stato additato come orfano e ricordato come il figlio di due persone che avevano compiuto grandi gesta, ma almeno sarebbe cresciuto in una vera famiglia che gli voleva bene. Inevitabilmente il pensiero andò a Remus e Tonks, la loro vita era finita prima che quel bambino dicesse la prima parola o facesse il suo primo passo. Gli era capitato spesso di ripensare ai suoi compagni deceduti in quella orrenda guerra: Il professor Piton, Fred, Tonks, Remus, Sirius, Silente, Dobby e tutti gli altri. L’angoscia lo prendeva e spesso doveva ricorrere a mezzi poco ortodossi per dimenticare: Il pensatoio. Quest’ultimo era sempre poggiato sul tavolo del suo salotto e i suoi amici avevano cominciato a prenderlo di malocchio pensando che non era un buon modo per dimenticare ciò che era successo. Però per lui erano ore di libertà, riusciva a: riprendersi , uscire, stare un po’ tranquillo e smettere di pensare a coloro che quei momenti felici non potevano più viverli. Ma in quel caso, su quel letto stava pensando a loro, i deceduti, i caduti nella guerra all’Oscuro Signore, le persone i cui nomi ora erano incisi nella nuova statua che era stata edificata al centro del Ministero della Magia. Silente gli avrebbe detto di farsi forza, che alcuni fatti spiacevoli non dovevano rovinarci l’esistenza, che soffrire era un piccolo prezzo da pagare per vivere e avere la felicità che ne conseguiva, ma Silente lavorava per un bene superiore ed era sicuramente migliore di lui, il ragazzo che era sopravvissuto. Sirius lo avrebbe rimproverato, sdraiato su un letto a pensare ai morti quando fuori c’erano migliaia di avventure da vivere, Dobby avrebbe detto che Harry Potter era troppo gentile nel pensare a Dobby anche dopo la sua morte, Fred ci avrebbe scherzato su, avrebbe detto che era passato a miglior vita, una vita migliore della loro. Piton probabilmente lo avrebbe guardato carico di odio e gli avrebbe detto che doveva smetterla di fare l’impertinente e credere che il mondo girasse intorno a lui. Il consiglio del professor Piton era sicuramente il migliore, ma nonostante tutto Harry era lì, gli occhiali premuti sul naso, le lacrime che scendevano copiose mostrando in ognuna il suo animo, in ognuna le sue paure, in ognuna la fotografia di uno dei suoi amici morti. Fra le lacrime quella sera si addormentò cadendo in un sonno profondo dal quale si riscosse col vago ricordo di una strana scena: Si trovava in un ambulatorio babbano e Silente lo stava visitando, poi entrava Voldemort che voleva fargli una puntura con un ago enorme e cominciava a uccidere chiunque si frapponesse fra l’ago e Harry. Si era addormentato pensando a coloro che aveva perso e quindi era logico averli sognati, ma perché il tutto era ambientato in un ambulatorio babbano non sapeva davvero spiegarselo. Non si fece troppe domande erano lontani i tempi in cui sognare Voldemort poteva avere un significato maggiore del semplice sogno. Era mattina da un po’ oramai, il sole era alto quasi a mezzodì. Si avvicinò al pensatoio e tirò fuori dalla sua mente alcuni ricordi poi uscì per un'altra giornata alla Tana. Passava molto tempo dai Weasley erano la sua famiglia ma nonostante tutto arrivato alla Tana si rese conto di quanto fosse cambiata negli ultimi tempi. I Weasley, notoriamente disagiati dato il numero di figli e il lavoro impopolare del capo famiglia, avevano avuto un colpo di fortuna che aveva portato Arthur ad un lavoro di alto livello nell’ufficio misteri. Harry aveva capito bene poco del nuovo lavoro com’era giusto che fosse perché nessuno doveva sapere nulla degli Indicibili. L’avvento di Kingsley