Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Amando il vento, Severus/nuovo personaggio

« Older   Newer »
  Share  
¬ J è
view post Posted on 3/3/2011, 14:17




Allora premetto che mi fiondo subito a leggere questa storia, perché ho letto alcuni tuoi lavori su EFP e mi sono piaciuti un sacco!! Mi hai fatto piangere come una scema leggendo il seguito di "Per amore di un figlio" e ora colgo l'occasione per dirtelo: CRUDELE!!!! :T_T:
Comunque xD
Viste le premesse inizio la lettura, visto che hai postato parecchi capitoli ho preferito commentare prima di leggere U_U
Sono terribilmente lenta!! ahahaha!!
Complimenti per il resto comunque, ti apprezzo molto come scrittrice, quando parli di Severus mi sembra di leggere dei manoscritti che la Rowling non ha pubblicato *-*
E' identico, perfettamente identico e questo lo apprezzo molto.
Bravissima!
Jè.

EDITO:
Questa storia è tremendamente angosciante e triste, mi ha preso troppo incollandomi allo schermo. L'ho letta tutta d'un fiato, ammiro il tuo potere... Sì, il potere di far soffrire i lettori insieme ai protagonisti, insieme a Severus...
è la prima volta che leggo un'analisi introspettiva così profonda, come diceva Sirius "Uccidere non è così facile come credono gli innocenti" e infatti è vero.. Molti scrittori non si soffermano sull'orrore del togliere la vita ad un altro essere umano, ad un simile.. Chi è l'assassino per decidere delle sorti di un suo pari?
A questo proposito mi è piaciuta molto la risposta di Sev a Lucius... "Era un uomo come me e te".
Niente di più vero, di più adatto!!

Comunque mi permetto di dissentire da chi ritiene che Voldemort non sottoponesse i DE a prove come quella da te descritta.
Cosa, ha un valore più grande dell'uccidere un innocente in nome del Signore Oscuro? è proprio perchè non si tratta di un colpevole che rende l'atto qualcosa di più profondo e concreto, che possa costituire una prova di fiducia.
E poi la sete di sangue e la spietatezza di Voldemort sono proverbiali... Cioè rendiamoci conto che il caro vecchio Tom, ha ucciso lui stesso delle persone INNOCENTI per crearsi Horcrucx, nascondigli sicuri per frammenti di sè!!
Voldemort non è più uomo, è qualcosa di più e paradossalmente qualcosa di meno. Ed in questo risiede la sua forza, oltre che la sua debolezza.
Complimenti davvero, aggiorna presto che sono molto curiosa!!
Salutissimi,
Jè.

Edited by ¬ J è - 3/3/2011, 16:22
 
Top
Natalie_S
view post Posted on 4/3/2011, 09:53




CITAZIONE (Astry @ 3/3/2011, 12:51) 
Certo, ma, insomma, vogliamo perderci l'occasione di far soffrine un po' Piton? Se gli avessi fatto chiedere da Voldemort di lanciare una Tarantallegra, mi sarei messa a ridere per prima io. Comunque la Rowling è una che le cose le lascia intuire e non le mette mai nero su bianco (per paura di spaventare i suoi giovani lettori? Forse) In ogni caso se tutti i Mangiamorte fossero andati in giro a lanciare solo Tarantallegre, gli Auror non avrebbero avuto tanti problemi.
Ne Piton... tanti rimorsi.

Eh ma Piton secondo me ha tanti rimorsi per le conseguenze delle sue azioni, cioè per il fatto che Lily sia rimasta uccisa, non per l'essere stato mangiamorte in sé.
Non dico che tutti i Death eaters fossero degli angioletti (Travers e Dolohov per esempio erano degli assassini, e lo sappiamo, mentre Bellatrix e Crouch torturavano la gente), però non credo che tutti andassero in giro ad ammazzare la gente.
Come in tutti le organizzazioni, c'era chi si occupava del lavoro sporco e chi magari restava nell'ombra, raccoglieva informazioni (come Rookwood, arrestato come spia, e lo stesso Piton che andava in giro a origliare profezie).

Poi bisogna ricordare che la maggior parte dei mangiamorte non sapeva chi fossero i loro compagni!
La prova dell'uccisione mi sa di un tipo di associazione in cui tutti devono sentirsi legati, una prova di fiducia si richiede quando si viene messi a parte di informazioni scottanti, insomma ci si deve compromettere.
Per i mangiamorte non era così, prova ne è il fatto che Karkaroff riesce a fare il nome di due o tre compagni, non di più.
Voldemort secondo me è più il tipo che usa i suoi servitori quando gli servono, e per il resto li ignora: questo atteggiamento credo sia rispecchiato dal tipo di organizzazione che ha scelto.
In più, non avendo gli scrupoli morali degli altri uomini, non credo che provasse piacere sadico nel vedere le vittime torturate o uccise (quella è Bellatrix): lui ammazza quando ne ha bisogno, anche un po' di più del necessario per sentirsi tranquillo, senza nessun tipo di sentimento, positivo o negativo. Mi dà fastidio? Oh be', togliamolo di mezzo. Non dà particolari problemi? *spallucce* perchè sprecare energia?

Scusa, Astry sto spammando sulla tua bellissima storia!! Chiedo venia! :T_T:
Questo capitolo è molto triste e struggente.
Credo che sia molto frustrante non poter neanche sfiorare l'oggetto della propria attrazione (o addirittura amore, anche se in questo caso forse è un po' presto per parlarne)!
a presto!!!
 
Top
Astry
view post Posted on 6/3/2011, 17:13




CITAZIONE (¬ J è @ 3/3/2011, 14:17) 
Allora premetto che mi fiondo subito a leggere questa storia, perché ho letto alcuni tuoi lavori su EFP e mi sono piaciuti un sacco!! Mi hai fatto piangere come una scema leggendo il seguito di "Per amore di un figlio" e ora colgo l'occasione per dirtelo: CRUDELE!!!! :T_T:

Eccone un'altra XD. Mi spiace averti fatta piangere ehm, vorrei poter promettere che non ti farò piangere ancora, ma…


CITAZIONE
Questa storia è tremendamente angosciante e triste, mi ha preso troppo incollandomi allo schermo. L'ho letta tutta d'un fiato, ammiro il tuo potere... Sì, il potere di far soffrire i lettori insieme ai protagonisti, insieme a Severus...
è la prima volta che leggo un'analisi introspettiva così profonda, come diceva Sirius "Uccidere non è così facile come credono gli innocenti" e infatti è vero.. Molti scrittori non si soffermano sull'orrore del togliere la vita ad un altro essere umano, ad un simile.. Chi è l'assassino per decidere delle sorti di un suo pari?
A questo proposito mi è piaciuta molto la risposta di Sev a Lucius... "Era un uomo come me e te".
Niente di più vero, di più adatto!!

Felice di sapere che la mia storia ti piaccia. "Uccidere non è così facile come credono gli innocenti" non l’aveva detto Silente a Draco sulla torre di astronomia??? Comunque si, il succo è quello, insomma è abbastanza facile scegliere di fare il Mangiamorte per un ideale, ma è quando quest’ideale si sporca di sangue innocente che si può cominciare a distinguere gli assassini da quelli come Severus, che non vedo affatto come uno che andava in giro ad ammazzare Babbani per divertimento. Nella mia ff uccide, ma lo fa solo perché non può farne a meno, non è ancora pronto a sacrificare la sua vita per disubbidire a Voldemort.



CITAZIONE (Natalie_S @ 4/3/2011, 09:53) 
Eh ma Piton secondo me ha tanti rimorsi per le conseguenze delle sue azioni, cioè per il fatto che Lily sia rimasta uccisa, non per l'essere stato mangiamorte in sé.
Non dico che tutti i Death eaters fossero degli angioletti (Travers e Dolohov per esempio erano degli assassini, e lo sappiamo, mentre Bellatrix e Crouch torturavano la gente), però non credo che tutti andassero in giro ad ammazzare la gente.
Come in tutti le organizzazioni, c'era chi si occupava del lavoro sporco e chi magari restava nell'ombra, raccoglieva informazioni (come Rookwood, arrestato come spia, e lo stesso Piton che andava in giro a origliare profezie).

Ok, premesso che fa più scena scrivere di Voldemort che mette alla prova i suoi Mangiamorte in questo modo piuttosto che, come ho già detto, fargli lanciare una tarantallegra, abbiamo le prove che il Signore Oscuro fa anche di queste cosacce. Non ha forse chiesto a Draco di uccidere Silente, tanto per farla pagare a suo padre?
Nella mia ff, la scusa di Piton non ha convinto affatto Voldemort. Infatti, anche se non è riuscito a leggere nella sua mente, pensa che sia un codardo o un traditore (magari perché gliel’ha messo in testa Lucius, chissà?) E come ha fatto con Draco, gli chiede di uccidere qualcuno. Non uno a caso, di certo quel Babbano è morto per altri motivi, ma visto che c’era Voldemort lo fa fare a Piton, piuttosto che ad un altro. E poi, è vero che Voldemort uccide quando ha bisogno di farlo, ma fa anche in modo che certe morti facciano scena. Insomma che motivo avrebbe avuto di uccidere la professoressa di Babbanologia davanti a tutti, se non quello di fare scena e nello stesso tempo controllare la reazione dei suoi Mangiamorte?
Riguardo a Lily, a questo punto della storia, è ancora viva, e oltretutto nella mia ff Piton non è innamorato di lei, ovviamente, ma mi piaceva scrivere di un Piton che comincia a disgustarsi della sua scelta molto prima di arrivare a causare la morte di Lily.



