Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Incatenato alla morte, seguito di "per amore di un figlio"

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arcady
view post Posted on 22/1/2011, 17:51




Questo è stato il capitolo più bello di tutti finora, a mio avviso!
Il signore oscuro, in fondo, è "il signore del male" per antonomasia in quanto rappresenta una metafora dello stesso.
Questo lo spieghi ancora meglio in questo capitolo, facendo capire che non è tanto la figura del mostro senza naso (scusate, io lo chiamo così,sarò senza fantasia ma vabeh..) che dobbiamo temere ma il male in genere, che può nascere anche dentro di noi. Noi che magari siamo impegnati ad essere guardinghi per non trovarci al cospetto di chi ci fa paura e non ci guardiamo dentro , perdendo così la possibilità di salvarci da noi stessi.

E poi Neville è un grande!!!
 
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Astry
view post Posted on 24/1/2011, 11:42




CITAZIONE (» romi; @ 22/1/2011, 16:33) 
Mio splendido eroe Paciock! *gli salta addosso*

Eheheh!

CITAZIONE (arcady @ 22/1/2011, 17:51) 
Questo è stato il capitolo più bello di tutti finora, a mio avviso!
Il signore oscuro, in fondo, è "il signore del male" per antonomasia in quanto rappresenta una metafora dello stesso.
Questo lo spieghi ancora meglio in questo capitolo, facendo capire che non è tanto la figura del mostro senza naso (scusate, io lo chiamo così,sarò senza fantasia ma vabeh..) che dobbiamo temere ma il male in genere, che può nascere anche dentro di noi. Noi che magari siamo impegnati ad essere guardinghi per non trovarci al cospetto di chi ci fa paura e non ci guardiamo dentro , perdendo così la possibilità di salvarci da noi stessi.

Davvero una lettura interessante del capitolo. In effetti, sì, la mia idea era proprio quella: la magia oscura ha trasformato Voldemort nel mostro che era, e la stessa magia può contaminare chiunque rendendolo come Voldemort, o trasformandolo in Voldemort… ma non dico altro…
:rolleyes:

Cap 7 Due Pozionisti per un calderone



La pozione gorgogliava e sbuffava in maniera tutt’altro che rassicurante. Neville dovette ricorrere a tutto il suo coraggio Grifondoro, per costringersi ad affondare il mestolo in quella bocca infernale.
Nonostante i fumi che fuoriuscivano dal calderone, l’uomo aveva gli occhi fissi e spalancati all’inverosimile, tanto che le lacrime, superando la debole barriera delle ciglia, presero a scivolare sulle guance, mentre Neville sembrava addirittura non accorgersene.
Aveva l’impressione che il solo movimento delle palpebre potesse distrarlo dalla sua impresa: non sentiva il calore sul viso, come non sentiva quei piccoli rivoli salati che gli segnavano il volto tirato. Era così teso che, quando Piton parlò, ebbe un sussulto, e per poco il mestolo non sfuggì alla presa.
“Se le sue mani non smetteranno di tremare, Signor Paciock, quella Pozione diverrà una poltiglia grumosa.” sibilò il preside che, intanto, si era sollevato appoggiando la schiena al muro. Le corde evocate da Paciock lo stringevano, ma non eccessivamente, e, da quella posizione, era in grado di controllare meglio il lavoro del suo collega.
Gli occhi attenti seguirono la mano dell’involontario pozionista, quasi sforzandosi per assecondarne il movimento circolare.
Anche il volto di Severus era irrigidito dalla tensione. La mascella contratta, il respiro spezzato. Era così concentrato che per un attimo riuscì persino a dimenticare il dolore al braccio.
Neville continuava a mescolare la Pozione, con lentezza, come lui si era raccomandato. La mistura era piuttosto densa e questo rendeva la cosa abbastanza faticosa.
Severus lo sapeva. Sarebbe stato necessario inclinare maggiormente il mestolo, così da vincere con più facilità la resistenza della sostanza, ma Paciock era già abbastanza agitato e, ad ogni nuova indicazione da parte sua, il tremore delle sue mani sembrava aumentare.
Piton si morse il labbro: era arrivato il momento di aggiungere un nuovo ingrediente.
Era un passaggio delicato perché bisognava introdurre una radice, che lui aveva già sminuzzato e dosato, ma bisognava farlo lasciandola scivolare con delicatezza nel filtro bollente, evitando di sollevare spruzzi di pozione.
Con la voce affaticata, ma ferma, spiegò il procedimento a Paciock, cercando di non allarmarlo troppo.
Dal momento in cui aveva preso il mestolo in mano, Neville sembrava essere improvvisamente ritornato all’infanzia. Di fronte a Piton, non c’era più un uomo adulto, un insegnante, ma lo studente impacciato che faceva esplodere i calderoni alle sue lezioni.
Purtroppo stavolta non era alle prese con un innocuo compito scolastico. Se la pozione fosse fuoriuscita dal calderone toccando la fiamma, nessuno di loro due avrebbe più dovuto preoccuparsi del ritorno di Voldemort, dato che sarebbero morti entrambi.
Paciock, per fortuna, eseguì il suo compito alla perfezione e d’istinto si voltò verso Piton con un sorriso soddisfatto stampato sul viso.
Severus annuì appena.
“Bene, signor Paciock, ha superato brillantemente questa fase della preparazione, ora bisognerà…” la voce si spezzò e il volto del mago si contrasse in una smorfia di dolore, mentre il suo corpo si contorceva con violenza, trattenuto dalle corde magiche.
Neville scattò verso di lui, e lo afferrò per le spalle, impedendogli di sbattere con violenza la testa sulla parete.
“Professore, professor Piton, mi sente? La smetta!” Urlò all’uomo che continuava a dibattersi sul pavimento. “La prego, professor Piton!”
Neville cercava di trattenerlo, ma il preside era in preda a spasmi incontrollati, sembrava fosse avvolto dalle fiamme.
Paciock abbassò lo sguardo fissando inorridito il Marchio Nero: il serpente sembrava vivo. La pelle si tendeva come se l’orribile creatura si muovesse al suo interno.
Piton stringeva i pugni aggrappandosi alla stoffa del proprio mantello. Aveva gli occhi chiusi e la bocca spalancata in un grido muto.
Neville capì: Voldemort, o qualunque cosa avesse preso il controllo del preside, stava lottando per sopravvivere. Quella Pozione poteva distruggere il suo potere e questo era il suo modo di difendersi. Voleva impedire a Piton di andare avanti con la preparazione.
Aveva cominciato col prendere il controllo del suo corpo. Ed ora, attraverso il dolore, tentava di zittirlo, in modo che non potesse spiegare all’altro il procedimento da seguire.
Neville scosse il capo in preda alla disperazione.
Non poteva andare avanti da solo, Piton doveva assolutamente aiutarlo, doveva dirgli cosa fare.
Guardò il calderone: la pozione si stava gonfiando in maniera allarmante.
Anche da quella posizione riusciva a vedere le bolle in superficie. Il liquido era arrivato al bordo e presto sarebbe tracimato cadendo nel fuoco.
Tornò a posare lo sguardo sul preside. Il mago continuava a tremare, ma era come se non avesse più forza. Lo strattonò.
“Professore, mi dica che devo fare. Come vado avanti?”
Severus aprì appena gli occhi, rivolgendogli una sguardo carico di sofferenza.
“La… la fiamma… blu.” Balbettò, poi le sue parole si tramutarono in un grido straziante e l’uomo perse conoscenza.
“No, no, no, la prego!” Paciock riprese a scuoterlo. “Professore, mi parli! Che significa la fiamma blu? Come faccio a farla diventare blu?” Gridò in preda al panico.
Poi si alzò e corse verso la pozione che stava per fuoriuscire dal calderone.
Si portò le mani ai capelli, era tentato di spegnere la fiamma, ma immaginò che questo potesse rendere inservibile il filtro. Forse doveva farla diventare blu con qualche incantesimo. Scosse il capo e corse di nuovo verso l’uomo a terra, si chinò, ansimando per l’ansia.
“Non lo so, non so che fare, io… mi dispiace non…” alzò la testa e gli occhi si posarono sull’antico camino in pietra.
D’improvviso gli venne l’idea, scattò di nuovo in piedi e corse verso il focolare acceso. Raccolta una manciata di polvere magica da un vasetto posato sulla cornice, la gettò nel fuoco e si buttò in ginocchio infilando la testa dentro il camino.
“Wilkinson! Wilkinson!” Urlò con tutto il fiato che aveva “Mi risponda! Wilkinson!”
Il volto sorridente del nuovo insegnante di Pozioni comparve nel focolare.
“Neville, amico mio! Ha già stappato la bottiglia di vino elfico che le avevo mandato?”
“Venga qui, nel laboratorio di Piton. Subito!”
“Certo, certo, stavo facendo una doccia, mi rendo presentabile e arrivo.”
“Maledizione, Wilkinson, deve venire ora, venga anche nudo se crede, ma faccia in fretta!” strillò quasi isterico Paciock.
“Oh, beh, sì, se è urgente…” borbottò piuttosto contrariato.
Neville sì alzò, fece per allontanarsi, ma poi tornò a chinarsi sul focolare.
“Ah, e non perda tempo per i corridoi, Piton ha tolto la barriera Anti-Materializzazione, può…”
“Ma che diavolo succede?”
Wilkinson comparve alle spalle di Neville, facendolo sussultare.
Era intento a sistemarsi la pesante vestaglia di velluto verde e non si era neppure guardato attorno.
Neville si alzò e voltandosi di scatto lo afferrò per le spalle.
“La Pozione, deve aiutarmi, Piton sta male.” farfugliò aggrappandosi alla vestaglia del collega.
“Calma. Ehi, un momento, ma cosa le prende?” lo bloccò Estragone, afferrandogli i polsi. Poi il suo sguardo individuò il preside sdraiato in un angolo, ancora imprigionato dalle corde magiche, e il volto del mago cambiò subito espressione.
“Ma che è successo?” domandò allarmato.
Si precipitò verso il mago a terra. Gli sollevò appena la testa assicurandosi che fosse ancora vivo e poi si voltò a fissare Neville, con un’espressione mista di incredulità, paura e rabbia.
“E’ diventato matto? Ha aggredito il preside.” disse puntando la sua bacchetta su Neville.
“No, no, non è come pensa.” tentò di rassicurarlo, Paciock, agitando le braccia davanti a sé.
“E’ stato necessario, Voldemort, il Marchio…” ansimò, tentando disperatamente di trovare le parole più adatte per spiegare tutto nel minor tempo possibile. “Piton non era in sé, ho dovuto legarlo, ma, la prego, deve aiutarmi. Il preside stava preparando una pozione, io non posso portarla a termine, deve farlo lei.”
