Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Evelyne

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§ilver Do£
view post Posted on 25/8/2009, 19:04




Ciao a tutte ^_^
Questa storia l'avevo iniziata tanto tempo fa, poi è stata abbandonata, e infine ripresa, da poco tempo. Tutto è inventato da me, personaggi, ambientazione ecc.
Posto il primo capitolo, se vi piace, continuo.
Genere : Fantasy

Grazie a tutti quelli che leggeranno. :wii:

Evelyne


Evelyne aprì la piccola finestra e il pungente vento invernale invase la camera scompigliandole i capelli ricci. Inspirò profondamente per riempirsi i polmoni dell’aria che sapeva di neve.
–Evelyne!- un bussare insistente sulla porta la riportò alla realtà.
–Si signorina Costantine?- urlò lei di rimando, aprendo gli occhi verdi e sbuffando. La signorina Costantine (ancora signorina nonostante fosse molto vecchia, secondo Evelyne perché non aveva trovato un cane che la volesse sopportare a vita) era la donna che si era presa cura di sua madre negli ultimi mesi di vita, ed ora si era accasata alla locanda che la poverina gestiva quando era in salute. Ad Evelyne non era mai piaciuta , e la cosa era reciproca. Avevano mantenuto sempre un rapporto gelido dalla morte di sua madre, Lucy Royal. Suo padre Ersevin era fuggito nella contea vicina , si dice per codardia nei confronti delle responsabilità, ma Evelyne aveva sempre creduto che l’avesse fatto per sfuggire alle torture mentali che gli venivano inflitte dalla vecchia, che dopo la sua fuga erano passate in eredità a lei. Per questo l’aveva perdonato , perché lo capiva.
–Abbiamo ospiti- gracchiò la signorina Costantine -Mi aspetto che tu li serva a dovere!-
Evelyne sbuffò di nuovo, irritata. Era la stessa frase di ogni volta, quando arrivava un nuovo cliente alla locanda. Lei doveva caricare le valige fino alla camera e servire un pasto caldo a quelli che di solito erano sventurati viaggiatori che non vedevano piatto pieno da settimane, e mangiavano le brodaglie della donna con gran gusto. Si raccolse i capelli in una treccia e scese le scale osservando con riluttanza la strega che si trasformava in un amabile vecchietta tutta sorrisi con il nuovo cliente.
-Oh ecco …Evelyne, tesoro,potresti accompagnare il signore alla sua camera?- cinguettò con voce estremamente irritante
– Certo - sibilò Evelyne. La ragazza si caricò sulla spalle la sacca da viaggio del cliente e cominciò a salire le scale.
–Lascia, faccio io…- una mano le sfiorò la spalla e le sfilò il bagaglio. Evelyne si voltò e osservò l’uomo. Era alto, vestito completamente di nero,con un mantello da viaggio sulle spalle. Notò che non aveva affatto l’aspetto del solito pellegrino moribondo,ma era molto bello, con lunghi capelli castani che gli scendevano fino alle spalle incorniciandogli il viso affilato. Gli occhi erano scuri e penetranti, e la bocca sottile. Scostò lo sguardo ,chiedendosi se l’avesse osservato troppo a lungo .
-La stanza è questa- disse aprendo una porta a fatica. I cardini dovevano essersi arrugginiti, e un rumore sinistro echeggiò per il corridoio. L’uomo entrò e sì sdraiò sul letto, da cui si alzò una nuvola di polvere.
–Vuole che le porti qualcosa da mangiare?- domandò Evelyne come al solito, aprendo la finestra per dare aria alla camera.
–Ora no grazie.Voglio solo dormire, ho fatto un lungo viaggio- disse lentamente l’uomo che stava già chiudendo gli occhi.
–Come preferisce- Evelyne stava per tirare le tende , ma ritrasse la mano quando queste si chiusero da sole. Lo straniero era evidentemente un mago. Uscì in silenzio dalla stanza mentre la chiave si girava nella serratura come mossa da un fantasma. Aveva appena visto un incantesimo, uno dei tanti a cui aveva assistito. Si sentì improvvisamente triste, come gli capitava ogni volta in cui assisteva impotente a una magia. Lei non aveva mai saputo fare magie,e questo le dispiaceva tantissimo.Visto che non poteva difendersi con la magia, lei aveva deciso di imparare a padroneggiare un arma, la stiara. Era un lungo bastone che terminava con due lame da entrambe le estremità, un arma di invenzione di un vecchio fabbro del suo villaggio. Se usato con destrezza era veloce e letale. Finché suo padre, un mago Erbaceo, era rimasto con lei Evelyne si allenava ogni giorno in riva al fiume. Suo padre le lanciava un rametto che lei tagliava al volo. Ersevin dopo ogni colpo rimarginava la corteccia e la figlia lo guardava incantata. Era così che preferiva ricordarsi suo padre, intento a far ricrescere la corteccia di un ramo, mentre lei lo guardava , sperando di riuscire ,un giorno, a imitarlo. Non c’era mai riuscita. Non era stata capace nemmeno di riattaccare un petalo caduto dal fiore, cosa che lui faceva spesso. Avevano tenuto lo stesso vaso di fiori per degli anni, finché Ersevin era rimasto accanto a lei. Qualche giorno dopo la sua partenza i fiori erano appassiti e nessuno aveva più riattaccato i petali. Evelyne né conservava ancora uno tra le pagine di un libro. Corse nella sua stanza. Era una delle tante stanze della locanda, ma era inservibile perché una trave del tetto aveva ceduto sfondando il pavimento. Era illuminata da una sola finestra che dava sul cortile davanti alla quale Evelyne passava ore e ore a contemplare il cielo. Lei aveva accettato comunque la stanza anche se malmessa e piuttosto buia, almeno avrebbe avuto un posto dove rinchiudersi. Si sdraiò in equilibrio sulla trave , come era solita fare. Le piaceva quella sensazione, di stabilità precaria, in una vita dove tutto era terribilmente monotono e ripetitivo. Solo una volta, l’anno prima, presa evidentemente dalla foga di aver compiuto 17 anni, aveva tentato di fuggire dalla locanda. Ricordava ancora perfettamente quel giorno.

Era notte e nel cielo la luna era offuscata dalle nuvole. Era uscita furtivamente dalla stalla ,con la stiara legata sul fianco. Aveva tentato di rubare il cavallo di un viaggiatore che alloggiava lì da tempo e non sembrava aver intenzione di ripartire. Non gli dispiacerà affatto se prendo in prestito il cavallo…deve essere piuttosto ricco considerando le cifre che spende per il vitto e l’alloggio…se ne potrà permettere un altro…ma il rimorso fu più forte delle giustificazioni che ripeteva. Evelyne aveva ricevuto un educazione molto rigida. Decise di fuggire a piedi, correndo nel folto. Forse sarebbe riuscita a raggiungere un altro villaggio, avrebbe trovato un passaggio fino alla contea dove viveva suo padre e sarebbe vissuta con lui. Camminò per una notte nel bosco maledicendo il suo buon senso che le aveva impedito di rubare quel cavallo. Arrivo al villaggio più vicino, Testal. Cercò una locanda dove poter mangiare, perché la fame provocata da ore di marcia le attanagliava lo stomaco. Chissà cosa penserebbe la strega se sapesse che aiuto la concorrenza! Sorrise. Non l’avrebbe mai saputo.Ho chiuso con quella megera , per sempre. Bussò alla porta di una vecchia catapecchia con appeso un cartello di legno che scricchiolava mosso dal vento. Vi erano dipinte di un bel rosso acceso, ora molto impoverito, due parole: Da Felma. Nessuno le rispose e prese a bussare più forte.
–C’è nessuno? Signora Felma?- cominciò a urlare sperando in una risposta. I cardini della porta cominciarono a scricchiolare. Un uomo dai capelli brizzolati e il naso adunco aprì la porta con aria burbera.
–Dì un po’ ragazzina , ti sembro una signora?- Evelyne arrossì.
–Oh… io… mi dispiace signor… -
-Io mi chiamo Gilbert Graves, ragazzina. Felma era la vecchia padrona della locanda. Che ci fai da sola? Non è sicuro…fuori. Muoviti entra…-
Evelyne entrò imbarazzata. La locanda era malmessa e polvere e ragnatele regnavano incontrastate in ogni angolo. Il signor Graves continuava a osservarla e la cosa le dava fastidio. Non le era mai piaciuto che la gente la fissasse. Si voltò verso l’uomo e si accorse che non fissava lei , ma la sua stiara. Le sue dita corsero all’impugnatura e la strinsero convulsamente. Graves evidentemente se ne accorse perché le sorrise e posò gli occhi su di lei.
-Ti faccio così paura?- le disse divertito. Evelyne arrossì per la terza volta in pochi minuti e lasciò lentamente la stiara.
– La osservavo perché è un’arma molto insolita – continuò Graves avvicinandosi. Ma certo… la devono conoscere in pochi fuori dal villaggio…
-è tua?- Graves si avvicinava sempre di più. Evidentemente pensa che io sia una ladra. Non erano rari i ladri ragazzini e spesso i furti riguardavano proprio le armi, che rappresentavano un commercio stabile in quei tempi di guerra. La contea di Salster, dove abitava lei,e la contea di Ayferd, erano in guerra da molti anni,una guerra iniziata per stupidi motivi di confini poco stabiliti. Durante gli anni però i veri motivi erano andati dimenticati e l’unico obbiettivo dei regnanti , Felster e Razar,sembrava quello di distruggersi a vicenda. Comodamente rinchiusi fra gli agi delle loro corti, muovevano soldati come pedine e burattini nelle loro mani, polverizzando villaggi, uccidendo uomini, incendiando boschi. Gli eserciti non combattevano mai fra loro, ma si limitavano ad arrecare danni alla rispettiva contea nemica. Se gli uomini di Razar distruggevano una piantagione di Felster, l’esercito opposto bruciava un villaggio. Era una guerra crudele e inutile,destinata ad essere senza fine.
–Certo che è mia!- rispose Evelyne indignata.
–L’ ho comprata con mio padre quando avevo sei anni. È un’arma tipica del mio villaggio - Graves ascoltava con attenzione.
–Io ero un fabbro prima che la mia bottega venisse distrutta dagli uomini di Razar. Permetti?- Tese la mano e Evelyne gli passò la stiara , un po’ controvoglia. Graves la inclinò alla luce della finestra e fece risplendere la lame.
– è molto bella . La sai usare?-
-Me la cavo- Rispose lei alzando le spalle. Graves la lanciò e lei la afferrò al volo , quasi meccanicamente. Era uno dei primi esercizi svolti con suo padre. La presa salda era decisiva in un momento di pericolo.
–Avanti, fammi vedere come combatti.. Prova a colpirmi – Evelyne rimase perplessa.
–Lei non prende un’arma?- Graves sorrise di nuovo.
-Io so difendermi anche senza armi – Evelyne venne incuriosita dalle sue parole, e provò un affondo sollevando la stiara in alto. Mentre attaccava il legno divenne incandescente e lei fu costretta a mollare la presa. La stiara cadde rumorosamente sul pavimento , fumando. Guardò verso Graves soffiandosi sulla mano che le bruciava ancora. Non si era mosso di un millimetro, e aveva ancora il sorriso di prima stampato in faccia.
–Sei un mago!- lo accusò Evelyne . –Non è leale!- Graves le raccolse la stiara che improvvisamente smise di fumare.
–Un mago Focaio per la precisione. Quando avevo la bottega i miei poteri mi erano molto utili. Non perdevo tempo a fondere il metallo. La mia velocità nel costruire armi rimane imbattuta. –
Evelyne fece una smorfia e prese la stiara dalla mano di Graves, che sfiorò per un attimo. Era incredibilmente calda.
–Beh io…dovrei andare ora. – legò la stiara al suo posto e salutò il signor Graves con un cenno della mano. Mentre stava aprendo la porta un ruggito risuonò nella locanda.
–Che…che cos’era? Graves fece spallucce.–Niente di importante non preoccuparti… Se ti và di allenarti io sono sempre qui. Né avrei bisogno anche io, divento vecchio e i miei poteri si arrugginiscono. Ehi… Come ti chiami? - Evelyne sorrise, un po’ forzatamente , perché stava ancora pensando al ruggito.
– Mi chiamo Evelyne Royal. Verrò senz’altro se potrò.- uscì silenziosamente dalla locanda. Non sarebbe ritornata, lo sapeva. Stava tornando alla locanda. Per quanto breve, l’incontro con Graves le aveva aperto gli occhi. Non sarebbe resistita un secondo da sola. Era bastata una stupida magia per disarmarla e renderla indifesa. Se Graves avesse voluto, avrebbe potuto ucciderla senza nemmeno muoversi. Aveva ragione lui, era pericoloso là fuori.

