Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

« Older   Newer »
  Share  
Natalie_S
view post Posted on 31/12/2010, 18:00 by: Natalie_S




Arcady: grazie!!! Eh sì, qui è diventato più vecchio e, se possibile, ancora più acido! Ah, quanto mi piace scrivere di lui!
Ti ringrazio ancora e ti auguro un buon 2011!!! :pit3:

CAPITOLO 2

La pozione aveva agito in fretta e in pochi secondi la ragazza aveva di nuovo perso conoscenza. Bene.

Ora che si era svegliata Snape era più che mai pentito della scelta di curarla a casa sua. Perché non l'aveva semplicemente lasciata davanti a uno degli ospedali di guerra babbani?

Scosse la testa: sapeva perfettamente che non sarebbe sopravvissuta all'attesa e la disorganizzazione che avrebbe incontrato in quei luoghi sporchi e caotici. E lui non poteva sopportare di avere un'altra vittima sulla coscienza.

Ricordava benissimo il giorno in cui i Mangiamorte si erano insediati a Hogwarts: sembravano impiegati ministeriali qualunque, posati, di mezza età, assolutamente ordinari se si voleva ignorare la spilletta con il marchio nero appuntato sulla giacca.

Allora lui era preside: aveva accettato l'incarico con molti dubbi, ma tutto sommato pensava che fosse meglio che la scuola fosse in mano a uno degli esponenti più moderati. Come dire, per limitare i danni.

Erano passate giusto un paio di settimane quando i Mangiamorte si erano presentati, avevano spulciato i registri e portato tutti i figli di babbani sull'Hogwarts Express, destinazione Londra. Da lì in poi se ne erano perse le tracce. I meglio informati (o quelli di più buonsenso) se ne erano andati già da un pezzo, ma non avrebbe mai potuto dimenticare l'espressione spaventata ma insieme fiduciosa che aveva letto in decine di occhi. Perché lui non avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa del genere nella sua scuola, vero? E invece, pensa un po', l'aveva permesso.

Snape non aveva potuto fare niente. A nulla erano valsi i suoi disperati appelli all'Oscuro Signore. O forse non ci aveva mai provato davvero, sospirò l’ex-insegnante.

Aveva sempre avuto il timore di esporsi troppo, paura che la sua lealtà venisse messa in dubbio, per arrischiarsi a opporre un rifiuto diretto. All’inizio pensava che sarebbe stato una risorsa più preziosa dall’interno, come aveva promesso a Dumbledore… finché non era arrivato il momento in cui aveva capito che tutto sarebbe stato inutile.

Comunque sia, il giorno dopo aveva dato le dimissioni e agli occhi del mondo magico era praticamente sparito.

Severus aveva osservato lo scoppio della guerra contro i babbani con rassegnazione e indifferenza. Non era più affar suo, del resto.

Draco Malfoy, come giovane ministro della difesa, si era dimostrato precipitoso, sottovalutando il reale pericolo costituito dagli umani, ma scaltro e abile per quanto riguardava la politica interna. Nessuno aveva mai osato dire nulla contro di lui. In effetti, nessuno aveva mai più osato dire nulla da quando Voldemort aveva ucciso in battaglia il giovane Potter.

Albus aveva riposto tanta fiducia in quel ragazzo coraggioso, certo, intelligente (be' insomma... ricordò Snape con una smorfia), ma totalmente e irrecuperabilmente impreparato di fronte a una tale minaccia. Era morto da eroe, come tutti gli altri membri dell'ordine della fenice. Notevole quanto inutile.

Una volta scomparso, il mondo si era dimenticato in fretta di lui.

Dumbledore si era sacrificato, convinto che il ragazzo non avrebbe fallito e quello era stato il suo più grande errore, forse l'unico.

Snape aveva perso ogni speranza.

Guardò la ragazza, ancora stesa sul tavolo operatorio d'emergenza; appena si fosse ripresa le avrebbe cancellato la memoria e rispedita a casa.