Shacklebolt aveva portato la prosperità nel mondo magico e aveva portato a galla anche le tante bugie dette dai precedenti Ministri e gli orrori che erano stati nascosti nell’ufficio misteri. Uno di questi orrori che a Harry tornava spesso alla mente era la presenza di un progetto che svolgeva studi sui poteri dei maghi e sulle possibilità di sottrarli, scambiarli o donarli a proprio piacimento ad altri maghi. Questo progetto però s’incentrava molto sulla sottrazione e a quanto pareva era ben avviato e quasi concluso, per fortuna il nuovo ministro se ne era occupato egregiamente distruggendo i documenti al riguardo e cancellando il programma. Aveva indugiato fin troppo sulla porta della nuova Tana che adesso era stata ristrutturata e messa a nuovo, così bussò lentamente e sentì una voce dall’interno gridare
-“Questo è Harry, Ginny apri tu cara?”- Molly era ai fornelli come suo solito. Stava preparando sicuramente un delizioso pranzetto e Harry doveva ammettere che da quando la famiglia Weasley aveva cominciato a guadagnare davvero bene le portate della signora Weasley erano se possibile migliorate. Ciò che era impagabile però era l’atmosfera che si sentiva in quella casa, una vera famiglia unita. Hermione era sempre in visita a casa Weasley e il loro fidanzamento era quasi ufficiale, mentre per quanto riguardava Harry e Ginny, Ron, aveva accettato di buon grado dicendo “meglio tu che altri”, ma cominciava a divenire scorbutico se si scambiavano troppe effusioni. In più il piccolo Ted Lupin metteva un’armonia e una felicità che solo un bambino può dare con i suoi vagiti e i cambi d’umore, i sorrisi, i gemiti e i pianti. Un viso dolce e lentigginoso aprì la porta di casa Weasley e Harry ne fu ammaliato come ogni volta che lo vedeva, le ciocche di capelli rossi erano ancora in movimento per la fretta di aprire la porta, il ragazzo diede uno sguardo velocissimo dentro e notando che Molly era girata baciò quella sagoma angelica che era giunta ad aprire la porta. I signori Weasley non sapevano ancora nulla della storia fra i due e di certo loro non facevano nulla per farla venire a galla, c’era già troppa agitazione per Ron e Hermione come se si dovessero sposare a momenti, quindi preferivano tenersi nell’oscurità e godersi quei momenti che erano ancora più dolci perché nascosti agli occhi di tutti. Lei appoggiò le mani sul suo petto e lo spinse delicatamente indietro guardandolo con un misto di paura e divertimento, fece un breve movimento con la testa indicando la mamma e disse
-“Vediamo di non farci beccare proprio oggi okay?”- Harry sorrise e annuì, quello era un giorno particolare per i Weasley, Fleur era incinta e per nessun motivo i festeggiamenti dovevano essere interrotti. Così Ginny annunciò a Molly del suo arrivo la donna sorrise salutandolo e riprese a lavorare ai fornelli. Non era più come quando tornava alla tana dopo un anno che non lo vedevano, nessuno lo abbracciava forte, nessuno aveva più paura che morisse in quei mesi che passava dai Dursley e di questo Harry era infinitamente grato al destino, perché adesso ogni giorno poteva ritrovarsi insieme a quella che poteva chiamare senza giri di parole: Famiglia. I Dursley li aveva rivisti la settimana dopo la caduta di Voldemort, in quella occasione li aveva informati che sarebbe andato via e che ora che non c’era più pericolo non si sarebbero rivisti più. Con lo stupore di tutti, Dudley, si era avvicinato e lo aveva quasi abbracciato dicendo che per lui era come perdere un fratello e che avrebbe voluto rivederlo, Harry non si spiegava come due individui come i Dursley alla fine