CAP. 8: All’ombra della vecchia quercia



Il sole era già alto, Iris si portò una mano sul viso stropicciandosi gli occhi, le dolevano le ossa: dormire su un tappeto non era molto salutare.
Si tirò su poggiandosi sui gomiti, valutando se fosse più doloroso il torcicollo o le costole ammaccate, quando si accorse che il suo ospite era sparito.
Cercò di rimettersi in piedi più in fretta possibile, ma incespicò nel vestito che si era attorcigliato alle sue gambe e finì nuovamente distesa, sommando agli altri piccoli acciacchi, anche un bernoccolo in fronte.
“Accidenti! Ma… ma dov’è finito? Ahi!” borbottò, cercando di districarsi dalla stoffa. “Come… ahi! Come ho potuto essere così stupida?”
Finalmente in piedi corse verso la porta spalancandola, ma del mago nemmeno l’ombra.
Sospirò: non avrebbe dovuto addormentarsi e lasciarlo solo con i suoi pensieri, ma era stanca, non aveva chiuso occhio da quando lui l’aveva lasciata all’improvviso per rispondere alla chiamata di Voldemort. Averlo rivisto sano e salvo, nonostante tutto, l’aveva tranquillizzata, era proprio crollata su quel tappeto.
Richiuse il portoncino, sconsolata, fece appena qualche passo e lo vide: il fiore che aveva lasciato Piton, malridotto e appassito, sul tavolo accanto al vaso. Si sentì, se possibile, ancora peggio: per quanto tempo era rimasto lì a guardarla dormire?
“Iris, sei proprio una stupida.” scosse la testa, poi il suo sguardo si posò sullo specchio accanto all’ingresso, si avvicinò portandosi una mano sulla fronte, certo che aveva preso proprio una bella botta, presto sarebbe apparso un brutto livido.
Quella mattina era cominciata decisamente male, chissà dove si trovava Severus, forse era tornato a casa sua. Era appena in fondo alla strada, ma lui le aveva raccomandato di non uscire.
Si sentiva in trappola in quella casa, le mancavano le sue cose, le mancavano persino i suoi vestiti.
Improvvisamente si ricordò che Severus aveva lasciato i suoi nel bagno, ancora sporchi. Corse a prenderli.
Appena vide quel mucchio di stoffa incrostato di sangue sul pavimento, però, fu di nuovo colta dalla nausea, deglutì, doveva far sparire quel sangue. Afferrò la bacchetta e fece levitare tutto dentro alla vasca che si riempì immediatamente di schiuma fino all’orlo.
Intanto che l’acqua schiumava e gorgogliava ripulendo gli abiti del Mangiamorte fino dalla più piccola macchia, Iris prese a rovistare nell’armadietto del bagno in cerca di qualche rimedio babbano per il grosso bozzo che le stava spuntando in fronte.
Non trovò niente che potesse servire.
Piuttosto contrariata, si diresse a passo di marcia verso la cucina, si fermò improvvisamente come se avesse sbattuto contro un vetro.
Fissò la stufa: quel fornello era davvero una tentazione.
Si portò un dito sulle labbra e prese a mordicchiarselo pensierosa: forse poteva provare a prepararsi qualcosa mettendo insieme quel poco che avrebbe trovato in casa.
C’era anche un piccolo orto, magari, tra carciofi e insalata, poteva essere spuntato anche qualcosa di più interessante. Non aveva intenzione di farsi vedere da quel ragazzo con un bozzo sulla testa. Se solo avesse avuto gli ingredienti giusti quel livido sarebbe sparito in un attimo.
Mise a soqquadro tutta la casa e anche il giardino, facendo attenzione a non farsi vedere dai vicini. Alla fine, sopra il tavolo della cucina, erano allineati barattolini di varie forme, radici e anche qualche insetto morto dall’aspetto poco invitante.
Non era mai stata brava in Pozioni, odiava la meticolosità dei Pozionisti, lei aveva sempre amato improvvisare, del resto non aveva frequentato una vera scuola di magia, della sua istruzione si era sempre occupata sua madre.
Probabilmente temeva che a Hogwarts avrebbe cominciato a frequentare compagnie che l’avrebbero trascinata sulla stessa strada di suo padre.
Prese a sminuzzare e pestare gli ingredienti, mentre, sul fornello elettrico, la pentola già cominciava a bollire.
Trovava la cosa divertente, il lavoro occupò gran parte della mattinata, fu interrotto solo per controllare che gli abiti di Severus fossero puliti e pronti per essere asciugati.
Sembrava che la Pozione fosse riuscita, mancava solo l’ultimo ingrediente, ma bisognava abbassare la temperatura al momento giusto, prima che il liquido schizzasse fuori.
Iris era pronta con la mano sulla manopola, ma, quando venne il momento di diminuire il calore, quel pomello difettoso non ne volle sapere di fare il suo dovere. Cercò disperatamente di smuoverlo con entrambe le mani, ma, invece di raffreddarsi, la piastra di metallo divenne sempre più rovente.
“Ma come si spegne questa diavoleria babbana?” strillò, cercando di afferrare la pentola per allontanarla dal calore, ma il liquido all’interno si stava gonfiando paurosamente.
Gli occhi della maga si spalancarono: stavolta l’aveva fatta grossa.
Afferrò la bacchetta e si gettò sotto il tavolo, mentre il suo incantesimo colpiva la pentola.
L’intenzione era di farla cadere lontano dal fornello, ma questa si rovesciò proprio sopra la piastra incandescente.
L’esplosione fu avvertita in tutto il quartiere.
Qualche istante dopo, Iris sollevò il viso annerito dal fumo, sbatté le palpebre: la polvere e il vapore denso si stavano diradando e di fronte a lei o, piuttosto, sopra di lei, Severus Piton, con le braccia incrociate sul petto, la guardava con un’espressione furiosa.
“E’ questa la tua idea di passare inosservata?” la sua voce era mortalmente bassa, Iris rabbrividì
“Scusa!” si morse il labbro assumendo un’espressione colpevole che strappò al mago qualcosa che somigliava molto lontanamente ad un sorriso, ma durò solo un istante, tanto che Iris si domandò se l’avesse visto davvero.
“Credo che tu non ti renda conto del pericolo che stai correndo, questo non è un gioco!”
Quest’ultima frase, fu come uno schiaffo per la maga, che si alzò scrollandosi di dosso la polvere stizzita.
“So benissimo cosa può fare un Mangiamorte, dimentichi che c’ero anch’io quella notte quando… ” si bloccò
“Quando ho ucciso quell’uomo?” concluse gelido.
“Mi dispiace, scusami, ma sto impazzendo qui dentro, avevo bisogno di prepararmi qualcosa per… ” indicò il livido sulla fronte storcendo le labbra. “… beh, ho avuto un piccolo incidente domestico.”
Severus osservò la fronte della maga, con un sospiro di rassegnazione. Afferrò la bacchetta e iniziò a disegnare piccoli cerchi intorno a quel segno violaceo, mormorando l’incantesimo. Immediatamente il dolore sparì insieme al gonfiore.
Iris si portò la mano sulla fronte, stupita.
“Questa dovrai proprio insegnarmela, questi Babbani non hanno niente di utile, per certe cose.”
“I Babbani di solito ci mettono sopra del ghiaccio.” sbuffò
“Beh, comunque, dovrai farmi uscire o i Mangiamorte non avranno bisogno di uccidermi, perché morirò di fame, non c’è più niente nella dispensa, in queste due settimane ho mangiato tutto quello che era rimasto in quelle ridicole scatolette, molto poco per la verità.”
“Sì, scusa, hai ragione, ma sono stato un po’ impegnato, come saprai.” disse con un tono canzonatorio. “Comunque non dovrai preoccuparti per il futuro: mi occuperò di riempire la tua dispensa regolarmente e ti porterò tutto il necessario.”
Iris lo guardò scoraggiata, possibile che non riusciva a fargli capire che aveva bisogno di prendere un po’ d’aria? Non era solo il cibo, le mancava la libertà.
Decise che forse era meglio cambiare discorso.
“Perché sei sparito stanotte?” domandò, fissando gli occhi nerissimi del mago, che distolse immediatamente lo sguardo, senza rispondere.
“Va bene, se preferisci non dirmelo… ” sospirò e, voltandogli le spalle, prese a risollevare le sedie che l’esplosione aveva scaraventato per terra.
“Avevo bisogno di pensare.” disse poi l’altro, tutto d’un fiato
Iris si fermò, reggeva con entrambe le mani una sedia capovolta, si voltò e riprese a fissarlo senza parlare.
“Non avrei dovuto andar via così, lo so, ma dovevo restare solo.” mormorò.
“Beh, probabilmente ne avevi bisogno,” disse lei, quasi riflettendo ad alta voce, poi proseguì. “Hai lasciato qui i tuoi vestiti, sono puliti, li puoi riprendere.”
Severus la guardò sorpreso: gli aveva lavato i vestiti? Quei vestiti?
“Grazie!” farfugliò un po’ imbarazzato. “Anch’io ho fatto qualcosa per te stanotte, beh, in effetti avevo immaginato che avessi bisogno di uscire e… ”
Gli occhi di Iris si spalancarono.
“Davvero, potrò uscire, mi hai preparato la tua pozione dell’invisibilità?” se avesse potuto, in quel momento gli sarebbe saltata al collo per l’eccitazione. “Ti adoro!” urlò.
“No, niente pozioni, stavolta.”
Tirò fuori dalla tasca un vecchio calzino e lo sollevò con due dita davanti agli occhi sgranati di lei.
“Una Passaporta? Hai fatto una Passaporta? Per dove?”
“Un posto tranquillo, lì nessuno ti vedrà e potrai goderti un po’ di sole.”
Iris si accigliò.
“Potrò godermi? Tu non verrai?”
Severus abbassò lo sguardo, in effetti moriva dalla voglia di andarci, voleva stare con lei ed era proprio questo a preoccuparlo.
Non l’avrebbe mai creduto possibile, ma quando le stava vicino, la tentazione di toccarla era irresistibile, come era potuto accadere? Si era davvero innamorato di quella ragazza? Si era innamorato dell’unica donna che non avrebbe mai potuto neppure sfiorare? Arricciò le labbra, doveva proprio essere impazzito.
Improvvisamente scosse la testa e prese a ridere sommessamente, sotto lo sguardo stupito di Iris: no, innamorarsi di lei non era affatto una cosa saggia, forse sarebbe stato meglio per tutti e due se lui fosse rimasto il più lontano possibile da quella ragazza.
Era entrato a far parte di un ingranaggio pericoloso che avrebbe potuto costargli la vita e mettere in pericolo anche Iris, doveva restare lucido. Eppure, non poté fare a meno di pensare che, tutto sommato, morire per il bacio di una donna era certamente preferibile alla morte che gli avrebbe riservato Voldemort se avesse scoperto il suo inganno.
“Severus, allora, verrai?” la voce di Iris interruppe il flusso dei suoi pensieri, il mago sollevò lo sguardo, mentre un sorriso colmo di dolcezza illuminava il suo volto magro.
“Sì, verrò anch’io.”
Tese la mano porgendo un lembo del calzino alla maga che lo afferrò, entrambi si ritrovarono all’aperto.
Al posto del freddo pavimento di quella casa babbana, ora c’era una soffice distesa verde e, sopra le loro teste, la folta chioma di una gigantesca quercia secolare.
Iris si guardò attorno sbalordita, prese a camminare avanti e indietro con il naso in su, guardando ammirata ogni singolo ramo di quell’albero maestoso
“E’ bellissimo.” Mormorò con la voce soffocata dall’emozione, ma si accorse che gli occhi di Severus erano rapiti da un’altra veduta, si voltò, ciò che vide la lasciò senza fiato: si trovavano su una collina, più in basso c’era un bellissimo lago e al di là del lago un castello.
“E’ Hogwarts, non è vero? Quello è Hogwarts?”
“Sì, quella è stata la mia scuola e la mia casa per tanti anni, venivo spesso qui da bambino: le cose sembrano migliori da quassù.”
Iris si domandò cosa volesse dire quell’ultima frase, ma preferì non approfondire.
Severus sollevò una mano indicando una fila di alberi che sembravano delimitare un perimetro.
“Siamo appena fuori dai suoi confini, i Mangiamorte non attaccano mai vicino alla scuola: molti hanno figli a Hogwarts, non c’è posto più sicuro al mondo.”
Iris annuì semplicemente, poi riprese a guardarsi intorno; si sentiva il rumore di un ruscello e lei aveva ancora il viso sporco di fuliggine.
Si diresse, seguita dallo sguardo di lui, verso il punto dal quale sembrava provenire quel rumore, infatti lo trovò: nascosto da una fitta vegetazione, un piccolo rigagnolo d’acqua scorreva pigro insinuandosi come un serpente tra le rocce coperte di muschio.
Si bagnò una mano passandosela sul viso, l’acqua era piacevolmente fresca, ne prese ancora, questa volta con entrambe le mani, e si bagnò anche i capelli, poi si tolse le scarpe e si sedette sul bordo mettendo i piedi nell’acqua.
Severus restò indietro. La fissava da lontano, senza parlare.
Improvvisamente, Iris si voltò verso di lui, gli occhi velati di tristezza.
“Andavamo spesso in un posto come questo io e Katy, lei adorava il profumo dell’erba bagnata.”
“Katy?”
“La ragazza che viveva con me, la figlia dei Babbani che mi ospitavano. Era come una sorella per me.”
“Katy” ripeté meccanicamente l’altro, in qualche modo conoscere il nome delle vittime rendeva la loro morte ancor più dolorosa e reale, si avvicinò e si inginocchiò sull’erba dietro di lei.
“Mi dispiace, non ho fatto niente per salvarla, non ho potuto, ma giuro che proteggerò te, Iris, lo farò a costo della vita.”
Iris lo guardò accennando un sorriso malinconico.
“Ti prego, veniamo qui anche domani.” mormorò.
“Verremo qui tutti i giorni, se lo vorrai”.




* * *




Il giorno dopo, Severus si Materializzò a casa di Iris, pronto a mantenere la sua promessa, e così fece anche le settimane e i mesi successivi. La Passaporta ormai non era più necessaria, entrambi conoscevano il posto: era divenuto il loro rifugio.
In quel prato i due giovani passavano molto tempo a chiacchierare sdraiati all’ombra della grande quercia. Iris sembrava trovarsi nel suo ambiente ideale.
Severus sarebbe rimasto giorni interi a guardarla, mentre correva scalza sull'erba, oppure, con gli occhi chiusi, assaporava il profumo della natura e si lasciava accarezzare il viso dalla fresca brezza.
Si sentiva felice con lei; preso dall'entusiasmo del gioco, era arrivato a rotolarsi nel prato come un bambino, mentre le risate cristalline di Iris gli riempivano piacevolmente le orecchie, facendogli persino dimenticare la maledizione.
Più di una volta si era ritrovato vicino, troppo vicino al suo viso, accaldato e così dannatamente seducente, ogni volta lo sguardo terrorizzato di lei lo riportava crudelmente alla realtà.
Non poterla toccare stava diventando un tormento, tuttavia non era un prezzo troppo alto da pagare per quelle poche ore di serenità che la maga gli regalava.
Non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
Quelle erano ore spensierate, nelle quali Severus riusciva a non pensare a Voldemort, ai suoi errori, ai suoi rimorsi, almeno fino a quando il Marchio non ricominciava a bruciare ricordandogli spietatamente quella sua maledetta scelta, dalla quale, sapeva, era difficile se non impossibile tornare indietro.
A volte doveva lasciarla improvvisamente per rispondere alla chiamata del suo padrone. Altre volte era Iris ad attenderlo invano, in piedi, dietro la porta di casa. Lo aspettava, ma Severus non era mai in ritardo, se tardava, lei sapeva che quel giorno non si sarebbe materializzato alla sua porta, non avrebbe trascorso ore piacevoli sotto il sole, riempiendosi gli occhi di quella meravigliosa natura.
Quel giorno, i suoi occhi sarebbero stati costretti a vedere un ben più macabro spettacolo e lei poteva solo aspettare in ansia, sperando di rivederlo vivo.
Non gli avrebbe chiesto di non andare, di non rispondere a quella maledetta chiamata, anche se farlo gli lacerava l’anima, lo sentiva, ogni volta che tornava da lei.
Non poteva chiedergli di smettere: lo avrebbe perso.
Eppure, Severus non era solo carne e sangue, vederlo tornare sano e salvo dopo ogni missione non era sufficiente, doveva mantenere in vita quella parte di lui che si stava spegnendo lentamente, doveva mantenere in vita la sua anima.
Era sempre pronta ad ascoltarlo e Severus aveva scoperto che confidarsi con qualcuno era la cosa di cui aveva più bisogno.
Iris non aveva mai giustificato le sue scelte, ma, in qualche modo, lo aveva capito, aveva capito come era potuto arrivare ad ingannare se stesso pur di raggiungere il suo sogno impossibile. Era diventato così cieco di fronte all’orrore da scegliere di trasformarsi addirittura in un suo strumento e cos’altro era un Mangiamorte se non uno strumento del male?
Sì, era stato cieco, cieco e stupido, aveva dovuto fissare la sua vittima negli occhi per riconoscere di essere diventato un assassino.
Tutto il mondo magico sapeva chi erano i Mangiamorte, eppure lui non aveva voluto vedere, aveva indossato la sua maschera con orgoglio, cercava la gloria, si era fatto marchiare, era divenuto un servo.
Iris aveva capito e l’aveva perdonato, ma aveva fatto di più, continuava a perdonarlo, ogni volta che tornava da lei con le mani sporche di nuovo sangue innocente. Lei era sempre lì, accanto a lui, a sussurrargli parole di speranza, mentre il mago immergeva le mani nel piccolo ruscello desiderando che l’acqua portasse via il suo dolore insieme a quel sangue.
Per questo lui l’amava: per come lei aveva saputo accettarlo.
Tuttavia non le avrebbe confessato il suo amore impossibile, aveva paura di perderla, di rovinare quel sogno, non poteva chiedere di più, non poteva chiederle di amarlo a sua volta, che speranza poteva avere quell’amore?
Era come innamorarsi del vento: un respiro era l’unica cosa di lei che poteva toccare.
Lei era questo per lui: Iris era il vento e il vento si può amare, ma non chiedergli di essere ricambiati.




Continua…



Bene, spero che questo capitolo vi abbia fatto sorridere un po’. Godetevi il panorama e gli uccelletti per oggi, perché col prossimo capitolo arriva la mazzata. Il titolo sarà “Il volto dell’inferno”, auguri ;-).
 
Top
¬ J è
view post Posted on 6/3/2011, 19:51




che bello un aggiornamento!!
Il capitolo è molto ben scritto, la similitudine finale, quel paragone con il vento è semplicemente perfetto.
So che magari per i tuoi standard questo chap è allegro, ma c'è sempre quella malinconia di fondo che forse è la caratteristica di Severus.. Sembra proprio nato per soffrire XD
Ho sempre pensato che la Rowling lo odiasse per il modo in cui l'ha trattato per tutti i sette libri... Ma forse mi sbaglio, forse a lei piace anche troppo.

Complimenti comunque, ho adorato questa frase:
CITAZIONE
Per questo lui l’amava: per come lei aveva saputo accettarlo.

Già, accettarlo, quello che Lily non ha saputo fare, nemmeno da amica.

Complimenti davvero Astry, già ho l'angoscia per il prossimo capitolo.. Già dal titolo ç___ç
A presto ^^
Jè.

PS. Comunque a Draco non solo ha chiesto di uccidere Silente, ma si vede in una di quelle visioni di Harry nel settimo che Voldemort gli chiede di Cruciare una vittima, se non voleva prendere il suo posto XD
 
Top
Natalie_S
view post Posted on 8/3/2011, 12:32




Povero Piton!!

"Si era innamorato dell’unica donna che non avrebbe mai potuto neppure sfiorare? Arricciò le labbra, doveva proprio essere impazzito." --> in effetti, che sfiga!

Bella questa parentesi bucolica, anche se piena di tormento per la forzata lontananza (anche se solo di pochi centimetri) e per le mani sporche di sangue di Pity.
In effetti c'è sempre molta malinconia nelle tue storie... è un sentimento che riesci a rendere benissimo, in modo molto delicato ma evidente.

Sono stati anche fortunati a trovare così tante belle giornate in Scozia! :)
Ma.. ehm, forse è una domanda stupida, ma possono toccarsi attraverso i vestiti? Cioè, possono tipo abbracciarsi?
(la mente di Natalie ha un flash della scena di "sesso sicuro" di "una pallottola spuntata")

Al prossimo capitolo!!!
Ciaoo!!!

 
Top
Astry
view post Posted on 9/3/2011, 10:33




CITAZIONE (¬ J è @ 6/3/2011, 19:51) 
Il capitolo è molto ben scritto, la similitudine finale, quel paragone con il vento è semplicemente perfetto.
So che magari per i tuoi standard questo chap è allegro, ma c'è sempre quella malinconia di fondo che forse è la caratteristica di Severus.. Sembra proprio nato per soffrire XD
Ho sempre pensato che la Rowling lo odiasse per il modo in cui l'ha trattato per tutti i sette libri... Ma forse mi sbaglio, forse a lei piace anche troppo.

Il vento ha un ruolo fondamentale in questa storia, lo vedrai più avanti.
Riguardo ai miei standard, si, forse hai ragione, credo che questo sia il massimo di allegria che riesco a raggiungere parlando di Piton. Che ci posso fare? Quest'uomo è fatto per soffrire.

CITAZIONE
PS. Comunque a Draco non solo ha chiesto di uccidere Silente, ma si vede in una di quelle visioni di Harry nel settimo che Voldemort gli chiede di Cruciare una vittima, se non voleva prendere il suo posto XD

Vero! :(



CITAZIONE (Natalie_S @ 8/3/2011, 12:32) 
Bella questa parentesi bucolica, anche se piena di tormento per la forzata lontananza (anche se solo di pochi centimetri) e per le mani sporche di sangue di Pity.
In effetti c'è sempre molta malinconia nelle tue storie... è un sentimento che riesci a rendere benissimo, in modo molto delicato ma evidente.

