Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

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Natalie_S
view post Posted on 31/1/2011, 09:45 by: Natalie_S




CAPITOLO 5

-Sei proprio sicuro che questi abiti siano babbani?- domandò Liz, con una punta di sarcasmo, all’anziano seduto su una panchina della stazione della metropolitana di Golders Green.

L’uomo indossava lunghi jeans con una pronunciata zampa d’elefante e una camicia a fantasia psichedelica.

-Certo che sono sicuro! Erano di mio padre- replicò questi offeso.

La ragazza ridacchiò, alzando le mani in segno di resa: -Se lo dici tu…-

Snape era andato ad assisterla durante il suo turno di guardia notturno alla stazione della metro: di recente aveva preso l’abitudine di andarla ogni tanto, quando lei si trovava in servizio in giro per Londra.

Comunicavano le ore e i giorni tramite due pezzi di pergamena incantati, su cui era visibile per entrambi ciò che uno dei due scriveva.

Erano passati sei mesi dalla prima volta che la ragazza era andata a trovarlo a casa sua, e quegli incontri erano diventati un piacevole intervallo nella monotonia delle sue giornate.

Il mese successivo si era scoperto molto arrabbiato quando Liz non si era presentata di sabato, salvo poi apparire il mercoledì, spiegandogli tranquillamente che il suo giorno libero non cadeva necessariamente sempre lo stesso giorno della settimana.

Un paio di mesi prima poi, quando lei aveva saltato un incontro, arrivando a quello successivo con un braccio appeso al collo, sembrava fosse impazzito per l’angoscia. Forse fino a quel momento non si era veramente reso conto che un giorno la giovane soldatessa avrebbe potuto non presentarsi affatto, e lui non ne avrebbe mai più saputo niente.

Non era stato niente di grave, aveva minimizzato lei, un banale scontro con un paio di maghi in vena di grane. Inoltre, aveva aggiunto orgogliosa, aveva avuto l’occasione di provare lo Skelegrow di sua produzione e questo aveva funzionato benissimo.

Pure troppo bene, in realtà, visto che il dottor Donaldson le aveva rivolto moltissime domande inquisitorie sulla sua veloce e quasi miracolosa guarigione. Anche in questo caso le sue spiegazioni non sembravano averlo del tutto convinto, ma non avendo niente di concreto a cui aggrapparsi non aveva potuto fare altro che lasciar perdere.

Anche Cillian Archer stava iniziando a diventare un bel problema: mentre Monk si rallegrava della sua celere ripresa e lodava i sofisticati incantesimi con cui Liz si era difesa durante lo scontro, Cillian non faceva che rivolgerle continue domande su dove e come avesse imparato alcune tecniche di difesa, e a indirizzarle avvertimenti sempre meno velati sui rischi che correva chiunque tentasse di agire dietro le spalle dell’esercito.

Lei era preoccupata, doveva ammetterlo: se avessero scoperto che intratteneva un qualche tipo di rapporto con un mago l’avrebbero come minimo accusata di alto tradimento. Non credeva che spiegare le buone intenzioni di entrambe le parti sarebbe valso a molto.

D’altra parte però non poteva rinunciare alla mole di conoscenza che le offriva Snape: c’erano così tante domande che si era rivolta sulla magia nel corso della sua vita, e finalmente aveva trovato qualcuno che poteva risponderle, per non parlare degli orizzonti magici che le aveva aperto, di cui lei non aveva nemmeno sospettato l’esistenza.

Oltretutto, non poteva negare di essere sinceramente affezionata a quel vecchio insegnante dai modi scorbutici. In effetti era il primo vero amico che aveva dopo molti anni.

Quanto a Cillian, be’, col tempo si sarebbe calmato, del resto non aveva nessuna prova contro di lei. Liz avvertiva sempre una specie di brivido quando pensava a lui, anche se non sapeva dire se fosse per il pericolo che lui rappresentava o per… qualcos’altro.

