*rullo di tamburi*
Siori e siore, dopo un periodo di tempo dannatamente lungo, ecco che si ripresenta a voi, con una nuovissima One-Shot fresca fresca di scrittura, nientepopòdimenoche: Me!
Ebbene sì, I'm back. E sono tornata per rimanare, si spera.
Comunque, vi lascio una FF che tanto fiction non è, visto che rispecchia la realtà (per mia immensa gioia... e anche per la gioia di Try).
Sperando che vi piaccia, ora vi lascio alla lettura.
Siamo Fatti Della Stessa Sostanza Dei Sogni.
Stringo la pelle del braccio tra due polpastrelli. Sento dolore, il metodo del pizzicotto funge.
Un piccolo livido sull’avambraccio è il segno che non sto sognando.
Sorrisi e parole. Battute e sguardi. Questo è stato l’inizio.
Sempre più tempo trascorso con te, poi un passaggio in macchina. Due. Tre. Ogni giorno.
Vogliamo poi parlare di quella sera? Ti dico cosa provo, mi spiazzi. L’ultima risposta che potevo aspettarmi da te è anche l’unica che desideravo.
Un rapporto strano, non definito. Cos’era tra noi?
Finalmente il contatto. La
tua mano poggia sul
mio fianco e col braccio mi blocchi il corpo.
La stanza è vuota, ma il rischio è troppo alto.
Cambio di scena, auditorium. Un posto vuoto accanto a me,
si riempie di te. Mi rubi un auricolare e io sono in panico. Quella canzone mi parla di te. Lo capisci, mi sorridi.
La conferenza annoia, chiudo gli occhi. Un pizzicotto alla gamba, ti guardo stupita: vuoi impedirmi di dormire. Richiudo gli occhi, mi pizzichi ancora. Continuiamo così, nessuno vuole cedere.
Giorni dopo sono in fila alla macchinetta. Arrivi tu, con quel maglioncino blu che adoro. Ti metti davanti a me, io riprendo il mio posto. Mi sorpassi. I soldi sono i miei, mi porgi trenta centesimi. Ti guardo, sorrido. Prendo il caffè e me ne vado. Giuri vendetta.
Il giorno dopo stessa scena, ma appena prendi il caffè, ti volti e me lo offri. Sono stupita, mi preghi di prenderlo. Accetto.
Persisto nel non riuscire a definire questo rapporto.
La settimana della gita arriva: l’Olanda attende.
Il giovedì mi porti in stazione e scatta la richiesta.
«Sabato vieni a pranzo da me? Sai, la sera parti e poi per una settimana... bye bye!»
Sento gli occhi luccicare, non aspettavo altro.
«Mah, forse. Sono una ragazza impegnata io»
Mi guardi scettico, mi sorridi.
E’ la mia fine.
«Oh, al diavolo! Certo che vengo da te!»
Ti abbraccio, mentre continui a sorridere. Scendo dall’auto controvoglia.
Autobus, solito posto.
Il sorriso sul mio volto è immenso, un’amica se ne accorge: «Che succede?»
«Eh, sabato sarò a pranzo in quel del centro».
Grido di gioia, dell’amica.
Sorriso smagliante, il mio.
Due giorni dopo sono da te.
E poi? Si è definito qualcosa.
Le tue labbra sulle mie.
Iperventilazione. Tachicardia. Caldo.
Panico.
Mi hai spiazzato, definitivamente.
Sorridi e mi fai tua.Noto il tuo sguardo:
sento che ora sei un po’ mio.