Perse l’equilibrio e cadde dalla trave atterrando sul pavimento di legno. Chissà che dove sarà adesso il signor Graves…chissà se parlava sul serio quando disse che voleva allenarmi…
-EVELYNE!- Di nuovo. –Sì signorina Costantine?- disse Evelyne con la voce carica di odio.
–Il nostro cliente desidera mangiare. Muoviti. – continuò ad ascoltare i passi scendere le scale e uscì solo quando non si sentiva più quell’irritante rumore. Non aveva nessuna voglia di vederla. Entrò silenziosamente dentro la camera con un piatto di qualcosa che aveva preparato la signorina Costantine e che lei non avrebbe mangiato per nessuna ragione al mondo.
–La cena- posò il piatto sul cassettone intagliato vicino alla porta della camera. Il mago era seduto sul letto. Vicino a lui c’erano un foglio e una penna, che scriveva velocemente guidata da una forza invisibile. Il piatto prese a volteggiare in aria e atterrò nella mano dell’uomo.
-Pazzesco - si fece sfuggire Evelyne incantata da quelle magie. L’uomo la guardò e sorrise.
-Queste sono magie elementari… potrei fare di meglio. – Si alzò.
–Io sono Jan. Sono un mago Nomade. Sposto gli oggetti . Beh , anche le persone se voglio… – Evelyne si sentì sollevare lentamente. Tentò invano di ritoccare terra spaventata. Jan rise.
–Scusa, non volevo spaventarti. – Lei ritoccò terra tirando un sospirò di sollievo.
–Io sono Evelyne. – Jan cominciò a mangiare – Non ho poteri magici, neanche mia madre era una maga, ma mio padre si…... Non abita più con me , ma nella contea qua vicino. – posò lo sguardo sulla penna che continuava a scrivere ininterrottamente. Jan posò il piatto sul comodino.
– Ho visto degli eserciti in marcia, volando. C’è da stare attenti –
-Tu sai…volare?- Jan parve sorpreso dalla domanda. - Tutti i maghi Nomadi possono farlo. Non è per niente difficile per quelli come me. Alcuni imparano prima a volare che a camminare. – Evelyne lo osservò a bocca aperta. Mai come in quel momento avrebbe desiderato essere una maga.
–Io sono venuto qui per salutare una persona. Devo andare nell’altra contea, però. Devo riposarmi- Evelyne annuì. Jan si sdraiò sul letto -Partirò domani. Buonanotte. – la penna smise di scrivere, e volò in un cassetto. Il foglio ,che si era accuratamente piegato e imbustato, volò invece fuori dalla finestra. Evelyne soffiò sulla candela che illuminava la stanza. –Buonanotte. – La chiave si girò nella serratura con uno scatto. La ragazza camminò fino alla sua camera fantasticando su come sarebbe stato essere una strega Nomade. L’immagine Della signora Constantine che fluttuava sul soffitto della locanda urlando terrorizzata migliorò decisamente il suo umore. Si sciolse i capelli e si infilò sotto le coperte, pensando che quel giorno era stato uno dei migliori da quando suo padre era fuggito dalla locanda. Chiuse gli occhi e cadde nel sonno, con l’immagine di Costantine volante ancora fissa nella mente.
 
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maria vittoria97
view post Posted on 25/8/2009, 20:44




Wow , è fantastica!!! Però ti prego continuala! Non farci stare sulle spine!!! :OO: image Sei bravissima a scrivere!!! Complimenti!!!! :complimenti:
 
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§ilver Do£
view post Posted on 25/8/2009, 23:54




In volo

-Mettimi giù disgraziata!- urlava la signora Costantine volteggiando sul soffitto della cucina, e sbattendo la testa contro le travi, facendo un rumore sordo che ricordava il suo bussare impetuoso alla porta della camera.
–Appena torno giù io…vedrai di che sono capace!- Evelyne rideva rumorosamente in preda alla gioia.
–Tu non scenderai mai più vecchia arpia! Questo non è niente rispetto a quello che mi hai fatto passare! È solo colpa tua se mio padre se n’è andato! Tu hai rovinato la mia vita!- e continuava a farle sbattere la testa, adesso più spesso.
–Evelyne! Fammi scendere… Evelyne…Evelyne! Evelyne! –
La ragazza aprì gli occhi di scatto. Stavano bussando alla porta, per davvero.
–Evelyne!- la voce di Jan. C’era un forte odore di bruciato, che prendeva alla gola. Si alzò dal letto barcollando. Tutto le sembrava estremamente confuso. La porta si aprì da sola, e entrò Jan facendosi largo tra il fumo.
–Evelyne! Ci sono i soldati! Dobbiamo andare via! Evelyne stai bene?- No non sto bene…tutto le sembrava terribilmente irreale. Cercò di riacquistare la lucidità. Chiuse gli occhi e lì riaprì velocemente. Dovevano fare in fretta. Se la trovavano non si sarebbero fermati al fatto che lei era una ragazzina, ma l’avrebbero uccisa per levarsela di torno , o fatta schiava. Afferrò la stiara e la legò al fianco. Annuì verso Jan. Uscirono in fretta dalla camera . Nel corridoio l’odore di fumo era ancora più intenso e le urla dei soldati acute. Sentì freddo alla gola. Una lama le premeva contro la pelle.
–Lasciala stare – la voce di Jan era calma e la sua espressione anche. La spada si alzò dal collo di Evelyne, volò sopra la sua testa e si conficcò le petto del suo proprietario. Evelyne guardò inorridita l’uomo che si accasciava a terra rantolando.
–Non avere pietà dei nemici è una cosa che bisogna imparare. Lui non avrebbe avuto pietà di te - Era vero. Nei tempi che correvano non c’era spazio per la pietà. Distolse lo sguardo dagli occhi vuoti del soldato che la fissavano senza guardare. Scosse la testa e sentì la mano di Jan afferrare la sua . Si era alzata da terra. Stava volando. Sto ancora sognando. Ora la strega batterà colpi sulla mia porta e mi dirà di servire un nuovo cliente. Venne investita in pieno viso da una ventata gelida. Aprì gli occhi. Stava davvero volando! Sotto di lei c’era un paesaggio candido, la neve ricopriva ogni cosa. Lontano, un alone rosso e del fumo. La locanda. La vedeva bruciare lontano sotto i suoi occhi, e non le dispiaceva. Nemmeno un po’. Sentì improvvisamente freddo. Erano atterrati nella neve.
–Stai… bene?- Jan era a pochi passi da lei, sdraiato e aveva il fiato corto. Non doveva essere stato facile trasportarla.
–Grazie a te. – rispose Evelyne alzandosi in piedi. -Tu stai bene?- Jan annuì e chiuse gli occhi, cercando di riprendere le forze. La ragazza si guadò intorno , la stiara stretta in pugno. Tremava di freddo, e aveva i pensieri appannati. Cercò di stringere il vestito leggero che portava , ma la stoffa non bastava per coprirla tutta ed era scalza. Guardò verso Jan e con terrore vide la neve macchiarsi di rosso.
–Jan? Sei ferito?- la sua voce era rotta dall’angoscia. Corse verso di lui e cercò di trovare la ferita. –Non è niente…- disse Jan alzando il braccio e mostrando un taglio superficiale.
-Un soldato ha tentato di ferirmi, ma non c’è riuscito molto bene. Era una pattuglia inesperta quella mandata stanotte, quello che ci vuole per una semplice locanda da dare alle fiamme…- Evelyne quasi non lo ascoltò.
–Ma perdi sangue! Non possiamo rimanere fuori al freddo…- parlava velocemente in preda al panico. Jan sorrise fissandola con occhi penetranti. .
–Cosa c’è da ridere?- esclamò Evelyne – La locanda è bruciata, tu sei ferito…Smettila di ridere!!!- Jan iniziò a ridere rumorosamente e scosse la testa.
-Non ti hanno mai ferito vero? Non hai mai visto una situazione grave, dico bene?- continuò a guardarla ridendo con un sorriso beffardo che la infastidiva. Lei frenò il suo fiume di parole con uno sbuffo e si sedette ai piedi di un albero, dove la neve era più bassa. Jan la seguì.
–Conosco una persona- disse la ragazzina cercando di sembrare il più calmo possibile – che abita in un villaggio a poco tempo da qui e che potrebbe aiutarci. È un mago - pensava al signor Graves, ma si rese conto che non sapeva se fosse ancora nel villaggio di Testal, se avesse ancora l’intenzione di aiutarla …o se fosse ancora vivo. Scacciò questo ultimo pensiero dalla mente. Jan sorrise , un sorriso rassicurante.
–Io sono venuto da queste parti per vedere una persona. È mio fratello. Abita nell’altra contea. – Evelyne lo guardò con un’espressione spaurita.
–Vuoi passare il confine? Tu sei pazzo… - Jan rise. Lei sbuffò e gli lanciò un occhiata storta. – Non so se l’ hai dimenticato…ma c’è il piccolo particolare che io so volare. – La ragazza arrossì – Già… tu non passi le dogane…- rise, prendendo in giro la sua stessa stupidità. Non c’era ragione di preoccuparsi. Viaggiava a fianco di un mago, un mago Nomade , che aveva già dimostrato di sapersi difendere e di saper volare. E se tutto fosse andato bene, presto avrebbe avuto a fianco un mago Focaio. Improvvisamente la sensazione di sicurezza che provava divenne una fastidiosa consapevolezza della sua inutilità. Lei non era una maga, sapeva solo fare stupidi giochetti con la stiara, che si era rivelata un’arma inutile fino a quel momento. Se non ci fosse stato Jan, sarebbe già morta. Morta nella locanda, soffocata dal fumo o finita da qualche soldato inesperto. Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Finalmente realizzava la sua debolezza in quel mondo troppo forte. Singhiozzo, ma cercò di ricacciarsi dentro le lacrime. Jan le mise un braccio attorno alla spalla e la strinse. –Non piangere. So che deve essere dura, hai perso l’unica persona che ti era rimasta. – Evelyne restò in silenzio. Non le dispiaceva per sua la strega. Era colpa sua se suo padre l’aveva abbandonata, se non aveva potuto avere una vita felice.
-Sto bene…grazie. – Jan sorrise. –Hai detto che conosci un mago, giusto? Sai anche di che tipo di mago si tratta?- Evelyne annuì.
– è un mago Focaio. – L’espressione del mago si fece stupita.
– Davvero? Sono tanto rari almeno quanto sono potenti. È una fortuna che tu né abbia incontrato uno. – Evelyne sorrise. Sentiva le palpebre pesanti. Appoggiò la testa alla spalla di Jan e lasciò che il sonno avesse la meglio.