-E così hai usato il Sectumsempra l’altro giorno?- chiese Snape, riscotendola dai suoi pensieri.

-Sì, ha funzionato benissimo- rispose Liz – Sai, pensavo che non sarebbe male imparare a evocare un Patronus… c’è tutta una parte di Londra a cui non possiamo accedere, perché è infestata di Dissennatori. Solo il generale e un paio d’altri riescono a utilizzare l’incantesimo giusto-.

Snape annuì: -Buona idea, ma dovremmo farlo a casa mia. Non basterebbe disattivare qualche rilevatore di magia, manderemmo in tilt mezza Golders Green se evocassimo un Patronus qui-.

Negli ultimi mesi si era interessato molto di tecnologia babbana e di come questa interagiva con la magia: aveva anche trovato il modo di incantare i rilevatori per silenziarli quando faceva esercitare Liz nei lunghi turni di guardia notturni. Era davvero una fortuna che nessun altro mago ritenesse opportuno occuparsi di triviale elettronica, le potenzialità erano enormi.

Liz sbadigliò, poi controllò l’orologio: -Sono le sei passate! Io stacco, vado a dormire! Ci vediamo domani da te allora?-

-Stesso posto, stessa ora- replicò Snape, e si smaterializzò via.

Il rilevatore di magia sopra la testa di Liz diede un trillo acuto, che la fece sobbalzare.

-Oh, sta’ zitto- esclamò, tirando fuori un telecomando dalla tasca e disattivandolo.

In quel momento il capitano Archer entrò nella stazione della metro.

Indossava abiti civili che, come Liz non poté fare a meno di notare, gli stavano molto bene, dandogli un aspetto più giovane e rilassato della severa divisa.

-Che cos’è stato?- domandò preoccupato.

-Buongiorno anche a te- fece Liz, distogliendo lo sguardo imbarazzata- Niente, mi è solo caduta la bacchetta e ha sparato fuori qualche scintilla. Piuttosto, cosa ti porta qui a quest’ora?-

-In realtà- rispose Cillian, sedendosi sulla stessa panchina dove, fino a poco prima, stava Snape- speravo di parlarti, in privato. E’ un bel po’ che cerco di farlo… una volta, parlavamo sempre-.

Riluttante, la ragazza si sedette accanto a lui. Non aveva molta voglia di ricordare i bei tempi andati, ma d’altronde non poteva certo piantarlo in asso.

-Mi è dispiaciuto molto quando hai chiesto il trasferimento due anni fa – iniziò – Speravo che avremmo potuto continuare a lavorare insieme nonostante… be’… tutto – si strinse nelle spalle, un po’ a disagio –In fondo abbiamo combattuto fianco a fianco, letteralmente, per quasi sette anni. Siamo praticamente cresciuti insieme. E non sei cambiata tanto quanto credi negli ultimi tempi. Lo vedo che c’è qualcosa che non vuoi dire… no aspetta, lasciami finire- aggiunse, notando che Liz stava prendendo fiato per protestare –ti prego. Conosci un sacco di incantesimi che nessun altro qui conosce. Lo so, mi sono informato. Ho letto il manuale di Longbottom, li riconosco anche se non posso usarli. Sparisci tutti i tuoi giorni liberi in biblioteche e non hai mai un singolo libro con te. Stai sempre per conto tuo a scrivere e sembri persa nei tuoi pensieri. Se tu ti fossi cacciata in una situazione poco chiara… dovresti parlarmene. Io ti posso aiutare, davvero, basta che mi dici cosa sta succedendo e troveremo la soluzione. Non ti succederà niente…-

Liz lo interruppe: -Senti… ehm, è vero, qualcosa mi è successo-.

Cillian si voltò verso di lei, sorpreso: -Sono contento che tu abbia deciso…-

-No aspetta- lo fermò la ragazza –non è quello che credi. Io… - ebbe un’illuminazione – ho conosciuto una persona. Qui a Londra. Sai, ehm… mi piace molto-.