Idem come ho scritto sopra. Non riesco a scrivere cose allegre quando si tratta di Piton. A volte mi fa ridere, ma è un riso che nasconde sempre un velo di amarezza. Lui è così :cry:


CITAZIONE
Sono stati anche fortunati a trovare così tante belle giornate in Scozia! :)

Beh, con tutta la sfiga che gli ho regalato, vuoi che ci metta pure la pioggia? Ma povero!

CITAZIONE
Ma.. ehm, forse è una domanda stupida, ma possono toccarsi attraverso i vestiti? Cioè, possono tipo abbracciarsi?
(la mente di Natalie ha un flash della scena di "sesso sicuro" di "una pallottola spuntata")

Oddio ho avuto una visione terribile di Iris coperta da testa a piedi da un enorme profilattico. :lol: :lol: :lol:
No, in effetti sarebbe stato troppo comodo. No, non si possono toccare nemmeno attraverso i vestiti. Eh, le maledizioni vanno fatte bene, sennò che maledizioni sono?

CAP. 9: Il volto dell’inferno



Il cuore batteva all’impazzata, fin quasi a fargli male: stava correndo, fuggiva come un bambino, incurante dei passanti che lo fissavano stupiti.
Un malcapitato, che aveva incrociato involontariamente la sua strada, si era ritrovato in terra imprecando.
“Ehi, ma sei pazzo? Guarda dove vai.”
Severus non lo aveva degnato di uno sguardo: gli importava solo mettere più distanza possibile fra lui e quel vecchio.
Come aveva potuto essere così stupido?
Era finito lì per caso. Era una sera fredda e umida ed aveva deciso di concedersi qualcosa da bere alla locanda Testa di Porco.
Ne aveva proprio bisogno, non era stata una settimana facile: Voldemort continuava a sospettare di lui, forse lo riteneva un debole.
Lo aveva preso di mira: dopo il fallimento della sua prima missione, sembrava quasi che avesse deciso di prendersi cura personalmente del suo apprendistato come Mangiamorte o, più semplicemente, si stava divertendo in attesa di vederlo crollare. Probabilmente non aveva mai creduto alle sue menzogne e sapeva benissimo cosa significasse per lui uccidere.
Sembrava che volesse scoprire fino a che punto avrebbe potuto spingerlo: vederlo uccidere a sangue freddo non gli bastava più, troppo rapido, no, il supplizio doveva durare a lungo e non solo per le vittime.
Ci si può abituare ad uccidere? Forse un giorno non avrebbe sentito più niente, quando avrebbe ucciso anche l’ultimo brandello della sua anima, allora non avrebbe sentito più niente, probabilmente era quello che cercava di ottenere il suo padrone.
Se ne stava lì, assorto nei suoi pensieri, coi gomiti poggiati sul tavolo traballante di quel locale di quart’ordine, sperando, forse, di affogare i suoi incubi nel grosso bicchiere che stringeva con entrambe le mani, quando Albus Silente aveva fatto il suo ingresso nella locanda.
Cosa ci faceva il Preside di Hogwarts in un posto simile?
La tentazione di sapere era stata irresistibile: senza pensarci troppo l’aveva seguito su per le scale, approfittando della confusione che in quel bar regnava sovrana.
Aveva trattenuto quasi il respiro, mentre cercava di captare ogni piccolo rumore proveniente dalla stanza dove il mago si era rinchiuso a parlare con qualcuno.
Silente non era un mago qualunque, il solo sapere che lui si trovava dietro quella porta, probabilmente ignaro della sua presenza, rendeva la cosa estremamente elettrizzante per un ragazzo dotato di una curiosità fuori dal comune.
Stavano parlando di scuola, le sue labbra si erano piegate in un sorriso carico di nostalgia: gli mancava Hogwarts.
Nonostante tutto, in confronto ai suoi giorni da Mangiamorte, quegli anni dedicati allo studio, sembravano quasi un ricordo felice.
Improvvisamente, qualcosa gli aveva fatto gelare il sangue, una voce aspra e rauca che non aveva niente di umano, aveva cominciato a pronunciare frasi senza senso.
“Ecco giungere, il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore…”
Era convinto che ci fosse solo una donna a parlare col preside, chi altro c’era in quella stanza?
Si era avvicinato ulteriormente posando l’orecchio sulla superficie tarlata di quella vecchia porta di legno, ma, improvvisamente qualcosa o, meglio, qualcuno lo aveva afferrato con poco garbo per i capelli e lo aveva sbattuto con forza contro la porta, spalancandola.
“Ehi, lasciami, lasciami!” aveva urlato, dibattendosi. “stavo solo cercando il bagno, è proibito?”
Nello stesso istante in cui aveva farfugliato quella frase, si era già reso conto di quanto potesse essere ingenua come scusa.
Due occhi incredibilmente azzurri l’avevano fissato da dietro un tavolino. Di fronte a lui una figura di spalle, ammantata di scialli, continuava a parlare con quella strana voce, come se non si fosse accorta della sua intrusione.
“… nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato all’estinguersi del settimo mese…”
Non aveva avuto il tempo di vedere e sentire di più perché, quella stessa mano, che ancora lo teneva per i capelli, lo aveva sollevato di peso scaraventandolo verso le scale.
Aveva pensato solo a correre e si era ritrovato in strada, ringraziando di non essersi rotto l’osso del collo precipitandosi giù da quei gradini sconnessi.
Corse, fino a perdere il fiato, senza neppure guardare dove stava andando, voleva solo allontanarsi da lì il più in fretta possibile.
Ansimando, si appoggiò al muro di una vecchia casa, era fradicio di sudore, nonostante la giornata molto fredda.
Scosse il capo: come gli era saltato in mente di origliare?
“Stupido, stupido, stupido!”
Era davvero furioso con se stesso. Si sfogò prendendo a calci sassi e qualunque cosa avesse la sventura di trovarsi sulla sua strada, prima di Smaterializzarsi.
Giunto a Spinner’s End s’incamminò pensieroso su quella stretta via babbana.
Sentiva ancora addosso gli occhi del preside, quegli occhi color cielo che aveva imparato a rispettare dal primo giorno in cui aveva varcato la soglia di Hogwarts. Occhi che non avevano mai avuto bisogno di parole per insegnare, per ammonire e per lodare, per esprimere collera oppure benevolenza, ma ora? Cosa significava quello sguardo?
Aveva visto altre volte quell’espressione sul volto dell’anziano mago, non era rabbia, neppure paura e, sicuramente, non era uno sguardo di rimprovero: sembrava più addolorato che arrabbiato.
Severus era sempre stato bravo a comprendere i pensieri della gente solo guardandola negli occhi. Era una dote innata e, ultimamente, stava affinando questa sua capacità dedicandosi allo studio della legilimanzia, eppure non capiva perché il preside non l’aveva fermato?
Era certo che quella donna, stesse parlando del suo padrone. Sicuramente, un uomo come Silente, non avrebbe mai trascurato qualsiasi cosa, anche la più insignificante, che potesse riguardare l’Oscuro Signore, non con una guerra di mezzo.
Forse non era una cosa importante: la persona che aveva pronunciato quelle parole, in effetti, era un po’ stravagante. Forse era semplicemente una pazza e il preside non credeva alle sue parole anche se riguardavano la caduta del suo padrone. Probabilmente considerava questo evento impossibile esattamente come lui.
Si bloccò stringendo i pugni.
“E’ così, lui non cadrà mai!” mormorò fra i denti.
Continuava a ripeterselo da giorni, anche se Iris era convinta del contrario.
Aveva paura, una paura folle di sperare, di illudersi di poter vivere una vita serena con lei.
“Lui non cadrà mai, mi senti vecchio pazzo? Non cadrà mai!” gridò. “Ma tu questo lo sai, non è vero?”
Certo, doveva essere questa l’unica ragione per cui stava percorrendo la via di casa e non era, invece, finito pietrificato o peggio.
Silente non era uno stupido ed era un mago potente, l’aveva lasciato andare, non c’era altra spiegazione.
Era certo che il vecchio preside sapesse della sua appartenenza alle fila dei Mangiamorte; se quella informazione fosse stata di vitale importanza non avrebbe mai permesso che un servo del Signore Oscuro fosse libero di riferire al suo padrone ciò che aveva appena sentito.
In parte fu sollevato dalle sue considerazioni, era meglio così.
Magari avrebbe potuto usare quell’informazione a suo vantaggio: convincere l’Oscuro che poteva essergli più utile come spia che come boia. Forse avrebbe rinunciato a tormentarlo con le sue prove di fedeltà.
Ma sì, per una volta, era stato fortunato, aveva finalmente qualcosa in mano. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di smettere di uccidere, sarebbe arrivato a rifiutarsi apertamente di farlo.
Nonostante Iris l’avesse quasi supplicato di non ascoltare il suo cuore, sapeva che, prima o poi, si sarebbe fatto uccidere pur di non vedere ancora una sola goccia di sangue innocente sulle sue mani.
Questa era la sua occasione, forse l’ultima: non l’avrebbe sprecata.
Sentì un improvviso calore invadergli il petto, il calore della speranza.
Era piacevole, non lo provava da tanto tempo.
Era già di fronte alla porta di casa, quando decise di proseguire fino alla fine di quel vicolo.
Il piccolo portoncino di un rosso acceso sembrò accoglierlo col suo colore festoso che, in realtà, non aveva mai amato, ma, in quel momento, trovò davvero bellissimo.
Bussò come un normale visitatore babbano e attese, con un po’ di impazienza, di vedere il volto di Iris dietro quella porta.
Tuttavia, mentre attendeva che la maga potesse raggiungere l’ingresso, ed aprire la porta senza l’uso della magia, come lui le aveva raccomandato, un dolore tristemente familiare, cancellò in un attimo l’espressione insolitamente serena del giovane: Voldemort lo stava chiamando.
Fissò per un attimo il portoncino ancora chiuso.
No, era meglio non farsi vedere: Iris si sarebbe di nuovo preoccupata per lui. La cosa migliore era lasciare che credesse ad uno scherzo di qualche ragazzino maleducato. Si Smaterializzò.




* * *




Severus trascinava i piedi, mentre si avvicinava alla sala dove i Mangiamorte si riunivano.
Era già in ritardo, ma non gli importava: non avrebbe mai voluto varcare quella soglia.
Da fuori si sentivano urla e risate: sicuramente il suo padrone aveva concesso un nuovo trastullo ai suoi servi, oppure, il trastullo sarebbe stato ancora lui.
Questo pensiero gli provocò un brivido lungo la schiena, chi doveva uccidere questa volta? Un Babbano? Un Mago? Forse un ragazzino o una donna?
Trattenne il fiato davanti a quel grosso portale scolpito, nel quale numerosi serpenti s’intrecciavano formando una strana e fitta trama che lo rendeva bello e allo stesso tempo inquietante.
Improvvisamente, la superficie bronzea si mosse con un rumore assordante che lo fece trasalire. Gli occhi del Mago fissarono i serpenti che fronteggiandosi dalle due ante si allontanavano stridendo.
L’ingresso alla sala ora era completamente spalancato. Severus era stato colto di sorpresa, non aveva ancora indossato la sua maschera: la stringeva con la mano destra, mentre con l’altra era appoggiato allo stipite.
Non era ancora pronto ad entrare, forse non lo sarebbe mai stato. Aveva cercato di ritardare il più possibile quel momento, ma ora doveva attraversare quella porta anche se avrebbe voluto solo fuggire.
I suoi occhi individuarono immediatamente quella scena tristemente familiare: i suoi compagni erano riuniti in un cerchio. Erano talmente vicini l’uno all’altro che era impossibile vedere al centro di quell’anello di tuniche nere, ma, il giovane, immaginava quale terribile visione si celasse dietro quel muro di uomini.
Quando il cerchio si aprì come un sipario, però, Severus non riuscì a credere a quello che i suoi occhi stavano vedendo: se l’inferno avesse avuto un volto diverso per ognuno, ora lui stava guardando il suo.
Sentì la nausea salirgli in gola soffocandolo: una donna era rannicchiata per terra, i capelli lunghi e neri sparsi sulle pietre macchiate del suo stesso sangue.
Si mosse, appoggiandosi su i gomiti, sollevò piano la testa volgendosi verso di lui.
Severus pregò, scongiurò il cielo di poter morire in quello stesso istante, prima di vedere quel volto, prima di veder confermata la sua paura.
Due gemme scure lo fissarono: Iris, la sua Iris lo stava guardando.
No! Tutto, ma non quello, le sue dita presero a stringere la maschera d’argento fino a fermare la circolazione del sangue.
Ma come avevano fatto a trovarla? In che cosa aveva sbagliato?
Il mago era come pietrificato, non riusciva a pensare, a ragionare con lucidità.
Fortunatamente questo suo atteggiamento fu scambiato per semplice freddezza, il suo volto, appariva rigido e impassibile.
Si guardò lentamente attorno, Voldemort era seduto come sempre sul suo trono e osservava la scena con un’espressione quasi annoiata.
Improvvisamente capì: il Signore Oscuro non sapeva nulla di Iris. Per lui, quella donna in terra era solo l’ennesimo divertimento per i suoi servi, solo un’altra vittima, un numero, e l’ennesima prova per lui. Questa volta il suo padrone gli avrebbe chiesto di esibire la sua fedeltà di fronte ad un pubblico.
Di nuovo, un conato di vomito salì a bruciargli la gola: la sua Iris si trovava lì, aspettando che lui la uccidesse, solo per un caso, un maledettissimo caso.
Non capiva, non riusciva a crederci, il suo sguardo si posò su ognuna di quelle orride maschere che lo fissavano, i suoi compagni erano tutti presenti: dovevano aver saputo della maledizione, nessuno doveva averla toccata.
Ci volle molto poco al giovane Mangiamorte per realizzare che non c’era modo di uscire da quella situazione, non aveva modo di salvarla, era finita.
Ciò che aveva fatto era stato del tutto inutile. Aveva ucciso e aveva continuato a farlo, aveva disperatamente ed ingenuamente cercato di convincere il suo padrone della sua fedeltà, solo aggrappandosi alla folle speranza di poter vedere la fine di quell’incubo, ma non avrebbe immaginato che sarebbe stata quella la fine, sì, perché quella sarebbe stata la fine per entrambi: non poteva salvarla, ma poteva morire con lei.
Guardò gli occhi spaventati di Iris, non gridava, probabilmente non aveva più la forza di farlo, sembrava addirittura non riconoscerlo. Cosa le avevano fatto quei mostri?
Fece un passo verso di lei. Gli altri Mangiamorte continuavano a fissarlo, cercò di ignorarli.
Voldemort aveva predisposto tutto: il palcoscenico, il pubblico e gli attori, come sempre, ma, questa volta, sarebbe stato diverso, lui non avrebbe fatto di quella morte uno spettacolo per quelle bestie.
Il fatto che il Signore Oscuro non sapesse chi fosse quella ragazza, almeno, gli dava il vantaggio di poter agire liberamente, ammesso che cercare di ucciderla in fretta si potesse considerare come agire liberamente.
Non aveva scelta: se solo avessero immaginato la verità, probabilmente lui sarebbe già stato immobilizzato e costretto a guardarla morire sotto chissà quali torture. Voldemort sapeva bene come ripagare i traditori.
Si maledì per non aver indossato la maschera al suo ingresso, mentre era costretto a fingere per l’ultima volta. Mai come in quel momento avrebbe avuto bisogno di nascondere il suo viso permettendo al dolore di deformarne i muscoli, come la natura bonaria concede a tutti gli esseri.
A lui non era permesso neppure quello.
Rese di pietra i suoi lineamenti e ciechi i suoi occhi, perché non tradissero la minima emozione, voltò le spalle alla donna e al cerchio dei Mangiamorte e si avvicinò al trono, dove l’Oscuro Signore attendeva di essere omaggiato.
S’inginocchiò afferrando l’orlo della tunica del suo Signore. Non lo sollevò, come era solito fare, ma si chinò fino al pavimento per baciarlo, quasi a voler punire se stesso per il suo fallimento, con questa umiliazione: aveva sbagliato e ora avrebbe pagato il suo errore.
Un silenzio irreale lo avvolgeva o, forse, era lui a non sentire più le risate crudeli dei suoi compagni, era come se non esistessero più, nella voragine tenebrosa in cui era precipitato ora esistevano solo lui ed Iris.
Si avvicinò lentamente al gruppo di Mangiamorte che si spostarono formando due ali nere al suo passaggio: il loro divertimento stava per cominciare.
Strinse il pugno intorno alla bacchetta.
Sapeva quello che doveva fare: l’avrebbe abbracciata, avrebbe stretto finalmente il suo fiore tra le braccia, e l’Avada Kedavra li avrebbe uniti per sempre.
Iris sembrava così stordita e sfinita da non comprendere quello che stava accadendo attorno a lei.
Forse era meglio così, pensò il Mago, ora poteva solo ucciderla, e non poteva neppure chiederle perdono.
Si chinò su di lei, il viso era irrigidito in una smorfia di disgusto, ma i suoi occhi non poterono fare a meno di infiammarsi incrociando quelli di lei: l’amava e non glielo aveva mai detto.
Perché doveva finire così? Se solo avesse potuto parlarle, gridare davanti a tutti che l’amava più della sua stessa vita.
Dovette stringere i denti fino a farsi male per impedirsi di pronunciare il suo nome per l’ultima volta.
Iris, il nome più bello che avesse mai sentito.
Lasciò scivolare la maschera a terra, le mani tremavano, ma non cercò di nasconderlo: Voldemort era dietro di lui e non poteva vederle. Per gli altri lui era solo un giovane Mangiamorte alle prime armi, era normale che fosse emozionato, perché, togliere la vita ad un essere umano, per loro era una cosa emozionante.
Cercò di contrastare la nausea, poi il suo viso si contrasse come colto da una fitta: finalmente un grido straziante squarciò il silenzio, trapassando la sua testa come una lama, ma era un grido che nessuno poteva sentire, era quello del suo cuore, un grido di dolore e di odio per quel mostro che aveva chiamato maestro, e per se stesso, per ciò che era diventato, ed era anche una disperata richiesta di perdono per quello che stava per fare, e per quello che aveva fatto a tanti innocenti, l’inutile e tardiva preghiera di un assassino, una supplica che non sarebbe mai uscita dalla sua bocca serrata e che Iris non avrebbe mai ascoltato.
Stava per stendere il braccio verso di lei, ma si bloccò, la mano tesa, come paralizzata.
Severus sapeva che, nel momento in cui avrebbe toccato la maga, gli sarebbe rimasto appena il tempo di pronunciare l’Avada Kedavra, prima che la maledizione di Iris lo uccidesse: voleva guardarla ancora un istante, un ultimo istante.
Brontolii d’impazienza si alzarono dal cerchio: i Mangiamorte reclamavano il loro sangue.
Bestie, ecco cos’erano e lui era diventato uno di loro, li aveva considerati amici.
Avrebbe voluto sputargli in faccia tutto il suo disprezzo, ma ora solo Iris era importante, più importante della sua rabbia e del suo orgoglio.
Improvvisamente, Lucius Malfoy si chinò verso la maga, ridendo.
“Allora, quanto vuoi farci aspettare ancora, Severus?” mormorò con la sua solita voce strascicata.
Gli occhi di Piton saettarono in quelli di ghiaccio del suo amico, ma l’odio si trasformò immediatamente in incredulità, Lucius aveva appena steso la mano afferrando la ragazza per i capelli.
Severus scattò indietro: Lucius la poteva toccare, non era possibile, quella non era Iris, non poteva essere lei.
Il Mago biondo non notò il lampo negli occhi dell’altro e seguitò a schernirlo:
“Pare che spetti a te l’onore di finirla, non ci deluderai, spero?” disse pulendosi le dita con una smorfia di disgusto.
Piton si sentì improvvisamente soffocare, emozioni diverse lo assalirono.
Non aveva neanche sentito le parole di Malfoy, dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non lasciar trasparire ciò che provava in quel momento, in pochi istanti la disperazione e la rabbia si erano trasformati in sollievo e persino in una egoistica gioia. Lui stesso ne fu disgustato. Una donna stava per morire, il fatto che non fosse la sua Iris non gli dava il diritto di gioire, ma non poteva farne a meno: Iris era salva.
Si voltò lentamente verso Voldemort, il mago cominciava ad essere spazientito dall’attesa, ma sembrava non aver capito quello che era successo: se qualcuno gli aveva preparato quella trappola, non doveva essere stato lui.
Il suo Signore lo guardava con aria curiosa, si era sporto dal suo trono, appoggiandosi ad uno dei braccioli e si teneva il mento fra le lunghe dita. Attendeva silenzioso che il suo servo portasse a termine il suo compito.
Severus guardò di nuovo la ragazza, sembrava davvero la sua Iris, qualcuno doveva aver usato la Pozione Polisucco.
Poi decise: non era Iris, ma non poteva fare ugualmente quello che tutti si aspettavano da lui, non l’avrebbe torturata fino alla morte per la gioia di quei cani, non perché somigliava alla ragazza che amava, ma perché non l’avrebbe più fatto, mai più.
Fece col capo un cenno deciso a Lucius, perché si allontanasse dalla giovane, si chinò su di lei e la sollevò da terra. Circondandola con un braccio la strinse contro il suo petto per trattenerla in piedi. La poveretta era a malapena cosciente, poggiò la fronte sulla spalla del mago.
Tutto avvenne in pochi istanti, il giovane Mangiamorte, portò la mano che stringeva la bacchetta dietro la schiena della ragazza, e avvicinò le sue labbra all’orecchio di lei, sussurrando, la voce simile ad una carezza, poche, terribili parole:
“Perdonami, Avada Kedavra!”