Estragone si alzò e fece qualche passo avanti. Era confuso, si guardò attorno con la bacchetta sempre puntata sull’altro. Poi si avvicinò alla Pozione e sbiancò.
“Io non conosco questa Pozione.” Guardò l’altro mago allargando le braccia. “Non ho idea di cosa sia questa roba, e non ha affatto un bell’aspetto.” Tornò a fissare la pozione, pensieroso. “Se questa cosa non smette di gonfiarsi, qui ci lasciamo le penne tutti e tre.”
Gli occhi di Neville erano spalancati, e si movevano dal calderone, all’uomo svenuto. Poi indicò il libro posato sul tavolo. “Guardi là: credo che Piton stesse seguendo le istruzioni in quella pagina.”
Estragone si avvicinò al libro, e la sua espressione divenne ancora più cupa.
“Euriale, Sanguisorba, Artemisia… e poi più nulla, la pagina è bruciata.” Scosse il capo. “E’ impossibile, non posso fare niente senza conoscere tutti gli ingredienti e le giuste dosi.” Poi tornò a guardare il calderone e immediatamente afferrò l’altro per un braccio. “Dobbiamo uscire di qui. Questa roba è pericolosa.”
“No, no, la Pozione, bisogna terminarla, bisogna fermare Voldemort.” gridò l’altro cercando di divincolarsi.
“Neville, questo è un suicidio.” Estragone cercò di farlo ragionare scuotendolo per spalle. “Aiuti il preside, e allontaniamoci. Non sono sicuro che spegnere la fiamma servirà a renderla innocua. Possiamo solo tentare di mettere più distanza possibile fra noi e quella maledetta brodaglia.”
Neville si liberò dalla presa. “La fiamma, ma certo.” urlò, ricordandosi all’improvviso delle parole di Piton. “Lui ha detto una cosa sulla fiamma, ha parlato di Fiamma blu”.
Estragone, spalancò la bocca sbalordito e, senza ribattere, si precipitò al tavolo, dove gli ingredienti erano tutti allineati. Puntò la bacchetta su una strana cosa scura che galleggiava in un piattino cupo, e la fece levitare fino a tuffarla nel calderone.
Dalla Pozione si levò una nuvola luminosa, simile ad una fiammata di colore blu.
Entrambi rimasero impietriti a guardare quello spettacolo.
Il chiarore sprigionatosi illuminò la stanza, riflettendosi nei vetri delle varie ampolle e moltiplicandosi in un caleidoscopico balletto di luci.
Estragone si rivolse a Neville, ansimando. “Poteva anche dirlo subito, professore. Mi ha quasi fatto venire un infarto.” Poi, sollevando fiero il mento lo informò: “Fiamma blu è il nome dato ad una scaglia di Drago, anzi la scaglia di una razza particolare di Drago.” gongolò soddisfatto. “Come ha potuto vedere, una volta a contatto con altri ingredienti, produce una fiammata di questo colore.”
“Quella cosa era una scaglia di Drago?” Paciock indicò il piattino con una smorfia.
“Esatto! Quella di un Grugnocorto Svedese, un Drago di un bel colore blu, l’ha mai visto, Paciock?”
“Sì, certo.” mugugnò, ripensando a quando il suo compagno di scuola Cedric lo aveva sfidato per il torneo dei tre maghi.
Estragone prese un profondo sospiro, e si avvicinò a Piton.
“Bene, ora che la pozione è stabilizzata, possiamo pensare a lui.” disse chinandosi ad osservarlo. “Per andare avanti ho bisogno di qualche informazione.” continuò.
“Non parlerà.” mormorò Neville abbattuto. “Ho avuto l’impressione che il Marchio gli provocasse dolore per impedirglielo.”
L’insegnante di pozioni si guardò attorno pensieroso, e individuò, sullo scaffale, le ampolle piene di
Pozione rossa. Ne richiamò una e dopo averla osservata con attenzione, ne annusò il contenuto.
“Questo è un filtro per calmare il dolore,” concluse. “Deve averlo preparato appositamente per attenuare il bruciore del Marchio. Chissà perché non l’ha bevuto?”
Neville sollevò le spalle. Poi distolse lo sguardo disgustato, quando l’altro sollevò la manica della tunica di Piton per controllare il tatuaggio.
L’avambraccio del preside era ridotto in uno stato pietoso, la carne sembrava ustionata e il serpente si muoveva avvolgendosi nelle sue spire come un orrido parassita.
Estragone gli fece scivolare una mano dietro la nuca, sollevandolo il tanto da permettergli di bere, e lasciò che il filtro color sangue gocciolasse sulla sua bocca.
Nonostante Severus fosse ancora incosciente, il liquido sulle labbra riarse sembrò dargli sollievo. Tanto che le dischiuse avido, consentendo a Wilkinson di versargli l’intera pozione in gola.
Piton tossì e aprì gli occhi.
Appena riconobbe Estragone, che aveva di nuovo il suo solito sorriso stampato sul volto, mosse lo sguardo cercando di individuare l’altro mago.
“Cosa ci fa lui qui?” domandò con un filo di voce, ma in un tono che fece rabbrividire Neville.
“Mi dispiace, ho dovuto chiedere il suo aiuto, la Pozione…”
“Ma preside,” intervenne Estragone sornione. “Devo pensare che non si fida della mia cucina?”
Neville spalancò gli occhi e si chiese se le corde che ancora trattenevano Piton fossero abbastanza resistenti da impedirgli di strangolare il suo collega.
“Il suo brodino è quasi pronto,” continuò, invece, Wilkinson allegramente, accennando al calderone. “la fiamma blu è stata uno spettacolo magnifico, sembrava un’aurora boreale. Peccato che non l’abbia vista.”
Nel volto di Piton, stupore, tristezza, dolore e rassegnazione si fusero in una smorfia che aveva un che di buffo e tragico al tempo stesso. Nonostante l’immensa sofferenza che si leggeva nei suoi occhi, sembrava quasi incredulo e stordito dalle parole di Estragone. Come se non riuscisse a concepire che si potesse definire ‘brodino’ una Pozione, e in special modo quella Pozione, il filtro che lo avrebbe liberato per sempre dalla schiavitù e da una probabile dolorosa morte.
Neville per la prima volta nella sua vita fu d’accordo con Piton. Estragone era senza dubbio un professore simpatico, ma in quel momento trovò il suo eccessivo buonumore del tutto fuori luogo.
Anche se Piton non ribatté, probabilmente non aveva la forza di farlo, fu Neville a sentirsi ferito dalle parole di Wilkinson. Era come se riuscisse a comprendere lo stato d’animo del preside e si stupì di provare persino tenerezza per quell’uomo, così duro e inflessibile, che lo aveva terrorizzato per anni, ma che aveva saputo trovare così tanta bellezza in una miscela di sostanze maleodoranti.
La memoria tornò alla sua prima lezione di Pozioni e provò una stretta al cuore immaginando quanto amore poteva esserci nelle parole dell’ex insegnante quando esaltava il fascino dei vapori inebrianti di un calderone.
Ora che anche lui aveva degli alunni riusciva a comprendere pienamente il significato delle sue parole. Piton amava la materia che insegnava, amava la magia, e aveva solo cercato di trasmettere quell’amore. Ma le sue parole, a causa dell’atteggiamento troppo severo del mago, non erano mai state comprese e accettate.
Wilnkinson lo aiutò a mettersi seduto, con la schiena appoggiata al muro.
“Si può sapere perché non ha bevuto questa Pozione?” domandò, accennando all’ampolla ora vuota posata sul pavimento.
Severus fece una smorfia.
“Speravo che sarei riuscito a controllare meglio il potere del Marchio se avessi avvertito in tempo il bruciore, ma, a questo punto, mi pare evidente che mi sbagliavo.” sospirò.
“Ho bisogno che mi dica cosa fare.” continuò l’altro. “La pagina del libro è bruciata. Immagino che stesse preparando la pozione a memoria.”
Piton si morse il labbro, ed Estragone impallidì.
“Lei non è sicuro di ricordare la formula a memoria, non è vero?” domandò Wilkinson con voce strozzata. “Sa che, se sbaglia, il filtro potrebbe rivelarsi una trappola mortale?”
“Non ho molta scelta mi pare, ha visto anche lei che la pagina è illeggibile.” ribatté cupo.
Estragone e Neville si scambiarono uno sguardo preoccupato.
“D’accordo, troveremo una soluzione.” affermò con decisione il Capocasa di Serpeverde.
“Gli ingredienti sono tutti sul tavolo. Per le dosi, beh, credo che sarà necessario l’intuito di un ottimo Pozionista.” lo provocò Severus.
“Una sfida interessante, professore!” Wilkinson sorrise e si avvicinò al calderone seguito dallo sguardo attento dell’altro.
“Bene!” si arrotolò le maniche della vestaglia e iniziò a controllare gli ingredienti rimasti. “La Pozione è quasi terminata. Dunque… vediamo.” osservò pensieroso un piattino con all’interno delle foglie secche. Ne prese alcune e le sbriciolò con le dita facendole cadere nel calderone come coriandoli.
Poi fece per prenderne ancora, mentre con lo sguardo cercava conferma al suo gesto negli occhi del preside. Piton non si mosse, lasciando al suo collega la decisione.
Wilkinson rimase a fissarlo ancora per qualche istante, con la mano tesa verso il piattino pieno di foglie; poi la allontanò e rivolse la sua attenzione all’ingrediente successivo.
Le labbra di Piton si piegarono appena in un sorriso. Appoggiò il capo sulle ruvide pietre della parete e chiuse gli occhi.
Wilkinson proseguì il suo lavoro. Ora conosceva gli ingredienti e l’ordine da seguire. Se Piton poteva decidere le dosi affidandosi solo al suo intuito, poteva, anzi doveva riuscirci anche lui.
Era chiaro che Piton aveva deciso di dargli carta bianca. Non l’avrebbe deluso.
Dopo circa mezzora la pozione fu pronta.
Wilkinson guardò Neville che era rimasto per tutto il tempo ritto al suo fianco, immobile come se fosse stato pietrificato.
“Ci siamo.” mormorò il Pozionista.
Neville annuì, ma era così agitato che non riuscì a distogliere lo sguardo dal filtro bollente: ne era quasi ipnotizzato. Il pensiero che Wilkinson, o lo stesso Piton, potessero aver sbagliato qualcosa lo terrorizzava.
Estragone, intanto, si avvicinò al preside che si era faticosamente raddrizzato rivolgendogli uno sguardo fiero e determinato.
“Sono pronto.” La voce di Severus era affaticata, ma decisa.
Estragone lo liberò dalle corde e lo aiutò ad alzarsi, sostenendolo fino a raggiungere il calderone.
Lì lo lasciò, fece un passo indietro e puntò la bacchetta sul mago che rispose con un cenno di approvazione. Poi si rivolse a Neville incoraggiandolo con lo sguardo a fare altrettanto.