Be’, in un certo senso non era una bugia, considerò tra sé e sé.

Il capitano si rabbuiò:- Una persona. Certo. E sarebbe questa la ragione del tuo strano comportamento-

-Sì esatto- annuì Liz – però capisci, sono cose personali e…-si strinse nelle spalle- sai com’è…-.

-Certo – ripeté lui –Non sono affari miei. E questo è tutto quello che hai da dirmi a riguardo?- aggiunse.

-Be’… sì-

-Va bene. Se questo è quello che vuoi, non ne parleremo più- fece stancamente.

Liz si alzò: -Se non ti dispiace io… andrei-.

Cillian annuì.

La soldatessa strisciò un pass sul sensore della barriera della metropolitana, la attraversò e si avviò verso i binari.

Quando si fu allontanata, il capitano Archer estrasse un cellulare dalla tasca e compose un numero: -Pronto, Tomlinson? Avrei bisogno che ti occupassi di un lavoro per me. Dovresti seguire una persona-.





Il giorno seguente, Liz si recò a casa di Snape, dopo aver fatto una piccola deviazione alla biblioteca di Islington per nascondere il suo palmare.

Dopo aver preso il thé, Snape le insegnò l’evocazione di un Patronus, una magia piuttosto avanzata a suo dire. Liz, con sua grande delusione, non riuscì a scoprire in quale animale si sarebbe presentato, in quanto non riuscì a evocarne uno corporeo, ma soltanto a creare una specie di scudo luminoso davanti a sé.

Secondo Snape era comunque un ottimo risultato.

Quando fu ora di tornare a casa, Liz salutò Snape e uscì.

I suoi occhi abituati alla penombra dello studio furono colpiti dalla luce violenta di un faro puntato contro di lei.

Non appena riuscì a mettere a fuoco, osservò sorpresa la scena che si stagliava davanti a lei: c’erano tre auto della polizia, illuminate dalla luce intermittente della sirena, una decina di poliziotti con il mitra spianato, più metà della Sezione Paranormale che le puntava contro la bacchetta.

Riconobbe Chandra, che sembrava spaventata e preoccupata, Tuffey, che invece aveva l’aria risoluta e Garreth, che appariva semplicemente terrorizzato.

-Ma… che sta succedendo?- domandò, stupita.

La voce di Knight le arrivò attraverso un megafono: -Soldato Mills, getti la bacchetta davanti a sé-.

-Cosa?-

-La bacchetta, Liz. Dammela – questo era Monk, che si era staccato dal gruppetto avanzando verso di lei, pur tenendosi a distanza di sicurezza.

Meccanicamente, la ragazza tirò fuori la bacchetta e la gettò a terra. Dalla sua punta uscirono delle scintille verdastre: i poliziotti fecero istintivamente un balzo all’indietro.

Le bacchette dell’esercito lo facevano sempre, era un difetto di progettazione che non era ancora stato corretto, e tutti lo sapevano benissimo. Perché erano così spaventati, come se lei potesse aggredirli da un momento all’altro?

-Cosa hai fatto qui dentro per tutta la giornata?- domandò Monk, quasi riluttante –Abbiamo registrato un concentrato di attività magica altissima. -.

-Io… no, sono appena arrivata… ero a Islington…- iniziò Liz, ma il capitano la interruppe.

-Questo- fece, tirando fuori dalla tasca un piccolo palmare– era a Islington. Tu invece sei qui da questa mattina - .

-Sentite, posso spiegarvi…- iniziò la soldatessa, mentre sentiva salire il panico.

-Come hai fatto ad apparire dal nulla?- insisté il tenente –Questa è una cosa che solo i maghi sanno fare. -

-Dal nulla? No, ero dentro questa casa ma…-

-Quale casa?- chiese Knight attraverso il megafono- A quale casa si riferisce?-

Liz avrebbe voluto urlare per la frustrazione: -Quella dietro di me, ovviamente!-.