* * *




Il corpo esanime della donna scivolò lentamente a terra sostenuto dalle braccia di Piton.
Gli occhi del mago corsero ad incontrare quelli di Malfoy. L’amico fissava senza fiato un punto alle sue spalle.
Severus capì che Voldemort era in piedi dietro di lui, le sue intenzioni si potevano leggere facilmente nello sguardo terrorizzato di Lucius.
Senza voltarsi, il Mago bruno, strinse gli occhi, preparandosi a ciò che sarebbe arrivato solo dopo pochi istanti: un’ondata infuocata colpì la sua schiena, scaraventandolo a terra.
Non aveva neanche sentito il suo padrone pronunciare la maledizione, ma sapeva che quella era la Cruciatus.
Voldemort non l’aveva mai usata contro di lui, capì quanto era stato fortunato fino a quel momento.
Prese a contorcersi al suolo, cercando disperatamente di allontanare quel dolore, gli sembrava di aver preso fuoco.
Malfoy fissò, pietrificato dal terrore, il suo migliore amico che, scosso come da convulsioni, continuava a sbattere la testa contro le pietre del pavimento, il suo corpo pareva muoversi indipendentemente dalla sua volontà.
Aveva assistito altre volte al supplizio della Cruciatus, aveva sempre riso di fronte alle grida delle povere vittime. Più volte lui stesso l’aveva usata, aveva goduto di quel dolore, un dolore che non aveva mai provato sulla propria pelle.
Ora però era diverso, era il suo amico a dimenarsi sotto quella tremenda tortura, ebbe paura.
Severus non gridava, solo un gemito acuto e prolungato sgorgò dalla sua gola, quando, improvvisamente, Voldemort sollevo la bacchetta interrompendo quel tormento.
Il Mago si ritrovò supino e fradicio di sudore. Mosse appena le labbra, il sapore ferroso del sangue gli riempiva la bocca, si era morso la lingua.
Sbatté le palpebre, cercando di mettere a fuoco la figura vestita di nero sopra di lui, non ci riuscì, ma sapeva che il suo Signore era lì che lo guardava, forse gli avrebbe chiesto una spiegazione e lui avrebbe cercato di inventare l’ennesima menzogna, per salvarsi la vita.
Stavolta non l’avrebbe fatto per se stesso: doveva sopravvivere per correre dalla sua Iris. Chiunque fosse stato a preparare la trappola della Pozione Polisucco, sapeva che era stato lui a nasconderla, Iris era in pericolo, doveva avvertirla.
Cercò di voltarsi su un fianco, tremava.
Faticosamente si mise in ginocchio e attese che Voldemort parlasse per primo.
“Mi hai deluso, Severus.” la voce di Voldemort era un sussurro, si chinò fissando gli occhi sofferenti dell’altro.
“Spiegati!” soffiò.
“Mio Signore… oggi… ero venuto a portarvi gravi notizie.” si pulì con la manica il sangue che continuava a colargli dalla bocca.
“Dovevo parlarvi, dovevo parlarvi da solo.” lanciò ai Mangiamorte di fronte a lui uno sguardo carico di disprezzo.
“Tu mi hai disubbidito.” tuonò Voldemort, puntando di nuovo la bacchetta contro di lui.
Severus fece appello a tutta la forza che gli era rimasta e drizzò orgoglioso la schiena fissando negli occhi il suo padrone.
“Io sono sempre stato un vostro fedele servitore, e voi mi avete appena dato un dolore. Il mio più grande dolore è sapere che non vi fidate di me. Voi mi umiliate chiedendomi di esibirmi con queste dimostrazioni di fronte ai miei compagni. Se ho sbagliato in qualche cosa, se non vi ho servito bene punitemi, ma non fate della fedeltà di un servo uno spettacolo da circo.”
Le labbra di Voldemort si piegarono in un ghigno soddisfatto, si voltò verso i suoi adepti che ad un suo cenno si Smaterializzarono immediatamente, dopodichè s’incamminò lentamente e solennemente verso il suo trono e si rimise a sedere.
“Siamo soli, parla.”
Severus raccontò quello che aveva sentito alla locanda, augurandosi che il suo padrone trovasse le parole di una pazza sufficientemente interessanti da lasciarlo in vita.
Quando finì di parlare, attese in silenzio e col capo chino.
Voldemort sembrò per un attimo riflettere sulle sue parole, poi artigliò rabbiosamente i braccioli scolpiti del suo trono.
“Il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore? Il solo?” Si alzò di scatto e si avvicinò al Mago in ginocchio, lo afferrò per il mento, sollevandogli la testa. Come lame roventi i suoi occhi penetrarono le tenebrose iridi del suo giovane servo.
“Nessuno può sconfiggermi, nessuno!” sibilò, poi, ergendosi in tutta la sua altezza: “Lord Voldemort non cadrà mai.” si voltò facendo ondeggiare il mantello e tornò a sedersi sul trono.
Severus lo fissava, quasi trattenendo il respiro. Immobile, attendeva di sapere se avrebbe rivisto la sua Iris. Voldemort, lo scrutava con un’espressione che il giovane Mangiamorte non sapeva decifrare. Forse le sue parole lo avevano solo ulteriormente irritato, forse aveva sbagliato. Perché non parlava, maledizione, perché continuava a fissarlo in quel modo?
Severus avrebbe voluto urlare in quel momento: se stava solo aspettando di ucciderlo perché non la faceva finita?
Improvvisamente, Voldemort parlò di nuovo, la sua voce era un sussurro, ma il giovane se la sentì scorrere addosso come una lama affilata.
“Chiunque oserà mettersi contro di me dovrà morire.” Per un attimo il mago dai capelli corvini ebbe l’impressione che un'ombra terribile oscurasse il volto di Voldemort, poi questo tornò a rivolgersi a lui con atteggiamento solenne.
“Hai fatto bene il tuo lavoro ed io so ricompensare chi mi serve bene.”
Fece una pausa poi, sporgendosi in avanti, sibilò:
“Così come so ricompensare chi mi tradisce.”
Il mago inginocchiato rabbrividì.
“Va a casa Severus Piton, non ti chiederò altre dimostrazioni.” concluse infine con noncuranza.
Severus inchinò appena il capo e si Smaterializzò.




Continua…




 
Top
Astry
view post Posted on 14/3/2011, 15:51




Mmm! Devo aver ucciso le mie due uniche lettrici con l'ultimo capitolo, vabbè, vado avanti.