avessero allevato un ragazzo che nonostante i modi bruti cominciava a dimostrare di avere dei sentimenti e un carattere buono. Seguì Ginny per la cucina ed entrarono in quello che era il nuovo salotto dei Weasley, con sua sorpresa Harry vi trovò più persone di quanto non si aspettasse. La stanza era circolare e ricordava la sala comune di Grifondoro, c’era un tavolo per i grandi eventi al centro, con tante sedie attorno, e poi delle poltrone vicino al camino dove vide dei volti familiari: Ron, Hermione, Percy, Bill, Fleur, Charlie, Arthur, alcuni membri anziani dell’ordine, George, Hagrid e, inspiegabilmente, Neville e Luna. Guardandoli tutti mentre lo salutavano si rese conto di come erano cambiate le cose negli ultimi mesi, c’erano stato molte notizie felici, ma anche alcune che Harry avrebbe preferito non sentire. Fra quest’ultime c’era la nuova vita di George Weasley che non era riuscito a superare la morte del gemello con cui aveva trascorso tutta la sua vita. Aveva dato in gestione il negozio di scherzi perché non riusciva più ad avere idee e per un periodo si era dato all’alcool, quel periodo era passato, ma lui non era più lo stesso: Non scherzava più, era sempre triste e vestito di nero e qualche volta l’aveva sentito lamentarsi del suo orecchio mozzato. Era stata dura per tutti, soprattutto per i Weasley che avevano perso Fred e Percy in quella guerra, ma George non sembrava riuscirsi a rialzare in nessun modo, mentre gli altri erano tornati piano piano a vivere una vita serena. Lì osservò tutti uno per uno e sorridendo li salutò. Aveva una strana sensazione, come un leggero mal di testa e la stanza sembrava tremare un po’ davanti ai suoi occhi, poi piano piano questa sensazione aumentò, mentre salutava Neville e Luna che adesso stavano insieme ebbe una fitta alla cicatrice e il panico lo sopraffece, Ginny lo fece sedere ma la testa gli stava esplodendo, non riusciva ad aprire gli occhi, non riusciva a parlare non riusciva a pensare e improvvisamente svenne. Quando riaprì gli occhi si ritrovò davanti un paio di occhi celesti e degli occhiali a mezzaluna, quello sguardo era inconfondibile, quegli occhi che ti scrutavano l’anima erano inconfondibili
-“S-Silente?”- non era molto stupito in realtà, aveva già vissuto una scena simile pochi mesi prima quando Voldemort lo aveva ucciso e sapeva che forse si trovava nello stesso luogo in quel limbo fra la vita e la morte in cui era già stato, quindi si guardò attorno aspettandosi che la realtà si formasse sotto il suo sguardo, ma così non fu, le cose erano già presenti e si trovava in una stanza bianca ornata di mobili bianchi, sdraiato su un letto bianco. Silente aveva sorriso e annuito, era sempre lo stesso, saggio e vecchio, gentile e silenzioso, guardandolo spaesato sembrò però incupirsi un poco
-“Va tutto bene Harry?”- la sua voce era la stessa, sembrava essere proprio lui, ma non poteva essere vero doveva essere il frutto della sua immaginazione
-“Si professore”- disse semplicemente, poi la frase gli usci spontanea senza che dovesse nemmeno pensarla -“Sono morto stavolta?”- a quella frase Silente tornò a sorridere
-“Il fatto che tu dica stavolta significa che tu ricordi di essere stato qui e questo è già un grande passo avanti”- Harry lo fissò con sguardo interrogativo
-“Un passo avanti per cosa?”-
-“Ogni volta che ritorni fra noi dobbiamo spiegarti cos’è questo luogo e chi sei tu, ma se ora ricordi non ce n’è più bisogno”- Harry era sempre più confuso, ma allora quel luogo era lo stesso dove era stato qualche mese fa? E poi che significava ogni volta? Quante volte era già stato lì?