-Liz, non c’è nessuna casa dietro di te- disse Cillian quietamente. Non si era resa conto che c’era anche lui, a pochi passi dal gradino da cui lei era appena scesa.

Doveva essere uno dei meccanismi di protezione di cui aveva parlato Snape, pensò.

Poi sentì una profonda rabbia salirle alla testa, mentre capiva cosa era successo: - Tu!- urlò – Sei stato tu a farmi seguire! Come… come hai potuto farlo!?-.

Cillian fece un passo verso di lei: -Andrà tutto bene, Liz, devi ascoltarmi, devi dire loro cosa sta succedendo, non ti capiterà niente, però devi spiegare…-

-Sei un cretino!!!- urlò Liz –Non capisci che..- istintivamente si mosse verso di lui, e in quel momento tutti i poliziotti tolsero la sicura al mitra, con uno spaventoso “clic”.

Le avrebbero sparato se avesse fatto qualche gesto inconsulto, si rese conto. Liz si fermò, sconvolta.

Knight e Monk si scambiarono uno sguardo carico di significati: -Ora andiamo- disse Monk, raggiungendola e facendole scattare delle manette ai polsi –Sei in arresto per alto tradimento- aggiunse, rassegnato.



Nei giorni seguenti, Liz passò la maggior parte del suo tempo ad essere interrogata da ufficiali dal grado sempre più alto.

Il pezzo di pergamena incantata che trovarono nelle sue tasche fu considerata una prova incriminante e, ovviamente, requisito.

E’ vero, ammise, era in contatto con un mago. Ma questi era estraneo alla guerra, era un tizio scorbutico di mezza età che le aveva insegnato a difendersi e a preparare delle pozioni mediche, e non le aveva mai chiesto nulla di militare o riguardo ai loro piani.

Era tutto inutile. Non le credevano. Vedeva le loro espressioni prima scettiche, poi irritate, poi furiose.

-Che cosa ti hanno promesso? Pensavano di utilizzarti come infiltrato? Cosa hai detto loro? Da quanto tempo va avanti?-

Ormai erano convinti di aver acciuffato la responsabile della fuga di informazioni che aveva creato tanti problemi negli ultimi tempi.

Era assurdo.

Aveva cercato di spiegare loro che non poteva nemmeno portarli da lui, perché la casa era protetta da qualche tipo di protezione per cui solo il proprietario poteva decidere a chi mostrarla: questa spiegazione era stata etichettata come “ridicola”. Probabilmente, considerò amaramente Liz, era un incantesimo piuttosto sofisticato, e nessuno dei nati babbani ne aveva mai sentito parlare.

Persino il suo cosiddetto avvocato, tale Parker, sembrava poco incline a prodigarsi per aiutarla: la considerava una traditrice, come gli altri.

Anche Cillian Archer l’aveva interrogata: si era dimostrato più propenso di tutti gli altri a crederle, aveva promesso che avrebbe cercato di fare il possibile per aiutarla ma la sua situazione “non era buona”, aveva commentato visibilmente preoccupato. Era stato l’unico a segnarsi il nome di Severus Snape, mentre gli altri ufficiali non avevano nemmeno finto di annotarlo.

Ogni volta che lo incontrava aveva l’aria sempre più disfatta, come se non dormisse da giorni.

Mentre passava le ore di riposo in cella (la stessa dove, aveva considerato con orrore, probabilmente qualche raro mago catturato aveva atteso la pena capitale), Liz cercava di tenere a bada i lugubri pensieri sul suo futuro. Sarebbe stata condannata, ne era sicura. Poteva solo sperare che credessero nella sua buona fede, ma non si sentiva molto fiduciosa a riguardo.

La guerra li stremava da anni, e tutti sembravano ben felici di avere qualche colpevole su cui accanirsi.

