Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

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Natalie_S
view post Posted on 24/1/2011, 12:11 by: Natalie_S




Scusate arcady e Astry!!!!
Sono un po' in ritardo con gli aggiornamenti!! :cry:
Mi autoflagello per punizione!!

Grazie per i complimenti, anche a me Piton in versione "matura" garba tantissimo! :giàgià:

CAPITOLO 4

L’addio fu un po’ più triste di quanto entrambi si aspettassero.

-Non ti disturbare a tornare qui. C’è un incantesimo sulla casa, non potresti neanche vederla- le intimò lui bruscamente, quando Liz era ancora sulla soglia.

Indossava la sua divisa rattoppata alla bell’e meglio, e la sciarpa di Serpeverde ancora avvolta a proteggerla dal freddo di dicembre.

-Puoi tenerla se vuoi- aveva borbottato Snape quando lei aveva fatto per restituirgliela, e lei aveva accettato volentieri.

Aveva in qualche modo intuito che l’ex insegnante si sarebbe sentito un po’ solo dopo la sua partenza; ma anche che non era il tipo da dirlo ad alta voce.

La versione che avevano concordato di fornire era quella di una temporanea amnesia e di aver vagato per un po’ in stato di shock.

La ragazza era ancora coperta di ferite, era tutto sommato plausibile.

Snape sapeva che avrebbe dovuto farle un incantesimo di memoria, ma così avrebbe perduto tutto quello che le aveva insegnato, le pozioni, gli incantesimi, le sue lezioni. Alla fine aveva deciso di lasciar perdere. Aveva corso così pochi rischi negli ultimi 30 anni, che tutto sommato questa piccola imprudenza non poteva essere così grave.

-Allora… ti ringrazio. Mi hai salvato la vita. Spero che un giorno potrò in qualche modo ripagarti- esordì Liz, porgendogli la mano.

Snape la strinse frettolosamente: -Non credo che ci rivedremo più- e con un breve cenno, richiuse la porta.

La ragazza fece qualche passo poi si guardò alle spalle: la grande casa di pietra era ancora lì. Si strinse nelle spalle. Forse l’incantesimo di protezione della casa avrebbe fatto effetto solo dalla mezzanotte in poi, o qualcosa del genere.



Il suo miracoloso ritorno venne accolto dai suoi colleghi con sollievo: Tuffey decretò che Dio aveva voluto salvarla perché compiesse la Sua opera contro gli abomini della natura; Gary le diede grandi pacche sulle spalle, mentre Robert si limitò ad arrossire, abbozzare un abbraccio, poi cambiando idea darle la mano.

Chandra la sorprese, abbracciandola con trasporto.

Ma a Liz parve di scorgere un’ombra di tensione negli occhi di Monk, quando le disse che c’era stata una breve indagine e avrebbe dovuto sostenere un colloquio con dei suoi superiori. Sarebbe stato organizzato per il giorno dopo.

Sul momento le fecero pochissime domande, il che la mise istintivamente in guardia.

Passò la maggior parte della giornata nell’ospedale, dove diversi medici la visitarono, decretando che era stata colpita da un bel po’ di magia oscura, ma nel complesso si era rimessa bene.

-Qualcuno ti ha aiutata- disse il dottor Donaldson, un giovane medico. Non era una domanda.

-Ehm, io… ecco, non ne sono sicura- rispose Liz -non ricordo quasi nulla degli scorsi giorni. Mi sono ritrovata diversi chilometri lontana dalla stazione, ma non so come ci sono arrivata-

Donaldson esaminò una delle ferite sulla sua testa, dove i capelli erano stati sommariamente tagliati: -Questa è stata evidentemente curata. Non è una medicazione di fortuna, questa è opera di qualcuno che sapeva il fatto suo-.

Liz si strinse nelle spalle. Aveva scoperto che mentire spudoratamente era meno facile di quello che credeva.

La sera, si ritrovò con Chandra nel dormitorio femminile. Per fortuna, tutte le altre donne non erano ancora rientrate.

-Allora, si può sapere che casino hai combinato?- domandò Chandra.

-Io… niente, ho vagato in stato di shock…- iniziò Liz, ma venne subito interrotta dall’altra.