Tanto per avere la coscienza pulita.



Il tenente Charles Monk richiuse il cellulare sconfortato.

Liz Mills, soldatessa specializzata in localizzazione di attività paranormale, era sparita durante il turno di guardia a Camden, alla stazione della metro.

Stranamente, erano stati trovati quattro maghi, di cui uno morto e gli altri privi di sensi: i tre superstiti, durante il duro interrogatorio nella centrale (naturalmente dotata di tutte le più sofisticate misure di sicurezza anti-magia) avevano confessato alcuni atti vandalici compiuti nella zona e poi raccontato di aver perso conoscenza inspiegabilmente, quando la Sentinella era ancora viva.

Monk non sapeva se crederci o meno, ma la sua esperienza gli insegnava che probabilmente mentivano. Spesso durante gli interrogatori i maghi arrestati facevano credere di avere informazioni su babbani, per ritardare il momento dell'esecuzione. Il tenente trovava barbara l'usanza, ormai consolidata dell'esercito britannico, di uccidere tutti i prigionieri. Purtroppo non c'era molta scelta: tenerli chiusi da qualche parte per troppo tempo era molto rischioso. Averne poi più di uno in carcere, con la possibilità che finissero col comunicare... no, troppo pericoloso.

Questo del resto faceva sì che, a vent'anni dall'inizio della guerra, avessero imparato molto poco sui maghi.

Tutto quello che si sapeva veniva dal generale Longbottom, ma erano nozioni scarse, frammentarie; mentre sapevano che i maghi avevano una letteratura -scientifica- sui loro poteri, trattati sull'uso della magia, incantesimi sofisticati.

Era anche possibile che Liz avesse disertato, come molti prima di lei.

Monk sospirò: la sua unità di guardia babbana distaccata a Londra Nord era composta da soli cinque elementi e la scomparsa di uno di loro avrebbe affossato ancora di più il morale già basso della squadra.

Il tenente era un uomo di mezza età, a cui dieci anni prima era stata localizzata una certa quantità di “attitudine all'attività paranormale” (come veniva pomposamente indicata la magia). Da quel momento la sua carriera nell'esercito era cambiata radicalmente. Come molte Sentinelle, aveva ormai rinunciato all'idea di una vita privata al di fuori dell'esercito; la pressione esercitata su di loro era troppo forte per permettere qualsiasi altro interesse o impegno.

Aveva visto gli umani combattere contro i maghi, migliorando velocemente le proprie armi, raggiungendo qualche importante vittoria e collezionando molte sconfitte. Purtroppo, da qualche anno a quella parte, aveva la netta sensazione che non sarebbero più durati molto. La magia, semplicemente, trascendeva dalle loro possibilità: era un'arma infinitamente più forte di tutte le loro messe insieme.

Inoltre, da qualche tempo i maghi sembravano sapere tutte le loro mosse in anticipo. Sicuramente avevano qualche sistema per sorvegliarli… qualcuna delle loro diavolerie.

Si diresse verso l'ufficio di supporto paranormale, dove sapeva che i suoi soldati stavano aspettando notizie di Liz.

Aprì la porta per entrare in una stanza umida e male illuminata, con sei scrivanie di recupero.

La sua unità era composta da persone molto diverse tra loro.

Il più anziano per età e per appartenenza era Peter Tuffey, un ex prete di origine irlandese che aveva dovuto rinunciare alla tonaca quando, quindici anni prima, il governo aveva riscontrato in lui una fortissima propensione alla magia. Conosceva pochi incantesimi (era già sulla trentina quando aveva iniziato a fare pratica di magia, un'età piuttosto tarda dal punto di vista formativo) che scagliava con grande imprecisione e altrettanta potenza.

La sua vita al di fuori del servizio era votata a ricercare nella Bibbia giustificazioni morali per le uccisioni e la violenza che costituivano la sua vita quotidiana. Era infine approdato a una filosofia piuttosto articolata, il cui perno centrale era la condanna della stregoneria e delle aberrazioni agli occhi di Dio.