-Mio signore…- il soldato avanzava nella sala del trono dell’altra contea con un’espressione di terrore sul volto. I suoi passi risuonavano e l’eco che producevano rimbombava sulle pareti decorate da rosoni che illustravano complicate scene di battaglia e sul soffitto d’oro. Ad ogni passo, mentre si avvicinava al trono, sapeva di avvicinarsi alla morte.
–Mio signore…- ancora nulla. Razar era immobile, avvolto nella sua tunica dorata. I lunghi capelli bianchi scendevano fino a metà della schiena sotto di loro, due enormi ali candide e possenti. Era intento a contemperare una cartina poggiata su un tavolo di legno scuro, decorato da ricchi fregi. Il suo indice scorreva sulla strada maestra della contea nemica e si fermava sui punti ancora non distrutti.
–Mio…mio signore…- la voce del soldato era rotta dal pianto. Si piegò sulle ginocchia e strisciò con la fronte a terra, in segno di totale sottomissione. Razar alzò gli occhi ghiaccio verso di lui . Uno sguardo che non mostrava nulla. I singhiozzi del soldato si fecero più forti.
–Avete fallito a quanto pare. – la voce era priva di emozioni come lo sguardo. Il soldato annuì tentando di frenare le lacrime.
–Quindi il mago Nomade è ancora in vita? Può ancora usurpare i cieli infangando il regno del mio popolo?- si avvicinava al soldato , lo sguardo glaciale.
–Perdono, mio signore, perdono…- Razar lo ignorò e proseguì il suo discorso.
– Tu conosci la nobile storia del popolo degli Arcielidi, ragazzo?- il soldato scosse la testa. Tremava convulsamente.
–Il mio popolo, da sempre il prevalente sul nostro mondo, si distingue per potere e intelligenza sopra ogni aspettativa dei comuni maghi, o ancor peggio dei Simbologi, coloro che usurpano la magia a loro non predestinata con i loro blandi trucchetti. Gli unici che lontanamente si avvicinano alla mia nobile stirpe sono i maghi Nomadi, i prodotti nati da un’ unione proibita. L’Arcielide colpevole di aver infangato la mia razza è tuttora ricordato e disonorato com’è giusto che sia. Mi segui ragazzo?- il soldato annuì continuando a tremare – è per questo che combatto. Per preservare la mia specie . I cieli sono proprietà degli Arcielidi, non dei Senza Ali. Felster protegge i maghi Nomadi, visto che lui stesso fa parte di quella specie nata per errore. Ne sono rimasti pochi ormai. Sono tutti stati uccisi come è giusto che sia. E il mago che tu sei lasciato sfuggire…sarebbe stato un successo catturarlo. È un adulto ormai. Potrebbe generare altri maghi della sua specie…rabbrividisco al solo pensiero. Per questo che dobbiamo fermarlo,ragazzo. E temo che, ragazzo, non possiamo permetterci fallimenti. Sono sicuro che comprendi. – appena finito di pronunciare quelle parole a Razar accadde qualcosa di terribile. I suoi occhi si assottigliarono, e lo sguardo inespressivo mutò in uno sguardo folle. Le sue mani si aprirono e sfoderarono artigli affilati come quelli di un avvoltoio, che si conficcarono nella schiena del ragazzo ancora tremante. Le ali, divenute nere e dalle piume taglienti, si spalancarono di scatto. Il corpo del soldato cadde a terra, ancora in ginocchio. Le ali dell’Arcielide si rilassarono e i suoi occhi tornarono inespressivi e freddi. Anche le mani tornarono rugose a calme. Si avviò volando verso il portone della sala.Tendeva a camminare il meno possibile. Già per lui era una tortura dover celare le imponenti sembianze che caratterizzavano il suo popolo dietro a quella maschera insulsa, non voleva abbassarsi a toccare la terra come tutti i comuni maghi. Volò per il corridoio principale e chiamò la guardia di ronda.
–Comandi , mio signore– disse quella , inginocchiandosi.
–C’è un cadavere nella sala del trono. Voglio che sia rimosso. – la guardia annuì seccamente e prese a camminare velocemente verso la sala , senza fare troppe domande. Sapeva che altrimenti i cadaveri da rimuovere sarebbero stati due. Razar volò verso la sala delle armi buia e austera come sempre. Al centro vi era una colonna enorme, costeggiata da tante altre più piccole, finemente decorate con motivi gotici. Su ogni colonna era posta la statua di un mostro alato con occhi assetati di sangue. Il supremo Arcielide, Laderf. Colui che aveva sollevato la sua razza dalle aspre montagne a cui erano stati confinati, e aveva mosso l’insurrezione contro i maghi. Ironia della sorte, l’Arcielide disonorato, colui che si era perdutamente innamorato di una maga e aveva dato permesso la nascita dei maghi Nomadi, era suo figlio. Delush, il Non Degno. Razar osservò la colonna centrale dove era posta la statua più grande e si inchinò al Supremo. In un angolo della stanza il comandante del suo esercito, Moolb, colpiva un manichino raffigurante il Non Degno, intento a provare complessi affondi con la sua spada. Era giovane, molto giovane per ricoprire una carica così alta. Si inchinò al cospetto di Felster e abbassò la testa in segno di devozione. I lunghi capelli neri gli coprirono il volto. Il sovrano posò una mano sulla sua spalla e cominciò a parlare con voce calma .
-Lascia perdere i manichini, ragazzo. Tra poco avrai carne di mago da dilaniare. Ho un incarico per te , Moobl. Sei l’unico di cui posso fidarmi. Un mago Nomade è sfuggito al mio attacco. Lo voglio morto e voglio la testa di quel Senza Ali. Sei in grado di farlo?- Il giovane si alzò senza parlare. La risposta alla domanda dell’Arcielide fu il ghigno assetato di morte che si disegno sulla sua faccia.
–Sapevo che non mi avresti deluso. Incomincerai un addestramento speciale. Tra qualche mese sarai pronto a partire . Da solo. – Razar spalancò le ali uscì dalla stanza fluttuando tra le colonne. Il giovane comandante rigirò la sua spada fra le dita. L’elsa era intagliata e rappresentava un’Arcielide che schiacciava un mago sotto il suo piede da dove spuntavano enormi artigli. La abbassò con disprezzo. Lui era un mago Gelido. Guardò con tristezza la neve fuori dalla finestra. Avrebbe potuto mutarla in duro e letale ghiaccio, e sopprimere orde di ribelli. Ma Razar non lo permetteva. Odiava i maghi e qualsiasi forma di magia. Lui era arrivato a corte come schiavo, e aveva finto di non avere poteri magici. Lui si era distinto per bravura nel combattimento e aveva presto fatto carriera nel palazzo. Era persino riuscito a diventare comandante, e probabilmente era la persona più vicina all’Arcielide. Odiava quel luogo con tutte le sue forze,ma non poteva sottrarsi al suo destino, che lo travolgeva trasportandolo come una foglia in una giornata particolarmente ventosa. Per chi tradiva il conte la pena era quella di morte ,dopo svariate torture. Impugnò la spada e mozzò con uno scatto la testa del manichino, immaginandosi quella di Razar.