-E’ meglio che cerchi di inventarti qualcosa di meglio di questo. Qui c’è stato il finimondo. Erano convinti che avessi disertato! Sai qual è la situazione dei disertori- le ricordò a bassa voce. Liz non aveva certo bisogno di pensarci: i soldati che abbandonavano l’Inghilterra erano sempre più numerosi, e per arginare il problema l’esercito era decisamente severo. Diciamo drastico.

-In ogni caso, c’è stata un’indagine. Hanno rintracciato un debolissimo segnale intermittente dal tuo palmare. Il problema è che veniva da Londra Nord, in particolare dal quartiere di Highgate. E’ una delle zone a più alta concentrazione nemica!-

Liz deglutì: si era ingenuamente convinta che l’entusiasmo del suo ritrovamento avrebbe messo in fuga ogni dubbio sulla sua versione dell’accaduto, ma doveva ricredersi.

-Da quello che sono riuscita a capire, domani ci sarà un interrogatorio piuttosto serrato. Ci ho pensato tutto il giorno: secondo me ti conviene dare meno particolari possibili. Descrivi l’attacco; l’abbiamo visto nelle telecamere quindi non dirai niente di nuovo. Per il resto, ti faranno un bel po’ di domande: chi ti ha medicata? Chi ti ha tagliato i capelli? E dove hai preso quella sciarpa che avevi addosso stamattina?-

Liz aprì la bocca per rispondere, ma Chandra la interruppe nuovamente: -Non ti preoccupare, quella credo di averla notata solo io. Sensibilità femminile- aggiunse, stringendosi nelle spalle -in ogni caso, cerca di non contraddirti mai. Cerca di ricordarti o inventarti qualche particolare riguardante questi giorni, e continua a ripetere quello.

In ogni caso, non puoi essere messa così male: sei tornata, quindi il peggio che ti possa capitare è che ti accusino di temporanea diserzione, il che è grave ma non così terribile-.

-Grazie Chandra. Io… lo sai che non ho disertato o niente del genere…- non sapeva esattamente cosa dirle. Aveva promesso a Snape di non parlare di lui con nessuno, e intendeva tenere fede.

Chandra sospirò -Senti, a tutti può capitare un momento di indecisione. Non è facile per nessuno. Se ti è capitata l’occasione… be’ lo capisco. Però sei tornata, ed è quello l’importante-.



Il giorno dopo, Liz si presentò all’ufficio del colloquio.

Prima di bussare si schiarì la voce e si passò una mano tra i capelli, che la sera prima Chandra aveva insistito per tagliarle, pareggiando il taglio con le ciocche più corte. Il che aveva il doppio scopo di mascherare l’intervento di medicazione di chi le aveva tagliato i capelli la prima volta e di darle un aspetto più ordinato e presentabile che, a detta di Chandra, era sempre un ottimo biglietto da visita.

Perdere il familiare peso e calore dato dalla massa dei suoi capelli lunghi era stato un po’ spiazzante, per non parlare di quando si era vista allo specchio.

Si decise a bussare, poi aprì la porta.

All’interno vi erano una serie di ufficiali, almeno una decina. Riconobbe Monk e il maggiore Knight.

Ufficialmente era un incontro informale, ma non pareva affatto tale.

Si irrigidì sull’attenti e fece il saluto militare.

-Riposo- ordinò Monk.

Le indicarono una sedia, dove si sistemò.

-Ciao Liz- fece piano una voce familiare alle sue spalle.

Si voltò, non credendo alle sue orecchie: poco accanto a lei era seduto l’ex tenente, ora capitano, Cillian Archer.





Merda.

Questo fu il primo pensiero coerente che Liz riuscì a formulare sul momento. Il secondo fu ringraziare il cielo che Chandra avesse insistito per sistemarle i capelli.

Cillian Archer era stato il tenente della sua unità a Leeds; era stata assegnata alla sua squadra quando era appena uscita dall’accademia della guardia babbana, cioè quando era poco più che diciassettenne.

Qui a Londra erano concentrati molte più Sentinelle che nel resto dell’Inghilterra. Nella più tranquilla e periferica Leeds invece vi era una sola Sentinella per ogni unità. Cillian, come tutti i suoi ex compagni, era completamente umano, o babbano come dicevano i maghi.

Lui era uno dei più giovani e brillanti ufficiali dell’esercito: un uomo caparbio, affidabile, preciso fino al midollo. Tutti i suoi superiori lo adoravano, e, incidentalmente, anche Liz.