Quando Monk entrò nella stanza, era intento a leggere a bassa voce versetti del Levitico annuendo convinto.

La scrivania accanto alla sua era gentilmente concessa dal governo britannico a Gary Townshed, un rubizzo ex muratore cinquantenne, dedito per lo più alle scommesse sportive e alle pinte di Guinness in orario extralavorativo.

I giovani erano decisamente più promettenti: come Liz, anche i due restanti elementi, Chandra Sharma e Robert Garreth, avevano iniziato l'addestramento militare magico in giovane età, essendo nati poco prima dello scoppio della guerra civile.

Chandra era una ragazza di origine indiana coetanea di Liz: pur non essendo propriamente amiche, andavano d’accordo e collaboravano serenamente. Probabilmente sarebbe stata la persona più rattristata dalla notizia.

Robert invece aveva appena sedici anni: era molto introverso e non parlava molto, quindi era piuttosto difficile prevedere come avrebbe potuto reagire.

Liz era stata l'acquisto più recente della sua unità: era arrivata l'anno precedente dopo un trasferimento da Leeds.

-Allora?- fece Chandra ansiosa, quando Monk varcò la soglia -ci sono notizie?-.

Il tenente si limitò a scuotere la testa e calò nuovamente il silenzio nella stanza. Del resto, a che scopo parlare? Le numerose ipotesi sull'accaduto erano già state ampiamente sviscerate nelle ore precedenti.

La scena del "delitto", se si delitto si poteva parlare, era davvero difficile da interpretare: Monk si trovò ancora una volta a valutare la possibilità della diserzione.

Aprì il fascicolo personale di Liz.

Elizabeth Rosemary Mills era nata ventiquattro anni prima nello Yorkshire, da un'ordinaria famiglia della middle class britannica. Aveva frequentato delle buone scuole private fino a quando, a quattordici anni, la polizia non aveva riscontrato in lei un considerevole potenziale paranormale. Era probabile che i genitori sapessero già da tempo delle sue capacità: nonostante in quegli anni la guerra civile non imperversasse ancora così duramente, i Mills avevano già avviato tutte le pratiche per l'emigrazione in Francia.

Si trovavano nell'aeroporto di Gatwick, pronti a imbarcarsi, quando durante un controllo di routine Liz si innervosì talmente da far esplodere tutti i metal detector, computer e terminali dell'aeroporto. Per poco non fece anche cadere un paio di aerei.

A quel punto, il governo inglese non aveva potuto ignorare l'esistenza della giovane potenziale maga.

Monk sfogliò il fascicolo fino alle informazioni sui familiari: i genitori e il resto dei suoi parenti erano in seguito effettivamente emigrati in Francia, e Liz trascorreva là la maggior parte dei propri congedi. Parlava molto bene francese dall'infanzia e, se si fosse procurata dei documenti falsi, avrebbe senza dubbio passato agevolmente un controllo aeroportuale.

Riflettendo su questa possibilità si rese conto di non sapere molto su Liz, a livello personale. Era una ragazza riservata, non in modo asociale o preoccupante, ma abbastanza da far sì che il tenente non sapesse quali fossero i suoi interessi o le sue aspirazioni. Svolgeva i compiti che le venivano assegnati in modo preciso e efficiente, senza lamentarsi ma senza neanche mostrare un particolare entusiasmo. Era determinata, per non dire testarda, questo sì. Le poche volte in cui si era impuntata su qualcosa, una strategia di irruzione in un edificio a Finsbury, ricordò il tenente, aveva insistito finché non l'aveva avuta vinta.

Ma Monk non riusciva a immaginare se Liz trovasse adatta a sé o meno la vita militare, se desiderasse fuggire o fare carriera. Un giorno era semplicemente arrivata, e ora se ne era andata.





Che palle.

