CITAZIONE (» romi; @ 22/1/2011, 16:33)
Mio splendido eroe Paciock! *gli salta addosso*
Eheheh!
CITAZIONE (arcady @ 22/1/2011, 17:51)
Questo è stato il capitolo più bello di tutti finora, a mio avviso!
Il signore oscuro, in fondo, è "il signore del male" per antonomasia in quanto rappresenta una metafora dello stesso.
Questo lo spieghi ancora meglio in questo capitolo, facendo capire che non è tanto la figura del mostro senza naso (scusate, io lo chiamo così,sarò senza fantasia ma vabeh..) che dobbiamo temere ma il male in genere, che può nascere anche dentro di noi. Noi che magari siamo impegnati ad essere guardinghi per non trovarci al cospetto di chi ci fa paura e non ci guardiamo dentro , perdendo così la possibilità di salvarci da noi stessi.
Davvero una lettura interessante del capitolo. In effetti, sì, la mia idea era proprio quella: la magia oscura ha trasformato Voldemort nel mostro che era, e la stessa magia può contaminare chiunque rendendolo come Voldemort, o trasformandolo in Voldemort… ma non dico altro…
Cap 7 Due Pozionisti per un calderone
La pozione gorgogliava e sbuffava in maniera tutt’altro che rassicurante. Neville dovette ricorrere a tutto il suo coraggio Grifondoro, per costringersi ad affondare il mestolo in quella bocca infernale.
Nonostante i fumi che fuoriuscivano dal calderone, l’uomo aveva gli occhi fissi e spalancati all’inverosimile, tanto che le lacrime, superando la debole barriera delle ciglia, presero a scivolare sulle guance, mentre Neville sembrava addirittura non accorgersene.
Aveva l’impressione che il solo movimento delle palpebre potesse distrarlo dalla sua impresa: non sentiva il calore sul viso, come non sentiva quei piccoli rivoli salati che gli segnavano il volto tirato. Era così teso che, quando Piton parlò, ebbe un sussulto, e per poco il mestolo non sfuggì alla presa.
“Se le sue mani non smetteranno di tremare, Signor Paciock, quella Pozione diverrà una poltiglia grumosa.” sibilò il preside che, intanto, si era sollevato appoggiando la schiena al muro. Le corde evocate da Paciock lo stringevano, ma non eccessivamente, e, da quella posizione, era in grado di controllare meglio il lavoro del suo collega.
Gli occhi attenti seguirono la mano dell’involontario pozionista, quasi sforzandosi per assecondarne il movimento circolare.
Anche il volto di Severus era irrigidito dalla tensione. La mascella contratta, il respiro spezzato. Era così concentrato che per un attimo riuscì persino a dimenticare il dolore al braccio.
Neville continuava a mescolare la Pozione, con lentezza, come lui si era raccomandato. La mistura era piuttosto densa e questo rendeva la cosa abbastanza faticosa.
Severus lo sapeva. Sarebbe stato necessario inclinare maggiormente il mestolo, così da vincere con più facilità la resistenza della sostanza, ma Paciock era già abbastanza agitato e, ad ogni nuova indicazione da parte sua, il tremore delle sue mani sembrava aumentare.
Piton si morse il labbro: era arrivato il momento di aggiungere un nuovo ingrediente.
Era un passaggio delicato perché bisognava introdurre una radice, che lui aveva già sminuzzato e dosato, ma bisognava farlo lasciandola scivolare con delicatezza nel filtro bollente, evitando di sollevare spruzzi di pozione.
Con la voce affaticata, ma ferma, spiegò il procedimento a Paciock, cercando di non allarmarlo troppo.
Dal momento in cui aveva preso il mestolo in mano, Neville sembrava essere improvvisamente ritornato all’infanzia. Di fronte a Piton, non c’era più un uomo adulto, un insegnante, ma lo studente impacciato che faceva esplodere i calderoni alle sue lezioni.
Purtroppo stavolta non era alle prese con un innocuo compito scolastico. Se la pozione fosse fuoriuscita dal calderone toccando la fiamma, nessuno di loro due avrebbe più dovuto preoccuparsi del ritorno di Voldemort, dato che sarebbero morti entrambi.