Sfortunatamente aveva pensato bene di esprimere la annosa cotta durante una festa di Natale molto alcolica: dopo essersi ritrovati piuttosto sbronzi a baciarsi a fianco al magazzino delle armi da fuoco, lui aveva recuperato parzialmente il raziocinio e suggerito che probabilmente non era una buona idea, visto che lei era molto giovane e lui il suo diretto superiore.

Retrospettivamente, Liz si rendeva conto che avrebbe dovuto dichiararsi d’accordo e agire con nonchalance: purtroppo i cocktail preparati dal caporale David Skinner la pensavano diversamente, quindi si ritrovò a sbraitargli contro anni e anni di amore disperato e non corrisposto.

Nei mesi successivi si era sentita così imbarazzata da decidere di farsi trasferire a Londra. Non l’aveva più rivisto dal loro impacciato commiato un paio di anni prima.

Il maggiore Knight fece un cenno a Monk, che prese la parola.

-Il tuo rapporto sulla scorsa settimana, Mills- ordinò.

Liz raccontò del suo turno di guardia alla metro e dell’attacco dei quattro maghi, dilungandosi il più possibile sui colpi a lei inflitti dai nemici.

-Questo l’abbiamo visto nelle videocamere. Ora dovremmo sapere dove sei stata e cosa hai fatto negli ultimi sette giorni- tagliò corto Monk.

-Non saprei dirlo con esattezza, signore-

Gli ufficiali si scambiarono uno sguardo significativo.

-Sta dicendo che non ha alcun ricordo di come si è liberata dei due assalitori sopravvissuti, né di alcun avvenimento dell’ultima settimana, soldato?- la incalzò Knight, in tono poco convinto.

-Nossignore. Cioè sì. Sissignore. Ecco, io… ho qualche frammento di ricordo. Non so come sono uscita dalla metro, ma mi sembra di ricordare… tombe, statue. Un cancello-.

Si riferiva naturalmente al cimitero di Highgate. Casa di Snape era in quel quartiere, come aveva capito andandosene a piedi e come le aveva confermato Chandra. Sperò intensamente che i suoi superiori cogliessero il riferimento.

-Ha avuto contatti con qualche mago o umano?-

Liz sostenne lo sguardo: -Non posso escluderlo, signore-.

L’interrogatorio proseguì per qualche ora. A quanto pareva, la commissione non aveva nulla di meglio da fare che ripeterle più e più volte le stesse domande, forse sperando di coglierla in fallo.

Tuttavia, Liz era preparata a una simile strategia, quindi si atteneva scrupolosamente alla versione che si era preparata quella notte.

Cillian era stato in silenzio per tutta la durata dell’interrogatorio.

Ad un tratto, dopo che Liz ebbe riferito per l’ennesima volta come era tornata a casa (“Ho preso la metro nella stazione di Finsbury Park”), prese la parola: -Credo che il parere di un esperto potrebbe essere utile. Il dottor Donaldson ha visitato Mills ieri, e potrebbe fornire una diagnosi-.

Gli altri ufficiali acconsentirono e il dottore venne mandato a chiamare.

Donaldson suggerì la possibilità che Liz avesse attinto a una fonte di magia inconscia che le avrebbe permesso di stordire gli assalitori: -Le nostre conoscenze sulla forza paranormale sono ancora tragicamente misere. In particolare, è difficile sapere come potrebbe reagire un mago o un umano con forte potenziale magico, come Mills, in una situazione di forte pressione. E’ possibile che lo sforzo mentale l’abbia lasciata confusa per un certo periodo. Questa è la spiegazione più plausibile a cui riesca a pensare- ammise.

Questo intervento colpì molto la giuria.

Dopo un’altra ora di snervanti domande, sembrarono infine abbastanza convinti da reintegrarla nei ranghi.

Liz tirò silenziosamente un sospiro di sollievo quando Monk le ordinò di ritornare alla sua unità.

Dopo aver rispettosamente salutato gli altri ufficiali si incamminò alla ricerca di Chandra; sentì una voce alle sue spalle che la chiamava per nome.

-Cillian… volevo dire, tenente Archer- rispose.

-Capitano, veramente- rispose lui, indicando i gradi sulla divisa -sono stato promosso qualche mese fa, e di recente distaccato a Londra-.