Le ore sembravano interminabili in quella stanza scura. -Perfettamente immobile- si era raccomandato il mago con l'aria di chi non ammetteva repliche -devi fare sì che le ossa si ricostruiscano, è un processo lungo e molto delicato- aveva aggiunto poi.

Chissà quanto tempo era passato, si chiese Liz. Chissà cosa aveva pensato la sua squadra!

Come aveva potuto verificare con un breve esame, il suo palmare dotato di localizzatore GPS era andato in mille pezzi durante lo scontro e non aveva altro modo di comunicare con loro.

Si chiese cosa stessero facendo adesso, se avessero iniziato le ricerche o se l’avessero già data per spacciata.

La stanza era cambiata: dopo il primo incontro si era sempre risvegliata in una camera buia e polverosa, comunicante con un piccolo bagno. Aveva tutta l'aria di una stanza per gli ospiti mai utilizzata. Come nel laboratorio, anche qui le pareti erano tappezzate di libri dalla copertina consunta.

Le prime volte si svegliava solo per pochi minuti, per poi ripiombare nel sonno, ma ora che iniziava a sentirsi meglio poteva cercare di rendersi conto della situazione in cui si trovata.

Si toccò la testa, ancora saldamente fasciata, accorgendosi che molte ciocche di capelli erano state sommariamente tagliate per agevolare la medicazione. Merda. Ci aveva sempre tenuto molto ai suoi capelli lunghi.

Negli ultimi giorni l'opprimente dolore al petto era quasi completamente sparito: respirare era più facile ma il tempo trascorreva lento.

Il tizio, Severus, non le era antipatico: aveva un suo senso dell’umorismo, ma non era certo un chiacchierone.

Osservò i libri che la circondavano, pensosa. In fondo non le aveva mai proibito di leggerli, considerò.

Erano troppo lontani perché potesse leggerne i titoli, così prese la bacchetta (lasciata sul comodino, il nonno evidentemente non aveva le minime nozioni di sicurezza) e fissò la sua attenzione su uno a caso: -Accio -.

Il volume si alzò faticosamente dallo scaffale per ricadere pesantemente sul letto. Non aveva mai veramente padroneggiato questo incantesimo, ma per questa volta poteva andare, decise Liz con una scrollata di spalle.

“Antidoti vegetali e preparati para-magici” lesse.

Scommetto che è un bestseller, pensò amaramente.

Non aveva la forza di prendere un altro libro, così si sistemò il volume sulle ginocchia e incominciò a sfogliare le pagine.



Snape si stava recando nella stanza della Sentinella con una pozione fresca. La ragazza (come si chiamava già? Liz?) si stava riprendendo bene: pochi giorni prima aveva quasi tutte le costole rotte e gli organi interni lesionati, ma il suo talento di pozionista e guaritore aveva compiuto un piccolo miracolo.

Aveva buone capacità di ripresa, era giovane, anche se doveva avere qualche anno in più di quelli che le aveva attribuito al loro primo incontro.

Già aveva iniziato ad essere fastidiosa, pensò il mago con una smorfia. Probabilmente per via della noia e della solitudine, ogni volta che andava a cambiarle le bende o a somministrarle le pozioni, lei cercava ostinatamente di intavolare una conversazione, il più delle volte senza successo.

Questa era una delle caratteristiche che più lo stupivano dei babbani: erano a loro modo forti, temprati, pronti a tutto, eppure non perdevano una certa ingenuità infantile, un'incrollabile speranza nel prossimo. Snape li compativa e ammirava al tempo stesso.

Entrò nella stanza senza bussare, sperando di trovare Liz addormentata: ci metteva sempre un po' a svegliarsi e una volta che aveva recuperato la parlantina lui se n'era già andato.

Notò con disappunto che era ben vigile e cosciente, seduta sul letto con i cuscini rincalzati dietro la schiena e un pesante tomo sulle ginocchia.

-Che stai facendo?- domandò seccamente.

La ragazza si riscosse e lo guardò:- Leggo!- spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. In effetti lo era.