Probabilmente i maghi avevano semplicemente qualche corrispondente magico di una cimice (aveva visto a casa di Snape molti ritratti muoversi da una cornice all’altra, e immaginava che stregare un oggetto per questo scopo non fosse difficile) e non avrebbero comunque avuto bisogno di inflitrarsi, ma i suoi superiori sembravano entusiasti dell’aver identificato una spia.

Dopo una settimana venne fissata la data del processo, qualche giorno più tardi. Sarebbe stato presente, in qualità di giudice, il generale Longbottom, una delle poche persone che, si diceva, avesse conosciuto il mondo dei maghi prima dello scoppio della guerra.

Rispetto ai tempi di pace l’iter giudiziario si era notevolmente snellito, tanto da assomigliare più ad una farsa che ad un’applicazione della giustizia.

Nel suo caso, evidentemente avevano paura che potesse liberarsi con qualche magia a loro ignota o perfino che qualche mago la potesse far evadere, e volevano toglierla di mezzo il prima possibile.

Vana preoccupazione, considerò Liz. Non che non ci avesse pensato, era chiaro: non avendo molta fiducia nel sistema aveva pensato a ogni possibile soluzione illegale per togliersi da lì.

Un paio degli incantesimi di Snape l’avrebbero tirata fuori in un baleno, ma senza bacchetta non poteva eseguirne nessuno, né aveva modo di contattarlo. Ammesso che poi lui volesse esporsi tanto da farla scappare… certo, insegnarle un paio di fatture ogni tanto era una questione, affrontare altri babbani per metterla in salvo… be’, era un altro paio di maniche.

Avevano avvisato i suoi genitori, le avevano detto. Ma, vista la natura della sua accusa, non le era concesso comunicare direttamente con nessun civile, neanche via lettera.

Mentre fissava i muri sporchi e costellati di scritte, pensò che a quel punto era davvero sola.



Cillian Archer era disperato. Non avrebbe saputo come altro definire la sua condizione.

Era tutta colpa sua, ora lo capiva. Avrebbe dovuto cercare di parlarle ancora, di farsi dire che cosa stava combinando invece di far intervenire le altre autorità.

Eppure ci aveva provato, aveva insistito per mesi, ma Liz non aveva voluto confidarsi con lui, e lui sapeva cosa il suo dovere gli imponeva di fare.

Ma ora… se davvero, come sembrava probabile, lei ci avesse rimesso la vita, non avrebbe mai potuto perdonarselo.

Sembrava che, in qualche modo, lui riuscisse sempre a fare la cosa sbagliata quando si trattava di Liz Mills, pensò.

Da quando era stata trasferita a Londra, quasi due anni prima, era stato deluso e confuso. Sembrava che lei fosse, oltre che imbarazzata, risentita nei suoi confronti. Ma lui sapeva che non poteva fare altro… aveva agito correttamente, ne era sicuro… però, ugualmente, non aveva potuto fare altro che sentirsi in colpa, e vagamente in collera con sé stesso.

Mentre si versava l’ennesima tazza di caffè della giornata (ormai elemento essenziale, se non addirittura unico, della sua dieta), ripercorse gli avvenimenti dei giorni precedenti.

Il processo avrebbe avuto luogo il giorno seguente e secondo tutti gli ufficiali, ormai la ragazza era spacciata.

Il maggiore Knight era sicuro che da mesi tramasse alle spalle dell’esercito per minare anche le ultime resistenze degli umani. Questa opinione era condivisa da tutti gli ufficiali di grado superiore con cui aveva parlato.

Monk, il tenente a capo della squadra di cui faceva parte Liz, era meno convinto della sua colpevolezza… tuttavia, sembrava non fosse neanche propenso a credere alla sua innocenza.

Nonostante i suoi appelli sempre più disperati, nessuno aveva voluto nemmeno considerare l’ipotesi di dare credito alla versione della ragazza.