Continua…




 
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» romi;
view post Posted on 24/1/2011, 14:59




Mi piace Neville e mi piace pure il nuovo insegnante di pozioni...u.ù Anche se dato il suo eccessivo buon umore me lo immagino mentre saltella e sparge fiori di qua e di la... .__.
Mi spiace tantissimo poi per il professore...ç__ç Com'è ridotto...povero cucciolo...T_T *coccola*
Cooomunque! >_< Bello anche questo capitolo, davvero non saprei più che aggettivi usare per definire la tua ff...xD
Complimenti ancora! E spero di leggere presto anche il prossimo capitolo! ^^ Bravissima... :fiore:

Baci baci,
Laura.
 
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arcady
view post Posted on 25/1/2011, 14:46




E bravo Neville!
Però ho paura che il male se lo porterà via al nostro caro Severus....
Io spero di no ma date le tue premesse.... :(
 
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Astry
view post Posted on 26/1/2011, 17:26




Romi, dai, non esageriamo, Estragone non saltella spargendo fiori, o Piton l'avrebbe gia disintegrato.


CITAZIONE (arcady @ 25/1/2011, 14:46) 
Però ho paura che il male se lo porterà via al nostro caro Severus....
Io spero di no ma date le tue premesse.... :(

:rolleyes: Dipende da cosa intendi per "il male se lo porterà via". Ti posso dire che Piton non lascerà vincere il male, proprio no. Ma gia da questo capitolo potrai cominciare a capire cosa gli frulla per la testa. -_-


Cap 8 Al di sopra della pietà



Una luce blu illuminava i volti dei tre maghi. La fiamma sotto la pozione era stata spenta, ma il liquido emanava uno strano chiarore, freddo e irreale.
Piton era ritto davanti al calderone. Si era tolto il mantello e aveva arrotolato la manica lasciando scoperto il marchio: prese un profondo respiro e protese il braccio in avanti.
Estragone e Neville erano al suo fianco, con la bacchetta puntata su di lui, pronti ad intervenire, se non fosse stato in grado di contrastare da solo il potere del Marchio.
Per un attimo ci fu solo il silenzio. I tre uomini parevano aver smesso persino di respirare, mentre il braccio sinistro di Piton scendeva lentamente fino al bordo del calderone.
Le dita arrivarono a pochi centimetri dalla pozione.
Gli occhi di tutti erano fissi sulla sua mano, aperta e col palmo rivolto verso il basso.
Neville sussultò quando le dita di Piton giunsero a sfiorare il liquido e il volto del preside si contrasse in una smorfia, mentre tentava invano di mantenere il braccio fermo in quella pozione. La mano cominciò a muoversi, come se un vento la spingesse lontano dal filtro, contrastando la sua volontà.
Gli occhi di Piton cercarono quelli di Paciock; il preside non parlò, ma Neville rispose alla sua muta richiesta d’aiuto pronunciando un incantesimo che lo immobilizzò impedendogli di allontanare il braccio o, peggio, di rovesciare la pozione.
Il raggio scaturì con forza dalla sua bacchetta e investì l’altro, che barcollò, facendo un passo indietro prima di irrigidirsi, e, come una marionetta appesa ai suoi fili, sollevarsi da terra.
Severus ora galleggiava a qualche centimetro dal pavimento, sorretto solo dalla forza della magia del suo ex alunno, il braccio sinistro sempre proteso in avanti, proprio sopra al calderone.
Estragone, in quell’istante, puntò il legno magico sul filtro e quello cominciò a gorgogliare, formando una sorta di colonna liquida, che, sollevandosi dal pentolone, raggiunse la mano di Piton. Le sue dita si contrassero, chiudendosi in un pugno, mentre il corpo iniziò a tremare con violenza.
Severus gettò la testa all’indietro, serrando di colpo le palpebre e un flebile lamento sfuggì dalle sue labbra.
Il liquido aveva preso a scorrere risalendo dalle dita e formando dei sottili rivoli blu, simili a vene rigonfie che avvilupparono tutto il braccio, ricoprendolo completamente.
Era il momento decisivo. Paciock si sentì mancare quando la pozione raggiunse la carne nuda nel punto su cui il Marchio spiccava scuro e minaccioso.
Ci fu un grido terribile, ma non era Piton ad urlare, bensì un’altra voce. Una voce che sembrava non avere una fonte precisa. Proveniva da Piton, ma non dalla sua gola. Era come se fosse il suo intero corpo ad emettere quel suono orrendo.
Due voci si sommarono: quella del preside, trattenuta e imprigionata fra i denti stretti all’inverosimile, e quella della magia che lo possedeva.
Paciock strinse la bacchetta con tutta la forza che aveva, continuando a tenere Piton immobilizzato, mentre Wilkinson si portò le mani alle orecchie. Entrambi impallidirono nell’udire quello che sembrava l’urlo furioso e terrorizzato di Voldemort stesso. Una voce che non apparteneva più al mondo dei vivi, che risuonò e si amplificò rimbalzando contro pareti come un eco spaventoso.
Nel mantenere attiva la magia che immobilizzava il Preside, Neville non poté fare a meno di chiedersi come si sarebbe sentito se la Pozione si fosse rivelata mortale.
Piton era pallido come una statua di marmo. Il braccio si contorceva nel tentativo di sfuggire alla magia di Paciock.
Neville si morse il labbro a sangue cercando di non cedere alla tentazione di liberarlo.
Forse la pozione stava funzionando, o forse Piton stava morendo.
Un solo piccolo errore nella preparazione del filtro, e il suo tentativo di aiutarlo si sarebbe trasformato, invece, in una condanna a morte per il mago.
Scosse il capo e abbassò appena la bacchetta. La magia che legava Piton si indebolì quel tanto da permettere al suo braccio destro di artigliare l’altro ormai coperto di Pozione. Il liquido si era solidificato, formando una patina bluastra, traslucida come vetro.
Severus tentò con le unghie di strapparsela dalla carne, ma Estragone gridò rivolto a Neville:
“Non lo liberi, deve continuare!”
“Lo sta uccidendo!” Paciock ansimava. Non si aspettava che l’effetto di quella pozione sarebbe stato così doloroso per Piton.
“No, no, la pozione funziona. Il Marchio sta svanendo. Continui!” Lo incitò Estragone.
Neville annuì e si obbligò a sollevare nuovamente la bacchetta stringendola con entrambe le mani. Ormai aveva le lacrime agli occhi, non riusciva nemmeno più a guardare il risultato del suo incantesimo. Serrò con forza le palpebre chinando il capo.
Rimase in quella posizione, con le braccia tese, la bacchetta puntata contro Piton finché quell’urlo orribile cessò di colpo. L’unico suono ancora udibile nella stanza era un flebile lamento. Un gemito acuto e prolungato, come una voce nel sonno. Piton era piombato nell’incoscienza, aveva gli occhi chiusi a la testa abbandonata all’indietro.
Su cenno di Estragone, Neville annullò l’incantesimo che impediva a Piton di muoversi e, appena libero, il suo braccio sinistro cadde senza vita al suo fianco. Il guscio vetrificato che lo avvolgeva si spaccò, frantumandosi in miriadi di piccole schegge e il mago crollò in ginocchio.
Estragone lo afferrò prontamente per le spalle e si chinò al suo fianco, sorreggendolo, imitato dal collega.
“Preside!” la voce di Paciock era ridotta ad un sussurro.
Piton aprì faticosamente gli occhi e sul volto di Neville si allargò un luminoso sorriso.
Poi l’insegnante di Erbologia si rivolse a Wilkinson:
“Ce l’abbiamo fatta?”
Gli occhi di tutti corsero al braccio sinistro di Piton che pendeva senza vita al suo fianco. Il tatuaggio era sbiadito, anche se la pelle intorno era arrossata e coperta di piccole ferite.
Severus prese un profondo respiro.
“Il filtro ha funzionato, il potere del Marchio si è indebolito, ma non abbiamo ancora vinto.” Mormorò osservando l’emblema del suo antico padrone. Tentò di sollevare il braccio, ma non ci riuscì.
Neville e Wilkinson si scambiarono uno sguardo triste.
“Ci vorrà tempo… e altra Pozione.” Sospirò di nuovo, afferrando con mano destra l’arto ferito e accostandoselo al petto.
“Vuol dire che dovrà mettere ancora quella roba sul braccio?” Neville era avvilito e furioso al tempo stesso. L’idea di dover assistere nuovamente a quella scena lo terrorizzava.
“Non subito, Signor Paciock.” Le labbra si piegarono appena in un ghigno. “Non credo che sopravvivrei se tentassi di ripetere l’esperimento in queste condizioni.” Poi si rivolse ad Estragone: “E’ rimasta abbastanza Euriale, appena sarò nuovamente in grado di usare la Pozione…”
“Ne preparerò ancora, non si preoccupi.” Lo anticipò l’altro.
“Ma non può distillarla ora?” chiese Neville.
“Purtroppo no. Questa Pozione deve essere utilizzata immediatamente, non può essere conservata.” Intervenne Piton, poi si alzò da terra, sostenuto dal suo collega Pozionista. “Vi chiamerò appena sarò pronto.” Si gettò il mantello sulle spalle e uscì dalla stanza: quella sera stessa avrebbe dovuto incontrare Malfoy a casa sua.




* * *




Quando la porta della piccola casa di Spinner’s End si aprì, il mago biondo si trovò di fronte uno spettacolo insolito. Severus Piton era seduto nella vecchia poltrona, di fronte all’entrata. La stanza era immersa nel buio, fatta eccezione per la fioca luce di alcune candele sparse sul pavimento, senza alcun criterio. Il volto pallido del mago risaltava nell’oscurità come uno spettro.
Lucius afferrò la bacchetta e si accinse a pronunciare l’incantesimo Lumos.
“No!” Severus lo bloccò.
Malfoy, allora, si avvicinò e osservò l’amico: aveva gli occhi lucidi e arrossati, i capelli ricadevano disordinati sul viso stanco. Teneva entrambe le mani appoggiate sui braccioli della poltrona, immobili. Gli occhi di Lucius indugiarono sul braccio sinistro.
“Il Marchio?” mormorò con un filo di voce.
“Potrei affermare con una certa approssimazione che sta dormendo.” disse ironico.
“Dormendo?” Malfoy spalancò gli occhi e fece un passo indietro. “Dormendo!” ripeté stizzito, scoppiando in una risata priva di allegria.“Io invece non ho più chiuso occhio da quando ci siamo incontrati, sai? Passo le notti a fissarlo. A volte ho l’impressione di vederlo muoversi. Lo sento persino bruciare.” Si portò le mani ai capelli. “Maledizione, Severus, non so nemmeno se è reale o è la mia immaginazione. Se dovesse svegliarsi, io…”
“Non accadrà.” Lo interruppe con voce pacata.
“Che vuoi dire? Hai scoperto qualcosa?”
“Il tuo marchio non si accenderà, Lucius, perché tu non sei più legato all’Oscuro. Quel legame si è spezzato con la sua morte. Voi tutti siete stati liberati, quando Potter l’ha distrutto,” La mano destra si strinse con rabbia sul bracciolo della poltrona, mentre l’altra continuava a restare immobile. “Io no: il mio Marchio era acceso quando…” si bloccò.
“Quando sei morto?”
Severus annuì.
“Eravamo vicini, il potere dell’Oscuro era forte in quel momento. Quel potere l’ho portato con me nella morte, e con me si è risvegliato. Tutto ciò che resta della sua magia è qui.” Accennò con gli occhi al tatuaggio.
“Ma lui non sta tornando, non è vero?”
“Tom Riddle è morto, lui non ritornerà, ma tutto ciò che lo ha reso un mago potente e terribile è ancora qui, nel Marchio. La sua magia, il potere dell’oscurità sta prendendo il controllo del mio corpo. Per ora la Pozione ha funzionato, ma non sono certo che riuscirà a fermarlo per sempre.” “Ma cosa ti aspetti esattamente da me?”
Il mago bruno accennò un vago sorriso.
“Mi aspetto che tu faccia tutto il possibile per difendere la tua famiglia. Ti conosco abbastanza da sapere che metterai la loro vita al di sopra di ogni cosa, inclusa l’amicizia e la pietà. Sentimenti che sono invece fastidiosamente radicati in certe altre persone.”
“Ti riferisci a Potter?”
“Mi riferisco a chiunque non abbia fatto una scelta come la tua…” Sospirò. “…O la mia, Lucius.”
“Una scelta che tu hai rinnegato.” lo rimproverò l’altro. “Eppure, adesso vuoi farmi credere di aver bisogno di uno come me.” osservò acido.
“Una scelta che entrambi abbiamo rinnegato, anche se per ragioni diverse. Ognuno di noi aveva i suoi personali interessi, ed io conto sul fatto che tu difenderai i tuoi, anche questa volta.”
“I miei interessi?”
“Non fare l’ipocrita, Lucius, sei stato un Mangiamorte, non sei certo uno che si fa degli scrupoli, ed ora, sei esattamente l’uomo di cui ho bisogno. Oserei dire quello del quale il mondo magico ha bisogno.” Si alzò con fatica dalla poltrona, aiutandosi con la mano destra, mentre il braccio sinistro scivolò dal bracciolo e ricadde abbandonato al suo fianco, seguito dallo sguardo curioso di Lucius. “Se sarà necessario un tuo intervento, conterò su questo.”
“E tu? Potresti essere tu a farteli venire,” Arricciò le labbra. “Gli scrupoli.” concluse con una smorfia.
Severus lo fissò per alcuni secondi, poi sorrise.
“Se e quando mi servirà il tuo aiuto, i miei scrupoli non avranno più alcun valore: se lui prenderà il controllo, potrei anche ucciderti.”
Malfoy s’irrigidì.
“Tu sai bene di cosa è capace, e fino a che punto è in grado di controllare le menti delle persone. L’Occlumanzia in questo caso non mi servirà.”
Ci fu un lungo silenzio. Malfoy voltò le spalle all’amico e fece qualche passo verso la vecchia libreria. Era troppo buio perché il mago potesse distinguere i libri allineati sugli scaffali, tuttavia prese a fissarli come se riuscisse a leggere i caratteri incisi sulle rilegature. In realtà non li stava guardando affatto, i suo occhi erano persi nei ricordi. Memorie di una vita passata a servire il mago che lo aveva ripagato pretendendo la vita di suo figlio. L’uomo che lo aveva umiliato assieme alla sua famiglia.
Si voltò di scatto e guardò Piton, le labbra si piegarono appena in un sorriso malinconico.
“Bene, Severus, posso solo augurarti che la tua Pozione funzioni, così che io non debba ‘fare i miei interessi’.” Accentò in modo particolare le ultime parole e si allontanò.