-E’ quella. - Evelyne indicò la locanda a Jan. Il cartello laccato di rosso era ancora al suo posto e cigolava come l’anno prima. Non c’erano segni del passaggio di soldati. Evelyne tirò un sospiro di sollievo e si incamminò la locanda. Bussò, ma non ci fu risposta. Jan si avvicinò alla porta e la chiave girò con un “clak” cigolante. Il mago la aprì e il cigolio si fece intenso e stridente.. Tese una mano verso l’interno.
–Dopo di lei- Evelyne sorrise ed entrò camminando sul pavimento che scricchiolava. –Non è carino entrare in casa degli altri senza permesso…- osservò la ragazza passando una mano su un vecchio tavolo parecchio impolverato. Jan sfoderò un’espressione strafottente. –Già. – detto questo spostò una sedia malmessa, si sedette e poggiò i piedi sul tavolo che Evelyne stava esaminando. La sedia emise uno scricchiolio sinistro e si sfasciò sotto il peso di Jan che batté la schiena a terra. La ragazza cercò di trattenersi, ma scoppiò a ridere. – Complimenti per lo stile…- -Lo trovi tanto divertente? Vediamo… - la sedia si alzò da terra e travolse Evelyne, gettandola sul pavimento. Lei sorrise e sfilò la stiara dal fianco. –Fatti avanti, mago- disse sorridendo, alzandola davanti a lei con entrambe le mani. – Come vuoi tu…ma ti avverto- la canzonò Jan con un sorriso beffardo –la tua presa non è salda- . La stiara si contorse nella mano della ragazza, tentando di liberarsi dalla stretta. Tirò con tutte le sue forze stringendo la dita sull’impugnatura e impuntandosi con i piedi. Quando sentì di non riuscire più a resistere, mollò la presa di scatto. L’arma schizzò via come lanciata da una fionda, per la forza che si era creata. Jan fu colto di sorpresa. La stiara lo travolse e in un attimo fu di nuovo a terra. La ragazza si avvicinò a lui schernendolo – Di nuovo a terra? Non credo di avere problemi di presa… Piuttosto è il tuo equilibrio che lascia a desiderare!- tese la mano in segno di pace. Il mago la afferrò e tornò in piedi. –Mi hai preso alla sprovvista. Tutta fortuna…- disse massaggiandosi lo stomaco colpito dalla stiara. La porta cigolò. Evelyne sorrise quando vide la figura di un uomo con i capelli grigi e il naso adunco entrare nella locanda - Signor Graves!- l’uomo alzò la testa di scatto. –Chi siete? E chi vi ha dato il permesso di entrare? Siete sicari del conte? Ladri? Cercate, cercate pure. Qui non troverete nulla da rubare. E vi consiglio di non provare ad attaccarmi–. Tese una mano e quella fumò. In quel tempo di guerra, erano tutti piuttosto nevrotici. Jan fece un passo in avanti e alzò le mani. – Ehi… non c’è bisogno di… scaldarsi…lei è Evelyne. Credo che vi conosciate- La ragazza andò verso Graves. –Non si ricorda di me? – mentre parlava abbassò la mano e raccolse la stiara ai suoi piedi , facendola luccicare alla luce della finestra. Graves inarcò un sopracciglio. –La stiaratrice…mi ricordo di te,si…- Evelyne sospirò e iniziò a parlare con calma. –Mi aveva detto di venire da lei in caso avessi avuto bisogno d’aiuto…beh…ho bisogno d’aiuto – Graves camminava avanti e indietro nervosamente e fece un gesto di assenso verso Evelyne. –Ecco …dobbiamo passare il confine. Ci serve un mago Focaio…- Jan la interruppe . –Si, insomma che ci guardi le spalle… Io sono Jan. Sono un mago Nomade – -Gilbert Graves. Quello che sono già lo sai a quanto pare- - Piacere mio…-disse Jan con un ghigno. Graves annuì verso Evelyne e lei sorrise . -Allora possiamo partire…- guardò fuori dalla finestra. La vecchia quercia che stava fuori dalla locanda di Felma era scossa da un fortissimo vento e bagnata da una pioggia torrenziale. –domani- Si affrettò ad aggiungere. –Ci sono delle camere ancora utilizzabili. Vi faccio strada- Graves prese un lume da un vecchio armadio impolverato e cigolante . In perfetta sintonia col resto della casa pensò Evelyne. Si affrettò a dirigersi verso una scala a chiocciola dove Jan si stava già avventurando. Ad ogni passo corrispondeva uno scricchiolio sinistro e per niente rassicurante. –Si…signor Graves…- Evelyne deglutì. –è sicuro che questa scala ci reggerà tutti?- fu Jan a risponderle. –Meglio non rischiare- e si alzò in volo. Graves sogghignò. Aspettò parecchio tempo prima di parlare. –è meglio che non atterri dove ti par…- un rumore assordante,proprio il rumore che vi sareste aspettati facesse un pavimento che cede, coprì l’ultima parte della parola. –Jan???- disse Evelyne allarmata. –Aiha- fu l’unica risposta che arrivò dal piano di sotto. Graves inarcò le sopracciglia e disse con voce di falso dispiacere – Il pavimento della locanda è marcio in molti punti, purtroppo. Tutto bene?- face particolarmente attenzione a intingere le ultime due parole di fastidiosa mielosità. –Vado a vedere io!- esordì la ragazza seriamente preoccupata per la salute del mago. – è meglio che non ti muovi così in fretta , ragazzina- Evelyne fu ben lieta di ascoltare il consiglio del vecchio mago, perché il piede le affondò in un gradino. Graves continuò a camminare e la ragazza lo seguì facendo attenzione a mettere i piedi esattamente dove toccavano i suoi.
 
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maria vittoria97
view post Posted on 26/8/2009, 10:49




:OO: :felix: image Wow!!! Non ho parole... è bellissimo!!! Forse ti sembrerò ripetitiva... ma sei bravissima a scrivere! :wii:
 
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§ilver Do£
view post Posted on 26/8/2009, 18:58




Grazie sono contenta che ti piaccia :D :luv:

Nees, il mago Oscuro

Erano passati quattro giorni da quando Graves si era aggiunto alla comitiva, che era in viaggio da tre giorni diretta verso la casa di Jan, dove abitava ancora suo fratello. Se Evelyne avesse descritto il viaggio più emozionante che aveva fatto prima della distruzione della locanda, forse vi avrebbe raccontato di quando suo padre l’aveva portata sul fiume e si era tuffata per la prima volta. Ora però la sua opinione era decisamente cambiata. Si muovevano in volo, e con un grifone! A quanto pare Graves l’aveva sempre nascosto nella stalla (operazione decisamente complicata viste le modeste dimensioni di questa) perché aveva una vera e propria passione per questi animali. Evelyne non poteva certo dargli torto. C’era qualcosa di veramente magico nei grifoni. Le possenti zampe da leone erano felpate e leggere, ma avevano artigli da aquila sempre sguainai e capaci di lacerare una mucca come burro. Il corpo era slanciato e ricoperto di piume, con una lunga coda da felino e una folta e morbida criniera che incorniciava il viso con tanto di becco affilato. Gli occhi però, erano la cosa più incredibile. Acuti come quelli di un rapace, ma incutevano un rispetto e una fierezza come poteva fare solo un leone. Ogni tanto il grifone ruggiva , e ogni tanto emetteva gridi acuti come un aquila che si lancia in picchiata. Jan seguiva lei e Graves in volo, sempre accostato alla bestia. –è quella- Disse Jan indicando una gigantesca villa di marmo rosa, situata su una collina . Sotto si disperdeva un villaggio. Nonostante le dimensioni enormi la villa pareva decisamente danneggiata, una colonna era addirittura crollata, e nessuno sembrava essersene preoccupato. In quella contea, notò Evelyne, la neve era quasi del tutto sciolta. Dopo aver lasciato Kaleptos (così si chiamava il grifone) nel grande giardino della casa, Graves annunciò che andava al villaggio a sistemare alcune cose. La ragazza e il mago Nomade non fecero domande (avevano imparato che con Gilbert era sempre la cosa migliore da fare) e presero una stradina di pietre, la maggior parte smosse, che portava al cancello. – Deve essere stata una casa lussuosa vero? Siete dei nobili?- chiese Evelyne. –Decaduti. Ormai da tempo. Da quando i miei genitori sono morti.- rispose Jan che fluttuava a mezz’ aria sdraiato sulla schiena, col mantello che strusciava a terra. La ragazza abbassò la testa. –Mi dispiace- Il mago fece un gesto di noncuranza. –Oh, è stato tanto tempo fa…una brutta malattia…io e mio fratello avevamo cinque anni, se ricordo bene. Io poi me ne sono andato…sono un mago Nomade, viaggiare è nella mia natura. Lui è un mago Oscuro. – Quando giunsero alla porta della casa Jan, sempre fluttuando, bussò alla porta. Nessuno rispose , e lui fece spallucce. –Probabilmente a quest’ora starà dormendo. C’è troppa luce. – passò una mano sulla porta, che scattò. Entrando nella villa constatarono che non c’era per niente troppa luce. Infatti, tutte le finestre erano state sbarrate, da mobili o da assi di legno. Jan si fermò davanti a una porta nera con fregi argentei. –Questa è la sua camera- aprì la porta. Un coltello schizzò fuori dal buio e volò verso la fronte di Evelyne. Il mago alzò una mano e la lama si fermò ad appena pochi centimetri dalla testa della ragazza. –Diamine Nees, ospitale come sempre vero?- -Non è colpa mia se non hai ancora imparato a bussare- c’era la sagoma di un uomo nella stanza, con i piedi appoggiati su un tavolo dove era disposta una fila di coltelli affilati e luccicanti. Questi erano gli unici particolari che si intravedevano nella stanza, immersa nelle tenebre. Jan si avviò verso la finestra. – è sprangata…- disse l’uomo nell’ombra con voce annoiata. –Lo so- gli rispose il mago Nomade e le travi si staccarono con un “crac” molto fastidioso. Un fascio di luce entrò nella stanza e ne illuminò una piccola parte. Evelyne fece un passo in avanti (non si era più mossa dall’ incidente del coltello) ed entrò nella stanza. L’uomo, che si era alzato di scatto dal tavolo e accomodato nell’ombra, aveva i lineamenti identici a quelli del fratello, ma la sua pelle era cadaverica, e gli occhi erano solcati da profonde occhiaie. Sembrava un fantasma. I capelli ,nero corvino, erano spettinati e attraversati da una riga bianca. Da come ne aveva parlato Jan avevano la stessa età , ma lui sembrava invecchiato molto prima del dovuto. –chiudi quella finestra ,idiota! - Disse il mago Oscuro .Poi balzò indietro e si tuffò nell’ombra dell’armadio. –Ma come ha fatto??- Disse Evelyne sorpresa. Jan sorrise risistemando le travi al loro posto. – Fondersi con l’ombra è la seconda caratteristica dei maghi Oscuri. La prima è che sono veramente antipatici. – disse lanciando un occhiata all’ombra dell’armadio sogghignando. Quando le travi furono di nuovo a posto Nees saltò fuori dal suo riparo. Si curò bene dal trovarsi proprio dietro Jan e lo colpì con una schiaffo alla nuca. Poi guardò Evelyne con curiosità (evidentemente prima non l’aveva nemmeno notata) – Mi dispiace molto per te , se sei arrivata fin qua in compagnia di mio fratello- disse sorridendo- io sono Nees. Tese una mano coperta da un guanto bianco – Io sono Evelyne. Piacere. – Nees chiuse la porta , probabilmente infastidito anche dalla poca luce che arrivava da quella parte. Ora l’unica cosa che permetteva di vedere qualcosa erano i pochi raggi di sole che si infiltravano nella camera attraverso i buchi fra un trave e l’altra. La ragazza notò che sulla porta erano conficcati vari coltelli e tutti miravano ad un manifesto con l’effige del conte Razar. –Che ti porta qui fratello?-chiese Nees -Non hai ricevuto la mia lettera?- chiese Jan improvvisamente scuro in volto. – Non controllo la posta da tempo…- -Io non ho bisogno di usare la posta- - Le finestre sono sprangate, non sarà riuscita ad entrare. – Jan annuì, ma si vedeva che non era convinto. –Beh, tu prova ad andarla a cercare in giardino. Io accompagno…Evelyne giusto?- la ragazza annuì. –Evelyne nella sua stanza- La ragazza si stupì della grande ospitalità del mago. A vederlo, sembrava strano…cattivo. Invece dimostrava di essere una brava persona. Mentre Evelyne pensava, Jan volò velocemente nel corridoio (la porta si era aperta appena il fratello aveva incominciato a parlare) e Nees fece segno di seguirlo alla sua ospite. Era una bella camera, sembrava proprio adatta ad una ragazza. Infatti le pareti erano rosa,anche se adesso apparivano evidentemente stinte, e il letto aveva pizzi e motivi a fiori. C’erano anche uno specchio molto grande e antico. Sul comodino erano riposti dei profumi perfettamente in ordine, anche se molto impolverati. Il mago Oscuro si era fermato molto prima della porta , e aveva indicato la stanza alla ragazza guardando verso il muro . Quando lei lo ringraziò lui fece un sorriso triste. –Di nulla- poi riprese a camminare lungo il buio corridoio. Evelyne continuava a osservare la camera. Si slacciò la stiara dal fianco e comincio a maneggiarla distrattamente. In quella stanza c’era qualcosa di diverso dal resto della casa…continuò a osservare. Si parò gli occhi con la stiara, perché il sole l’aveva accecata. Un momento…il sole! Ora aveva capito ; le finestre di quella stanza non erano sprangate. Quindi Nees non vi entrava mai. In effetti, guardandosi intorno, sembrava proprio che nessuno entrasse lì da anni. Il letto era sfatto e sul comodino, vicino ai profumi, c’era un libro con ancora il segno della pagina dove era arrivato il lettore. Adagiato su una sedia davanti allo specchio c’èra un vestito, come preparato per il giorno dopo. La ragazza si guardava intorno inquieta. C’era qualcosa di innaturale in quella stanza, come se il tempo si fosse fermato. Strinse la stiara ,le dava sempre sicurezza farlo, e uscì velocemente. Ora vado in giardino ad aiutare Jan, magari posso essere utile…lanciò un paio d’occhiate alla porta della camera mentre si avviava verso la scalinata di marmo e fu molto sollevata quando uscì nel giardino. Il grifone Kaleptos stava inseguendo un povero gatto grigio ,con gli occhi brillanti e viola ,decisamente particolari, per il giardino, tentando di trasformarlo nella sua colazione. Evelyne , non perché amasse i gatti ,anzi non le piacevano proprio, ma perché le sembrava ingiusto che un grifone si divertisse con un animale molto più piccolo e indifeso di lui, decise di correre in suo soccorso. –Fermo Kaleptos!…Sta buono!- la bestia la ignorava , anzi le lanciava qualche sguardo irriverente, tanto per sottolineare che nessuno poteva dargli ordini, e continuava a inseguire il micio. Evelyne sbuffò e decise di lasciare il gatto al suo destino. Girò intorno alla casa, facendosi largo fra l’erba alta. C’èrano anche molti alberi frondosi nel giardino e la villa era per gran parte ricoperta da una pianta rampicante con dei grandi fiori arancio. La stessa pianta ricopriva anche quello che un tempo doveva essere stato un tavolo da tè, che si trovava sotto un pergolato. La ragazza si avvicinò al tavolo incuriosita, e strappò un fiore arancio che era sbocciato lì sopra. Era così bello che rimase veramente stupita quando si accorse che aveva un odore tremendo. Lo gettò via e si accorse che strappandolo aveva scoperto una tazza. La cosa strana era che la tazza era ancora piena per metà. Continuò a strappare fiori e rami, e continuavano a venire fuori particolari inquietanti ; un'altra tazza colma di tè, una teiera anch’essa piena. C’era perfino un vassoio di biscotti. Uno di questi era sul tavolo con l’evidente segno di un morso. Era proprio come nella camera, una cosa lasciata a metà, come il libro e il letto sfatto. La teiera si alzò in volo e andò sinistramente verso di lei. Evelyne sobbalzò,e le sfuggì un urletto. Jan, che era appollaiato sul pergolato, scoppiò a ridere. – Sei uno stupido! Mi hai spaventata!- -Scusa, non credevo che le teiere fossero così terrificanti…dai andiamo dentro, si sta facendo buio. Quando arrivarono nel giardino davanti al portone, non c’era solo un grifone , ma erano due! Uno era Kaleptos, l’altro era grigio, con due grandi occhi viola. Si stavano ruggendo a vicenda . –Ma…ma quello prima era un indifeso micio!-esclamò la ragazza. Il mago , per niente sorpreso, guardava divertito i due animali. – Quello non è un gatto. E non è nemmeno un grifone. È un mutaforma. Kaleptos l’avrà infastidito, e lui ha reagito di conseguenza.- Entrarono nella villa, Evelyne con gli occhi ancora puntati sullo strano essere. Era arrivata l’ora di cena, e Evelyne si offrì di cucinare, perché lo faceva spesso nella locanda. Nella dispensa della villa erano conservati cibi di ogni tipo, che provenivano, come spiegò Nees, dai campi dei suoi genitori. Ormai non erano più di sua proprietà (non avrebbe saputo di che farsene, disse) ma erano proprietà degli agricoltori che per riconoscenza gli mandavano una parte dei prodotti. Dopo cena , Jan lanciò una specie di sfida al fratello. – A chi atterrà l’altro prima… d’accordo?- -Come sempre- rispose l’altro. Evelyne restò a guardare incantata. Non aveva mai visto due maghi duellare. Jan si era già alzato in volo, e Nees era scomparso nell’ombra. Il mago Nomade fluttuava per la stanza , cercando di capire dove si trovasse il fratello. Fece l’errore di avvicinarsi troppo al muro, e un braccio spuntò dall’ombra, afferrandogli il polso. Un piatto si alzò dalla tavola e si diresse velocissimo verso il muro. Quando vi sbatté contro, stranamente senza infrangersi, il braccio mollò la presa e tornò nell’ombra, per reggersi dove probabilmente c’era lo stomaco. – Sono migliorato, non è vero fratello?- disse Jan con le braccia larghe, rivolgendosi al muro. Evelyne lo chiamò con la faccia di chi ha visto un fantasma – Jan…dietro di te!- Jan si girò. L’ombra si era staccata dalla parete, e ora si protendeva verso il mago. Lo avvolse, e lui finì a terra. Evelyne chiuse gli occhi per un momento. Quando lì riaprì Jan era sdraiato a pancia in giù sul marmo, e Nees era in piedi vicino a lui, con un piede sulla sua schiena , trionfante. –Non poi così tanto, fratello- Poi tese una mano e lo aiutò a rialzarsi. – e tu non sei una maga?- chiese Nees. –No, sono una stiaratrice- rispose Evelyne . –Si, avevo notato la tua arma. Ma credevo fossi una Simbologa .- -Una che?- domandò la ragazza. – Non sai cos’è un Simbologo? Sono persone non predestinate alla magia, che intraprendono studi per imparare l’arte dei Simboli.Con un simbolo si può evocare una magia di minore potenza rispetto a quella di un vero mago, ma di qualsiasi tipo e elemento.Di solito i Simboli si incidono con una lama, quindi pensavo che l’arma di servisse a questo– Evelyne ascoltava attentamente. –E io…io potrei diventare una Simbologa?- -Di solito si comincia l’istruzione da bambini, ma perché no?- Lei non credeva alle sue orecchie. Avrebbe potuto avere poteri magici! Non vedeva l’ora di cominciare gli studi. –Potrebbe allenarmi il signor Graves! Mi aveva detto che poteva farlo, qualche tempo fa. Cioè non parlava degli studi da Simbologa ma…- - Certo che potrebbe allenarti lui. – la interruppe Jan. –Ora puoi lasciarci da soli per favore…dobbiamo discutere di certe cose…- - Importanti – aggiunse il fratello. – Molto importanti.- concluse il Mago Nomade. Evelyne annuì,diede la buonanotte e si diresse verso la sua stanza. Entrò con un po’ di paura, e ripose il libro che la inquietava nel cassetto. Mise anche il vestito nell’armadio, dopo averlo piegato con cura. Prima di andare a dormire provò due affondi con la stiara, immaginando che ne uscisse un getto di fuoco o di ghiaccio. Poi affondò nelle coperte con la stiara vicino a lei. Quella camera le faceva sempre un po’ di paura, anche senza quel libro e il vestito.
 