E lui, Cillian, che cosa credeva? Le aveva parlato per molte ore a riguardo, poi la conosceva bene da anni, e sapeva che non avrebbe tradito. Era però possibile fosse stata ingannata… che qualche mago le avesse fatto credere di volerla aiutare per poi invece utilizzarla per i suoi scopi.

Cillian sapeva che Liz odiava la vita nell’esercito. Non gliel’aveva mai detto chiaramente, ma traspariva dai suoi comportamenti, le sue manie, le sue piccole idiosincrasie: il suo cambiare la divisa con abiti civili nel momento esatto in cui non era obbligata ad indossarla, o il fatto che passasse ogni minuto di congedo il più lontano possibile da altri militari.

Non era come lui: lui aveva scelto di combattere, sapeva che questa era la sua strada e il suo entusiasmo l’aveva aiutato nella sua rapida carriera.

A Liz invece tutto questo era stato imposto, e probabilmente l’occasione di infrangere le regole e decidere da sé come usare il suo potenziale magico l’aveva attirata irresistibilmente.

L’idea di capire i principi della magia, invece di usarli pedestremente come le veniva ordinato, era sicuramente qualcosa che poteva avere un’enorme attrattiva per lei.

Nessun umano però si sarebbe dimostrato comprensivo. Tutti loro avevano perso qualcosa, o qualcuno, o tutto nel corso della guerra e non si sarebbero dimostrati indulgenti.

Nessun umano l’avrebbe aiutata.

Ma forse… forse qualche mago l’avrebbe fatto, pensò Cillian, sentendo un’improvvisa fitta di speranza.

Se ammetteva, solo per un istante, che la storia di Liz fosse effettivamente vera, allora c’era qualcuno che la poteva confermare, qualcuno che, presumibilmente, non avrebbe voluto che lei fosse giustiziata.

Il vecchio mago che abitava nella casa invisibile.

Non suonava particolarmente credibile detto così, osservò tra sé e sé: ma del resto, lui era solo un bambino quando era scoppiata questa guerra assurda e irreale, e per tutta la vita aveva dovuto accettare eventi che sfidavano la logica.

Forse, per uscire da questo incubo, doveva solo mettere da parte la logica per un po’.





Era calata la sera quando il capitano arrivò nel quartiere dove era stata arrestata Liz.

Entrambi i lati della strada erano occupati da ville in stile vittoriano, intervallate qua e là da giardini all’interno di cancelli in ferro battuto. La maggior parte delle case sembrava disabitata, ma non era strano. Gran parte della popolazione di Londra era stata sfollata.

Cercò di ricordare l’esatto punto in cui si trovava Liz. Era apparsa in fondo alla strada, e alle sue spalle si trovava uno dei giardini cintati, che appariva vetusto e poco curato.

Forse entrando avrebbe trovato qualche indizio, quindi fece per avvicinarsi.

In quel momento fu colpito dall’improvvisa consapevolezza che doveva tornare alla caserma… aveva da fare, faccende molto importanti… non poteva perdere tempo lì.

Fece un passo indietro e si incamminò verso la stazione della metro… doveva andare... cosa gli era venuto in mente?

“No, un momento, ma cosa sto facendo?” pensò, fermandosi improvvisamente al termine della via “E’ questo quello che devo fare, devo cercare di contattare il mago Severus Snape. Sono qui per questo!”.

Tornò sui suoi passi, dirigendosi nuovamente verso il giardinetto.

Ma no, pensò una volta arrivato quasi a toccare la maniglia del cancelletto, non era questo il posto dove trovare il mago… doveva tornare, parlare con Liz, lei avrebbe saputo…. Sì, era chiaro… non poteva perdere tempo lì…

Questa volta, la sensazione passò già a metà della strada.

Doveva trattarsi di incantesimi repelli-babbano, capì Cillian: ne aveva letto sul manuale di Longbottom, sapeva che esistevano anche se nessuno dei nati-babbani era in grado di eseguirli; inoltre confermava la versione di Liz per cui la casa era protetta da sofisticati incantesimi.