CAP. 10: Tradimento e amicizia



Il sole era appena tramontato, Severus si Materializzò direttamente a casa di Iris.
Non trovandola all’ingresso, si precipitò al secondo piano e iniziò a spalancare tutte le porte, urlando:
“Iris, Iris dove sei?”
Arrivato alla porta della camera da letto, non ebbe il tempo di aprirla: la maga era già sulla soglia e lo fissava con gli occhi spalancati.
“Severus, cosa è successo? Chi ti ha ridotto così?” disse con la voce strozzata, accennando al sangue sul viso del giovane.
“Non c’è tempo di spiegare, sanno che ti ho nascosta. Prendi tutto quello che puoi, dobbiamo andar via di qui.”
Iris afferrò il mantello, che era piegato sul letto, e la bacchetta, e si precipitò con Piton giù per le scale.
Il giovane corse verso la porta d’ingresso, Iris era subito dietro di lui, ma appena l’aprì non ebbe il tempo di reagire che una voce famigliare gridò:
“Expelliarmus!”
Severus si ritrovò senza la sua bacchetta e con quella di Lucius Malfoy puntata al petto.
“Non farlo se non vuoi che lo ammazzi.” urlò il mago biondo ad Iris che aveva ancora la sua bacchetta e la puntava tremando contro di lui.
Le labbra di Malfoy si piegarono in un sorriso cattivo, mentre torceva la punta della sua arma contro le costole di Piton.
“Posala, da brava, non farti pregare.” disse suadente e sollevò il braccio fino a puntare il sottile legno alla gola dell’altro, ribadendo con lo sguardo la sua minaccia.
Gli occhi di Iris corsero a cercare quelli del suo amico, aspettando un suo cenno.
Non sapeva cosa fare, sembrava che Severus volesse vederla usare la bacchetta, ma non poteva farlo, non poteva lasciare che Malfoy lo uccidesse.
“Gettala, stupida ragazzina!” ringhiò Lucius.
Iris allora gettò rabbiosamente la piccola asticella bianca ai piedi di Malfoy che scoppiò in una risata, si allontanò da Piton tenendolo sempre sotto tiro e raccolse prima la bacchetta di Iris e poi quella di Severus che era caduta poco distante.
“Bene, dunque avevo ragione, tu hai mentito, hai mentito al Signore Oscuro.” disse, mentre un’espressione di trionfo si disegnava sul viso aguzzo.
“Era opera tua? La Pozione Polisucco, sei stato tu?”
“Già! Ho fatto una visita in casa di quei Babbani, non è stato difficile trovare lì i suoi capelli.”
Avvicinò una mano alla giovane come per afferrare i suoi lunghi capelli neri, ma Iris si scansò con uno scatto. Lucius arricciò le labbra, indirizzandole un’occhiata lasciva. Poi si rivolse di nuovo a Severus.
“Anche se non capisco come hai fatto ad accorgerti che non era lei.”
Severus non gli rispose, sapeva che, se non ci fosse stato altro modo, la Maledizione che quella ragazza portava nel suo corpo sarebbe stata l’ultima difesa.
Lucius non sapeva che non avrebbe potuto toccare la vera Iris, non immaginava neppure che alla maga sarebbe bastato sfiorarlo per ucciderlo. Si sentiva così sicuro di sé ora che li aveva privati delle loro bacchette.
Gli occhi neri di Piton lampeggiarono incontrando quelli spaventati di lei, Iris era pronta, ma lui sapeva cosa avrebbe significato per lei uccidere ancora e in quel modo orrendo.
Forse la maledizione era l’unica soluzione, ma non poteva lasciare che accadesse, non poteva lasciar morire quello che aveva considerato il suo miglior amico, e permettere che fosse la donna che amava a macchiarsi le mani del suo sangue.
No! Severus scosse appena il capo, non era così che doveva andare.
Si morse il labbro, il suo cuore sembrava impazzito: Malfoy era pericolosamente vicino ad Iris, continuava a ridere, rideva, mentre si gettava ignaro tra le braccia della morte.
“Beh, Severus, visto che non vuoi dirmi cos’ha di speciale questa donna, vedrò di scoprirlo da solo.”
Severus strinse i pugni, non voleva, non doveva cedere all’ira. Lucius non doveva morire, non per mano di Iris.
“Allora, come ti ha riconosciuta?” sussurrò percorrendo con lo sguardo avido il corpo della maga.
“Evidentemente sa di te qualcosa che gli altri non sanno.”
Con una mano si tolse il mantello gettandolo a terra, mentre con l’altra teneva sempre puntata la bacchetta.
“Voglio saperlo anch’io quello che sai fare, illuminami.”
Malfoy allungò la mano libera verso la ragazza. Stava per afferrarla.
Iris si voltò verso il mago bruno. Per un attimo i due giovani furono come incatenati in un unico sguardo pieno di comprensione, poi, come obbedendo ad un ordine telepatico, Iris si tirò indietro e contemporaneamente Piton agitò il braccio scaraventando un basso tavolino di legno addosso a Malfoy.
Lucius finì contro la finestra e si aggrappò alla tenda tirando giù con sé il pesante drappo colorato. La bacchetta gli era sfuggita di mano e giaceva in terra ad un metro da lui.
“Scappa!” gridò Piton rivolto alla ragazza, mentre correva verso la bacchetta di Lucius.
I due maghi pronunciarono quasi contemporaneamente l’incantesimo di richiamo, ma Malfoy fu più rapido e la bacchetta schizzò nella sua mano.
“Crucio!” Severus cadde in ginocchio, tra le urla terrorizzate di Iris. Il suo viso era una maschera di dolore, quanto quello di Malfoy era odio puro.
“Tu non hai tradito solo l’Oscuro Signore.” gridò il mago biondo. “Tu hai tradito me, hai tradito la nostra amicizia per questa donna.”
“Lascialo!” Iris si frappose fra i due maghi, Lucius sollevò la bacchetta liberando dalla maledizione l'altro che si accasciò sul pavimento come una bambola di pezza.
“Pagherai Severus, ma non prima che io mi sia divertito con la tua sgualdrina.” disse rivolgendogli uno sguardo carico di disprezzo, poi guardò la donna e le sue labbra sottili si piegarono in un ghigno crudele.
Si avvicinò alla maga costringendola contro la parete, Iris singhiozzava parole che al mago biondo sembravano senza senso:
“No, no, ti prego non voglio farlo, non posso, no!” si portò le mani a coprirsi il volto.
Eppure doveva farlo, non c'era altro modo, Lucius li avrebbe uccisi entrambi. Ora solo lei poteva salvare Severus, non doveva sottrarsi, doveva lasciare che il mago la toccasse.
Era disperata, sapeva che i due giovani erano amici, Piton le aveva raccontato molte cose di lui, ma la vita di Severus era più importante, doveva uccidere quel verme.
Tremava, Lucius aveva appoggiato una mano al muro e con la bacchetta la costrinse ad abbassare le mani scoprendo il viso rigato di lacrime.
Era così vicino che poteva sentire il calore del suo respiro, strinse i pugni e lo fissò negli occhi, Lucius stava per baciarla, stava per morire; avrebbe ucciso di nuovo e questa volta volontariamente.
L'immagine di suo padre che urlava contorcendosi nel pavimento con il volto deformato dal dolore si sovrappose al viso eccitato e bramoso del bel mago biondo, si sentì morire, ma avrebbe fatto di tutto per salvare l’uomo che amava, anche contro la sua volontà.
Chiuse gli occhi trattenendo il respiro: era pronta a ricevere quel bacio, ed era pronta a donare la morte.
Né lei né Lucius, però, si erano accorti che, dietro di loro, Piton si era faticosamente rimesso in piedi. Facendo appello a tutta la forza che gli era rimasta, il mago si gettò sul suo avversario, entrambi finirono a terra aggrappati l’uno all’altro.
Ci volle solo un istante perché Severus si rendesse conto di non essere riuscito a disarmare Malfoy: la bacchetta di Lucius premeva contro il suo sterno.
Il mago fissò lo sguardo gelido dell’amico.
“Fallo!” sibilò.
Vide le labbra dell’altro muoversi appena, poi un lampo accecante lo investì e fu sbalzato contro la credenza.
“Nooooo!” Iris si portò le mani nei capelli.
Severus era a terra in mezzo ad una quantità di schegge di vetro. Una chiazza scura si allargava sul pavimento dietro la sua schiena.
La strega corse verso di lui e si buttò in ginocchio piangendo, incurante dei vetri sparsi sul pavimento che le ferirono le gambe,
“Perché non me l’hai permesso? Perché, perché?” Avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto stringerlo a sé, continuò ad aggrapparsi ai suoi stessi capelli con tutta la forza che aveva, per impedire alle proprie mani di correre al viso del mago.
Piton aprì faticosamente gli occhi, ansimò, soffocando un gemito di dolore, poi, fissando gli occhi lucidi di lacrime di Iris:
“Mi...mi di...spiace, non... ho mantenuto la... la mia promessa, non... ti ho protetta.” sussurrò debolmente, poi un accesso di tosse scosse il corpo magro, il mago voltò la testa di lato e un fiotto di sangue fuoriuscì dalla bocca.
“No, no ti prego, no, è colpa mia, Severus, Severus!”
Le labbra del mago si piegarono in un sorriso.
“Ti amo!” mormorò, poi perse conoscenza.
“Anch'io ti amo.” sussurrò Iris, allungando una mano tremante verso di lui, quasi a sfiorargli la fronte, poi si alzò voltandosi di scatto.
Lucius si era rimesso in piedi e puntava la bacchetta contro il mago a terra, il volto contorto dall'ira.
“Scansati!” ringhiò.
“No! Dovrai uccidermi, ma dovrai farlo con la bacchetta.” la voce era soffocata dalla rabbia.
“Certo che lo farò, ora non ci sarà il tuo amichetto a salvarti.” ghignò.
“Lui non ha salvato me, maledetto bastardo, Severus ha salvato te.” gridò. “Puoi uccidermi, ma ucciderai l'uomo che ti ha appena salvato la vita?”
“Che significa?”
“Se non mi avesse fermata, ora saresti morto, nessun Mangiamorte può toccarmi è restare vivo.”
“A che gioco stai giocando?”
“Volevi sapere come Severus ha capito che quella donna non ero io?”
Il mago abbassò appena la bacchetta fissandola sconcertato.
“Dimmi: l'ha toccata? Lui o qualcun'altro l'ha toccata?”
Le labbra di Lucius si spalancarono: improvvisamente gli era tornata in mente la reazione di Piton quando l'aveva visto afferrare la donna. Era vero, era tutto vero, ma perchè ora la maga stava gettando al vento la sua unica arma?
“Perchè me lo stai dicendo?”
“Per lui,” accennò col capo al mago svenuto. “Severus ti considera un amico, e perchè io non voglio uccidere. Ora siamo nelle tue mani, finisci quello che hai cominciato.” gridò, allargando le braccia.
Per qualche istante Malfoy rimase come impietrito con la bacchetta stretta fra le dita tremanti, abbassò lo sguardo sull'uomo a terra. Avrebbe davvero ucciso il suo amico, l'unico amico?
Abbassò la bacchetta e si chinò su Piton: respirava appena.
L'afferrò per le spalle voltandolo su un fianco: grosse schegge di vetro si erano conficcate nella sua schiena. Vi fece scorrere la bacchetta recitando l'incantesimo. Tutti i frammenti sparirono, ma la perdita di sangue continuava copiosa.
Ripose la bacchetta e lo prese tra le braccia sollevandolo da terra.
“Dov'è il letto?” chiese deciso.
“Di sopra, vieni”.
Il mago la seguì per le scale. Arrivato in camera, sistemò Piton sul letto, disteso sul ventre, gli sfilò la casacca e la camicia, e prese a controllare le ferite sulla schiena, senza dire una parola.
Erano brutti tagli, qualcuno molto profondo.
Il mago si rabbuiò, passò la bacchetta un paio di volte sopra le ferite ripulendole dal sangue. Poi fece apparire delle bende che si strinsero magicamente attorno al torace di Piton.
Iris era dietro di lui, la gola seccata dall'ansia, tratteneva il respiro come se l'impercettibile movimento del suo petto potesse in qualche modo peggiorare le cose.
Severus non si muoveva, Iris poté udire solo un flebile lamento che la fece rabbrividire.
Improvvisamente Malfoy si voltò verso di lei, si era infilato una mano in tasca e ne aveva tirato fuori un piccolissima boccetta piena di un liquido scuro.
“Versane poche gocce in un bicchiere d'acqua e poi portamelo.” disse porgendole l'ampollina.
Iris si avvicinò, ma non prese la Pozione dalle mani di Lucius, la bottiglia era talmente piccola che temeva di sfiorare le dita del mago. Attese che l'altro la posasse sul pavimento, l'afferrò e, di corsa, scese le scale ed entrò in cucina.
Tornò dopo qualche istante con il bicchiere, tuttavia sembrava indecisa sul da farsi, non sapeva se poteva fidarsi di quell'uomo.
Lucius le lanciò un occhiata acida.
“Pensi che voglia avvelenarlo? Se avessi voluto ucciderlo non mi sarei scomodato a portarlo in braccio fin quassù, non credi?
Iris annuì, in effetti il mago aveva ragione, ma era così sconvolta che non riusciva a ragionare con lucidità, posò il bicchiere per terra e fece qualche passo indietro. Malfoy lo raccolse, si appoggiò con un ginocchio sul letto e sollevò Severus in modo che potesse bere.
“Questa Pozione, l'ha preparata lui, aiuta a rimarginare le ferite: quando si è in guerra è sempre meglio essere previdenti.” spiegò, mentre aiutava l'altro a mandare giù fin l'ultima goccia di quel liquido.
Quando ebbe finito, posò il bicchiere sul comodino e si lasciò cadere sulla poltrona accanto al letto, tenendosi la testa fra le mani. Iris non disse nulla, prese anche lei una sedia e si sistemò all'altro capo del letto.
Attesero entrambi in silenzio tutta la notte.





Continua…


 
Top
Natalie_S
view post Posted on 15/3/2011, 10:28




Ciao!
Allora, questo capitolo mi piace in modo particolare, perchè c'è Lucius!!
Che, come al solito, è un gran figo!
Mi piace il fatto che, alla fine, Lucius cattivo non convinca nessuno.
Lui arriva, tutto aggressivo, tutto mangiamorte, ma poi tanto lo sappiamo che non riesce a far male a una mosca! :D
Mi piace come hai reso la sua ambiguità, e poi la sua amicizia con Piton è sempre interessante, in quanto ben diversa dalle classiche amicizie dei "buoni", come Harry e Ron.
Ciao, alla prossima!!
 
Top
Astry
view post Posted on 17/3/2011, 13:36




Ancora un po' di Lucius :P

CAP. 11: Convalescenza



Iris sollevò lo sguardo: il mago biondo sembrava pietrificato, le labbra serrate e gli occhi, simili a cristalli di ghiaccio, erano fissi sull'uomo disteso di fronte a lui.
Per un istante la giovane strega ebbe l'impressione che avesse persino smesso di respirare: sotto la pesante tunica di velluto nero, il suo petto pareva immobile almeno quanto quello del suo amato Severus.
Già, il suo amato Severus, la maga strinse i pugni, cosa avrebbe fatto se quell'uomo, l'uomo del quale si era follemente innamorata, non si fosse più svegliato?
Scosse il capo, no, non voleva neanche pensarci.
Fissò ancora il volto rigido di Malfoy: dietro quella gelida maschera, le parve di scorgere un'ombra di preoccupazione, rabbrividì.
Nonostante la Pozione, Severus non era ancora fuori pericolo, le ferite erano profonde e aveva perso molto sangue.
Probabilmente avrebbero dovuto portarlo a San Mungo, ma, in quel caso, Malfoy avrebbe dovuto fornire troppe spiegazioni sull'accaduto.
La giovane strega ora poteva solo attendere e sperare. Oltretutto sentiva che il mago era infastidito, persino dalla sua silenziosa presenza: non l'aveva degnata di uno sguardo.
Poteva percepire il suo odio, era come se tutto il suo corpo lo gridasse.
Lui e Severus dovevano essere davvero molto legati e lei si era intromessa nella loro amicizia.
Ma c'era di più: Malfoy sembrava odiare anche se stesso, proprio a causa di quell'amicizia.
Si sentiva un debole per aver messo uno stupido sentimento al di sopra del suo dovere di Mangiamorte, per non averli uccisi entrambi.
Quell'uomo si odiava per quello che stava facendo, ma lei non poteva non essergli grata di essersi preso cura di Severus.
Un profondo sospiro sfuggì dalle sue labbra: senza l'aiuto di Malfoy probabilmente avrebbe potuto solo restare a guardare l'uomo che amava, mentre moriva dissanguato sul pavimento.
Si sentiva così inutile: lui le aveva appena detto di amarla e lei non aveva neppure potuto aiutarlo a bere una stupida pozione, aveva dovuto lasciarlo fare all'uomo che aveva appena cercato di ucciderli.
Ormai da parecchie ore se ne stava praticamente inchiodata su quella sedia, fissava tremante la mano di Severus, le dita sottili posate sul candido lenzuolo. Erano di un pallore spaventoso, probabilmente erano anche gelate.
Cosa avrebbe dato per poterle stringere tra le sue e infondergli un po' di calore!
Per un attimo desiderò che lo facesse Lucius al suo posto, sentì la sua mente gridare: “Non vedi che ha freddo?”
Quella preghiera, tuttavia, non raggiunse mai l'altro, le sue labbra restarono serrate.
La maga fece forza su se stessa per rimanere in silenzio, avrebbe voluto abbracciarlo o, almeno, fargli sentire in qualche modo che lei era lì, che era viva e non lo aveva abbandonato, ma non si mosse.
Temeva di rompere quel delicato equilibrio che si era creato, in fondo, Lucius non l'aveva uccisa, ma non le aveva neppure restituito la bacchetta.
Erano completamente nelle sue mani, e il mago biondo sembrava piuttosto combattuto, non si fidava, non si fidava affatto. Non avrebbe rischiato di irritare ulteriormente quell'uomo, non per dar voce alla sua paura. Ora doveva essere forte e aspettare, ma era così difficile non scoppiare a piangere come una bambina.
Sentiva le lacrime premere prepotentemente per uscire, mentre aveva l'impressione che Lucius potesse addirittura udire i battiti furiosi del suo cuore.
Improvvisamente si alzò: doveva fare qualcosa, stava impazzendo.
I freddi occhi di Malfoy si mossero appena verso di lei.
“Vado a preparare qualcosa di caldo se sei d’accordo.” annunciò la ragazza con un filo di voce, l'altro non rispose, ma tornò stancamente a posare lo sguardo su Severus. Iris interpretò questo suo gesto come un sì, e si allontanò.