-“Non so che luogo sia questo, ma so chi sono”- ma Silente sembrò incupirsi di nuovo
-“Harry prima di rispondere a qualunque tua domanda, voglio che tu risponda alle mie”- annuì, conosceva quel gioco, con Silente era stato sempre stato così prima doveva rispondere ai suoi interrogativi e poi poteva ricevere delle spiegazioni
-“Quanto tempo è passato dalla mia morte Harry?”- ora almeno sapeva che se quello fosse un sogno o il limbo il Silente che aveva davanti era consapevole di essere morto
-“Quasi due anni professore”- l’aria solenne che assunse l’uomo dalla lunga barba Harry non la ricordava, sembrava che non avesse mai avuto una espressione così corrucciata
-“E come va la guerra?”- disse sommessamente
-“E’ finita Voldemort è morto?”- rispose Harry con un sorriso, ma Silente non sorrise, anzi sembrava proprio di cattivo umore, le uniche parole che disse fecero pensare a Harry che in fondo non gli importava della guerra contro Voldemort
-“Ora puoi farmi le tue domande”-a Harry passarono per la testa tante cose, ma visto che sapere dove fosse era superfluo e che sperava che quella fosse solo una frase transitoria si concentrò su altri aspetti della vicenda, se poteva parlare con Silente forse avrebbe potuto parlare anche con i suoi genitori, con Sirius, con Remus e Tonks o con Piton, per ringraziarlo
-“Professore c’è anche Piton qui?”- gli occhi azzurri dell’uomo indugiarono sul ragazzo, aveva uno sguardo incuriosito
-“Si Harry il Dottor Piton è qui”-sottolineò la parola dottor come in passato aveva sottolineato la parole professor quando lui la dimenticava, ma lo stesso non capiva cosa intendesse, perché lo aveva chiamato dottore?
-“Potrei vederlo?”- Silente prese posto su una sedia poco distante dal letto di Harry che, ora che gli occhi si erano abituati alla luce riusciva a distinguere la stanza, sembrava l’ambulatorio di un medico, come quello che aveva sognato poche ore prima e lo stesso Silente portava un lungo camice bianco
-“Harry non hai altre domande? Non vuoi sapere dove siamo? O ti sembra che questo sia un sogno? Oppure pensi di essere morto?”- Silente era visibilmente agitato, c’era qualcosa che non andava, la situazione era troppo strana, sembrava tutto assurdo e incompatibile
-“Se non sono morto e questo non è un sogno, dove sono?”- Silente prese fiato e cominciò il monologo che sembrava aver imparato a memoria
-“Questa è la realtà Harry”- il ragazzo dalla cicatrice a forma di saetta sorrise, che significava che quella era la realtà? Lui sapeva benissimo di essere appena svenuto per un mal di testa a casa dei Weasley, certo era una cosa ridicola e avrebbero riso di lui, ma sapeva di stare su un divano in un’accogliente salotto circondato dai suoi più cari amici o forse con questo Silente voleva dire che era morto?
-“Sono morto allora?”-
-“No Harry, tu definiresti reale la morte?”- Silente era sempre lo stesso enigmatico uomo, ma a Harry i suoi enigmi ora davano solo fastidio, i suoi inutili giochi di parole, i suoi segreti avevano portato alla morte di tutte quelle persone, se solo avesse detto chiaramente cosa doveva fare e come, se solo gli avesse dato quella maledetta spada in anticipo, sarebbero ancora tutti vivi e fu per questo che rispose con risentimento
-“E allora cosa diamine intende per realtà?”- Silente non fu smosso da quelle parole semplicemente continuo a sorridere, prese lentamente una cosa dalla tasca e Harry la riconobbe in un oggetto babbano: Un Telefonino.
-“Severus ho bisogno di te nell’ambulatorio uno e porta le medicine del signor Potter”- Harry non capiva, Silente parlava al cellulare con Piton e gli parlava di medicine, niente pozioni, niente gufi che diavolo stava succedendo? Dove diavolo era?