Paciock, per fortuna, eseguì il suo compito alla perfezione e d’istinto si voltò verso Piton con un sorriso soddisfatto stampato sul viso.
Severus annuì appena.
“Bene, signor Paciock, ha superato brillantemente questa fase della preparazione, ora bisognerà…” la voce si spezzò e il volto del mago si contrasse in una smorfia di dolore, mentre il suo corpo si contorceva con violenza, trattenuto dalle corde magiche.
Neville scattò verso di lui, e lo afferrò per le spalle, impedendogli di sbattere con violenza la testa sulla parete.
“Professore, professor Piton, mi sente? La smetta!” Urlò all’uomo che continuava a dibattersi sul pavimento. “La prego, professor Piton!”
Neville cercava di trattenerlo, ma il preside era in preda a spasmi incontrollati, sembrava fosse avvolto dalle fiamme.
Paciock abbassò lo sguardo fissando inorridito il Marchio Nero: il serpente sembrava vivo. La pelle si tendeva come se l’orribile creatura si muovesse al suo interno.
Piton stringeva i pugni aggrappandosi alla stoffa del proprio mantello. Aveva gli occhi chiusi e la bocca spalancata in un grido muto.
Neville capì: Voldemort, o qualunque cosa avesse preso il controllo del preside, stava lottando per sopravvivere. Quella Pozione poteva distruggere il suo potere e questo era il suo modo di difendersi. Voleva impedire a Piton di andare avanti con la preparazione.
Aveva cominciato col prendere il controllo del suo corpo. Ed ora, attraverso il dolore, tentava di zittirlo, in modo che non potesse spiegare all’altro il procedimento da seguire.
Neville scosse il capo in preda alla disperazione.
Non poteva andare avanti da solo, Piton doveva assolutamente aiutarlo, doveva dirgli cosa fare.
Guardò il calderone: la pozione si stava gonfiando in maniera allarmante.
Anche da quella posizione riusciva a vedere le bolle in superficie. Il liquido era arrivato al bordo e presto sarebbe tracimato cadendo nel fuoco.
Tornò a posare lo sguardo sul preside. Il mago continuava a tremare, ma era come se non avesse più forza. Lo strattonò.
“Professore, mi dica che devo fare. Come vado avanti?”
Severus aprì appena gli occhi, rivolgendogli una sguardo carico di sofferenza.
“La… la fiamma… blu.” Balbettò, poi le sue parole si tramutarono in un grido straziante e l’uomo perse conoscenza.
“No, no, no, la prego!” Paciock riprese a scuoterlo. “Professore, mi parli! Che significa la fiamma blu? Come faccio a farla diventare blu?” Gridò in preda al panico.
Poi si alzò e corse verso la pozione che stava per fuoriuscire dal calderone.
Si portò le mani ai capelli, era tentato di spegnere la fiamma, ma immaginò che questo potesse rendere inservibile il filtro. Forse doveva farla diventare blu con qualche incantesimo. Scosse il capo e corse di nuovo verso l’uomo a terra, si chinò, ansimando per l’ansia.
“Non lo so, non so che fare, io… mi dispiace non…” alzò la testa e gli occhi si posarono sull’antico camino in pietra.
D’improvviso gli venne l’idea, scattò di nuovo in piedi e corse verso il focolare acceso. Raccolta una manciata di polvere magica da un vasetto posato sulla cornice, la gettò nel fuoco e si buttò in ginocchio infilando la testa dentro il camino.
“Wilkinson! Wilkinson!” Urlò con tutto il fiato che aveva “Mi risponda! Wilkinson!”
Il volto sorridente del nuovo insegnante di Pozioni comparve nel focolare.
“Neville, amico mio! Ha già stappato la bottiglia di vino elfico che le avevo mandato?”
“Venga qui, nel laboratorio di Piton. Subito!”
“Certo, certo, stavo facendo una doccia, mi rendo presentabile e arrivo.”
“Maledizione, Wilkinson, deve venire ora, venga anche nudo se crede, ma faccia in fretta!” strillò quasi isterico Paciock.
“Oh, beh, sì, se è urgente…” borbottò piuttosto contrariato.
Neville sì alzò, fece per allontanarsi, ma poi tornò a chinarsi sul focolare.