* * *




Gli sembrava di sentire delle voci: qualcuno lo stava chiamando. Il mago dai capelli corvini cercò di capire chi fosse, ma vedeva solo il buio.
“Severus, Severus, svegliati!”
Provò a voltare lentamente la testa verso quel suono, gli sembrava che fosse diventata incredibilmente pesante e bollente come se fosse avvolta in una coperta calda e umida.
Cercò ancora di trovare il proprietario di quella voce, una voce familiare, anche se completamente attutita da quella maledetta coltre che lo avvolgeva. Continuava a non vedere niente, ci volle un po’ perché il mago si rendesse conto di avere gli occhi chiusi.
Un leggero mugolio uscì dalle sue labbra, mentre si sforzava di compiere quel banalissimo gesto di sollevare le palpebre; sarebbe stato più facile ordinare ad un tavolo di sollevarsi, aveva quasi l’impressione che i suoi occhi non gli appartenessero.
Alla fine una piccola lama di luce lo avvertì che i suoi sforzi stavano avendo successo. Lentamente al buio si sostituì, prima una nebbia chiara, e poi un volto, bianchissimo incorniciato da lunghi capelli biondi.
Severus sbatté le palpebre, cercando di capire cosa ci faceva apparentemente sdraiato su un letto, mentre un uomo lo fissava, con un sorriso sghembo dipinto sul volto.
Improvvisamente i ricordi tornarono prepotentemente a riempire il suo cervello, Malfoy, le lacrime di Iris, il dolore alla schiena e poi più nulla.
Lucius, lui era lì per ucciderli, Iris, dov’era? L’aveva uccisa? Se Lucius era lì significava che era riuscito ad ucciderla.
“Iris!” la sua voce uscì rauca e soffocata, nonostante lo sforzo le labbra si socchiusero appena. Senza che lui se ne rendesse conto, il suo corpo era scattato a sedere, a frenarlo, prima ancora della dolorosa fitta di avvertimento che il brusco movimento gli aveva procurato, furono le mani dell’altro posate sul suo petto, che lo spinsero gentilmente, ma energicamente verso il letto. Man mano che il giovane si rendeva conto di ciò che poteva essere successo, sentiva l’ansia impadronirsi di lui e soffocarlo.
Prese a dibattersi trattenuto dalle mani di Malfoy.
“Iris, dov'è? Cosa le hai fatto?” ringhiò.
“Smettila!” gridò l’altro. “Severus, fermati, riaprirai le ferite. Iris è qui, guarda, è viva, è qui con te.”
Lucius sollevò lo sguardo indicando la porta, Iris stava entrando con una tazza fumante in mano.
Appena si accorse che Severus era sveglio, lasciò cadere la tazza e si precipitò accanto al suo letto.
“Severus, sì, sono qui, guardami, sono qui!”
Il giovane la fissò, incredulo, poi i suoi occhi neri, ancora lucidi di febbre corsero a cercare le iridi chiarissime del mago biondo. Stava sognando? Quello era forse un altro macabro gioco di Malfoy?
Sollevò faticosamente una mano verso il viso della donna, che si scansò bruscamente, come sempre, ma questa volta Severus ne fu felice: era lei, questa volta era la vera Iris, sorrise.
“Sei veramente tu? Iris, sei viva?” poi tornò a fissare il mago alto, al lato opposto del letto, era seduto con la schiena diritta, il mento forzatamente sollevato e osservava la scena con un'espressione infastidita.
“Cosa... Lucius, che significa?”
Malfoy si alzò di scatto e, voltando le spalle all'amico, si avviò verso la porta, arrivato alla soglia si fermò voltando il capo quel tanto per poter lanciare a Severus uno sguardo obliquo. “Pagherò il mio debito, Severus, non dirò a nessuno della donna, ma il mio dovere finisce qui. Se dovessi metterti contro l'Oscuro Signore, non esiterò ad ucciderti, io ti ho portato da lui, non lascerò che il tuo comportamento sconsiderato trascini nel fango anche me.”
Poi tirò fuori le bacchette dei due ragazzi dalla tasca e le lanciò sul letto.
“Ora puoi fare anche da sola.” disse rivolto ad Iris e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Severus ed Iris lo seguirono con lo sguardo, poi la maga incrociò le braccia sbuffando.
“Credi che dovremmo fidarci?”
Piton piegò appena gli angoli delle labbra in qualcosa che somigliava ad un sorriso un po’ incerto “Ha dato la sua parola, manterrà la promessa.” mormorò.
Iris si avvicinò al letto e raccolse le due bacchette, posò quella di Piton sul comodino e puntò la sua sui cocci della tazza che ancora giacevano sparsi nel pavimento.
“Reparo!” borbottò, poi, voltandosi verso l’altro: “Sai, questo non mi fa sentire meglio, visto che ha promesso di ucciderti.”
“Sì, è vero.” disse l'altro, trattenendosi a fatica dal ridere.
Tossì, i suoi muscoli non ne volevano sapere di fare qualsiasi movimento, tanto meno di subire gli scossoni di una bella e sana risata.
Si rilassò sul cuscino, le labbra leggermente socchiuse, mentre i capelli neri, ancora umidi di sudore, si allargavano come tentacoli scuri spargendosi sulla federa di lino.
Voltò la testa lentamente verso Iris.
“Posso diventare il tuo custode segreto se vuoi, neanche Lucius potrà mai ritrovare questa casa.”
“Ma sei tu, quello che vuole uccidere, non è di me che mi preoccupo.”
“Beh, se mai dovessi tradire apertamente l'Oscuro Signore, Malfoy diventerebbe la mia ultima preoccupazione”.
“Per questo non lo farai, promettimi che non lo farai.” lo supplicò Iris.
Severus non rispose: davanti ai suoi occhi, apparve improvvisamente l'immagine della donna che aveva appena ucciso, la donna che credeva essere la sua Iris.
Si rese conto che un giorno o l'altro si sarebbe trovato a dover disubbidire ancora: Voldemort avrebbe nuovamente potuto chiedere troppo, quel giorno, forse, il suo Signore non sarebbe stato disposto a credere ancora alle sue favole.
Guardò il viso preoccupato della strega, cosa avrebbe potuto dirle? La verità? Che era stanco di obbedire? Che quando si trovava davanti al suo Signore avrebbe solo voluto gridargli che non voleva più essere il suo boia? Che non avrebbe più ucciso per un suo ordine?
Oppure, che non lo avrebbe mai tradito?
“Non lo farò, promesso.” mentì.
Iris era sempre piena di speranze e di sogni, lui non aveva più sogni, ormai, quello che gli restava era solo un incubo infinito dal quale non voleva più illudersi di poter uscire.
Probabilmente le cose sarebbero andate sempre peggio: anche se Voldemort sembrava essersi convinto della sua lealtà, questo non gli avrebbe evitato di uccidere ancora.
Una nuova missione, un nuovo veleno, cosa avrebbe chiesto la prossima volta?
“Non ti chiederò altre dimostrazioni” Le parole del suo Signore risuonavano nella sua testa, le sue labbra si piegarono involontariamente in un smorfia: ora non doveva più dimostrare la sua fedeltà, ora lui era un vero Mangiamorte, uno che non uccide per mostrarsi leale, uccide perché vuole farlo, per quello che Malfoy chiamava “entusiasmo per la causa”.
Sentì improvvisamente la nausea bruciargli la gola, voltò la testa di lato e chiuse gli occhi fingendo di addormentarsi, era davvero esausto, non gli fu difficile far credere ad Iris di aver bisogno di riposare.
Appena la maga lasciò la stanza chiudendo la porta dietro di sé, Severus aprì di nuovo gli occhi, un sospiro sfuggì dalle sue labbra, si sentiva in trappola come un ragno che finisce per legarsi nella sua stessa tela, non poteva andare avanti così, si svegliava ogni mattina cercando di inventare una nuova scusa per giustificare i suoi fallimenti o per evitare di macchiarsi ancora le mani di sangue, spesso solo per poter uccidere più in fretta.
Aveva imparato a mentire davanti al suo Signore, qualcosa che nessun altro mago era riuscito a fare, ma quanto sarebbe durata? Il suo amore per Iris, la paura di perderla, erano il suo punto debole.
La sera precedente c'era mancato davvero poco, aveva rischiato di farsi scoprire, aveva rischiato di rivelare a Voldemort l'esistenza della maga. Se non si fosse accorto in tempo della trappola di Lucius, si sarebbe suicidato, lasciando la vera Iris indifesa.
Non poté fare a meno di pensare che, forse, era lui stesso il maggior pericolo per lei.
Se Voldemort fosse riuscito a leggere nella sua mente?
Il suo amore stava diventando sempre più forte, sempre più difficile da nascondere. Se le fosse successo qualcosa per colpa sua non avrebbe mai potuto perdonarsi.




* * *




Iris, intanto era in cucina: stava preparando qualcosa di caldo per sé e per Severus.
Cominciava ad abituarsi a quella stufa babbana e armeggiava disinvolta tra i fornelli regolando il calore con la bacchetta. Un paio di tazze galleggiavano a mezz’aria accanto a lei, pronte per essere riempite.
Si voltò per prendere il mestolo sul tavolino e lo vide: Severus era sulla soglia, pallido e tremante. Si appoggiava con una mano allo stipite della porta con l'altra stringeva i lembi del mantello a coprire la fasciatura.
“Severus, cosa ci fai in piedi?” scattò la maga, che, scansando le tazze galleggianti con un gesto brusco del polso, si affrettò verso di lui.
“Devi tornare a letto, ti sto preparando qualcosa di caldo, oggi devi restare a riposo.”
Piton la fissò, scuotendo la testa.
“Mi dispiace, ti ho messo in pericolo.”
“Cosa?”
“E' stata colpa mia, Lucius non ti avrebbe mai trovata se non avesse sospettato di me, io sono un pericolo per te.”
“Severus, ma cosa stai dicendo? Hai la febbre, vai a letto.”
“No, Iris, tu non capisci, ho temuto di perderti ieri,” strinse il pugno con rabbia. “Non voglio più provare una cosa del genere, mai più.”
“Smettila, anch'io ho avuto paura ieri, ma non puoi fuggire dal mondo per evitare di soffrire. Hai detto di amarmi, allora fallo per me, devi aver fiducia, prima o poi le cose si sistemeranno.”
“No, non si sistemeranno, tu non vuoi capire, sono stanco di aspettare qualcosa che non avverrà mai, Iris, lui non cadrà, lui non sarà mai sconfitto. Io non voglio tornare là, non voglio più, non dopo quello che è successo ieri.” si staccò dalla parete.
“Non posso starti lontano, voglio toccarti, voglio baciarti, se morirò dopo non mi importa, niente ha importanza se non posso averti. Ieri io ti avrei ucciso, ero convinto che quella donna fossi tu, l'avrei fatto davvero, in quel momento ho desiderato solo una cosa…” fece per avvicinarsi.
“NO!” gridò Iris. “Non te lo permetterò, ti prego allontanati. Ho paura, tremo ogni volta che ti avvicini al solo pensiero che tu possa sfiorarmi inavvertitamente. Morirei se ti succedesse qualcosa.”
Indietreggiò di qualche passo, ma lui fu di nuovo sopra di lei, sollevò una mano sfiorandole il viso, era così vicina che lei poté sentire il calore delle sue dita sulla guancia.
Chiuse gli occhi: quanto desiderava che lo facesse, desiderava il tocco di quelle dita più dell’aria che respirava.
Per un attimo si abbandonò a questo sogno impossibile, un istante infinito nel quale quella mano così vicina le aveva fatto dimenticare la sua maledizione, ma fu solo un istante, poi la maga arretrò di scatto e fissò l’uomo che aveva di fronte con rabbia.
“Severus, sai che non è possibile, perché vuoi torturare entrambi in questo modo? Se mi ami, non avvicinarti. Perché ti rifiuti di sperare? Come puoi essere sicuro che lui vincerà?”
Il mago bruno abbassò lo sguardo.
“Lo so! Checché ne dicano, veggenti strampalate o presunti profeti. Lui non cadrà.”
Scoppiò in una risata isterica, allargando le braccia in un gesto di rassegnazione e lasciando scivolare a terra il mantello.
“Un mago non ancora nato, Iris, sono queste le nostre speranze? Il mago potente che dovrebbe sconfiggere il Signore Oscuro, non è neanche nato.”
Iris continuava a guardarlo con un misto di terrore e stupore negli occhi.
“Quante possibilità abbiamo di sopravvivere? Un neonato...” Si portò le mani nei capelli continuando a ridere, una risata dolorosa, mentre rivoli salati di lacrime presero a scivolare sulle sue guance. “... quando sarà in grado di combattere? Quando, Iris? Fra vent'anni? Cosa resterà del nostro mondo, fra vent'anni? Cosa resterà di me, di noi, fra vent'anni? Vuoi che continui ad uccidere, sperando che un giorno tutto venga cancellato e noi potremo vivere insieme? E' questa la tua speranza?”
“Ora basta!” Iris, improvvisamente, puntò la bacchetta verso Piton. “E’ la febbre che ti fa parlare così. Torna a letto, Severus, non ti permetterò di fare stupidaggini, a costo di schiantarti.”
Il giovane la fissò incredulo, poi, con un profondo sospiro, lasciò cadere le braccia sui fianchi e indietreggiò appoggiandosi con la spalla alla parete.
Restò in silenzio con gli occhi chiusi per diversi secondi, poi mormorò a denti stretti.
“Scusa, hai ragione, dev’essere la febbre, domani andrà meglio, sì, domani tutto andrà a posto.” e si trascinò faticosamente su per le scale, seguito dallo sguardo di Iris, che ancora tremava all’idea che Piton potesse compiere un gesto inconsulto.




* * *




Le settimane che seguirono, Iris si occupò di lui con tanta premura e dedizione da scatenare spesso le proteste del giovane mago.
Ogni mattina, Piton, era svegliato dal delicato profumo di dolci e the bollente che galleggiavano a fianco al suo letto. Iris attendeva che finisse la colazione e poi cominciava ad armeggiare con la bacchetta per sciogliere e cambiare la fasciatura.
“Smettila di viziarmi, posso fare da solo.” brontolava puntualmente, ogni volta che lei si avvicinava col suo fare da crocerossina e un’espressione divertita dipinta sul volto.
Severus immaginava che quella situazione dovesse piacerle parecchio, sì, si divertiva a torturarlo.
Quel giorno la scena si ripeté.
“Andiamo, non protestare, lo so che ti piace essere accudito.” il sorriso della maga si allargava sempre di più. Piton la guardò torvo, a quanto pareva era diventato il suo passatempo preferito.
“Iris, Iris, ti prego posso, io…io ce la faccio da solo, smettila, così mi fai il solletico.” boccheggiò tentando di afferrare la coperta che si era sollevata da sola, mentre i pantaloni di un pigiama pulito gli svolazzavano intorno cercando di centrare i suoi piedi.
“Sei un brontolone, ma perché non riesci a goderti un po’ di riposo?” continuava a ridere, una risata cristallina, Piton pensò che non poteva esistere al mondo una musica più piacevole.
Per un attimo fissò quel volto sereno e luminoso, quanto doveva essere differente dal suo.
Nelle sue iridi nerissime si poteva leggere l’ammirazione e lo stupore di chi aveva dimenticato cosa fosse la serenità, lui era tenebra, la notte che anela alla luce del sole, senza mai poterla raggiungere.
Distolse lo sguardo.
“Cosa c’è?” Iris si era accorta che qualcosa aveva turbato il giovane mago: aveva smesso improvvisamente di borbottare e si era incupito.
“Nulla, non preoccuparti.” cercò di rassicurarla, ma continuò a fissare il vuoto di fronte a sé.
“Severus, guardami, io non sono sul lampadario.” disse, e sollevò gli occhi seguendo la traiettoria dello sguardo di lui.
Piton chiuse gli occhi e un profondo sospiro uscì dalle sue labbra.
“Non è successo niente, ti prego lascia che io finisca di vestirmi… da solo.” sottolineò particolarmente le ultime parole.
“Sono guarito, ti assicuro che sto bene.” continuò, notando l’espressione contrariata di Iris.
“D’accordo!” mormorò lei, mentre, volgendogli le spalle, si avviava stizzita verso la porta della stanza. “Iris!” la voce del mago la bloccò proprio mentre si accingeva ad afferrare la maniglia.
“Ora sto bene, davvero. Se vuoi possiamo uscire, ti va di fare una visita alla vecchia quercia?”
La strega si voltò sorridendo, non disse niente, ma la sua espressione fu più che eloquente, Severus annuì.
Dopo pochi minuti, il mago la raggiunse al piano di sotto, vestito e pronto per la gita in collina.
“Andiamo?” disse, incrociando le braccia, con fare impaziente.
Iris lo guardò stupita, poi infilò velocemente alcuni sandwitch in una borsa e si avvicinò all’altro fissando il suo naso prominente dal basso della sua statura.
“Ma certo, sono pronta a seguire questo grande nasone anche in capo al mondo.” lo canzonò.
Severus si limitò a un debole grugnito, poi entrambi si Smaterializzarono.