* * *



Piton restò per diversi minuti a fissare la porta che l’altro si era chiuso alle spalle, prima di lasciarsi cadere di nuovo sulla poltrona.
Sollevò la manica della tunica e posò la mano destra sul Marchio. Non bruciava, e non pulsava. Per la prima volta nella sua vita non ne sentiva la presenza. Le dita si strinsero sull’avambraccio e le unghie artigliarono la carne ancora lacera e gonfia. Nulla. Non sentiva dolore: il braccio era divenuto insensibile, come morto.
Quante volte l’aveva desiderato. Quante volte avrebbe voluto strapparselo dal corpo, come si fa con un arto in cancrena; tagliarlo e dimenticarlo, assieme al fatale veleno che recava in sé. Continuò a stringere, finché le unghie si conficcarono nella carne che iniziò a sanguinare. Gli sembrò un meraviglioso dono non sentire assolutamente niente. Come se il braccio non fosse il suo e quell’orrenda macchia che lo deturpava non gli appartenesse.
Sospirò chiudendo gli occhi.
Se avesse potuto diventare altrettanto insensibile alle ferite della sua anima, guarendo con una pozione tutte le sue dolorose cicatrici.
Morire non era stato sufficiente per cancellarle. L’oscurità era ancora dentro di lui, scorreva nelle sue vene e avvelenava ancora il suo cuore.
Era lui ad essere corrotto, avvelenato, ed era quel veleno a nutrire e alimentare il Marchio Nero.
Si alzò di scatto dirigendosi come una furia verso la libreria. Camminando urtò le candele che cadendo si spensero lasciandolo nella più completa oscurità, ma lui non se ne curò.
Si aggrappò con la mano sana ad alcuni libri sullo scaffale facendoli franare rumorosamente sul pavimento. Poi ne afferrò altri alla cieca e gettò in terra anche quelli.
Scosse il capo, le dita si strinsero in un pugno che si scagliò con forza contro il mobile di legno.
“NOOO!” gridò e si lasciò cadere in ginocchio.
“Non mi libererò mai di te.” Mormorò afferrandosi di nuovo il braccio sinistro.
No, non si sarebbe mai liberato del Marchio. Il tatuaggio era solo la parte visibile di qualcosa di più profondo e radicato nella sua anima.
Forse si stava illudendo. Forse stava combattendo solo contro se stesso.
Il Marchio Nero non era il nemico, almeno non l’unico. Era come un demone che si stava nutrendo dei suoi peccati, dell’orrore che i suoi occhi non erano stati capaci di dimenticare.
Si alimentava della sua debolezza, la stessa debolezza che lo aveva spinto a farsi marchiare e che ora sarebbe stata la sua condanna.
Aveva davvero creduto di poter cancellare il passato, si era ripreso una vita che non gli apparteneva più, ma il Marchio era tornato a perseguitarlo, a ricordargli che quello non era il suo posto.
Anche se avesse vinto, se la pozione fosse riuscita a bloccare il potere oscuro che cresceva dentro di lui, come avrebbe potuto dimenticare di aver rischiato di precipitare il mondo nell’incubo di una nuova guerra? Di essersi strascinato dietro l’orrore che le nuove generazioni non avrebbero mai dovuto conoscere e di aver rischiato di sconvolgere la pace faticosamente raggiunta a prezzo di così tante vite?
Appoggiò il capo al vecchio mobile e chiuse gli occhi. Rimase così per tutta la notte.





Continua…



 
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» romi;
view post Posted on 27/1/2011, 13:15




No, certo che non è così il nuovo insegnante di pozioni, infatti dicevo che mi piaceva solo immaginarlo così...xD

Comunque, cavolo, la prima parte, povero professore, è davvero mal ridotto, fortuna che per ora il marchio è sbiadito e non più attivo come prima...^^
La seconda parte mi è piaciuta parecchio. forse sempre grazie a Malfoy?, non so, mi piace il modo in cui crei l'atmosfera e i dialoghi tra i due! è sempre un piacere leggere quelle parti, anche se l'argomento è stato piuttosto triste...T_T
Cavolo, mi spiace un sacco per Sev, soprattutto quando alla fine ci sono i suoi pensieri...ç__ç
Comunque complimenti come al solito, al di la della tristezza in questo capitolo, è anche molto profondo, soprattutto per quanto riguarda le ultime righe! Bravissima!

Laura.
 
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Astry
view post Posted on 28/1/2011, 21:42




Anche a me piace molto far dialogare Piton con Malfoy, quando posso li metto sempre a confronto quei due. Penso che presto posterò una One-shot proprio con loro due, che spero ti piacerà. Sempre che tu non l'abbia gia letta. ^_^

Cap 9 Un segreto mortale



La porta dell’ufficio del preside si spalancò e l’anta sbatté violentemente contro la parete. Sulla soglia Neville Paciock, spettinato e trasandato, stringeva un giornale arrotolato nella mano destra e lo scuoteva come se volesse far schizzar via dal foglio i caratteri stampati.
“Quella donna è una vipera!” Gridò.
“Immagino che si riferisca alla signorina Skeeter, professor Paciock.” Disse calmo Piton, sollevando appena lo sguardo dal libro che stava consultando.
“Distruggere la porta del mio ufficio, non le servirà a cancellare il suo articolo.” Continuò.
“Ma come fa a restare così tranquillo? Si rende conto del polverone che solleveranno le parole di questa pazza?”
Piton tese la mano e afferrò la sua copia della Gazzetta del Profeta che aveva spinto in un angolo della scrivania, dopo averla letta. Lo sguardo individuò il titolo che campeggiava in prima pagina: Preside di Hogwarts aggredisce uno studente. E poi sotto: Severus Piton, pazzo o pericoloso criminale?
“Quella bugiarda scriteriata è arrivata a paragonarla ad un nuovo Voldemort. Scatenerà il panico.”
“Ho letto l’articolo questa mattina, professor Paciock e mi rendo perfettamente conto del fatto che questa notizia metterà in allarme il mondo magico, tuttavia, devo ammettere che, nella sua carriera fatta di menzogne, la signorina Skeeter non è mai stata così vicina alla verità come questa volta. Dobbiamo augurarci solo che non sia convinta di quello che ha scritto, ma che sia solo il suo solito modo di attirare l’attenzione dei lettori”.
“Cosa vuole dire?”
“Tutto il mondo magico sa che è sua abitudine gettare fango su tutto e tutti, pur di accaparrarsi la prima pagina. Immagino che, anche questa volta, abbia costruito ad arte la notizia con il medesimo intento, senza rendersi conto di quanta verità ci sia nelle sue parole.”
“Ma cosa sta dicendo? Lei non è Voldemort, non è un mago oscuro, non tenterà di prendere il potere e non farà nessuna delle cose di cui farnetica quella donna.” Disse agitando le braccia.
“No, ma io e lei sappiamo quanto, in questo momento, un potere oscuro minacci la scuola e l’intero mondo magico. Se riuscirà a prendere il sopravvento…” abbassò lo sguardo. “Se vincerà,” continuò con voce strozzata. “Severus Piton non esisterà più, ma, come sostiene la nostra amica giornalista, al suo posto nascerà qualcosa di non molto diverso dal mago oscuro che tutti temono. Non sarà lo stesso Voldemort che è stato sconfitto vent’anni fa, ma avrà tutto il suo potere e la sua malvagità.”
“Lei sta scherzando?” scattò Neville.
“Non sono mai stato così serio, professore.” soffiò. “Al momento sembra che la pozione sia riuscita a bloccarlo, ma vi consiglierei di cominciare a pensare a me in questi termini, se vorrete sopravvivere.”
“Allora, deve rivelare la verità. Il mondo magico deve sapere quello che sta succedendo, deve sapere, e deve poterla aiutare. Altrimenti sarà accusato e allontanato da Hogwarts. Deve farlo.” Disse con enfasi, poggiando i pugni sul ripiano della scrivania.
Piton non rispose. Chiuse gli occhi e si appoggiò sospirando allo schienale della poltrona.
“Sa che è stata indetta una riunione del consiglio per domattina?” proseguì Neville, drizzando le spalle e fissando l’altro con gli occhi ridotti a due fessure. La voce apparentemente calma nascondeva tutta la frustrazione dell’insegnante.
“Le toglieranno l’incarico, sarà accusato di agire con chissà quali fini malvagi, o, se le va bene, le daranno del pazzo.”
“E se rivelassi la verità, cosa crede che succederebbe?” domandò il preside tenendo gli occhi chiusi, mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia.
“Io, io non so,” Fece un passo indietro e sollevò le spalle. “Immagino che faranno in modo di essere preparati. Se dovesse scoppiare una nuova guerra, dovranno essere pronti a difendersi.”
Piton si alzò avvicinandosi al suo collega.
“Glielo dico io, signor Paciock, cosa succederebbe.” Gli occhi del preside s’infiammarono all’improvviso. “Probabilmente tenteranno di rendermi inoffensivo, magari rinchiudendomi ad Azkaban. Non rendendosi conto che, senza la pozione, la magia che si sta impossessando di me, sarebbe libera di agire. Rinchiuso in una prigione non potrei far nulla per tentare di contrastarla e, quando il processo sarà completo, di certo non basteranno delle mura, per quanto spesse, a trattenermi.”
“Non può credere questo. Noi non lo permetteremo.”
“Il personale di Hogwarts potrà fare ben poco, temo.” Disse senza nascondere una punta di amarezza. “Oltretutto, una volta diffusa la notizia, fanatici e antichi sostenitori di Voldemort accorreranno come api al miele, nella speranza di guadagnarsi i favori del nuovo Signore Oscuro. E, di fatto, potrebbero tentare di facilitarne il ritorno.”
“Dunque non si difenderà dalle accuse?”
“Per il bene del mondo magico, è preferibile che mi credano pazzo. Se dovessi essere allontanato dalla scuola, confido che lei e il professor Winkilson proseguirete il lavoro. La pozione è l’unica arma che abbiamo, per ora.”
“Per ora?”
Piton lo guardò con le labbra serrate. Neville rabbrividì.
“Se la pozione non…” L’insegnante di Erbologia non ebbe il coraggio di terminare la frase, la voce gli si bloccò in gola.
“Se la pozione dovesse rivelarsi un fallimento, Signor Paciock, dovremo ricorrere a metodi più… ” Piton si passò un dito sulle labbra. “… drastici.” Concluse.
Neville scosse il capo. “No, non voglio nemmeno prendere in considerazione un’eventualità del genere.”
“Non si preoccupi,” Severus voltò le spalle al collega, avvicinandosi alla vetrata. “Ho preso le mie precauzioni.” Disse fissando il bosco in lontananza. “Come direbbero i Babbani, il piano B è pronto, e sarà messo in pratica immediatamente, al primo segnale di pericolo.”
Nel sentirlo parlare in quel modo, Neville non poté fare a meno di sorridere. Quello del preside sembrava proprio un maldestro tentativo di spezzare la tensione. Per un attimo gli parve di sentir parlare Silente, ma quel genere di umorismo si addiceva così poco a Severus Piton che, immediatamente, il pensiero di cosa potesse significare ‘Piano B’ per il suo ex insegnante gli gelò il sangue. Si avvicinò e, afferrandolo per un braccio, lo costrinse a voltarsi.
“C’entra Malfoy in questa storia? E’ per questo che l’ha convocato a scuola?”
Piton non rispose.
“Cosa potrebbe fare lui, per aiutarla, che noi non saremmo in grado di fare?” Continuò Neville con rabbia.
Il sopracciglio del preside si inclinò pericolosamente.
“Ci sono compiti che non affiderei mai ad un Grifondoro.” disse acido. “Preferisco essere sicuro del risultato.”
“E di Lucius si fida?”
“Non esattamente, ma mi fido di un Mangiamorte spaventato all’idea che un nuovo Signore Oscuro possa vendicarsi di lui e della sua famiglia.”
Ci fu un lungo silenzio. Alla fine, Neville fece un passo indietro.
“D’accordo, è lei che deve decidere. Per quanto mi riguarda sarò a sua disposizione e non la ostacolerò in nessun modo. Spero solo che il suo piano funzioni.”
Piton lo guardò andar via senza aggiungere altro.