“Ah, e non perda tempo per i corridoi, Piton ha tolto la barriera Anti-Materializzazione, può…”
“Ma che diavolo succede?”
Wilkinson comparve alle spalle di Neville, facendolo sussultare.
Era intento a sistemarsi la pesante vestaglia di velluto verde e non si era neppure guardato attorno.
Neville si alzò e voltandosi di scatto lo afferrò per le spalle.
“La Pozione, deve aiutarmi, Piton sta male.” farfugliò aggrappandosi alla vestaglia del collega.
“Calma. Ehi, un momento, ma cosa le prende?” lo bloccò Estragone, afferrandogli i polsi. Poi il suo sguardo individuò il preside sdraiato in un angolo, ancora imprigionato dalle corde magiche, e il volto del mago cambiò subito espressione.
“Ma che è successo?” domandò allarmato.
Si precipitò verso il mago a terra. Gli sollevò appena la testa assicurandosi che fosse ancora vivo e poi si voltò a fissare Neville, con un’espressione mista di incredulità, paura e rabbia.
“E’ diventato matto? Ha aggredito il preside.” disse puntando la sua bacchetta su Neville.
“No, no, non è come pensa.” tentò di rassicurarlo, Paciock, agitando le braccia davanti a sé.
“E’ stato necessario, Voldemort, il Marchio…” ansimò, tentando disperatamente di trovare le parole più adatte per spiegare tutto nel minor tempo possibile. “Piton non era in sé, ho dovuto legarlo, ma, la prego, deve aiutarmi. Il preside stava preparando una pozione, io non posso portarla a termine, deve farlo lei.”
Estragone si alzò e fece qualche passo avanti. Era confuso, si guardò attorno con la bacchetta sempre puntata sull’altro. Poi si avvicinò alla Pozione e sbiancò.
“Io non conosco questa Pozione.” Guardò l’altro mago allargando le braccia. “Non ho idea di cosa sia questa roba, e non ha affatto un bell’aspetto.” Tornò a fissare la pozione, pensieroso. “Se questa cosa non smette di gonfiarsi, qui ci lasciamo le penne tutti e tre.”
Gli occhi di Neville erano spalancati, e si movevano dal calderone, all’uomo svenuto. Poi indicò il libro posato sul tavolo. “Guardi là: credo che Piton stesse seguendo le istruzioni in quella pagina.”
Estragone si avvicinò al libro, e la sua espressione divenne ancora più cupa.
“Euriale, Sanguisorba, Artemisia… e poi più nulla, la pagina è bruciata.” Scosse il capo. “E’ impossibile, non posso fare niente senza conoscere tutti gli ingredienti e le giuste dosi.” Poi tornò a guardare il calderone e immediatamente afferrò l’altro per un braccio. “Dobbiamo uscire di qui. Questa roba è pericolosa.”
“No, no, la Pozione, bisogna terminarla, bisogna fermare Voldemort.” gridò l’altro cercando di divincolarsi.
“Neville, questo è un suicidio.” Estragone cercò di farlo ragionare scuotendolo per spalle. “Aiuti il preside, e allontaniamoci. Non sono sicuro che spegnere la fiamma servirà a renderla innocua. Possiamo solo tentare di mettere più distanza possibile fra noi e quella maledetta brodaglia.”
Neville si liberò dalla presa. “La fiamma, ma certo.” urlò, ricordandosi all’improvviso delle parole di Piton. “Lui ha detto una cosa sulla fiamma, ha parlato di Fiamma blu”.
Estragone, spalancò la bocca sbalordito e, senza ribattere, si precipitò al tavolo, dove gli ingredienti erano tutti allineati. Puntò la bacchetta su una strana cosa scura che galleggiava in un piattino cupo, e la fece levitare fino a tuffarla nel calderone.
Dalla Pozione si levò una nuvola luminosa, simile ad una fiammata di colore blu.
Entrambi rimasero impietriti a guardare quello spettacolo.
Il chiarore sprigionatosi illuminò la stanza, riflettendosi nei vetri delle varie ampolle e moltiplicandosi in un caleidoscopico balletto di luci.