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maria vittoria97
view post Posted on 26/8/2009, 20:54




:OO: :OO: :OO: :OO: :OO: :OO: :OO: :OO: :OO: :OO: image image image :woot: :complimenti: è fantastica!!!!!!!

Sai, una volta finita, dovresti pubblicarla!

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maria vittoria97
view post Posted on 27/8/2009, 10:44




Che sfortuna... alle 17.00 parto per tornare a Roma (perchè sto a casa dei miei nonni) e dopo domani parto per Rimini fino al 9 Settembre. E mia madre nn ha internet... Quindi mi devo perdere il continuo per parecchi giorni!!!! :T_T: image image image

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:X_X:
 
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maria vittoria97
view post Posted on 27/8/2009, 12:57




"Sai, una volta finita, dovresti pubblicarla", nel senso che dovresti pubblicarla anche fuori dal forum... Ma nel forum non farci stare troppo sulle spine!!! Aspetto con ansia il continuo! anche se dovrò aspettare parecchio... :>_>: Vabbè...
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§ilver Do£
view post Posted on 30/8/2009, 10:49




Notti nella villa

Si svegliò poco dopo essersi coricata, per un rumore improvviso proveniente dal giardino. Cercò di non pensarci… te lo sarai immaginato, non c’è niente di niente qui , ora smettila di fare la bambina paurosa…un altro rumore. Mi sono immaginata …due volte…Il terzo. Eh no ora basta! Si alzò e afferrò la stiara stringendola. Controllò il giardino dalla finestra. C’era un uomo! Guardò meglio. Era Nees. Sospirò. Deve essere una sua abitudine, credo che possa uscire solo di notte per via della luce…notò che si avvicinava con passo lento al tavolo da tè. Si sedette su una delle tre sedie, e osservò la teiera spostata. La riposizionò esattamente dove era prima. Evelyne rimase a osservarlo per qualche minuto, ma , visto che non si muoveva di lì decise di lasciar perdere. Non tornò nemmeno a letto , e decise di fare un giro per la villa, con la stiara sempre stretta al fianco. Entrò in una biblioteca e in una sala da ballo.Queste stanze non la spaventavano come la sua camera, perché si vedeva che Nees vi era entrato. Infatti le finestre erano sprangate. Nella biblioteca c’era una pila di libri smossi e anche un paio d’occhiali lì vicino. La sala da ballo era evidentemente inutilizzata da tempo, ma era solo una grande stanza vuota e buia, per niente inquietante. Entrò anche in una camera, ma uscì di corsa quando si accorse che Jan stava dormendo là dentro. Percorse il corridoio fino in fondo e lì trovò una porta, chiusa da un lucchetto dorato. Provò ad aprirla, ma inutilmente. Fece marcia indietro e tornò nella sua stanza. Quando fu sotto le coperte tra il pizzo però, la curiosità stava prendendo campo. Perché una stanza chiusa? Cosa c’era dentro? Se fosse rimasta un po’ di più sarebbe riuscita a d aprirla? Decise di provarci la notte seguente.

Come si era promessa, Evelyne si alzò dal letto come la notte prima. Osservò il giardino. Nees era seduto al solito posto, fissando le tazzine. Anche questo comportamento la incuriosiva , ma ora voleva scoprire che cos’era custodito nella stanza chiusa dal lucchetto d’oro. Si avviò verso il corridoi e sbirciò nella stanza di Jan , per assicurarsi che stesse dormendo. Poi riprese a camminare velocemente verso la porta bloccata. Impugno la stiara e infilò la punta della lama nella serratura del lucchetto.Dopo qualche manovra e molta pazienza, la serratura scattò . La ragazza aprì la porta , intimorita. La prima cosa che notò fu la luce della luna che illuminava la stanza. Nemmeno queste finestre erano sprangate. Era una camera da letto. Un grande letto matrimoniale era posizionato al centro, con delle coperte rosse ,stinte dal tempo e dalla poca cura. Sulla sinistra del letto si trovava un grande tavolo, con delle boccette simili a quelle della stanza dove dormiva lei. Si avvicinò per annusarle, pensando fosse profumo. Invece avevano lo stesso identico disgustoso odore dei fiori arancio del giardino. –Bleah- disse la ragazza e voltò le spalle al tavolo. Sulla parete di fronte al letto vi era un grande quadro, che la copriva in gran parte. Un ritratto, per la precisione. Era una famiglia. Il padre, che senza dubbio era Nees, solo più pettinato e vestito meglio, ma sempre cadaverico, sorrideva alla moglie, con un sorriso completamente diverso da quelli che aveva visto sul suo volto Evelyne, sempre velati da una leggera tristezza. La donna era bionda e dalla pelle chiara, con le guance rosee e grandi occhi azzurri,non sorrideva, ma aveva comunque un’espressione serena.. Era bellissima nel suo vestito verde riccamente decorato con un filo d’oro, pensò Evelyne. Teneva in braccio una bimba , con i capelli nero corvino e gli occhi blu, che indossava un vestito rosa a balze. Evelyne rimase ancora a fissare quel quadro per qualche secondo, poi uscì velocemente dalla stanza e fece scattare il lucchetto per bloccarla di nuovo. Corse nella sua camera. Si addormentò quasi subito, cercando di non pensare al quadro e a quello che probabilmente significava.

La terza notte, Evelyne decise di non uscire dalla sua camera. Si girò e rigirò nel letto per quella che le sembrarono ore, sempre senza riuscire ad addormentarsi. Aveva tante cose per la testa. La sua stanza, il tavolo da tè, il quadro, i due fratelli che in questi giorni erano diventati sempre più riservati e confabulanti, il signor Graves che era ancora al villaggio e pareva non avesse nessuna intenzione di farsi rivedere. Ma lei aveva così voglia di iniziare gli studi! E se avesse rifiutato di insegnarli? Aveva fatto bene ad entrare nella stanza del lucchetto d’oro? Era sicura di no . Perché era stata così stupida? Maledetta la sua curiosità! Forse non doveva nemmeno spostare il libro e il vestito, dopotutto questa non era casa sua, anzi, erano stati tutti così gentili con lei … Si alzò e aprì il cassetto. Prese il libro e lo riaprì sul letto esattamente alla pagina di prima. Fece lo stesso con il vestito. Poi spalancò la finestra, perché le sembrava di soffocare. Nees era al suo tavolo, come ogni notte. Fissava le tazzine con le mani congiunte,completamente immobile. Evelyne decise di fare una passeggiata in giardino, e magari tenergli un po’ di compagnia. Prese la stiara, la legò al fianco e scese la grande scalinata di marmo scivolando sul corrimano. Nel giardino si trovavano Kaleptos e il mutaforma, ormai diventati amici. Il grifone dormiva russando, e la strana creatura (che ora aveva preso le sembianze di un pastore tedesco) si era rifugiata sotto la sua ala. Evelyne camminò verso il mago Oscuro, con molta cautela. Era così immobile che aveva quasi paura che si rompesse a toccarlo Quella pelle così chiara, illuminata dalla luna, sembrava porcellana. –Nees!- il mago non si mosse di un millimetro. La ragazza gli toccò la spalla. Finalmente, Nees girò la testa. -Oh,sei tu. Non ti avevo visto, scusami. Che ci fai in giro a quest’ora?- Evelyne alzò le spalle. –Non riesco a dormire. Tu che ci fai qui?- il mago sorrise con il suo solito velo di tristezza. –Io non dormo mai di notte- Evelyne era indecisa se sedersi al tavolo con lui o restare ferma dov’era. Se fosse stato un tavolo qualunque non avrebbe esitato, ma quello rappresentava per lei qualcosa di proibito, come la stanza dal lucchetto d’oro dove si era avventurata. –Facciamo due passi? – propose al mago. Quello annuì, e si alzò. Girarono l’angolo della villa senza dirsi una parola. Nees era silenzioso e camminava a testa bassa, Evelyne stava cercando le parole per iniziare un discorso. Voleva anche delle spiegazioni, ovviamente, ma non le sembrava educato chiederle. Fu il mago a parlare per primo. – Posso chiederti perché viaggi con mio fratello?- Evelyne quasi non lo sentì, tanto era concentrata. – Non c’è un motivo in effetti. Le nostre strade si sono incrociate e io non ho un posto dove andare-Nees annuì. –Nemmeno io ho un posto dove andare- disse con la testa bassa. Evelyne non capiva. – Ma tu hai tutta questa bellissima villa…- -Non la sento più mia da molto tempo. Ma non ho il coraggio di lasciarla. – La ragazza continuava a non capire. Decise che era il momento per chiedere le spiegazioni che tanto desiderava. –Perché?- – è una storia lunga e triste, credo ti annoieresti a morte.- -Mi piacciono le storie- rispose Evelyne, alzando le spalle.