* * *




Intanto a Hogwarts la vita procedeva con apparente normalità: le lezioni, i pranzi nella Sala Grande. Unica nota stonata: la sedia vuota al tavolo degli insegnanti.
Piton non si era più presentato a tavola dal giorno dell’incidente con la professoressa Chapman. Ad ogni pranzo, tutti gli studenti fissavano la sua sedia sperando di vederla nuovamente occupata e, anche se nessuno commentava, era evidente che il comportamento del preside era stato al centro dei loro discorsi fino a pochi istanti prima. Infatti, pur in silenzio, i ragazzi si scambiavano sguardi e cenni d’intesa.
Soprattutto dopo che la voce dell’aggressione da parte del preside ad un loro compagno aveva fatto il giro della scuola, tutti sembravano ansiosi di poter vedere il volto di Piton, sperando di essere i primi a carpire i segreti nascosti nei suoi occhi, nei suoi atteggiamenti, dimenticando, guidati dall’ingenuità che solo i ragazzi possono vantare, di aver a che fare con uno dei più grandi Occlumanti del mondo magico.
Finché, quella sera, la piccola porta dietro il tavolo degli insegnanti si aprì, e Severus Piton fece il suo ingresso nella Sala Grande.
Il chiacchiericcio si placò all’istante, gli occhi di tutti si spostarono sull’uomo in piedi alle spalle di Vitious.
Anche i professori si voltarono a guardarlo. Qualcuno con aria sorpresa, altri piuttosto intimoriti. Altri ancora, come la professoressa Chapman, gli rivolsero uno sguardo severo e infastidito. Neville e Wilkinson, che erano gli unici a sapere la verità, sfoderarono, invece, uno dei loro migliori sorrisi.
Piton passò in rassegna uno ad uno i volti degli insegnanti, soffermandosi sull’ex alunno e il collega Pozionista che scattò in piedi facendo un cenno di saluto.
Severus, però, rimase impassibile e, senza rispondere, si diresse verso il proprio posto al centro del tavolo.
Posò l’avambraccio destro sul ripiano di legno, mentre teneva il sinistro abbandonato in grembo.
Lucrezia, che sedeva proprio accanto al preside, abbassò immediatamente lo sguardo, tuffandolo nel piatto di verdure. Il suo imbarazzo non sfuggì a Piton che, impietoso, decise di provocarla.
“Buonasera professoressa!”
“Mmmsera preside!” mugugnò la donna, mentre la sua testa sprofondava tra le spalle, come quella di una tartaruga nel suo carapace.
Le labbra di Piton si piegarono malignamente: era evidente che Lucrezia l’aveva già condannato. Chissà cosa pensavano di lui gli altri suoi colleghi? Mosse ancora lo sguardo individuando l’imponente figura di Rubeus Hagrid. Si morse il labbro, notando quanto il volto dell’uomo fosse triste, piuttosto che spaventato. Chissà quanto, e cosa sapeva?
Di sicuro ogni informazione giunta alle orecchie del mezzo gigante, doveva essere passata attraverso i Potter. Albus e James avevano imparato dal loro padre a confidarsi con l’insegnante di Cura delle Creature Magiche. Ogni segreto del quale venivano a conoscenza finiva per essere spifferato di fronte ad una doppia razione di biscotti servita nella capanna di Hagrid.
Con lentezza, Severus spostò gli occhi, scivolando sulle prime file di tavoli, fino a raggiungere Albus Severus intento a conversare con i suoi amici Serpeverde. Restò a fissarlo per un po’, mentre il ragazzo, che evidentemente si era accorto di essere osservato, evitava con cura di guardare nella sua direzione. Era certo che il giovane stesse tramando qualcosa, i Potter erano dei gran ficcanaso, e Albus aveva ereditato questo fastidioso difetto di famiglia.
Non sapeva davvero cosa aspettarsi, ma sentiva che avrebbe voluto di nuovo avere a che fare con quella piccola peste. Provò una strana sensazione, quasi il desiderio di trovarsi ancora di fronte l’innocenza dei suoi occhi verdi.
L’immediato futuro non prometteva nulla di buono. Forse i suoi studenti rappresentavano quella piacevole quotidianità alla quale non avrebbe voluto rinunciare.
Credeva di aver sempre odiato fare l’insegnante, ma ora che stava per perdere il suo lavoro, che stava per essere allontanato dal mondo del quale aveva sognato di far parte fin da bambino, si sarebbe aggrappato volentieri a quella vita.
Ne era già stato strappato una volta, quando era dovuto fuggire con la macchia dell’assassino su di lui. Ora non era molto diverso, in fondo: aveva ferito, rischiando persino di uccidere, un ragazzo innocente, e non aveva nemmeno avuto una ragione, un fine più alto che giustificasse quel delitto, come era stato per Silente.
Se fosse accaduto il peggio, sarebbe stato imputabile solo ad un suo errore, alla sua debolezza e ad un passato oscuro del quale non si sarebbe mai liberato. Un passato costruito sulla colpa di una scelta scellerata, e imbrattato col sangue di tanti altri innocenti.
Il mago bruno chiuse gli occhi e scosse il capo sospirando. Non c’era scelta: doveva lasciare che la commissione lo credesse pazzo. Doveva allontanarsi da quei ragazzi e allontanare il potere di Voldemort da tutti loro, non poteva rischiare la vita di nessun altro, non avrebbe sopportato altro sangue sulle sue mani. Così sarebbe stato se avesse fallito, sarebbe stata solo colpa sua, come per Lily.
D’improvviso Scorpius Malfoy si alzò da tavola, si avvicinò al figlio di Potter e gli sussurrò qualcosa all’orecchio prima di ritornare al proprio posto.
Gli occhi di Piton seguirono ogni suo movimento. La mano che teneva il cucchiaio pieno di minestra di zucca rimase sospesa a mezz’aria, mentre la sua attenzione fu attirata dal visetto particolarmente allegro del Serpeverde.
Se solo il giovane mago avesse immaginato quale pericolo correvano lui e tutta la sua famiglia, e che rischio avrebbe affrontato suo nonno per aiutarlo, probabilmente quell’ espressione sorridente si sarebbe mutata in qualcosa di molto simile al grugno, schifato e impaurito al tempo stesso, della sua collega Lucrezia.
Ma che diavolo aveva per essere tanto allegro?
La mano che teneva il cucchiaio ricadde sul piatto con un tonfo.
D’istinto, il preside passò in rassegna degli altri studenti e notò che l’insolito sentimento che animava il piccolo Malfoy pareva aver contagiato anche gli altri.
Doveva essersi diffusa la notizia della sua probabile rimozione dall’incarico. Certo, non c’era altra spiegazione a tanta allegria in un simile frangente.
Fece una smorfia. Beh, se non altro, una volta lontano da Hogwarts, avrebbe potuto pensare a salvare se stesso, senza doversi preoccupare di rischiare altre vite.
La pozione avrebbe avuto bisogno di tempo per sconfiggere definitivamente l’oscura magia che lo aveva colpito. Un tempo probabilmente molto lungo in cui non sarebbe stato in grado di controllare le sue azioni.
Eppure sapeva che non avrebbe dovuto affrontarlo da solo. Si voltò verso il fondo della tavola degli insegnanti. Paciock e Winkilson stavano consumando il loro pasto in silenzio.
Le labbra del preside si piegarono appena, senza che lui se ne accorgesse.
Fissò Neville. Non avrebbe mai creduto di poter essere grato proprio a lui: allo studente imbranato che faceva esplodere i calderoni alle sue lezioni. Ma, incredibilmente, era così: lui e il suo collega Pozionista erano gli unici, in tutta Hogwarts, di cui si poteva fidare in quel momento. Gli unici, oltre a Malfoy, ai quali aveva confidato il suo terribile segreto.
Era abituato a non dover dipendere dagli altri, ma, questa volta, non aveva potuto fare a meno di chiedere aiuto, e, in un certo senso, ne era felice.
Altre persone si stavano preoccupando di salvarlo. Non solo di sconfiggere il male, non di portare a termine una missione fermando Voldemort a qualsiasi costo. Quel compito lo aveva affidato al suo amico Lucius.
Neville ed Estragone stavano lottando per liberare lui, l’ex Mangiamorte, l’uomo dall’oscuro passato, l’assassino. Stavano rischiando il loro posto di lavoro e persino le loro vite, per salvare la sua. Neville era persino preoccupato per la sua reputazione.
Sospirò. In fondo Paciock aveva ragione: per quanto ora gli sembrasse una cosa assurda, se fossero davvero riusciti a vincere, avrebbe dovuto pensare anche del proprio futuro. Non era certo tornato in vita per finire i suoi giorni nel reparto di malattie mentali del san Mungo.
Abbassò lo sguardo sul braccio che giaceva inerte tra le pieghe del mantello.
“Se” fossero riusciti a vincere, cosa di cui dubitava fortemente, avrebbe avuto un futuro.
Chinò il capo sostenendolo con la mano.
Cosa doveva fare?
Aveva l’impressione di trovarsi di fronte ad un bivio. Davanti a sé, tante strade diverse, tante possibili soluzioni. Molte delle quali dipendevano dalla sua volontà.
Poteva accettare passivamente la sentenza del consiglio ed essere allontanato da Hogwarts. Oppure opporsi, rischiando di essere accusato di essere un pazzo pericoloso e finire rinchiuso in un ospedale. O, addirittura, rivelare la verità, rischiando di scatenare il panico e guadagnarsi un soggiorno ad Azkaban.
E poi c’era un’altra strada, una discesa ripida che conduceva dritta verso il baratro, e verso un’ultima possibile soluzione.
Una strada verso la quale stava inesorabilmente scivolando. Lo sentiva.
Le dita si strinsero in un pugno sui capelli, tornati al loro aspetto disordinato di molti anni prima.
Ormai, solo una flebile speranza gli impediva di scegliere definitivamente quell’ultima strada. Una speranza alimentata anche da Paciock e Wilkinson. Forse, era solo grazie a loro se ancora non aveva smesso di lottare. Dopotutto se Paciock non si era arreso di fronte a quella difficilissima pozione, tentando in tutti i modi di portare a termine un lavoro per lui impossibile, Severus Piton non doveva essere da meno.
La professoressa Chapman sollevò di scatto la testa, fissando il piatto del collega, ancora pieno di minestra, ormai fredda.
“Preside?” mugolò un po’ incerta, distogliendo l’uomo dai suoi pensieri.
Severus la osservò per un attimo. “Non ho appetito, signorina Chapman.” Disse con voce bassa e pacata, rispondendo alla domanda che l’altra non aveva osato rivolgergli.
“Certo!” sussurrò lei, tornando ad abbassare lo sguardo.
Anche Vitious, che sedeva dall’altro lato, si voltò verso Piton. Non aveva detto niente per tutta la cena, ma improvvisamente il piatto ancora pieno del preside sembrò turbarlo quanto la peggiore delle catastrofi.
Il piccolo mago aveva molto intuito. Continuò a tacere, ma era evidente che aveva compreso lo stato d’animo del suo superiore. Lanciò un’occhiata irritata a Lucrezia, poi, quando Severus si alzò da tavola, scusandosi, annuì semplicemente, seguendo con lo sguardo l’uomo che si allontanava, accompagnato da un crescendo di sussurri.