Continua…




 
Top
Natalie_S
view post Posted on 21/3/2011, 11:25




Oh Lucius! Che carino!
Ok, non è carino, è una merdaccia, ha pure giurato di ucciderlo... però è così deliziosamente ambiguo! ^_^
In effetti non ce lo vedo proprio Lucius che scalda amorevolmente le manine fredde di Piton! Ahha, che strana immagine!
Comunque povera Iris, questa situazione è davvero frustrante... e va già bene che ha la bacchetta, altrimenti non potrebbe neanche accudirlo o bendarlo!
E non aiuta il fatto che so già il finale... :(
Vabè... alla prossima!
Ciaoo!!
 
Top
Astry
view post Posted on 23/3/2011, 16:33




Ma ma ma... la fanart della tua firma è geniale. Ho dovuto tradurla col traduttore per capirla, ma poi sono collassata dal ridere, eh... ridere si fa per dire, povero Severus!
Ok, mi ricompongo, si, Lucius è una merdaccia, ma a noi piace così, nevvero?
Ora, beh, tu gia lo sai, siamo arrivati al capitolo che da il titolo alla storia, quindi non aggiungo altro.


CAP. 12: Baciato dal vento



Il cielo era limpido, era una giornata magnifica, nonostante soffiasse un forte vento. L'erba alta si piegava disegnando strane figure sui fianchi della collina, mentre Hogwarts si stagliava maestoso come sempre all'orizzonte.
Iris corse fino ai margini del colle, dove questo si gettava quasi a strapiombo sprofondando nel lago nero.
Senza distogliere lo sguardo dal magnifico paesaggio, si afferrò con una mano i capelli strappandoli all'irruenza del vento.
Sorrise, il lago era davvero magico quando il respiro della natura ne increspava le acque scure, rendendolo simile ad una distesa di piccole schegge d'argento.
Si sedette sull'erba, imitata da Severus, e cominciò a sistemare su una piccola tovaglia il loro pranzo, cercando di fissare i lembi della stoffa con dei pesi, in modo che il vento non la sollevasse. Severus la osservava, mentre cercava di districarsi dai capelli che continuavano a svolazzare davanti ai suoi occhi intralciandola nel suo minuzioso lavoro.
Alla fine Iris sbuffò spazientita e, puntandosi la bacchetta alla testa, pronunciò un incantesimo. Immediatamente i capelli nerissimi si sistemarono in una serie di piccole trecce tenute ferme sulla nuca da un fermaglio d'argento.
“No, non così, ti prego, lasciali sciolti.” intervenne il mago.
“Ma, Severus, non riesco a combinare niente con i capelli negli occhi.” protestò.
Severus scosse semplicemente il capo, mentre le sue labbra si piegavano dolcemente, afferrò la bacchetta e la puntò verso la maga.
Prese a muovere la piccola asticella magica disegnando nell'aria lo stesso intricato gioco dei capelli della sua Iris e questi iniziarono lentamente a seguire i movimenti della sua mano, le ciocche scivolarono l'una sull'altra fino a sciogliersi completamente divenendo nuovamente preda di quel vento impetuoso.
“Così va meglio,” sussurrò. “Finisco di sistemare io qui.”
La giornata trascorse velocemente. Dopo aver mangiato, entrambi si sdraiarono sull'erba. Parlarono per ore, finché Iris si accorse che il suo Severus cominciava a partecipare sempre meno ai suoi discorsi, rispondeva appena, mormorando un sì o un no ogni tanto, finché addirittura non si limitò a qualche piccolo cenno del capo.
La maga si sollevò mettendosi seduta, guardò il volto magro del giovane: Severus si era improvvisamente incupito, gli occhi persi in qualche oscuro pensiero.
Non si era neppure accorto che lei aveva smesso di parlare e lo fissava spaventata.
“Ti senti bene?” mormorò con un filo di voce.
“Sì, non preoccuparti.” Si voltò lentamente su un fianco, il viso si contrasse impercettibilmente: la schiena gli doleva ancora, ma cercò di non darlo a vedere.
Il suo sguardo si posò sulla mano di lei, una mano piccola e bianchissima, sprofondata quasi completamente tra i fili d'erba. Allungò il braccio e, senza parlare, prese a giocare con l'erba che si insinuava fra quelle esili dita.
Iris non si mosse, fissò con apprensione la mano del mago che si muoveva così pericolosamente vicina alla sua. Trattenne il respiro, quando, con l'indice, il giovane iniziò a seguire il contorno delle sue dita come se volesse disegnarne la sagoma sul terreno umido.
“Severus, ti prego smettila.” mormorò con la voce tremante.
Il mago sorrise, ma continuò il suo gioco.
“Severus basta così!” Iris si alzò di scatto. “Vieni, camminiamo un po'.” disse allontanandosi da lui, senza accorgersi che, al suo gesto, la mano del giovane si era chiusa sull'erba strappandola con rabbia dal terreno.
Il mago si alzò e la raggiunse, il volto irrigidito, sembrava aver perso la capacità di provare una qualunque emozione. Senza parlare adattò semplicemente il suo passo a quello di lei, e continuò a camminare al suo fianco.
Iris fissò lo sguardo davanti a sé, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi in quel momento, lui sembrava voler fare altrettanto.
Camminarono per diversi minuti, verso un sole ormai morente, fra loro solo un doloroso silenzio.
Poi, improvvisamente, Iris si accorse che il mago non era più al suo fianco, si voltò e sentì il suo cuore perdere un battito: Severus era rimasto indietro, era immobile e la fissava incantato.
Sembrava sul punto di esplodere. Certamente avrebbe fatto qualche sciocchezza. Lo vide stringere gli occhi come se il solo guardarla gli procurasse dolore.
Ogni volta che sentiva i suoi profondi occhi neri posarsi su di lei, sapeva che il cuore del giovane gridava di desiderio: non poterla neppure sfiorare stava diventando una tortura insopportabile.
Sempre più spesso lo vedeva chiudere gli occhi in sua presenza, come se, rifugiarsi nel buio, potesse affievolire la sua bramosia.
Iris si avvicinò lentamente, scrutò in silenzio quel viso pallido e spigoloso, indurito nel vano tentativo di difendersi dall’amore, vide le lacrime sgorgare faticosamente dalle palpebre serrate e segnare le sue guance.
Non ce la faceva a vederlo così, sapeva ciò che stava provando in quel momento: lei lo desiderava con altrettanta forza.
“Severus!”
Il mago sussultò: non l’aveva sentita avvicinarsi.
Aprì gli occhi e la fissò. Il suo sguardo era vuoto.
Per un istante Iris vide un’ombra di follia velare quegli occhi ed ebbe l’impressione che lui stesse per afferrarla: un gesto disperato.
L’immagine dell’uomo che amava che si contorceva sul pavimento come suo padre, apparve nella sua mente e la maga indietreggiò terrorizzata, ma Severus non si era mosso, sembrava quasi assente.
Improvvisamente parlò, con una voce fredda che la fece rabbrividire.
“Voglio amarti ora.”
Lei scosse il capo sbigottita, si sentì gelare il sangue.
Prese a tremare vistosamente. “Severus, mi fai paura, ti prego, tu non sai quello che dici, non ricordi quello che è successo a mio padre?”
Ma lui sembrava non ascoltare.
“Voglio fare l’amore con te, io ti amo.” disse semplicemente. “Ti amo più della mia vita stessa, ti prego, voglio donartela, se devo morire per averti non m’importa.”
“No, no, non è così che deve andare, la causa di tutto questo dolore è Voldemort, lui cadrà e solo allora noi saremo liberi, Severus, amore mio, ti prego, non voglio che ti lasci andare, devi lottare. Combatteremo insieme per questo amore, noi vinceremo, Severus, e saremo liberi di amarci per il resto della vita. Io voglio questo, Voldemort non ce lo toglierà.”
Si avvicinò al mago, prima con un po’ di timore, sperando che lui non compisse un gesto folle.
Quando vide il volto del suo Severus rilassarsi, sorrise e si avvicinò ancora sollevandosi sulla punta dei piedi fino quasi a sfiorare le labbra del mago con le sue.
“Però…” sussurrò fissando lo sguardo carico di desiderio del suo uomo. “… posso darti qualcosa che addolcirà l’attesa.”
Lui dischiuse le labbra come per parlare, ma lei lo bloccò avvicinando la mano alla sua bocca.
“Chiudi gli occhi,” disse. “Ora ascolta il vento.”
Il mago fece come lei gli aveva chiesto.
Improvvisamente una melodia struggente e dolcissima lo invase, la voce di Iris sembrava galleggiare nella leggera brezza che come dita delicate accarezzava il suo viso.

Intorno all’idol mio*
Spirate pur spirate
Aure soavi e grate


Severus sentì il leggero tocco del vento farsi sempre più audace, una piacevole sensazione di calore lo avvolse come un abbraccio.

E nelle guance elette
Baciatelo per me
Cortesi aurette


Per un istante ebbe l’impressione che il vento fosse diventato corporeo, si lasciò carezzare da quelle dita impalpabili provando un brivido di piacere.
Sentì le labbra di Iris sfiorare le sue, sentì il calore del suo respiro sulla sua bocca; era qualcosa di incredibile e stupendo.
Il giovane mago si portò le mani sul viso cercando quello di lei, ma non vi trovò che l’aria.
“Iris!” la sua voce era rotta dall’emozione.
“Tieni gli occhi chiusi.” sussurrò la maga e poi riprese il canto.

Al mio ben che riposa
Sull’ali della quiete,
grati sogni assistete
e il mio racchiuso ardore
svelategli per me


“E’ bellissima” mormorò Severus senza aprire gli occhi. “Che cos’è?”
“E’ un’antica aria babbana.” rivelò maliziosa.
Severus ebbe l’impressione che il suo corpo non avesse peso, era lì, in piedi, con addosso la sua pesante tunica nera, eppure l’unica cosa che sentiva era il tocco delle mani di lei.
A quale incredibile magia stava assistendo? Avrebbe voluto abbracciarla, sentiva la sua presenza, sentiva il suo corpo, ma non era solido, non riusciva ad afferrarlo, eppure era una sensazione così forte, sembrava reale, era reale.
Non era solo il vento, era una donna, era la sua Iris. Poteva sentire perfino i battiti del suo cuore, il pulsare del sangue nelle sue vene, il ritmo lento del suo respiro, i suoi baci.
Iris, lo guardò, l’espressione stupita di Severus le strappò un sorriso.
“Non cercare di capire, Severus, abbandonati.” sussurrò.
Completamente inebriato il giovane mago allargò le braccia e si offrì al vento, credette di diventare egli stesso aria, la stessa che ora accarezzava la sua Iris, si insinuava tra i suoi capelli e sfiorava la sua bocca, percorrendo poi ogni centimetro della sua pelle, scivolando delicatamente sul suo corpo caldo, fino a diventare parte di lei.
Le labbra socchiuse tremavano leggermente e lacrime di gioia presero scivolare lentamente sul volto pallido del mago, mentre assaporava quella sensazione meravigliosa.
“Ti amo!” disse con un filo di voce, come se temesse di rompere quell’incanto.
Era felice, forse per la prima volta nella sua vita.
Sentiva di non meritare un simile dono, ma non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo, aveva bisogno di quell’amore, ne aveva bisogno come l’aria che respirava.
Il mago ascoltò i battiti del suo cuore: era una piacevole musica, una musica gioiosa che parlava di sogni e di felicità.
Non aveva mai ascoltato quelle pulsazioni, aveva sempre cercato di soffocarle e zittirle: per lui erano state unicamente indice di paura e disperazione.
Aveva reso muto il suo cuore, così come aveva imbavagliato la sua coscienza, perché non gridasse con la voce delle sue vittime.
Ora quel silenzio si era definitivamente spezzato, ma, con suo grande stupore, non ci furono solo grida e disperazione, ma anche speranza, come se, di fronte all’amore, anche i suoi fantasmi potessero finalmente trovare pace.
Grazie ad Iris quel petto, che lui aveva reso freddo e silenzioso, aveva ripreso a cantare e a vivere.
Il mago sapeva che per quell’amore avrebbe pagato un alto prezzo: un cuore vivo è anche un cuore capace di sanguinare. Tuttavia, ora ne era certo, era quello che voleva.
Il destino aveva saputo davvero prendersi gioco di lui: il giorno in cui aveva conosciuto la sua Iris, era stato il giorno più brutto della sua giovane vita.
Aveva imparato ad uccidere, aveva imbrattato la sua anima col sangue di un innocente. Eppure, quello stesso giorno, grazie a lei aveva cominciato a scoprire il valore della vita, di quella che aveva stroncato e anche della sua, una vita che aveva gettato via per assecondare i sogni di gloria di un pazzo assassino.
Altro sangue avrebbe sporcato le sue mani dopo quel giorno, molto altro.
L’amore di Iris l’avrebbe sempre sostenuto, nello stesso tempo, però, avrebbe alimentato i suoi rimorsi.
Lei aveva pian piano risvegliato il suo cuore, un cuore che non sapeva darsi pace.
Una tortura, la sua, alla quale però non voleva rinunciare.
Avrebbe potuto nuovamente mettere a tacere quel cuore, e i suoi sentimenti, ma, insieme al dolore, avrebbe cancellato anche l’amore di Iris, e questo non poteva, non voleva farlo.
Il mago aprì gli occhi, Iris era di fronte a lui, anche lei con le braccia aperte e la testa all’indietro, completamente abbandonata all’abbraccio del vento. I capelli disegnavano intricati merletti intrecciandosi in una leggiadra danza.
Severus fissò quella figura che si stagliava contro il sole morente, colorandosi di fuoco, si sentì bruciare da quel fuoco, si sentì vivo.
Ora più che mai era deciso a combattere per riavere ciò che Voldemort gli aveva portato via.
Avrebbe lottato, per avere quell’amore, avrebbe affrontato Voldemort, avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per fermare quell’assassino e l’amore sarebbe stato la sua forza.
Si portò la mano al petto e prese a stringere la ruvida stoffa della tunica tra le dita, quel battito frenetico ed eccitato era quasi doloroso.
Sorrise: mai dolore era stato così piacevole.
Provò a regolare il respiro, senza distogliere lo sguardo dalla sua Iris: era bellissima immersa in quella luce. Una fiamma che ardeva solo per lui, specchiandosi nei suoi limpidi occhi neri e riscaldando il suo cuore.
“Grazie!” mormorò, mentre le lacrime continuavano a scivolare sulle sue guance.
Il mago non tentò nemmeno di fermarle: aveva bisogno di quelle lacrime. Come un fiume in piena stavano trascinando con sé il dolore, lavando e lenendo le ferite della sua anima.




Continua…







*L'aria antica “intorno all'idol mio” è tratta dall'opera “Orontea” di Marco Antonio Cesti


 
Top
Natalie_S
view post Posted on 24/3/2011, 12:34




Oh, Pityy!
Croce e delizia tutto assieme, nella più classica tradizione barocca!

Il mago sapeva che per quell’amore avrebbe pagato un alto prezzo: un cuore vivo è anche un cuore capace di sanguinare.

E te pareva che non potevi fargli un regalo senza conseguenze, vero?;)

Comunque questa scena è molto toccante e anche originale (in quasi tutte le fan fiction ci sarebbe stata una scena d'ammore, ma qui no ed è una piacevole variante... be' almeno per il lettore. Non per il povero Piton, immagino).
Ma a noi ci piace così... a proposito, anche io ho trovato tragicomica l'immagine che mi sono messa nella firma! E' così vera! Quell'"Assholes!" era assolutamente meritato! <_<
Ciao, alla prossima!!


 
Top
Astry
view post Posted on 31/3/2011, 19:26




Volutamente non c'è stata la scena d'ammore, era la condizione che ho messo per scrivere questa storia. Eheheh! Ho accontentato chi voleva vedere il mio Piton innamorato di una donna, ma avevo detto che una scena d'amore non l'avrei mai scritta. Ovviamente dovevo dargli una buona ragione a Piton per amare qualcuno senza mai ...