Estragone si rivolse a Neville, ansimando. “Poteva anche dirlo subito, professore. Mi ha quasi fatto venire un infarto.” Poi, sollevando fiero il mento lo informò: “Fiamma blu è il nome dato ad una scaglia di Drago, anzi la scaglia di una razza particolare di Drago.” gongolò soddisfatto. “Come ha potuto vedere, una volta a contatto con altri ingredienti, produce una fiammata di questo colore.”
“Quella cosa era una scaglia di Drago?” Paciock indicò il piattino con una smorfia.
“Esatto! Quella di un Grugnocorto Svedese, un Drago di un bel colore blu, l’ha mai visto, Paciock?”
“Sì, certo.” mugugnò, ripensando a quando il suo compagno di scuola Cedric lo aveva sfidato per il torneo dei tre maghi.
Estragone prese un profondo sospiro, e si avvicinò a Piton.
“Bene, ora che la pozione è stabilizzata, possiamo pensare a lui.” disse chinandosi ad osservarlo. “Per andare avanti ho bisogno di qualche informazione.” continuò.
“Non parlerà.” mormorò Neville abbattuto. “Ho avuto l’impressione che il Marchio gli provocasse dolore per impedirglielo.”
L’insegnante di pozioni si guardò attorno pensieroso, e individuò, sullo scaffale, le ampolle piene di
Pozione rossa. Ne richiamò una e dopo averla osservata con attenzione, ne annusò il contenuto.
“Questo è un filtro per calmare il dolore,” concluse. “Deve averlo preparato appositamente per attenuare il bruciore del Marchio. Chissà perché non l’ha bevuto?”
Neville sollevò le spalle. Poi distolse lo sguardo disgustato, quando l’altro sollevò la manica della tunica di Piton per controllare il tatuaggio.
L’avambraccio del preside era ridotto in uno stato pietoso, la carne sembrava ustionata e il serpente si muoveva avvolgendosi nelle sue spire come un orrido parassita.
Estragone gli fece scivolare una mano dietro la nuca, sollevandolo il tanto da permettergli di bere, e lasciò che il filtro color sangue gocciolasse sulla sua bocca.
Nonostante Severus fosse ancora incosciente, il liquido sulle labbra riarse sembrò dargli sollievo. Tanto che le dischiuse avido, consentendo a Wilkinson di versargli l’intera pozione in gola.
Piton tossì e aprì gli occhi.
Appena riconobbe Estragone, che aveva di nuovo il suo solito sorriso stampato sul volto, mosse lo sguardo cercando di individuare l’altro mago.
“Cosa ci fa lui qui?” domandò con un filo di voce, ma in un tono che fece rabbrividire Neville.
“Mi dispiace, ho dovuto chiedere il suo aiuto, la Pozione…”
“Ma preside,” intervenne Estragone sornione. “Devo pensare che non si fida della mia cucina?”
Neville spalancò gli occhi e si chiese se le corde che ancora trattenevano Piton fossero abbastanza resistenti da impedirgli di strangolare il suo collega.
“Il suo brodino è quasi pronto,” continuò, invece, Wilkinson allegramente, accennando al calderone. “la fiamma blu è stata uno spettacolo magnifico, sembrava un’aurora boreale. Peccato che non l’abbia vista.”
Nel volto di Piton, stupore, tristezza, dolore e rassegnazione si fusero in una smorfia che aveva un che di buffo e tragico al tempo stesso. Nonostante l’immensa sofferenza che si leggeva nei suoi occhi, sembrava quasi incredulo e stordito dalle parole di Estragone. Come se non riuscisse a concepire che si potesse definire ‘brodino’ una Pozione, e in special modo quella Pozione, il filtro che lo avrebbe liberato per sempre dalla schiavitù e da una probabile dolorosa morte.
Neville per la prima volta nella sua vita fu d’accordo con Piton. Estragone era senza dubbio un professore simpatico, ma in quel momento trovò il suo eccessivo buonumore del tutto fuori luogo.
Anche se Piton non ribatté, probabilmente non aveva la forza di farlo, fu Neville a sentirsi ferito dalle parole di Wilkinson. Era come se riuscisse a comprendere lo stato d’animo del preside e si stupì di provare persino tenerezza per quell’uomo, così duro e inflessibile, che lo aveva terrorizzato per anni, ma che aveva saputo trovare così tanta bellezza in una miscela di sostanze maleodoranti.