Continua…







Edited by Astry - 28/1/2011, 22:09
 
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» romi;
view post Posted on 28/1/2011, 22:07




No, non l'ho letta! ^^ Aspetto che la pubblichi qui, così almeno è più bello...U_u

Passando al capitolo, ribadisco: adoro Neville, non posso farci nulla...è davvero un bellissimo personaggio e si vede come ci tenga a Severus...^^
Rita è la solita rompipalle... .__. avrebbero dovuto uccidere lei anzichè il povero zio Voly...x°DD No, a parte gli scherzi, dovrebbe finirci quella donna ad Azkaban...>_<
Molto bella la parte con tutti i pensieri del preside, davvero splendida! Come al solito, ti faccio i miei complimenti! **

Laura.
 
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arcady
view post Posted on 29/1/2011, 14:49




u che intezioni ha?? mi lasci così sul più bello..
Questa fic è pervasa d tristezza , è come il percorso verso il patibolo...
però voglio leggere ancoraa!! :)
 
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Astry
view post Posted on 30/1/2011, 18:47




CITAZIONE (» romi; @ 28/1/2011, 22:07) 
Rita è la solita rompipalle... .__. avrebbero dovuto uccidere lei anzichè il povero zio Voly...x°DD No, a parte gli scherzi, dovrebbe finirci quella donna ad Azkaban...>_<

Sì, la detesto anch'io e proprio perchè la detesto... :ph34r: :rolleyes:


CITAZIONE (arcady @ 29/1/2011, 14:49) 
u che intezioni ha?? mi lasci così sul più bello..
Questa fic è pervasa d tristezza , è come il percorso verso il patibolo...
però voglio leggere ancoraa!! :)

Hai ragione, questa ff è triste, perchè, ahimè, la fine di Piton nel libro è stata triste, e anche se mi sono sforzata di riportarlo in vita, non riesco a cancellare quello che la Rowling gli ha fatto. Insomma l'ho resuscitato, è vero, ma la vera vita di Severus è quella che gli ha dato la sua creatrice. E' davvero come se una magia oscura lo incatenasse ancora al suo triste destino, strappandolo alla mia misera penna.


Cap 10 Condannato dalla menzogna



La Sala Grande era quasi vuota, i membri del consiglio stavano seduti nel posto occupato solitamente dagli insegnanti durante il pranzo. Il tavolo, tuttavia era stato spostato e le sedie in legno scuro con i loro occupanti erano addossate alla parete ricordando il Coro di una cattedrale.
Piton sedeva al centro, le labbra serrate e lo sguardo fisso davanti a sé.
Il chiacchiericcio era cessato immediatamente, non appena aveva fatto il suo ingresso nella sala. Si era diretto in silenzio al suo posto, camminando con lentezza ma senza esitazioni. Gli occhi di tutti avevano seguito il suo incedere dal momento in cui aveva varcato la soglia, mentre lo sguardo di Piton, al contrario era scivolato pigro su di loro senza vederli realmente, fino ad incrociare quello del suo amico, Lucius.
Malfoy, nonostante il suo oscuro passato, era ancora abbastanza ricco ed influente da far parte del consiglio, insieme ad alcuni genitori degli alunni e a membri illustri della società magica. L’ex Mangiamorte era teso e la sua pelle, già bianchissima, era così pallida da farlo somigliare ad uno spettro. Sembrava persino trattenere il respiro, mentre a Severus pareva che il sibilo dell’aria che continuavano a pompare i propri polmoni fosse l’unico suono udibile in quel silenzio. Era forse il solo a respirare in quella dannata stanza?
Si sedette tenendo le mani incrociate, perché non si notasse che il braccio sinistro era completamente inerte, e attese.
La porta della sala grande si aprì di nuovo, e Neville accompagnò alcune persone verso una fila di sedie sistemate più in basso, dove di solito stavano i tavoli degli studenti. Il gruppetto, piuttosto rumoroso, spezzò la tensione.
Piton individuò tra loro la testa bionda e boccoluta di Rita Skeeter. Era intenta a chiacchierare con un uomo grasso e tarchiato, infilato a forza in una giacca troppo stretta. Passandogli davanti gli lanciò un occhiata maligna, mentre le labbra si piegavano in un sorrisetto soddisfatto. Poi si accomodò nel posto che Neville le aveva indicato, assieme a quelli che evidentemente erano suoi colleghi giornalisti.
Paciock, dopo aver adempiuto ai suoi doveri nei confronti quegli ospiti poco graditi, si voltò verso Piton, accennando con lo sguardo ad una sedia rimasta libera tra quelle che ospitavamo i membri del consiglio. Le dita di Severus si strinsero come colte da uno spasmo. Non l’aveva notata.
In effetti, il consiglio non era al completo, mancava qualcuno: un nuovo membro, che era stato eletto da poco, come riconoscimento dei molti anni prestati al servizio della scuola.
Era strano che fosse in ritardo, pensò.
Beh, forse non così strano, dopotutto. Piton emise un basso sospiro, immaginando quanto potesse essere difficile per lei assistere all’odiosa messinscena che si sarebbe svolta di lì a poco.
Sollevò lo sguardo, quando il grande portone si aprì di nuovo e l’anziana donna fece il suo ingresso in quella che sembrava essersi trasformata per l’occasione in un aula di tribunale.
Minerva McGranitt camminava a fatica, sorreggendosi al suo elegante bastone. Sembrava ancora più vecchia di quando l’aveva ritrovata l’anno precedente.
Piton sussultò sul suo scranno, mentre le dita della mano sana continuavano a stringersi nervosamente sull’altra.
L’ultimo membro del consiglio, giunto di fronte al preside, lo guardò per un lungo istante, poi scosse il capo sospirando, e si diresse al suo posto in mezzo agli altri undici.
Neville, come tutti gli insegnanti di Hogwarts, si sedette in fondo alla sala.
In occasioni normali il consiglio si sarebbe svolto a porte chiuse, ma la notizia aveva fatto così tanto clamore che il ministero aveva voluto che fossero presenti anche i giornalisti e, a causa della giovane età degli studenti chiamati a testimoniare, anche ai docenti fu concesso di assistere perché i ragazzi potessero sentirsi al loro agio.
Appena tutti si furono sistemati e il rumoreggiare cessò, Minerva si alzò di nuovo, srotolò una pergamena e si accinse a leggerne il contenuto, ma Piton la interruppe.
“Può risparmiarci la lettura dell’ordine del giorno, professoressa McGranitt.” disse gelido. “Credo che tutti i presenti siano al corrente delle ragioni di questa riunione.”
“Oh, beh, certo, certo, come preferisce, preside.” borbottò, poi si schiarì la voce. “Dunque, possiamo passare direttamente ad ascoltare le dichiarazioni delle persone presenti allo…” prese un profondo respiro. “… spiacevole avvenimento.”
Si rivolse a Neville.
“Professor Paciock, vuole essere così gentile da chiamare la nostra infermiera?”
L’insegnante di Erbologia, che si era offerto di dare una mano, uscì dalla sala, e rientrò, dopo pochi istanti, accompagnato da una donna piccola e nervosa, con i capelli rossi raccolti in uno chignon.
La Medistrega camminava rapidamente, tanto da lasciare indietro Neville, che, dopo aver tentato inutilmente di stare al passo della minuta donna, decise di lasciare che raggiungesse da sola il posto che le era stato assegnato di fronte al consiglio, e tornò a sedersi fra gli altri suoi colleghi.
“Bene, Susanne, vuoi, per favore, illustrarci quello che è accaduto quattro giorni fa in infermeria?”
La interrogò la McGranitt.
La Medistrega si guardò un po’ attorno e poi iniziò a leggere ciò che aveva riportato minuziosamente nel suo registro medico. Dalle condizioni del ragazzo al momento del ricovero, alle cure che gli aveva somministrato e tutte le sue successive osservazioni.
Di nuovo un mormorio attraversò la sala come un vento gelido, finché la voce acuta e squillante di Rita Skeeter, zittì tutte le altre.
“Ma il ragazzo? Cos’ha detto il ragazzo quando ha ripreso conoscenza?”
Minerva McGranitt si voltò di scatto verso la Strega.
“Signorina Skeeter, non le è permesso intervenire.” Di nuovo si sollevò un vociare dal gruppetto di maghi seduti accanto alla giornalista.
Allora Minerva si alzò dal suo posto e fece qualche passo avvicinandosi a loro.
“Signori, questa è una riunione del consiglio, non una conferenza stampa. Voi giornalisti siete stati ammessi in via eccezionale, per volontà del Ministero, ma vi è consentito solo assistere, e prenderete atto delle decisioni che verranno prese in questa sede, qualunque esse siano.”
Piton ascoltava immobile, non guardò la Medistrega, né il gruppo dei giornalisti, finché, Minerva non gli chiese se desiderava interrogare Susanne.
Allora abbassò lo sguardo sulla donna che continuava ad agitarsi sulla sedia, sembrava seduta su una piastra arroventata. Le labbra di Piton si piegarono appena, notando il suo imbarazzo.
Stupendo tutti, il preside domandò calmo: “Il ragazzo ha raccontato come si è ferito?”
Susanne impallidì.
“Beh, preside, lei… lei sa cosa ha detto.” Balbettò.
Piton si chinò in avanti, fissandola negli occhi.
“Signorina Johnson, io lo so, ma credo che questi signori siano riuniti qui per sentirlo dalla sua voce. Non vorrà deluderli.” Disse malevolo.
La strega sgranò gli occhi, e rivolse uno sguardo supplichevole alla ex insegnante di Trasfigurazioni
“Andiamo, Susanne, non ha nulla di cui preoccuparsi,” la tranquillizzò Minerva. “Non stiamo processando nessuno, vogliamo solo capire quello che è successo, e il professor Piton è qui in veste di preside, non di accusato.”
“Ma lui, cioè, il ragazzo, lui ha detto…”
La Medistrega si guardò attorno cercando un sostegno che però sembrò non trovare, quindi tornò a fissare la McGranitt.
“Ha raccontato che il preside Piton aveva usato un incantesimo su di lui.” Abbassò lo sguardo. “Ha detto di essere stato aggredito da Severus Piton.”
Di nuovo un crescendo di borbottii e mugugni si alzò dal gruppo di giornalisti, mentre gli insegnanti e i membri del consiglio sembravano aver perso la capacità di parlare.
Piton sorrise, e si rilassò poggiandosi sullo schienale della sua sedia, come se, finalmente, avesse ottenuto ciò che voleva.
Dopo un lungo silenzio, Susanne Johnson venne congedata. Neville l’accompagnò fuori dalla sala e rientrò dopo circa due minuti seguito dal suo amico Harry Potter.
“Ma tu guarda, chi c’è! Adesso ne vedremo delle belle.” Fu il commento, non troppo discreto, di Rita Skeeter, condiviso dalla maggioranza dei presenti, che però ebbero la delicatezza di mostrarsi indifferenti.
Potter si accomodò nel posto che prima aveva occupato l’infermiera e, invitato dalla McGranitt, iniziò a raccontare quanto era successo dopo che aveva incontrato Piton in corridoio.
Non avendo assistito all’incidente, si limitò a riferire come il preside si fosse preoccupato di portare immediatamente il ragazzo in infermeria.
“Signor Potter,” intervenne un membro del consiglio, un uomo anziano con dei vistosi baffi grigi. “Il preside, le ha dato forse l’impressione di voler nascondere l’accaduto?”
“Non era lui!” scattò Harry con la sua solita irruenza.
La mascella di Lucius Malfoy scricchiolò pericolosamente, mentre lo sguardo correva a cercare il volto del suo amico.
Piton si era irrigidito, le labbra serrate e gli occhi fissi sul suo ex alunno. Potter doveva sapere molte cose, Neville non avrebbe mai tenuto il suo amico completamente all’oscuro. Ma quanto sapeva? E soprattutto, sarebbe stato capace di tenere a freno la lingua?
Per qualche istante, Potter ebbe l’impressione che il preside volesse incenerirlo con lo sguardo, ma poi Piton guardò Lucius, e annuì, come per rassicurarlo.
“Intende dire che il preside non era in sé quando ha aggredito il ragazzo, signor Potter?” continuò il Mago coi baffi.
“Io…” di nuovo gli occhi neri di Piton lo fulminarono. “Io volevo dire…” Abbassò lo sguardo, rassegnato. “Sì, volevo dire che non era in sé.” mormorò fra i denti.
Minerva, mosse la bacchetta e una penna magica segnò l’ultima dichiarazione del mago sul verbale, dopo di che lo ringraziò e, come dopo i precedenti interventi, fece cenno a Paciock perché lo accompagnasse fuori.
Harry Potter si alzò e, prima di avviarsi all’uscita, rivolse uno sguardo preoccupato al preside, che però rimase freddo e distaccato. Per un attimo sembrò quasi assente.
Al contrario, tra molti membri del consiglio, ma soprattutto tra i giornalisti era evidente un certo nervosismo. Rita Skeeter non sembrava soddisfatta della piega che stava prendendo la riunione. Di certo avrebbe preferito poter accusare Piton di qualcosa di peggio di un semplice esaurimento nervoso, ma almeno era certa, in base alle dichiarazioni fatte fino a quel momento, che il preside sarebbe stato allontanato dalla scuola.
“Bene,” disse la McGranitt con voce ferma appena Potter fu fuori dalla sala. “Ora, signori, ascolteremo la versione dei ragazzi. Come ex insegnante di questa scuola, vorrei pregarvi di essere cauti con le domande. Gli alunni coinvolti sono molto giovani, e abbiamo una responsabilità verso di loro.” Poi alzando il tono di voce, per farsi sentire dal fondo della stanza. “Può far entrare Tommy, professor Paciock”.
Appena fu all’interno, il giovane mago, contrariamente a quanto tutti si aspettavano, trotterellò verso il consiglio schierato, affatto intimorito dalla situazione. Aveva ancora una benda che gli fasciava la fronte. Passando davanti al gruppetto dei giornalisti, le sue labbra si piegarono in un sorrisetto cattivo. Cosa che mandò in visibilio Rita Skeeter.
Si sedette, e passò in rassegna con lo sguardo tutti i presenti. Per poi lasciarsi precipitare nelle iridi buie del sue preside. Senza timore, come se cercasse in quell’oscurità la conferma dei propri pensieri.
Severus, che si era drizzato sulla schiena appena il ragazzo aveva fatto il suo ingresso nella sala, non si era sottratto a quello sguardo, ma l’aveva ricambiato aspettandosi di vedere, negli occhi del giovane una fiamma d’odio, che invece non riuscì a cogliere. Dopo alcuni istanti di palpabile tensione, Piton si rilassò appoggiandosi di nuovo allo schienale della sedia.
Chiuse gli occhi e si apprestò con rassegnazione ad ascoltare il racconto di quel maledetto incidente, dalla viva voce della sua vittima.
Il ragazzo, cominciò con lo spiegare cosa ci facessero lui e i suoi amici in corridoio quel giorno e dello scherzo che aveva subito.
Tutti ascoltavano in silenzio, ma, ad un certo punto, qualcosa nel racconto del giovane sembrò disorientarli.
Anche Piton riaprì gli occhi, mentre la sua espressione passò rapidamente, dall’attenzione, allo stupore, fino allo sbalordimento.
“Ci stavamo divertendo tutti quanti, io continuavo a ridere, a causa dell’incantesimo.” Aveva iniziato a dire, poi le successive parole del ragazzo erano giunte come una valanga, che, attraversando la sala, aveva spazzato via le espressioni compiaciute di molti dei presenti. “Io sono saltato sulla mia scopa…”
“Una scopa?” Rita Skeeter era scattata in piedi, come se temesse di non aver afferrato quell’ultima affermazione.
“…e mi sono lanciato a tutta velocità lungo il corridoio.” Proseguì.
I membri del consiglio si guardarono l’un l’altro, stupiti.
“Tommy,” intervenne amabile la McGranitt. “Questo non è ciò che hai raccontato alla nostra infermiera.”
“Se avessi detto di essere caduto dalla scopa, sarei finito in punizione. Non è permesso volare all’interno del castello.” Pigolò il ragazzo, mostrandosi pentito. “Quando ho visto il preside in corridoio, ho avuto paura, mi sono distratto e sono caduto. Il resto lo sapete.”
“Ma, ma, ragazzo mio, ti rendi conto di quello che hai fatto?” Minerva allargò le braccia scioccata. Incolpare il preside di averti aggredito! Hai fatto una cosa gravissima!” Poi una voce alle sue spalle attirò l’attenzione della maga: una donna molto distinta, un membro del consiglio si rivolse a Piton.
“Ma, preside, perché lei non ha smentito e ha lasciato che credessimo alla bugia di questo ragazzo?”
Severus, che nel frattempo continuava a fissare il suo alunno, come se si fosse trasformato in un folletto, si voltò quasi distrattamente versò la sua interlocutrice.
“Ho immaginato che non avreste creduto alle mie parole.” Rispose con voce atona, quasi a se stesso. “Del resto i suoi amici avevano confermato la versione dell’aggressione.”
“E’ inaudito!” sbottò il mago con i baffi. “Questi ragazzi meritano una severa punizione”.
“Sì, certo è inaudito convocarci qui, mettere in allarme l’intero mondo magico, per una ragazzata!” Aggiunse stizzita la Skeeter.
A quel punto Severus Piton sembrò riacquistare la sua lucidità.
“Signorina Skeeter, devo ricordarle che è stata lei per prima a dar credito alle parole di questo ragazzo, e a pubblicare le sue fantasticherie sul suo giornale?” soffiò cattivo, dedicando alla strega una delle sue peggiori espressioni di disgusto.
La giornalista fece per ribattere, ma fu anticipata da Minerva McGranitt che annunciò con voce squillante: “Bene, a questo punto direi di far entrare gli altri ragazzi. Se confermeranno la versione della caduta dalla scopa, potremo sciogliere il consiglio.”
In effetti gli altri studenti, interrogati, confermarono la nuova versione del loro amico, e, come anticipato da Minerva, il consiglio fu sciolto immediatamente e i giornalisti congedati, ma non prima di aver rivolto le loro scuse al preside di Hogwarts.
Piton, tuttavia, lasciò la sala grande, piuttosto contrariato. Uscendo lanciò un’occhiata truce a Neville, che, più stupito di lui per ciò che era appena accaduto, si precipitò a raggiungere il gruppetto di ragazzi, ai quali ora si erano uniti anche i figli di Potter e Scorpius Malfoy.
“Che significa?” domandò loro.
Tommy, che si massaggiava la fronte fasciata, si fece da parte lasciando passare Albus Severus, che si mise una mano in tasca, ne tirò fuori un Galeone d’oro falso e lo consegnò all’insegnante di Erbologia.
Neville spalancò la bocca, stava quasi per gridare quella parola che era risuonata improvvisa nel suo cervello, ma si trattenne.
Fu Albus a pronunciarla per lui.
“l’E.S si è ricostituito,” annunciò fiero. “Mio padre si fida di Piton. Lei si fida di Piton. Lo faremo anche noi, e lo aiuteremo a modo nostro.”