Moobl correva nel folto del bosco, la spada che penzolava dal fianco e l’arco teso in mano. Cinque o sei soldati del conte Felster armati fino al collo lo seguivano, di certo non con buone intenzioni. Ad un tratto il comandante fermò la sua corsa e si girò di scatto con l’arco teso. Scoccò una freccia in pieno petto al primo soldato. Gli altri si fermarono per un secondo, poi lanciarono un urlo di battaglia e si scagliarono contro di lui. Lo circondarono. Malgrado la sua abilità nel combattere, cinque avversari che oltretutto non erano molto inferiori al suo livello,erano troppi. Per un soldato,forse, ma non per un mago. Moobl non riuscì a trattenersi. Liberò i suoi poteri. Sentì il gelo percorrergli il corpo, come non succedeva da molto tempo. Gli occhi , neri come la pece, divennero azzurri, quasi trasparenti. I soldati arretrarono impauriti. Le mani del mago cominciarono a ricoprirsi di fiocchi di neve, che cadevano al suolo senza sciogliersi. Moobl raccolse un po’ di neve da terra e la lanciò contro al soldato più vicino. Quello tentò di fuggire (forse si aspettava chissà quale magia distruttiva e letale) e urlò quando fu colpito alla schiena da…una palla di neve. Niente di meno distruttivo e letale. Moobl scoppiò in una risata che aveva un che di malefico. Poi le sue mani ripresero a grondare fiocchi di neve, ma stavolta non cadevano a terra, bensì vorticavano intorno al mago. Moobl distese le mani. Un potentissimo getto di ghiaccio colpì i soldati, trasformandoli in statue trasparenti . Il ragazzo afferrò la spada e le fece a pezzi. Poi i suoi occhi tornarono neri. Estrasse dall’armatura leggera che portava una lettera e controllò l’indirizzo a cui era diretta ancora una volta. Fortunatamente i maghi Gelidi potevano controllare i venti freddi,pensò, e non gli era stato difficile dirottare la lettera mandata da quello sciocco mago Nomade. Presto l’avrebbe raggiunto e annientato. Mentre stava rimettendo la lettera al suo posto, sentì dei rumori dietro di lui. Tese l’arco e si preparò a scoccare. Poi sentì un urlo e vide una mano tesa. Poi un lampo accecante. Poi non vide più nulla.
 
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maria vittoria97
view post Posted on 30/8/2009, 11:49




Bellissimo!!! (cm sempre). ;) :complimenti:
 
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§ilver Do£
view post Posted on 2/9/2009, 09:43




Seconda parte di notti nella villa :D

Gilbert Graves zoppicava per le strade della cittadina sotto la villa dei maghi gemelli. –Questa maledetta anca- sibilò soffocando un gemito di dolore. Poi estrasse un’ampolla dalla tasca interna della giacca e bevve un sorso. Improvvisamente cessò di zoppicare.


-Quando Jan se n’è andato- iniziò a raccontare Nees –avevamo circa otto anni. Sapevo che lui avrebbe sofferto rimanendo a casa, e che era impossibile portarmi con lui, visto che l’avrei costretto a viaggiare di notte. Tuttavia mi sentii tradito. Pensavo che lui ci sarebbe sempre stato per me. Cominciai a sprofondare nella tristezza. Odiavo i miei poteri, e avrei fatto di tutto per poter guardare il cielo illuminato dal sole. Cominciai a sfogliare ogni libro della biblioteca in cerca di qualche formula o antidoto. Dopo anni di ricerche pensavo di esserci riuscito, ma evidentemente qualcosa andò storto e la pozione che avevo preparato non funzionò.Quando provai a uscire in pieno giorno il sole mi bruciò la pelle. – mentre parlava si tolse un guanto. la pelle della mano era nera e ruvida, sembrava lava solidificata - Sfiorai la morte. Venne a curarmi una guaritrice del villaggio, una Simbologa. Si recava da me ogni giorno . Ci innamorammo. Lei per me aveva sacrificato tutto, il suo lavoro , la sua vita . Si era adeguata alle mie abitudini e usciva solo di notte con me. Nel giro di un anno arrivò una bambina .- La voce del mago si interruppe. Evelyne appoggiò una mano sulla sua spalla. –Se non ci riesci non è necessario che tu continui…- - No. Mi fa piacere parlarne. Non posso fare finta che non sia successo nulla…La chiamammo Luce. Era quello che rappresentava per me , era la mia luce in una vita passata nelle ombre. Un giorno, anzi,una notte, quando Luce aveva sei anni , mentre io e mia moglie eravamo seduti proprio là- indicò il tavolino – arrivarono i soldati di Razar,per svaligiare la villa. Colpirono me e mia moglie. Lei morì sul colpo. Io sono sopravvissuto. E ,quando sono andato a cercare la mia bambina, non c’era più. L’avevano portata via…- una lacrima attraversò la candida guancia di Nees. –Non avevo più motivo di vivere. Potevo uccidermi, ci ho pensato tante volte. Ma sento che non è quello che vorrebbe Maria . Si chiamava così, lei. Ormai sono passati quasi due anni e lo ricordo come fosse ieri…fortunatamente Jan da quando lo ha saputo viene a trovarmi qualche volta E ora odio la notte per tutto quello che mi ha fatto, e odio il giorno perché non lo posso vivere. E’ un destino assai crudele, quello dei maghi Oscuri-


Quando Moobl riaprì gli occhi vide un grande e vaporoso vestito bianco, chinato su di lui. – Mi dispiace di averti colpito. Ma pensavo fossi un altro di quei terribili soldati. Ma tu non lo sei giusto? Sei un mago Gelido, ho visto come gli hai ridotti. Accidenti, è stato proprio uno spettacolo! Stavo venendo a ringraziarti, sai stavano inseguendo me. Ma poi tu hai estratto la spada e oh, quanta paura ho avuto! Sono stata costretta ad abbagliarti , ma ti assicuro che non era mia intenzione. Io sono Vanidy , maga Lucente. Tu chi sei?- Il comandante si teneva la testa , cercando di trovare un senso in quel turbine di parole. Il vestito bianco si mosse, e apparve una ragazza nascosta dietro ai veli. Era biondissima e i suoi capelli sembravano risplendere. Sorrise. – Sei ancora confuso? Beh, ti capisco. Quando ero ancora piccola e mia madre mi addestrava, mi ha abbagliato tante di quelle volte che ora ci vedo molto poco.Infatti porto questi - Segnò col dito degli spessi occhiali dalla montatura bianca come il vestito. Avevano grosse lenti decorate e terminavano con due falchi. Erano decisamente ridicoli. -Ma lei è così, molto severa. Diceva sempre che una donna non deve avere paura di nulla e specialmente una maga lucente, la più nobile antica specie e bla bla bla. Non li sopportavo i suoi discorsi seri. Ah, dimenticavo! Ti ho riparato la spada. Non lo sai che il ghiaccio dei maghi Gelidi è la una delle cose più resistenti al mondo? Beh, dopo le squame di drago ovviamente. Comunque dovresti saperlo, è importante conoscere i proprio poteri per poterli utilizzare al meglio. Lo diceva sempre la mia mamma….dov’ero rimasta? Ah si, la tua spada…era ridotta veramente male. Però io l’ ho riparata e guarda come splende ora! E’ molto più bella di prima non trovi?- Il mago si alzò e strappò bruscamente la spada dalla mano della ragazza. –Non mi ringrazi nemmeno? Sei davvero maleducato. Io che pensavo di aver trovato un compagno di viaggio con cui parlare…- Moobl esplose – Ma tu non la chiudi mai quella bocca??- urlò verso la maga. Lei sembrò non curarsene. –Già già. Avevo ragione. Sei davvero maleducato. Beh dovrò accontentarmi. Nella vita si prende quello che si trova, lo diceva sempre mia madre. Credo che valga anche per i compagni di viaggio. - -Io e te compagni di viaggio?? Non se ne parla! Ho già tanti problemi senza di te …e poi devo…- cercò la lettera con l’indirizzo dove si trovava il mago Nomade. –Cerchi questa?- canticchiò Vanidy. Moobl rabbrividì e girò lentamente la testa. Proprio quello che temeva. La ragazza aveva preso la lettera. –Ti è caduta quando ti ho abbagliato. Ho fatto bene a raccoglierla?- -Dammela- disse il mago cercando di afferrarla. La ragazza spostò velocemente la mano che reggeva la lettera . –Oh, deve essere importante… - -Dammela- ripeté Moobl sull’orlo di una crisi di nervi.- Dammela o io…- -Tu??- disse, tendendo una mano minacciosa- Ti ho già abbagliato una volta. Non costringermi ad accecarti del tutto- Il mago sbuffò rassegnato. La ragazza sorrise compiaciuta e nascose la lettera nel corpetto. –Perché ora non mi parli un po’ di te…mio nuovo compagno di viaggio?-


Evelyne aveva ascoltato la triste storia del mago , pensando a come si sta male quando si perde un familiare. – Anche io non ho più nessuno. Mia madre è morta quando io ero molto piccola. Non mi ha lasciato niente. Nemmeno la sua magia. – Ecco. L’aveva detto. Era riuscita a esprimere quello che provava da anni. La rabbia che aveva sempre represso dentro. Sua madre era una potentissima Maga Corrente,la specie che controllava l’acqua, suo padre era un mago, e non le avevano lasciato nulla. Erano solo scomparsi senza preavviso. –E tuo padre?- chiese Nees. – se n’è andato- - Mi dispiace…- -No,no, non in quel senso. Mi ha abbandonata. È fuggito quando avevo sette anni. Ormai ricordo a stento come fosse fatto. E l’unico ricordo che avevo di lui , un petalo che serviva per le sue magie, è bruciato insieme alla locanda di famiglia- il mago si accigliò. –Non si po’ dire che la vita sia stata clemente con noi- -Ho sempre incolpato altre persone del fatto che lui se n’è andato. Sono arrivata ad incolpare me stessa. Ora mi rendo conto che è solo colpa sua…- Evelyne guardò le montagne che facevano da sfondo all’antica villa. – è quasi l’alba- La ragazza e il mago tornarono nella villa. Lui si ritirò nella sua stanza. –buongiorno- disse Jan svolazzando intorno al grande lampadario di cristallo della sala – Buongiorno!- disse Evelyne alzando la testa. L’eco rimbalzò sulle pareti di marmo. Il mago planò vicino a lei. – Vi ho sentito sai, tu e mio fratello. Tutta la notte a parlare…- -Mi ha raccontato la sua storia. - - Oh, capisco. È sempre a deprimersi lui. Io soffro molto quando lo vedo così ha solo ventisei anni e sembra molto più vecchio di me. –Evelyne rimase sorpresa –Ventisei?- -Certo. Hai dimenticato che siamo gemelli?- Evelyne non l’aveva dimenticato, ma semplicemente non l’aveva realizzato. Era impossibile, vedendoli, crederli gemelli. – Che ne dici se andiamo ma cercare lo sputafuoco? Comincio ad essere preoccupato…- Disse Jan ghignando. –si come no- rispose Evelyne scotendo la testa.
 