La memoria tornò alla sua prima lezione di Pozioni e provò una stretta al cuore immaginando quanto amore poteva esserci nelle parole dell’ex insegnante quando esaltava il fascino dei vapori inebrianti di un calderone.
Ora che anche lui aveva degli alunni riusciva a comprendere pienamente il significato delle sue parole. Piton amava la materia che insegnava, amava la magia, e aveva solo cercato di trasmettere quell’amore. Ma le sue parole, a causa dell’atteggiamento troppo severo del mago, non erano mai state comprese e accettate.
Wilnkinson lo aiutò a mettersi seduto, con la schiena appoggiata al muro.
“Si può sapere perché non ha bevuto questa Pozione?” domandò, accennando all’ampolla ora vuota posata sul pavimento.
Severus fece una smorfia.
“Speravo che sarei riuscito a controllare meglio il potere del Marchio se avessi avvertito in tempo il bruciore, ma, a questo punto, mi pare evidente che mi sbagliavo.” sospirò.
“Ho bisogno che mi dica cosa fare.” continuò l’altro. “La pagina del libro è bruciata. Immagino che stesse preparando la pozione a memoria.”
Piton si morse il labbro, ed Estragone impallidì.
“Lei non è sicuro di ricordare la formula a memoria, non è vero?” domandò Wilkinson con voce strozzata. “Sa che, se sbaglia, il filtro potrebbe rivelarsi una trappola mortale?”
“Non ho molta scelta mi pare, ha visto anche lei che la pagina è illeggibile.” ribatté cupo.
Estragone e Neville si scambiarono uno sguardo preoccupato.
“D’accordo, troveremo una soluzione.” affermò con decisione il Capocasa di Serpeverde.
“Gli ingredienti sono tutti sul tavolo. Per le dosi, beh, credo che sarà necessario l’intuito di un ottimo Pozionista.” lo provocò Severus.
“Una sfida interessante, professore!” Wilkinson sorrise e si avvicinò al calderone seguito dallo sguardo attento dell’altro.
“Bene!” si arrotolò le maniche della vestaglia e iniziò a controllare gli ingredienti rimasti. “La Pozione è quasi terminata. Dunque… vediamo.” osservò pensieroso un piattino con all’interno delle foglie secche. Ne prese alcune e le sbriciolò con le dita facendole cadere nel calderone come coriandoli.
Poi fece per prenderne ancora, mentre con lo sguardo cercava conferma al suo gesto negli occhi del preside. Piton non si mosse, lasciando al suo collega la decisione.
Wilkinson rimase a fissarlo ancora per qualche istante, con la mano tesa verso il piattino pieno di foglie; poi la allontanò e rivolse la sua attenzione all’ingrediente successivo.
Le labbra di Piton si piegarono appena in un sorriso. Appoggiò il capo sulle ruvide pietre della parete e chiuse gli occhi.
Wilkinson proseguì il suo lavoro. Ora conosceva gli ingredienti e l’ordine da seguire. Se Piton poteva decidere le dosi affidandosi solo al suo intuito, poteva, anzi doveva riuscirci anche lui.
Era chiaro che Piton aveva deciso di dargli carta bianca. Non l’avrebbe deluso.
Dopo circa mezzora la pozione fu pronta.
Wilkinson guardò Neville che era rimasto per tutto il tempo ritto al suo fianco, immobile come se fosse stato pietrificato.
“Ci siamo.” mormorò il Pozionista.
Neville annuì, ma era così agitato che non riuscì a distogliere lo sguardo dal filtro bollente: ne era quasi ipnotizzato. Il pensiero che Wilkinson, o lo stesso Piton, potessero aver sbagliato qualcosa lo terrorizzava.
Estragone, intanto, si avvicinò al preside che si era faticosamente raddrizzato rivolgendogli uno sguardo fiero e determinato.
“Sono pronto.” La voce di Severus era affaticata, ma decisa.
Estragone lo liberò dalle corde e lo aiutò ad alzarsi, sostenendolo fino a raggiungere il calderone.
Lì lo lasciò, fece un passo indietro e puntò la bacchetta sul mago che rispose con un cenno di approvazione. Poi si rivolse a Neville incoraggiandolo con lo sguardo a fare altrettanto.
Continua…