Fece una serie di prove, cercando di avvicinarsi sempre di più: infine stabilì che la minima distanza di sicurezza era a circa una decina di passi dal cancello del giardino. Probabilmente, rifletté, il giardino non esisteva affatto, era solo un’illusione che nascondeva la casa.

Il mago era lì dentro, pensò ansiosamente, ma come poteva contattarlo?

Afferrò un sasso dalla strada dissestata e lo tirò nella direzione in cui, supponeva, si trovava la casa; il sasso rimbalzò contro l’aria come se avesse incontrato una superficie elastica.

A quanto pare non era possibile sfondare una finestra, ma chissà se chiunque si trovava all’interno dell’abitazione aveva sentito il rumore…

Forse il rumore era l’unica cosa che poteva penetrare gli incantesimi... Cillian tirò fuori la pistola dalla fondina e sparò una serie di colpi in aria, per poi urlare - SEVERUS SNAPE!!! DEVO PARLARTI!!!-.

Sparò un’altra raffica di colpi: - SNAPE!!! SEVERUS SNAPE!!! PUOI SENTIRMI?-.

Non accadde nulla.

No, non poteva essere… era così vicino… doveva esserci il modo per parlargli! Non c’era più molto tempo, il processo era l’indomani.

In preda al panico, afferrò una manciata di sassi e iniziò a lanciarli in direzione della casa.

Quando li ebbe finiti, ricominciò a urlare, diventando paonazzo per la rabbia e la frustrazione: -SNAPE!!! SNAPE!!! ESCI, RAZZA DI…-.

Non poté continuare la frase, perché la lingua gli si incollò al palato, impedendogli di parlare e quasi di respirare.

La pistola gli cadde, e si portò le mani alla gola, tentando di alleviare la sensazione di soffocamento.

Quando rialzò lo sguardo, davanti a lui c’era un uomo, con unti capelli grigi lunghi fino alle spalle, che lo minacciava con una bacchetta: -Si può sapere chi sei e che diavolo vuoi da me?-.



Snape aveva capito che qualcosa non andava già da un paio di giorni.

Dal giorno in cui era andata a trovarlo, Liz non aveva più scritto sulla pergamena, né gli aveva fatto avere sue notizie in altro modo, e questo era piuttosto strano.

D’altronde, era possibile che semplicemente avesse perso o danneggiato la pergamena, oppure che avesse da fare. Tuttavia non era riuscito a scrollarsi di dosso la sensazione di imminente pericolo.

Quando aveva sentito la voce di quel tizio sbraitare il suo nome in mezzo alla strada gli era quasi preso un colpo.

Highgate era un quartiere di Londra poco popoloso, ma i pochi abitanti erano quasi tutti maghi, ragion per cui non gli faceva molto piacere che qualcuno mettesse in pericolo l’ anonimato che aveva impiegato anni a conservare accuratamente.

Aveva aperto la porta e si era trovato davanti un tizio sui venticinque anni, con l’uniforme dell’esercito inglese, dall’aria visibilmente sconvolta (anche per la piccola fattura che aveva lanciato per chiudergli il becco).

-Che cosa vuoi?- ripeté Snape.

Il tizio indicò la propria bocca, che era ancora sigillata dall’incantesimo.

-Se faccio la controfattura, posso essere sicuro che non ricomincerai a sbraitare come una scimmia urlatrice?- domandò il mago annoiato.

L’altro annuì e si mise la mano destra sul cuore, in segno di solenne promessa.

Snape diede un veloce sventolio di bacchetta, e il soldato aprì la bocca inspirando sollevato.

-Si tratta di Liz – disse infine, dopo aver tossito e sputacchiato per un po’ –Quando è uscita da casa tua la settimana scorsa… è stata vista uscire da qui, o meglio, apparire qui. E’ stato provato che ha avuto dei contatti ufficiosi con dei maghi, cioè con te, e… insomma, è stata accusata di alto tradimento. Pensano che sia stata reclutata come spia-.