-“Harry la realtà è quella in cui viviamo, quella in cui le nostre azioni portano a delle conseguenze, dove invecchiamo e moriamo, la realtà è dove viviamo Harry”-
-“Mi scusi professore allora questa è la sua realtà, io non vivo qui”- rispose semplicemente Harry, ma prima che il bianco uomo potesse dire qualcosa Severus Piton entrò dall’unica porta della stanza con un vassoio con sopra una siringa colma di un liquido rosa e delle pilloline bianche in un barattolo arancione
-“Grazie della tempestività Severus”- l’ex professore di pozioni era vestito di bianco come Silente, un colore che non gli donava affatto e che lo rendeva se possibile ancora più lugubre di quanto non lo sarebbe stato con la sua solita tenuta nera
-“Come sta il ragazzo?”- chiese con quella voce che Harry non riusciva a non odiare, quella voce carica di odio e disprezzo
-“Stavo proprio per accertarmene ”- e detto questo fece segno a Piton di sedersi sull’unica sedia libera e si rivolse di nuovo a Harry
-“Allora qual è la tua realtà Harry, parlamene”- il ragazzo rimase sbalordito da quella domanda al punto che non rispose fissandoli incredulo, poi Piton fece un gesto d’impazienza con la mano e Harry capì che volevano una risposta
-“La mia realtà è la vostra stessa realtà”- cominciò –“E’ il mondo, l’Inghilterra, Londra, il ministero”- i due uomini si guardarono stupiti ma le parole che seguirono gli dipinsero di nuovo sul volto un’aria di rassegnazione -“Diagon Alley, la Gringott, Hogwarts, la Tana”- e con quest’ultima concluse aspettando una risposta dai due, sperava che bastasse, sperava di non dover raccontare degli anni passati in quel mondo per convincerli, dei Dursley, di Draco Malfoy o dei Weasley. La situazione era insostenibile e Harry sentiva montare una rabbia dentro di se che non riconosceva, come se qualcuno si fosse impadronito del suo corpo e vi avesse iniettato un sentimento non suo. Aveva voglia di saltare addosso a quei due e farli tacere, e cavargli quegli occhi maligni che lo fissavano studiandolo, che lo giudicavano, ma non aveva senso tutto questo, Piton e Silente non lo stavano giudicando, non erano state in fondo le uniche due persone di cui si sarebbe dovuto ciecamente fidare nella sua vita? Perché adesso avrebbe dovuto fare diversamente?
-“Harry prima che io ti dica qualunque cosa voglio che tu prenda le tue pillole”- Silente gli stava porgendo due pasticche bianche con un bicchiere d’acqua, Harry non capiva, ma cosa avrebbero fatto due pasticche al suo corpo se quello era un sogno? Così lo assecondo e mandò giù i medicinali, immediatamente sentì la rabbia dentro di se affievolirsi e un senso di pace pervaderlo
-“Ora voglio che tu ascolti attentamente Harry”- cominciò Silente alzandosi in piedi e dirigendosi verso il comodino –“Quello che tu pensi sia reale in realtà non è nient’altro che frutto della tua fantasia”- aprì di scatto il cassetto e tirò fuori dei fogli e li poggiò sul letto, dovette ripetere l’operazione tre volte per riuscire a svuotare il cassetto, solo in quel momento Harry si rese conto di essere vestito di bianco, quando allungò una mano per afferrare un fogliò e notò il suo camice, bianco a pallini blu, come quello dei pazienti babbani. Più di cinque mila fogli erano sparsi sul letto e Harry li osservava mentre Silente continuava il suo monologo
-“Tu sei un ragazzo di ventidue anni che è entrato in cura da noi quattro anni fa dopo aver ucciso i suoi genitori in preda ad un raptus omicida”- Harry sgranò gli occhi e tornò a guardare attentamente l’ex preside, non era riuscito a leggere nulla dal foglio -“Non hai mai accettato la morte dei tuoi genitori così hai creato un mondo immaginario dove ti sei rifugiato”-Harry non riusciva a credere a nemmeno una parola di quello che l’uomo, che oramai sapeva non essere Silente, stava dicendo , ma non trovava la forza di parlare, anzi le palpebre piano piano stavano diventando pesante e il professore se ne stava accorgendo così aveva cominciato a gridare le sue ultime parole -“Ogni volta che ti addormenti cadi in quel mondo e quando ti svegli pensi di sognare”- Harry sentiva ancor ala sua voce ma oramai le palpebre erano calate e il corpo si stava piano piano intorpidendo, sentiva che stava per addormentarsi-“Questa volta però abbiamo deciso di indurti il sonno sperando che tu conservi qualche ricordo di questa chiacchierata e ti renda conto di come il mondo in cui vivi sia irreale”- poi ci fu il silenzio.
Quando Harry si risvegliò era fra le braccia di Ginny che lo stava coccolando amabilmente mentre tutt’intorno i suoi amici erano accorsi ad aiutarlo, c’erano tutti, era stato solo un brutto sogno, un orribile e stupido sogno.

 
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