-Questo lo vedo!- sbuffò Snape -ma non ricordo di averti invitata a servirti liberamente della mia biblioteca-. Il mago posò il bicchiere con la medicina e fece un gesto rapido con la mano: il libro si richiuse bruscamente in una nuvola di polvere e tornò al suo posto sullo scaffale.

-Non posso stare qui sdraiata tutto il giorno senza fare niente. Sto diventando scema!- protestò lei.

Snape le porse il bicchiere con fare autoritario -Fossi in te non mi preoccuperei, direi che il danno ormai è fatto-.

Liz alzò gli occhi al cielo trattenendo un sorriso suo malgrado e trangugiò la pozione senza fiatare. Sembrava abituata a dover prendere medicine o a medicarsi, e le numerose cicatrici che le solcavano il colpo lo dimostravano.

-Su quel libro che stavo leggendo c'è una pomata contro le ustioni da fiamme inestinguibili- disse la ragazza con fare pensoso. Il mago la guardò senza capire.

-C'era questo tizio, Tom, viveva a sud, vicino a Clapham...be', se l'avessimo conosciuta, questo preparato... forse sarebbe vivo adesso- aggiunse con voce leggermente tremante.

Snape non seppe cosa rispondere.

Liz alzò uno sguardo accusatorio fino ai suoi occhi: - C'è così tanto da imparare sulla magia, e noi sappiamo così poco. Riusciamo giusto a difenderci, e neanche tanto bene. Non sappiamo neanche cosa sia la maggior parte delle fatture che ci uccidono!-

-Hai ragione, è una lotta impari, ma finora ve la siete cavata discretamente...-borbottò il mago, a disagio.

-Discretamente non è abbastanza.- dichiarò la Sentinella senza distogliere lo sguardo.

Snape diede un'occhiata al titolo del libro: -Si tratta di pozioni abbastanza elementari, non sarebbe così difficile neanche per voi riprodurle. Dai una ripassata al tuo libro di Pozioni del primo anno e vedrai che troverai molte risposte. - concluse, nella speranza di cambiare argomento,

Speranza vana.

-Libro di Pozioni?- ghignò la ragazza, un po' perplessa.

-Sì, il tuo libro di Pozioni... ai miei tempi era "Infusi e pozioni magiche", di Arsenius Brodus, non so su cosa abbiate studiato voi giovani- sbuffò Snape.

Liz lo guardò divertita -Be', quando avevo 12 anni o giù di lì ho fatto un corso di chimica, ma ti assicuro che nessuno ha mai menzionato tra gli elementi la radice di... come si chiama...aspetta, te lo dico - si voltò nuovamente verso la libreria e afferrò la bacchetta -Accio-.

Tre o quattro volumi caddero a terra, mentre il prescelto andò a sbattere contro la parete dietro al letto, facendo staccare qualche pezzetto di intonaco.

-Ops- si scusò la ragazza con un sorrisino vergognoso -Sai com'è con questi incantesimi...- aggiunse, in tono pratico.

Snape era scandalizzato: -Quello a cui ho appena assistito, è senza dubbio il peggior incantesimo di appello della mia quasi ventennale carriera di insegnante!- esclamò.

Liz si strinse nelle spalle: -Suvvia, non era così male. Il libro è qui, no?- gli fece notare, togliendo con la manica la polvere e qualche scheggia di vernice bianca, proveniente dal muro, dalla copertina del libro.

L'ex professore non poté più trattenersi: -Questo è inammissibile! Alzati... ce la fai ad alzarti? Ecco, prendi la bacchetta, in questo modo- Snape afferrò il polso di Liz, facendoglielo ruotare di qualche decina di gradi -Più salda la presa con le dita.... la bacchetta deve essere un prolungamento del tuo braccio e idealmente il movimento della stessa deve imprimere l'intenzione dell'incantesimo- proseguì in tono didattico -Il movimento esatto è questo... esatto proprio così. Ora fissa quel libro e dì forte e chiaro l'incantesimo-.