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maria vittoria97
view post Posted on 2/9/2009, 13:32




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Fantastico!!! Più vai avanti e più è bello!!!!!!!!! :wii:
:complimenti:
 
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§ilver Do£
view post Posted on 9/9/2009, 18:13




Il nuovo Gilbert Graves
Evelyne e Jan andarono a prendere il grifone nel giardino, e si diressero in volo verso il villaggio. Era triste e silenzioso e le uniche voci che si udivano erano i canti di chi aveva bevuto troppo la notte prima.
–Stammi vicina- disse Jan. Setacciarono ogni stamberga del villaggio e l’unica cosa che trovarono fu un grasso oste che offrì loro da bere. Evelyne insistette per rifiutare , Jan al contrario accettò di buon grado. Mentre il mago svuotava una bottiglia di gin, la ragazza decise di chiedere informazioni.
–è passato un mago Focaio di qua?- l’oste stava già stappando un'altra bottiglia sfregandosi le mani
– Ah, dolcezza, - Evelyne arricciò le labbra pensando che il tipo stava prendendo troppa confidenza – Io non mi posso mica ricordare tutti i poveracci che passano di qua…-
-è piuttosto vecchio…- l’oste riempì il bicchiere a Jan
– Non ricordo -
- E molto burbero- aggiunse la ragazza. L’uomo posò la bottiglia sul tavolo
–Ah, ora si! Quel disgraziato mi ha fatto scappare tutti i clienti! Siete suoi amici??-- Ma certo che no! – si affrettò a rispondere la ragazza. – Dobbiamo…ehm… regolare dei conti anche noi! Sapete dov’è andato?-
- Si dirigeva da una certa maga…mi ha chiesto dove fosse…io non ho risposto subito , sapete è sempre meglio farsi gli affaracci propri… però lui ha cominciato a lanciare fuoco, mi ha rovinato la tappezzeria buona! Spero che regoliate i conti anche per me!-
– Ma certo…- rispose la ragazza – dove si trova questa maga?-
-A nord del villaggio, in una grotta-
-Molte grazie …ora andiamo…Jan andiamo!- il mago vuotò l’ultimo bicchiere in un sorso e si alzò barcollando.
– Hey! Mi dovete pagare!- Jan rise sguaiato (ormai era completamente brillo)
– Non penserai che abbia i soldi !- l’oste afferrò Evelyne per un braccio e la strattonò.
–allora pagherete in lavoro! E il gin costa!-
-Non… la… toccare- disse Jan minaccioso e sparò uno sgabello dritto nello stomaco dell’uomo, che mollò la presa.
Andiamo, Evelyne – la ragazza corse verso di lui e si chiuse la porta e le maledizioni dell’oste alle spalle. Dopo due passi Jan finì a terra. – Tirati su- disse Evelyne mettendo il braccio di Jan intorno alla sua spalla.
– Andiamo , l’oste ha detto che la grotta della maga si trova a nord del villaggio-
– Non c’è bisogno che mi aiuti…io posso… volare…- Disse Jan con la voce barcollante. Provò ad alzarsi in volo e finì di nuovo a terra, stavolta sulla schiena. Rise sguaiato di nuovo. – Non …non riesco a volare…-
Evelyne lo aiutò a rialzarsi e sbuffò – Però a bere ci riesci benissimo…- Dopo qualche caduta, raggiunsero la grotta indicata dall’uomo della taverna. Era illuminata solo dalle luci delle candele e c’era un forte odore di lavanda.
– Venite avanti!- disse una voce alla fine della rotta. Era la voce di una donna vestita di veli dai colori sgargianti. Era truccata molto pesantemente.
– Noi stiamo cercando …il fuoco…- disse Jan- no, non il fuoco, un uomo! L’uomo che lancia il fuoco…non è buffo? Un uomo che sputa fuoco!- La caverna rimbombò della solita risata sguaiata
– Tu sta zitto e lascia parlare me!- disse Evelyne rassegnata lasciando il mago, che senza un sostegno finì a terra ridacchiando
– Noi stiamo cercando un mago Focaio , che è passato di qua- La maga prese un mazzetto di lavanda da terra e lo posò in una ciotola. Poi schioccò le dita e la lavanda iniziò a bruciare.
– Il mio simile…si…il mago Focaio…è andato via… ha preso una pozione…-
-Una pozione?- Chiese Jan che stava sdraiato a terra giocherellando con dei vari cristalli che pendevano dal soffitto
– Si…una pozione ringiovanente…- Evelyne aggrottò le sopracciglia
– Può dirci dove si trova ora? -
- Certo. Io posso tutto. Il fuoco e il fumo mi guidano…ma ovviamente i miei servigi hanno un prezzo.
Evelyne abbassò la testa, sconsolata– Non abbiamo soldi....–
La maga sorrise e lanciò un occhiata a Jan. – Credi che me ne importi del vile denaro? I miei servigi hanno un pagamento speciale…si pagano in baci –
Anche Evelyne lanciò un occhiata a Jan. Il mago smise di osservare i cristalli.
– Lei , signorina è una persona molto ragionevole. – Poi si avvicinò alla donna (alzandosi con molta fatica e procedendo a gattoni) e la baciò scostando il velo che aveva sulle labbra .
– molto bene…- disse la maga- il pagamento è equo. Il mago ora è-…inspirò il fumo della lavanda. -Qua vicino. Sta lanciando fuoco vicino nella foresta. -
- Molte grazie…- disse Evelyne sarcastica – Jan! Muoviti!- il mago la seguì barcollando. Richiamarono Kaleptos fischiando e si diressero in volò verso la foresta.
– Non le avrai veramente creduto?- disse Evelyne con le braccia incrociate.
– Cosa?- disse Jan che era appoggiato al collo del grifone e si stava addormentando. Evelyne imitò la voce della maga. – -I miei servigi si pagano in baci!!-
Jan si riappoggiò al grifone– Non capisco cosa intendi…-
- Non l’ hai capito che quella ha ne ha approfittato perché sei un bell’ uomo ubriaco?? Non ne devono passare molti in quella grotta!-
Jan si alzò lentamente e si girò verso la ragazza.
– Che c’è…ti ha dato fastidio?- Disse col suo solito ghigno. Evelyne incrociò le braccia, sbuffò e non parlò più per tutto il viaggio. Quando sorvolarono la zona vicino alla foresta videro diverse piante divorate dal fuoco e alcune già bruciate che fumavano.
– Ma che succede? è impazzito!- disse Evelyne .
– Oh, guarda! Eccolo lì lo sputafuoco!- Graves stava incenerendo un'altra pianta. Kaleptos scese in picchiata vicino a lui .
- Signor Graves! Ma che sta facendo??- L’uomo si girò. Non era Gilbert Graves. Poteva al massimo essere suo figlio. Le mani gli fumavano più che mai e aveva un espressione di felicità. Una felicità folle ,che faceva paura.
– Guarda, ragazzina! I miei poteri tornati ai tempi della mia giovinezza! I miei poteri al massimo della loro potenza! – Ai suoi piedi c’era un’ampolla verde vuota.
– Signor Graves, cos’ ha fatto…-
- No! Non chiamarmi signore! Mi fa sentire vecchio! E ora io mi sento così…giovane- Scagliò un getto di fuoco contro un’altra pianta che si incenerì all’istante . Il mago Focaio esplose in una risata maniacale. Jan assisteva alla scena, passivo, senza capire molto. Alzò la mano per richiamare l'attenzione del mago.
– Senti, pazzoide, hai visto passare di qui un vecchio mago Focaio?- Evelyne sbuffò.
- Jan è lui. Lui è il signor Graves. -
-NO! – urlò Gilbert – Quell’uomo è morto! Ci sono io adesso io e il mio fuoco…-disse Graves dando fuoco all’albero più vicino a Jan . Poi il mago cadde a terra svenuto , perché Kaleptos l’aveva colpito al collo con la coda. Evidentemente non riconosceva il suo padrone. Evelyne tirò un sospiro di sollievo.
– Ma chi è questo pazzo?- disse Jan, con una risata.
Lo caricarono sul grifone e lo portarono alla villa. Intanto si era fatta notte. Nees li aspettava , passeggiando nel giardino. Non era più seduto al solito tavolino, notò con piacere Evelyne. Graves cominciava a rinvenire.
–Vedo che l’avete trovato-
-Ha preso una pozione…e ora è completamente fuori di testa!- disse Jan ridendo.
– Hai bevuto di nuovo?- Gli chiese il fratello.
– come una spugna – rispose Evelyne. Nees sbuffò. Graves aprì gli occhi. L’espressione era stordita , ma più serena.
– Cosa…- -
Signor Graves…- Chiamami Gilbert…-
-Non stai bene. E' meglio se vai a letto-
 
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maria vittoria97
view post Posted on 23/9/2009, 21:15




Fantastico!!!!!!!!
Non ruscivo più a trovarlo (chissà dove avevo la testa!)
è fantastica come sempre!!!
^_^ ;) :D :sbav: :<3: :OO: :wii:
:complimenti: :felix: Non vedo l'ora del continuo e grazie di tutto!
 
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maria vittoria97
view post Posted on 13/11/2009, 17:35




Ma come mai non la continui?????????????????
:ehm: image image image
 
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16 replies since 25/8/2009, 19:04   215 views
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