CAP. 13: Tra le spire del serpente



Il mago strinse gli occhi, infastidito dal fumo, quel sotterraneo ne era saturo e un odore sgradevole si spandeva dal calderone al centro della stanza.
Lucius Malfoy era in piedi sulla soglia e si guardava intorno; tutto era immerso nella più tetra oscurità, l'unica fonte di luce era la fiamma sotto la Pozione.
“Chiudi quella porta!” ringhiò una voce che sembrò uscire dal nulla.
Il mago biondo fece qualche passo avanti e lo vide: Severus Piton era intento a versare del liquido scuro in quella malga maleodorante.
Sollevò appena gli occhi dal calderone.
“La luce altera la Pozione,” disse secco. “Cosa vuoi?”
Malfoy si avvicinò ulteriormente, senza dire una parola, osservò il liquido di un color rosso acceso che gorgogliava come lava fusa in quel grosso pentolone di peltro, arricciò le labbra in una smorfia di disgusto, poi, con fare altezzoso, afferrò un fazzoletto di pizzo e se lo portò a coprirsi il naso.
“Sono due giorni che te ne stai chiuso in questo posto fetido, ho immaginato di doverti mettere al corrente delle ultime novità.” disse, mentre un sorriso sghembo si disegnava sul suo viso.
Severus lo fissò infastidito.
“Lucius, come puoi vedere sono molto occupato, se hai da dirmi qualcosa, fallo e poi vattene.”
“Sei decisamente di cattivo umore, oggi. Io ero venuto per fare un po' di conversazione, pensavo che ti facesse piacere.”
Il mago bruno gli lanciò un'occhiata infuocata.
“Va, bene, d’accordo, vedo che non hai voglia di socializzare.” disse agitando una mano davanti a sé come a voler tranquillizzare l'altro. “In effetti ero venuto per sapere se avevi visto i Potter ultimamente.”
Quel cognome destò l'attenzione di Severus, che si bloccò col mestolo a mezz'aria e, pur continuando a tenere gli occhi sulla Pozione, improvvisamente sembrò rapito da tutt'altra visione, le sue iridi nerissime parevano fissare qualcosa al di là del metallo rovente, qualcosa di lontano.
“Perché avrei dovuto incontrare i Potter?” disse pensieroso.
“Magari per felicitarti con la tua amichetta dai capelli rossi.”
Severus sollevò di scatto la testa.
“Non so di cosa stai parlando, Lucius,” soffiò fissando l'altro, gli occhi ridotti a due fessure. “Sai bene che Lily non è amica mia.”
poi, tornando a mescolare il denso liquido scarlatto:
“Ora, se non ti dispiace, ho del lavoro da fare.”
Le labbra del mago biondo si allargarono in un sorriso cattivo, quando la consapevolezza si fece strada nella sua mente.
“Allora, davvero non lo sai.”
“Cosa dovrei sapere?”
Malfoy non rispose immediatamente, ma, per qualche istante lo osservò in silenzio, quasi assaporando, secondo dopo secondo, l'accrescersi del desiderio di sapere che stava provocando nell'amico.
“A quanto pare James Potter è diventato padre.” ghignò.
Severus fece un gesto di stizza.
“Questa sarebbe una notizia importante?” afferrò una piccola ampolla e prese a versarne il contenuto, nel calderone, una goccia alla volta, contando sottovoce.
“No, c'è di più, sembra che questa nascita, abbia destato particolarmente l'interesse del Signore Oscuro.”
“Da quando, il Signore Oscuro si interessa...”
Non finì la domanda, le parole gli morirono in gola, mentre il braccio che stava versando il liquido dell'ampolla tremò vistosamente e una grossa quantità di quella sostanza oleosa si riversò nel calderone.
“AAAAAH!”
Spruzzi di liquido bollente erano finiti sulla sua mano, il mago lasciò cadere l'ampolla e si avvolse le dita con un lembo della tunica, imprecando. Poi tornò a guardare Malfoy che sembrava divertito dalla situazione: continuava a fissarlo sorridendo da dietro il fazzoletto che teneva ancora premuto sul viso.
“Quando è nato, quando?” chiese, forse con troppa impazienza, della quale si pentì immediatamente e cercò di ritrovare, per quanto possibile, il suo solito atteggiamento distaccato.
Malfoy, fece una smorfia .
“Ieri, per quel che so.”
“All'estinguersi del settimo mese.” mormorò fra sé il mago bruno, poi si rivolse nuovamente all'amico cercando di mantenere un tono di voce pacato, anche se il timore di ciò che avrebbe sentito gli stava facendo scoppiare il cuore nel petto.
“Lily non sarà l’unica strega ad aver avuto un bambino, perché proprio suo figlio?”
“In realtà non c'è stata una grande attività delle cicogne in questo periodo.” rise. “Comunque sarà il figlio dei Potter a godere dei favori del nostro Signore, sul perché,” sollevò le spalle. “Non so risponderti.”
Si avvicinò all'altro chinandosi ad osservare la mano che il mago stringeva avvolta nella stoffa, l'afferrò per il polso sollevandola per poterla vedere meglio in quella fioca luce: sul dorso, la Pozione aveva provocato una brutta ustione.
“Dovresti concentrarti di più sul tuo lavoro, Severus, o rischierai di farti male sul serio.” lo schernì.
Il mago bruno ritirò la mano con uno scatto e la nascose nuovamente tra le pieghe della tunica, regalando all'altro una delle sue peggiori occhiate.
Senza farci troppo caso, Lucius continuò.
“Cosa stavo dicendo? Ah, sì, il piccolo Potter. E' da diverso tempo che Lui ci ha chiesto di tenerlo informato sulle nuove nascite, credo che sia per qualcosa che gli hai riferito tu, dovresti saperlo meglio di me. Comunque, sembra che il moccioso della mezzosangue sia quello che maggiormente risponde a certi criteri. Tu sai di che si tratta, Severus?”
“No!” disse secco.
Malfoy lo fissò scettico, ma l'altro continuò, con un tono di falsa cortesia.
“Bene, ora che mi hai aggiornato riguardo all'incremento demografico del mondo magico, Lucius, ti sarei grato se mi lasciassi proseguire con il mio lavoro, come vedi,” il suo sguardo indicò la Pozione che aveva assunto un disgustoso color verde marcio.
“L'incidente di poco fa ha vanificato il lavoro di due giorni, avrò parecchio da fare per rimediare e consegnare in tempo la Pozione al Signore Oscuro.”
Gli voltò le spalle e prese svuotare il calderone.
Il mago biondo decise che era inutile proseguire, non era affatto interessante conversare con la nuca di Piton. Si voltò facendo ondeggiare l'elegante mantello e infilò la porticina stretta che immetteva in quel luogo lugubre e maleodorante chiudendosela alle spalle con un tonfo.
Severus si voltò verso la porta, restò ad ascoltare per qualche secondo i passi dell'altro che si allontanavano.
Quando fu certo di essere rimasto solo, si voltò nuovamente verso la Pozione, il volto deformato da una furia cieca. Afferrò con entrambe le mani la pesante caldaia rovente e la scaraventò a terra insieme a ciò che restava della Pozione che prese a sfrigolare sparsa sul pavimento.
“No, no, no!” mormorò. “Ti prego, ti prego, questo no!” strinse i pugni, gli occhi spalancati e fissi sul calderone capovolto e sulla melma verdastra che continuava a fumare emanando un fetore disgustoso.
“Non è colpa mia, non posso essere stato io.”
Il vapore gli stava irritando gli occhi, ma Severus non li chiuse: avrebbe voluto piangere come un bambino, aveva bisogno di lacrime, di stupide ed inutili lacrime.
Lasciò che il fumo strappasse ai suoi occhi quello che lui non gli avrebbe mai concesso.
Se solo quelle piccole gocce salate avessero potuto lavare quell'ennesima macchia sulla sua coscienza.
Un errore, solo un errore, aveva sottovalutato la situazione, aveva messo in pericolo un bambino innocente e l’unica persona che gli avesse mai dimostrato un po’ di gentilezza: Lily Evans.
Non credeva affatto alle parole di quella donna, neppure Silente sembrava aver creduto a quell’assurda profezia, ma, il fatto che il Signore Oscuro la ritenesse vera, era sufficiente per condannare a morte un’intera famiglia.
Quante possibilità c’erano che un bambino nascesse proprio il giorno previsto da quella pazza? Quante le probabilità che un qualsiasi mago con certe caratteristiche, nascesse proprio quel maledetto trentuno Luglio? Era assurdo morire per una coincidenza.
“Io non volevo, io non sapevo, come potevo immaginare...” scosse il capo e si Smaterializzò.




* * *




Quando riapparve poco dopo, si trovava all'aperto circondato da alberi secolari che si innalzavano fino a svanire nella nebbia. L'intrico dei rami era così fitto da formare un unico soffitto scuro, simile alla volta di una cattedrale gotica.
Prese a correre, incurante dei rovi che gli strappavano i capelli. Teneva le mani protese in avanti cercando, per quanto possibile, di riparare il viso dai rami più bassi.
Non sapeva dove stava correndo, non gli importava.
In realtà avrebbe voluto solo fuggire da se stesso, avrebbe desiderato perdersi in quella foresta, dimenticare quello che aveva appena saputo, dimenticare di aver consegnato nelle mani del Signore Oscuro la vita di tre persone.
Se solo la foresta l'avesse inghiottito, cancellando con lui anche i suoi errori.
Improvvisamente il suo piede urtò contro qualcosa e il giovane si ritrovò con la faccia a terra: aveva inciampato su una radice scoperta.
Si mise seduto con la schiena appoggiata ad un gigantesco albero.
C’erano parecchie radici che fuoriuscivano dalla terra, s’intrecciavano formando una trama complicata.
Severus si fermò ad osservarle, sembravano grossi serpenti che si sollevavano maestosi per poi rituffarsi nella terra umida e scura. Si facevano più fitti e robusti, nella zona che era più vicina al fusto e, allontanandosi, si dipanavano simili ad orrendi tentacoli, scivolando l'uno sull'altro, fino ad incontrare un altro albero e altre radici alle quali avrebbero conteso il terreno.
Il giovane si sollevò la manica della tunica, lo stesso intricato disegno era impresso nella sua pelle, un serpente fuoriusciva dalla bocca di un teschio e poi si avvolgeva intorno allo stesso come in un macabro abbraccio.
Il Marchio Nero, simbolo della sua schiavitù, sembrava prendersi gioco di lui.
Quell'orrendo serpente non era più solo un segno sulla sua carne, pareva aver preso vita in quelle radici, ma quel paesaggio evocava molto di più.
Il mago si portò le gambe al petto ritirandosi in un piccolo spazio fra quei mostri di legno.
Le radici formavano come un anello intorno a lui, ed erano insieme una protezione e una gabbia, quella nella quale si era rinchiuso con le sue stesse mani, circa un anno prima.
Il ricordo di quando, inginocchiato al centro del cerchio, aveva ricevuto il suo Marchio era ancora vivido nella sua mente.
Quel dannato giorno, orgoglio, paura, dolore erano divenuti tutt’uno.
Lui, giovane Mangiamorte, se ne stava rigido sulle ginocchia, con la sua maschera lucida sul viso a nascondere il più piccolo segno di esitazione. Un manto nero e un volto d’argento a cancellare per sempre il ragazzo che era in lui.
Voldemort non l’aveva neppure guardato negli occhi, era in piedi di fronte al suo servo, uno dei tanti. Aveva sollevato le braccia con fare solenne e una nebbia verde si era sollevata dal pavimento, mischiandosi al fumo delle torce.
Ricordò di aver avuto paura quando serpenti di vapore avevano cominciato a sgorgare da quella nuvola verde. Si muovevano sinuosi nell’aria intorno a lui, lo avevano circondato come in un vortice, poi una forza sconosciuta lo aveva costretto a protendere il braccio.
Gli occhi rossi di uno di quei rettili orrendi lo avevano fissato per un istante.
Impalpabile e nello stesso tempo terribilmente reale, il serpente si era sollevato fronteggiando il giovane inginocchiato.
Aveva iniziato ad ondeggiare, come un cobra prima di aggredire la sua preda, Severus aveva stretto gli occhi: quell’essere emanava una luce verde accecante, mentre il suo corpo assumeva la consistenza del metallo fuso, rendendo l’aria rovente ed irrespirabile.
Poi, come un vero serpente, aveva spalancato la bocca e, gettatosi su di lui, aveva affondato i suoi denti simili a sottili lingue di fuoco nella carne bianchissima del giovane Mangiamorte.
Probabilmente in quel momento aveva gridato, ricordava solo un grande dolore.
Il serpente era sparito immediatamente insieme alla nebbia; forse non c’era mai stato, forse quella era solo una manifestazione del male, una delle sue tante facce, l’aspetto visibile, spettacolare, di qualcosa di più subdolo, che ora era dentro di lui e che lo avrebbe consumato rendendolo schiavo dei suoi stessi errori.
Alla fine era rimasto solo. Sdraiato e fradicio di sudore, si afferrava il braccio sinistro ansimando.
Voldemort era sparito, i Mangiamorte non c’erano più, nessun serpente, niente.
Ciò che gli restava era solo la sensazione di aver perso qualcosa di prezioso, mentre l’oscurità si impossessava della sua anima.
Il Marchio era diventato completamente visibile solo dopo alcuni minuti, sembrava essere uscito dall’interno del suo corpo, come la manifestazione di un morbo, che aveva infettato il suo sangue.
“Che devo fare?” mormorò fissando il legno ricurvo, così simile a quel serpente di fuoco, che aveva spazzato via la sua innocenza. “Cos'altro vuoi da me, maledetto mostro. Devo ucciderli con le mie mani, forse così sarai soddisfatto? Ma in fondo è come se l'avessi fatto, non è così? Io non ti obbedirò più, puoi uccidermi, non m'importa, non m'importa più, non voglio ciò che mi hai dato.” afferrò una pietra appuntita e si colpì il braccio.
“Riprenditelo, Severus Piton non sarà più uno schiavo.” gridò.




Continua…







 
Top
Natalie_S
view post Posted on 1/4/2011, 08:41




Ciao!
La cosa che mi è piaciuta di più di questo capitolo è sicuramente la descrizione di quando Piton ha ricevuto il marchio nero.
Bellissima l'immagine dei serpenti di vapore che circondano i neo-Mangiamorte e lo mordono per marchiarlo! Insomma, è una figata!
(note to self: i Mangiamorte sono cattivi. Cattivi! Essere marchiati è una cosa brutta, ricordatelo!)
Scusa, ma non riesco a fare a meno di percepire il fascino dark della cosa! :)

Anche Lucius è sempre affascinante e ambiguo come al solito, mi è piaciuto il loro scambio di battute e la prova di autocontrollo di Pity!

Ciao, a presto!!
 
Top
¬ J è
view post Posted on 4/4/2011, 00:52




Ah! Mi son persa un bel po' di aggiornamenti! D:
Ti lascio il commento su quelli che ho letto, visto che sono lenta e non so quanto mi ci vorrà per rimettermi in pari!
Caspita, mi è venuto un colpo! Sia quando c'era la sosia di Iris, ma soprattutto quando Lucius ha quasi ammazzato Severus!! Speriamo che rinsavisca Malfoy senior che per quanto fico possa essere (e lo è XD) è proprio un bel bastardo... E questo anche nei libri U__U
Infatti mi ha traumatizzato, ma non stupito il suo atteggiamento... Forse prima della caduta di lord Voldemort era davvero un tirapiedi come si deve... Insomma ce lo vedo!
Ora mi accingo a leggere il resto XD Comunque no, non mi hai uccisa con il capitolo della finta Iris, ma già so che non è finita qui XD
Complimentoni davvero!
 
Top
41 replies since 14/2/2011, 13:37   465 views
  Share