-Congratulazioni-

-Grazie. Credo che sarebbe comunque ridicolo se iniziassi a darmi del lei.- sorrise -Senti Liz… io… mi dispiace ma il tuo racconto mi sembra davvero poco credibile- aggiunse, senza troppi preamboli.

Liz, suo malgrado, sentì di arrossire.

Si irrigidì: -Stai forse suggerendo che ho mentito a tutti i miei superiori?-

-Io… non so quali siano le tue ragioni, ma se me ne parlassi… qualsiasi cosa sia successa, io penso che sia il tuo dovere riferirlo alla commissione.

Loro sono stati convinti dalle parole di Donaldson, ma io ti conosco. Non stai dicendo la verità. Certo, sono sicuro che tu hai delle ottime motivazioni per essere sparita una settimana- aggiunse poi in tono conciliante.

Il suo dovere. Dovere, dovere, pensò Liz. Sembrava non esistesse altra motivazione per l’agire del tenente, anzi, capitano Archer, ricordò con amarezza.

-Se questo è tutto quello che hai da dirmi, ti chiedo il permesso di tornare con la mia unità. Ho parecchio lavoro arretrato-

Cillian sospirò -Liz, ti prego. Io vorrei aiutarti ma...-

La ragazza si era ormai incamminata.

-Qualunque cosa sia, io temo che tu stia correndo un grosso rischio!- le gridò ancora dietro.



Le settimane seguenti trascorsero in modo tranquillo: in virtù del suo recente infortunio, Liz fu provvisoriamente assegnata a un lavoro d’ufficio (protocollare i rapporti della squadra e occuparsi della trasmissione alla sede centrale).

Ebbe anche occasione di rivedere il capitano Archer tra gli uffici, ma le sue continue insistenze affinché gli rivelasse quello che stava nascondendo la convinsero a cercare di evitarlo il più possibile.

A fine mese fu il turno del suo giorno di congedo.

Monk aveva esitato parecchio prima di concederglielo (a quanto pare il sospetto di una possibile diserzione non era ancora del tutto fugato) e si decise soltanto il giorno precedente, un venerdì. Ormai era troppo tardi per organizzare una visita ai suoi genitori in Francia, considerò Liz irritata: la procedura per ottenere i visti e i permessi di espatrio richiedeva qualche settimana di anticipo, e con un’inchiesta pendente sulla sua testa poteva scordarseli per qualche tempo.

Il sabato mattina si ritrovò quindi a Londra e libera da impegni, come non le succedeva da ormai moltissimo tempo.

Non aveva molti amici lì, nessuno da visitare. O forse sì?

Era un’idea folle, pensò. E in ogni caso lui aveva detto che non sarebbe più stata in grado di ritrovare la casa. Quindi, che male c’era a tentare?

Tuttavia, doveva fare attenzione a non essere rintracciata.

Dopo essersi vestita, si recò nella biblioteca di Finsbury Park, più precisamente reparto sulla letteratura latina: la sala era prevedibilmente deserta. Con molta circospezione incise la base di uno degli scaffali, fino a riuscire a estrarre il listello di copertura. Dopodiché si sfilò il palmare che portava agganciato al polso e lo introdusse nella cavità; poi rimise a posto il listello.

In questo modo, dovunque si fosse recata, a chi avesse osservato il segnale lei sarebbe sempre risultata in biblioteca, forse a leggere qualche classico.

Una volta raggiunto il quartiere di Highgate, non ci mise molto a ritrovare la strada in cui abitava Snape.

La casa era ancora lì, osservò, grande e austera come quando l’aveva vista l’ultima volta.

Perplessa, suonò al campanello.



Da quando Liz era tornata alla sua caserma, Snape aveva potuto riassaporare la privacy della sua casa, che tanto apprezzava.

Certo, era stato interessante, persino, perché negarlo, divertente, avere contatti con un altro essere umano, ma lui era un animale solitario.

Un orso, o forse un’aquila. Le aquile non fanno amicizia con le soldatesse ventenni dal bizzarro senso dell’umorismo. Escluso.

Tuttavia, non poteva negare che la sua presenza l’avesse colpito.

Pochi giorni dopo la sua partenza, si era procurato un manuale babbano di elettronica per principianti: l’interazione della magia con la tecnologia babbana era affascinante, nonché molto utile, come dimostrava il prodigioso giubbetto anti-kedavra.