Continua…



Edited by Astry - 30/1/2011, 21:27
 
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arcady
view post Posted on 30/1/2011, 21:33




ma che figata!!!!! ehehehe questo mi ha entusiasmato! :D
che dolce Albus Severus! un nuovo esercito...a che belle idee hai!
Aspetto trepidante....
 
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» romi;
view post Posted on 30/1/2011, 22:42




*saltell* Evviva Albus Severus e la nuova generazione, che è più intelligente di quella passata...u.ù
No comunque, bel capitolo davvero, bella anche l'entrata in scena di Minerva...^^
La presenza di Lucius sembrava quasi dare un sostegno maggiore al professore, davvero molto bello...**
Insomma, un pò tutto il processo è stato interessante, leggere le opinioni di coloro che erano coinvolti nell'accaduto per poi arrivare infine al ragazzino che cambia la sua versione dei fatti per salvare il preside! ^^
Davvero un bell'aggiornamento che abbassa anche la tensione che si era creata nei precedenti...come al solito, molto brava! xD

Baci baci,
Laura.
 
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Natalie_S
view post Posted on 31/1/2011, 09:49




che tenero Albus! :wub:
Meno male che è un po' più sveglio del padre!
Il sostegno degli studenti al loro amato (?) (ma sì dai, diciamolo!) preside è la parte che mi piace di più!

Però questa storia è troppo triste... sniff... sei sadicissima! :cry: :cry:
 
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arcady
view post Posted on 2/2/2011, 13:25




Aaastry...doe seiii? ehehehe da posta ancora!!! :D
 
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Astry
view post Posted on 2/2/2011, 13:50




Ehehhe! Arrivo, scusa, ero momentaneamente impegnata a sclerare con mia madre. :angry:

Parlando di slerare, ecco, godetevi la sclerata di Piton. :rolleyes:

Cap 11 Un esercito per Severus



Severus era immobile, non aveva detto una parola da quando era tornato nel suo ufficio, dopo la riunione del consiglio. Aveva chiuso la porta dietro di sé e si era appoggiato all’anta di legno massaggiandosi distrattamente il braccio sinistro.
“Cosa ti turba, Severus?”
La voce del ritratto di Silente lo fece trasalire. Il mago bruno sollevò il viso di scatto.
“Non intendo risponderle, visto che lo sa benissimo.” rispose brusco.
“Lo so?” domandò l’altro passandosi un dito sul mento, pensieroso.
“L’ho vista, era in sala grande poco fa? Un vecchio con la barba bianca non passa inosservato in un dipinto pieno di putti alati che suonano il violino.”
“Dici?” il ritratto sorrise. “E pensare che credevo di essermi camuffato a meraviglia.”
Piton sbuffò chiudendo gli occhi: era inutile discutere con quell’uomo impossibile. Riusciva a scherzare su tutto, persino sulla morte.
Si staccò dalla porta e si avvicinò alla poltrona lasciandovisi cadere con rassegnazione, pronto ad ascoltare l’ennesima, pazzesca paternale di una tela dipinta.
“Non vedo come quello che è accaduto in sala grande possa averti disturbato fino a questo punto, Severus.” continuò il vecchio mago.
“Forse mi disturba il fatto che, ciò che è accaduto, non doveva assolutamente accadere.”
Rispose Piton, rivolgendo al quadro un’occhiata caustica.
“La testimonianza dei ragazzi in tuo favore era imprevista, certo, ma comunque benvenuta, ed è per questo che non riesco a capire il tuo atteggiamento. Dovresti essere grato ai tuoi studenti.”
“Non capisce?” Piton si alzò di scatto e si avvicinò alla cornice. “Hanno mentito! Quei ragazzi hanno mentito!” sbottò.
D’un tratto s’udirono dei colpi alla porta.
“Preside, è permesso?”
Severus si zittì immediatamente, e dopo aver rivolto uno sguardo furibondo a Silente, aprì la posta con un gesto rapido della mano.
Paciock era sulla soglia. Un sorrisetto timido gli deformava appena le labbra, come se gli angoli della sua bocca fossero incerti su quale posizione prendere.
Piton marciò verso di lui, e Neville scattò indietro, aspettandosi di essere aggredito.
“Lei dev’essere impazzito! Cosa gli ha fatto? Li ha confusi?” ruggì il preside.
“No, no, come può pensarlo? E’ stata una loro decisione, io non ne sapevo niente.” si giustificò l’insegnante.
“Che cosa sanno, Paciock? Che cosa è andato a raccontare in giro?” soffiò l’altro, afferrandolo per la tunica con il braccio sano.
“I ragazzi non sanno nulla. Hanno deciso di fidarsi. Beh, diciamo che si fidano perché Harry si fida di lei.”
Le sopracciglia del preside si inclinarono minacciose.
“Ma nemmeno a lui ho detto la verità.” Balbettò Neville, sventolando le mani davanti a sé. “Non tutta, almeno.” Si morse il labbro, poi prese dalla tasca il galeone che gli aveva dato Albus e lo mostrò a Piton.
“Ecco, guardi qui.”
“Cosa significa?” Piton abbassò lo sguardo su ciò che brillava sul palmo della mano di Neville, mentre la presa sulla stoffa della sua tunica si allentava.
“Albus Potter mi ha mostrato questa moneta, poco fa. Noi usavamo i galeoni d’oro falso per contattare i membri dell’E.S. A quanto pare questi ragazzi hanno deciso di ricostituirlo.”
Piton lo lasciò e fece qualche passo indietro. Fissò l’altro ansimando, con un’espressione mista di orrore e disgusto dipinta sul volto.
“Un esercito?” mormorò continuando a guardare Neville come se avesse di fronte un folle.
“Questi ragazzi non si rendono nemmeno conto di cosa significhi.” riprese dopo un lungo silenzio. “Sono nati in un’epoca di pace, per loro questo è solo un gioco, un gioco molto pericoloso.”
“Ma preside…” Neville allargò le braccia in un gesto di supplica.
“Non avrebbe dovuto assecondarli.” la voce di Piton era pericolosamente bassa, come il rombo di un tuono lontano, presagio di tempesta. “Lei è un insegnante. Non ha pensato che il suo comportamento sconsiderato potrebbe mettere in serio pericolo la vita dei suoi studenti?” soffiò.
Neville prese un profondo respiro e si armò di tutto il suo coraggio Grifondoro.
“Io… io non sono d’accordo!” disse sollevando il mento in segno di sfida.
“Non c’è nulla di pericoloso e insensato in quello che stanno facendo i nostri ragazzi. Trovo che l’E.S. sia un’ottima iniziativa. Inoltre, il nuovo E.S. è nato per scopi diversi. Gli studenti, durante le riunioni, si aiutano a vicenda a migliorare negli incantesimi. E’ una sorta di corso di recupero per alunni in difficoltà. Non fanno niente di pericoloso.”
“Permettere ad un mostro di circolare libero per la scuola aggredendo i suoi studenti nei corridoi, lei lo definirebbe ‘niente di pericoloso’?” soffiò.
Neville fece per rispondere, ma improvvisamente tutto divenne chiaro nella sua mente. Scosse il capo e, barcollando all’indietro, andò ad appoggiarsi allo schienale della poltrona.
“Lei… lei voleva essere allontanato.”
Piton lo guardò senza parlare, poi abbassò appena il capo chiudendo gli occhi.
“E’ così, non è vero?” incalzò Neville.
Di fronte al silenzio del preside, Paciock si staccò dalla poltrona e marciò con rabbia verso di lui.
“Lei voleva che fossimo noi ad allontanarla. Lo dica!” urlò stringendo i pugni.
“È rischioso per tutti che io rimanga a Hogwarts.” mormorò Piton con voce atona.
“Certo, ma, dato che non trova il coraggio di lasciare la scuola di sua spontanea volontà, vuole che siamo noi a buttarla fuori. Mi dispiace, ma dovrà varcare quella porta da solo.” disse puntando il dito in direzione dei cancelli di Hogwarts. “Noi non saremo complici della sua fuga.”
Piton non si mosse, il volto irrigidito in un’espressione vuota. Neville, invece, era già pentito delle sue parole, nel momento in cui erano sgorgate con rabbia dalle sue labbra. Sapeva di aver ferito Severus, e capiva come poteva sentirsi in quel momento. No, non era codardia la sua. Non era desiderio di scaricare su altri la responsabilità del suo allontanamento. Sentì una stretta allo stomaco mentre la comprensione si faceva strada nella sua mente.
Gli rivolse uno sguardo colmo di amarezza.
“Lei non vuole lasciare la scuola, perché è convinto che quando lo farà sarà per andare a morire.” Mormorò con voce incrinata.
Severus si avvicinò all’altro mago. Sebbene avessero quasi la stessa statura, per un attimo il preside parve sovrastare l’ex alunno, come un incombente nuvolone temporalesco.
“Vada fuori di qui!” ruggì, scandendo ogni sillaba.
Neville serrò le labbra con forza, imponendosi di non rispondere. Abbassò lo sguardo sconfitto, si voltò e uscì.
Il preside lo seguì con lo sguardo, mentre lasciava la stanza, poi si avvicinò lentamente alla finestra e lì rimase per diversi minuti a fissare in silenzio il pesante tessuto scuro della tenda, come se cercasse, in quella trama ordinata, una risposta ai caotici pensieri che affollavano la sua mente.
Una lama di luce era riuscita a farsi strada attraverso un piccolo spiraglio, tra i drappi.
Piton afferrò la stoffa e, con un gesto rapido, rabbioso, ne accostò i lembi, spegnendo le ultime velleità di quell’allegra invasione.
Lui aveva voluto la tenda a schermare i raggi del sole che ogni giorno attraversavano, quasi con prepotenza, la ricca vetrata istoriata. Si gettavano sui mobili, sulle ampolle, sui libri, disegnando gioiose geometrie colorate ovunque, come un festoso fuoco d’artificio.
Aveva sempre trovato troppo luminoso quell’ufficio. Così poco adatto a lui.
Nell’oscurità si sentiva a suo agio, anche se, nell’ultimo anno, aveva imparato ad apprezzare quei raggi di sole che allegramente riempivano la stanza. Ma ora no. Ora tutto sembrava irriderlo. Il calore, la luce e non solo quella del sole, ma quella dei sorrisi dei ragazzi. Se solo avesse potuto nascondere anche quelli, dietro una tenda scura! O forse avrebbe voluto nascondere se stesso da loro. Non potevano capire, loro non avevano vissuto la guerra, non conoscevano Voldemort, la morte, l’orrore di cui erano state testimoni quelle antiche mura.
Un gioco, ecco cos’era per loro, solo un maledetto gioco.
Sollevò il braccio aggrappandosi al pesante tessuto. Le sue dita l’artigliarono con forza. Chinò il capo e vi appoggiò la fronte.
Sentiva la rabbia crescere dentro di lui, rabbia verso i suoi studenti. Erano arrivati a mentire pur di non rinunciare al loro nuovo trastullo. Certo, non poteva essere che così: il mostro doveva restare a scuola, per rendere più eccitanti le avventure del loro sciocco esercito.
Ma era furioso anche con se stesso.
Era spaventato, inutile negarlo. Si sentiva impotente e l’idea di non essere in grado di controllarsi lo terrorizzava.
Cosa doveva fare? Era certo che sarebbe stato allontanato, così si era rassegnato all’idea di lasciare Hogwarts, ma ora che la decisione dipendeva da lui, gli pareva tutto più difficile.
Davvero non aveva il coraggio di lasciare la scuola di sua spontanea volontà? Era diventato così vigliacco?
Si guardò attorno: nell’ufficio, immerso nella penombra, c’era solo silenzio.
Un silenzio assordante, insopportabile.
Chiuse gli occhi e gli tornarono alla mente tutte le volte che si era ritrovato in quello stesso ufficio, in attesa di parlare con Silente, prima che morisse.
Ricordò il ticchettio dei suoi strumenti d’argento. Gli strani oggetti che ora giacevano muti sopra gli scaffali o rinchiusi nelle teche come in un museo, una volta tintinnavano e si muovevano sbuffando colorate nuvolette di fumo. Non c’era mai stato silenzio assoluto in quella stanza. La vitalità del suo vecchio proprietario era visibile in ogni cosa.
E poi c’era Fanny.
I suoi versi festosi riempivano l’ambiente. Avevano scandito come una musica di sottofondo ogni momento della vita di Albus Silente. Ogni sua decisione, ogni suo attimo gioioso. Fanny era Silente, era il suo canto, la sua voce, le sue lacrime.
Molte volte, ricordando il momento in cui il vecchio preside gli aveva chiesto di ucciderlo, aveva ancora l’impressione di sentire il rumore secco del becco di Fanny, mentre spezzava il suo osso di seppia. Anche se non aveva potuto sentirne il suono, il suo cuore si era spezzato allo stesso modo.
Era buffo come, dopo tanti anni, ogni rumore simile a quello, gli ricordasse la sua terribile promessa.
Tese l’orecchio cercando di captare un minimo suono. Nulla.
Si avvicinò alla scrivania e tese la mano, fino a sfiorare la penna d’oca poggiata sulla superficie lucida del legno. Le dita accarezzarono le soffici barbe. Poi i polpastrelli del pollice e l’indice si strinsero su di essa, finché non si spezzò con un suono netto.
Era il suono che per lui significava la fine di ogni speranza. Ma anche il simbolo della determinazione dell’anziano mago. Un esempio per lui. Aveva detto sì a Silente, aveva accettato la sua assurda richiesta. Aveva scelto il suo destino.
Ora si trovava nuovamente a dover prendere una decisione, non molto diversa di quella del suo predecessore.
Una maledizione gravava su di lui, avvelenando il suo corpo e la sua mente. Una maledizione dalla quale aveva poche speranze di liberarsi, proprio come Silente non era riuscito a liberarsi dal maleficio dell’anello dei Gaunt. Tuttavia il vecchio mago aveva vinto: aveva saputo trasformare una tragedia nel suo trionfo. Aveva deciso di morire nel momento più opportuno, per dare la possibilità alla sua spia di brillare agli occhi del nemico.
Ora quel nemico era tornato, ma Silente, la sua forza, la sua determinazione non c’erano più.
Severus sapeva di non poter più contare sul suo sostegno. Ora era solo. Si sentiva solo.
“Neville ha ragione!” osservò cupo il ritratto.
Severus si voltò, gli occhi neri velati di tristezza si fecero strada nelle iridi color cielo dell’anziano mago.
Sentì un crampo allo stomaco. Ecco, una stupida tela era tutto ciò che gli restava dell’uomo che aveva amato come un padre, l’unico al quale si era sempre affidato e del quale ora sentiva di avere un enorme bisogno.
Non sapeva cosa provare ogni volta che ascoltava la sua voce, ogni volta che il dipinto gli dava dei consigli. Si ostinava a cercare di considerarlo solo parte dell’arredamento, si imponeva di non provare nessuna emozione guardandolo negli occhi. Era un quadro, nulla di più, continuava a ripersi.
“Temi che succeda di nuovo.” continuò Silente.
Piton sospirò: no, non era solo un quadro. Quella tela riusciva a leggergli nell’anima almeno quanto avrebbe fatto Silente, se fosse stato lì in carne ed ossa. Si avvicinò ulteriormente sforzandosi di atteggiare i suoi lineamenti in una smorfia seccata.
L’altro sorrise.
“Sai, io sono stato fortunato. Il mio più grande desiderio era quello di poter morire a Hogwarts. Il luogo in cui mi sono sempre sentito a casa.”
“Cosa sta cercando di dirmi?” brontolò, Severus, mostrandosi infastidito.
Il sorriso sulle labbra di Silente si allargò.
“Non ci sarà un’altra Stamberga, Severus.”
Piton fremette.
“Sei il preside di Hogwarts, non ti lasceranno combattere da solo, questa volta.”
“Loro non possono aiutarmi.” Mormorò abbassando lo sguardo.
“Faranno ciò che possono, ma lo faranno al tuo fianco, di questo sono certo.”
Piegò la testa di lato, e lo guardò con tenerezza.
“C’è una cosa che Neville non ti ha detto.”
Piton tornò a fissarlo.
“L’E.S. è stato ribattezzato. Il nuovo significato di quelle iniziali ora è: Esercito di Severus.”
Gli occhi di Piton divennero due fessure, mentre cercava di decidere se infuriarsi per quello che doveva essere di certo uno scherzo di cattivo gusto, o accettare il fatto che Silente, o, meglio, il suo ritratto e, con lui, tutti gli studenti di quella scuola fossero del tutto usciti di senno.
Alla fine preferì affidarsi al suo naturale sarcasmo.
“Se sta cercando di rallegrarmi, le ricordo che quest’esercito non porta molta fortuna agli uomini ai quali è intitolato.” disse piegando le labbra in un ghigno cattivo.
Silente finse di non aver sentito.
“Se potessi, andrei al settimo piano a sgranchirmi le gambe, e forse cercherei una stanza dove fare un po’ di esercizio.” mormorò quasi a se stesso.
Severus lo guardò stupito, ma non rispose.





Continua…

 
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