Snape sbuffò:- Ma è ridicolo!-

-E’ vero, ma sono tempi difficili e questi non vanno molto per il sottile. Inoltre ci sono delle continue fughe di notizie e non sembra loro vero poter dire di aver trovato la colpevole. Ti prego – lo afferrò per una manica della veste, mentre la sua voce assumeva una sfumatura di disperazione –devi venire con me. Se tu spiegassi a tutti che Liz non è una spia, e che le hai solo dato ripetizioni di pozioni o qualcosa del genere, lei si salverebbe-.

Il mago ritrasse il braccio come disgustato, liberandolo dalla stretta: - Salvarsi? Non crederai certo che per un banale malinteso…-.

Cillian gli rivolse un’occhiata di scherno velata di amarezza: -Io non lo credo. E’ una certezza. Chiederanno la pena capitale, e l’otterranno sicuramente. -.

Snape aprì la bocca per parlare, ma non uscì alcun suono.

-Ti prego- ripeté il babbano – anzi, ti supplico. Non sarei qui a chiedere il tuo aiuto se non fosse l’ultima spiaggia. Se dovesse succederle qualcosa io… ecco… mi sento responsabile, in un certo senso è a causa mia che… e…sarebbe…- non riuscì a terminare la frase.

L’insegnante tacque per un attimo, mentre molti pensieri gli vorticavano nella mente.

-Vuoi farla evadere?- domandò infine in tono neutro.

Il babbano rimase interdetto: - No. Vorrei che tu confermassi la sua versione. Se dovesse evadere dove andrebbe? Non potrebbe stare con gli umani né con i maghi… sarebbe una vita da latitante… e non credo che durerebbe molto. -.

-Mi dispiace, ma non vedo altra strada. Non posso… entrare nell’aula di un tribunale babbano, così come se niente fosse. Nel caso non l’avessi notato, devo informarti che c’è in corso una guerra civile e io sono decisamente parte della fazione avversa alla vostra-.

- Ti prego- ripeté ancora il soldato - Farò qualsiasi cosa tu ritenga necessario. Domani mattina ci sarà il processo e se come credo verrà condannata, l’esecuzione potrebbe essere dopodomani. Dimmi cosa vuoi… vuoi i codici di accesso della centrale? Vuoi i segreti delle nostre armi? Dimmi di cosa hai bisogno e io… ti dirò tutto…- aggiunse. Sembrava completamente abbattuto.

Per un istante, quell’uomo sconvolto gli ricordò molto sé stesso, in una vita precedente. Questo lo metteva, ora, nei panni di Albus Dumbledore? No, pensò, proprio no. Albus agiva sempre per un qualche suo macchinoso piano superiore, muovendo gli altri come pedine.

Lui non aveva nessun piano, se non quello di vivere in solitudine quello che restava della sua vita.

-Non voglio nulla. Io… non credo di poterti aiutare. Mi dispiace, davvero -.

-No! Ti scongiuro… basterebbe che tu venissi lì, e poi… troverei il modo di farti andare via… ti assicuro… - balbettò il babbano.

-Mi dispiace- disse di nuovo Snape – Va’ a casa. Trova una soluzione, falla evadere, non so. -.

-Non puoi stare lì e non fare niente!!!- esclamò l’altro, in tono aggressivo.

-Io posso fare o non fare tutto ciò che ritengo opportuno!- urlò Snape, irato –Nessuno potrà più manipolarmi per farmi fare quello che vuole!- e così dicendo, rientrò in casa e sparì.



Ciao Astry!
Grazie, sono contenta che la storia continui a piacerti!
Mi piace troppo scrivere di Piton, è praticamente una droga. :blush:
Non so perchè, gli altri personaggi non danno questa soddisfazione!
Ciao, a presto!!!
 
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34 replies since 26/12/2010, 16:04   322 views
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