Si era immerso nella lettura del manuale, che era ostico quanto stimolante. Non si sentiva così ispirato da molti anni.

Il suono del campanello lo riscosse dai suoi pensieri.

Non era possibile, pensò. La casa era protetta dall’Incanto Fidelius, di cui lui era il custode segreto. Non aveva mai rivelato a nessuno (nemmeno al Signore Oscuro in persona) l’indirizzo, né portato nessuno all’interno della protezione dell’incantesimo. Tranne…

La porta si aprì per rivelare il sorriso esitante della ragazza, che sollevò una mano in segno di saluto: -Come va?-



-Credevo che la casa sarebbe sparita o qualcosa del genere- fece Liz, una volta che lui l’ebbe fatta entrare nello studio.

Indossava abiti civili babbani anziché l’uniforme, notò Snape, e forse aveva qualcosa di diverso nei capelli.

-Lo credevo anche io. Se avessi pensato che mi saresti di nuovo apparsa davanti mi sarei come minimo trasferito- sibilò lui. Come aveva potuto dimenticarsi di rinnovare l’incantesimo?

Lei sorrise, come se avesse appena ricevuto un complimento e, con enorme fastidio di Snape, sollevò un libro per leggerne il titolo.

-Adesso, se vuoi smettere di cacciare il tuo naso tra gli affari miei, sarei lieto di sapere che cosa diavolo ci fai qui- sbuffò l’insegnante prendendole il libro dalle mani e rimettendolo su uno scaffale.

La ragazza si sedette su una poltrona: -Be’, innanzitutto ero curiosa di sapere se sarei riuscita a rintracciare casa tua…-

-Direi che la tua curiosità è stata soddisfatta-

-… e poi oggi è il mio giorno libero, sai ne ho uno ogni due mesi, e pensavo che non sarebbe stato male finire di preparare quello Skelegrow di cui mi parlavi qualche tempo fa- finì.

Fu un pensiero in particolare a colpire Snape: -Fammi capire – obiettò – tu hai un giorno libero ogni due mesi… e vieni qui-.

-Be’ sì- rispose Liz.

-Non hai una famiglia da andare a trovare?-

La ragazza annuì: -Sì ma non vivono in Inghilterra e non ho fatto in tempo ad organizzarmi-

-Degli amici con cui passare questi giorni?-

-Non proprio- rispose lei, un po’ imbarazzata –Come avrai capito, non ci fanno uscire molto-.

Snape sospirò, rassegnato: - Immagino di essere l’unico a sopportare l’onore e l’onere della tua compagnia, la cosa non mi stupisce-

Liz sbuffò.

-Prendi quel calderone lì in fondo, prima che cambi idea- aggiunse burberamente.



Nel complesso la giornata fu più piacevole di quanto si fosse aspettato.

Lo Skelegrow riuscì perfettamente, e Liz fu ben lieta di portarsene via una bottiglia “per ogni evenienza”.

La sua consulenza poi fu per lui molto preziosa per chiarire le parti del trattato di elettronica per lui incomprensibili (il concetto di voltaggio gli era particolarmente difficile da comprendere), e si scoprì vagamente deluso quando si rese conto che per lei era arrivato il momento di tornare in caserma.

-Be’ allora… ci vediamo- lo salutò lei, sulla soglia.

Snape le rivolse un cenno di saluto, chiudendosi la porta alle spalle.

Era sicuro che di lì a un mese l’avrebbe rivista.



Liz rientrò in caserma in orario, dopo essere passata da Finsbury Park a recuperare il palmare, che giaceva indisturbato nel suo nascondiglio.

Attraversando l’ingresso si imbatté in Cillian, che usciva in quel momento.

-Hai passato una buona giornata?- le domandò, con una strana espressione.

-Sì, certo, grazie- rispose lei un po’ perplessa.

-Non sapevo fossi appassionata di letteratura latina- osservò il capitano.

Aveva controllato il segnale del suo palmare! Ma perché non si faceva gli affari suoi?

-Be’, che dire, ci sono tante cose che non sai- replicò Liz seccata.

Cillian fece per dire qualcosa, poi parve cambiare idea.

Mentre saliva le scale, Liz poteva sentire il suo sguardo che la seguiva.

Decisamente non era convinto.
 
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