-Accio!- esclamò Liz. Il libro indicato da Snape fece un'elegante parabola attraverso la stanza e finì dritto nella sua mano protesa.

-Wow!- esclamò lei, osservando il libro da ogni angolazione, come se cercasse il trucco nascosto.

-Complimenti per aver compiuto in modo appena decente, alla tua veneranda età, un incantesimo da quarto anno. 10 punti a... -qui Snape si interruppe, confuso -10 punti a te. Congratulazioni.-

-10 punti! Che culo!- esclamò la ragazza, allegra. Evidentemente per lei il sistema di punti e gratificazioni scolastiche di Hogwarts non aveva alcun significato.

Snape era perplesso: si era sempre chiesto vagamente che livello di istruzione magica potessero avere le Sentinelle babbane, ma aveva sempre dato per scontato che, anche se non erano degli Auror, fossero perlomeno in grado di difendersi.

Invece la preparazione di quella Liz era di una pochezza imbarazzante.

Esisteva sempre la possibilità che si trattasse di un caso isolato, un'allieva particolarmente poco brillante, ma Snape ne dubitava. I babbani erano in difficoltà ma non certo stupidi, non avrebbero mandato una totale incapace in battaglia; inoltre, finché si era trattato di maneggiare la pistola, se l'era cavata piuttosto bene con i maghi alla stazione della metro; infine il suo stupore di fronte alle pozioni e ai suoi incantesimi era indubitabilmente sincero.

Guardando meglio la bacchetta tra le mani della ragazza, si accorse che aveva tutta l'aria di un oggetto di plastica prodotto in serie.

Liz interruppe il corso dei suoi pensieri -E così, sei un insegnante? Strano, non mi sembravi il tipo. Accio!- riprovò, appellando una tazza che si trovava sul comodino, la quale planò delicatamente nella sua stretta -Non male eh? Dovevi essere bravo come professore- aggiunse, soddisfatta del risultato.

-Quanti incantesimi conosci?- domandò Snape.

Liz lo fissò in modo strano: -Questo è un segreto militare, nonno- rispose alla fine.

-Credi che ti abbia portato fin qui per carpire qualche segreto di guerra? Mi basterebbe leggere la tua mente per farlo- fece lui, sprezzante.

La ragazza incrociò le braccia sul petto: - E’ quello che continui a ripetere. Ma sai, io non so se crederci o meno-.

Era forse necessario questo per tranquillizzarla? si chiese Snape. Era un po’ come metterla al tappeto con un pugno per dimostrare di avere buone intenzioni.

Oh be’, se proprio doveva…

-Qualsiasi cosa succeda- disse il mago, lentamente -non pensare a quello che sai sulla magia. Legilimens!-

Snape si vide scorrere davanti il familiare, confuso flusso di immagini e pensieri ricavato dalla legilimanzia. Osservò Liz adolescente prendere una bacchetta di plastica, a caso, da un armadio pieno… La vide, prima quindicenne, poi sempre più grande, esercitarsi in una breve sequenza di incantesimi base, incantesimi di appello, schiantesimi, disarmo per poi passare direttamente alle maledizioni senza perdono.

Confusamente percepì gli strascichi di qualche scontro con i maghi, sentì le pallottole sibilargli accanto alle orecchie, la sensazione di pesantezza al petto quando il giubbetto veniva colpito da una maledizione. In tutti questi ricordi c’era qualcuno, la presenza sfocata di un uomo, forse un soldato.

Interruppe il contatto. Liz si risedette sul letto, tenendosi la testa come se le girasse -Eh dai così non vale! A tradimento!- protestò.

-Come si chiama quel tizio? Carl? Colin?- la stuzzicò Snape.

Liz sollevò la testa, ancora un po’ scossa: -Cillian. Ok, adesso ci credo-.


CIAO A TUTTI E BUON ANNO!!!!! :dentone3:
 
Top
34 replies since 26/12/2010, 16:04   322 views
  Share