Capitolo 16 appena sfornato e corretto ^.^
Mi fa piacere Ireeee che almeno tu sei ancora qui e scusa la "lunghisssssssima" attesa. Spero ne sia valsa la pena almeno.
Buona Lettura!
16. Le paure più profondeImprovvisamente buio. Gli occhi erano velati, il buio mi circondava e il corpo era immerso nell’oscurità – scosso da brividi. Il cuore martellava nel petto e la fronte era madida di sudore.
Restai un tempo in interminabile a fissare il vuoto. Tutto ciò che poteva esserci intorno a me.
Niente.
Ero forse sull’orlo del baratro?Così tante domande e così poche risposte.
Scossa e disorientata, tastai la parete vicino a me e cercai a tentoni una qualche porta o un interruttore.
La paura era parte di me, il fiato era corto, il respiro soffocato. La testa mi scoppiava, e i ricordi riemergevano nella mia testa. Mi trovavo in un corridoio, ne ero quasi certa.
Tastai ancora la parete ruvida, gelida e unica mia ancora di salvezza alla realtà. Quella realtà che mi stava portando alla pazzia. Vittima delle mie stesse paure, del mio stesso essere.
L’aria intorno a me era secca, quasi a malapena riuscivo a respirare. Nonostante ciò, mi trattenevo le braccia incrociate al petto per il freddo.
E’ la paura, mi ripetevo. Solo la paura.
Le mie dita sfiorarono un qualcosa di metallico, freddo: una maniglia.
Allora c’era una via d’uscita da quel posto?Poggiai il palmo della mano incerta tracciandone i contorni. Non sapevo cosa aspettarmi.
Non sapevo se era giusto o no aprire quella porta.
Arresa abbassai la maniglia e mentre l’uscio si apriva vidi una luce sofferta, una luce che tentava di farsi spazio, contro l’oscurità maledetta che a malapena riluceva nella notte. Dalle tende semichiuse di una piccola finestrella, s’intravvedeva un letto e una sagoma inerte, se non fosse stato per l’alzarsi e abbassarsi del suo torace avrei pensato che fosse morto(o morta).
Il suo respiro nella stanza si poteva tastare con mano, si poteva sentire nella propria anima.
Riconoscevo quel cuore battere, riconoscevo il suo cuore. E per la prima volta da quando mi ero svegliata in quel posto, mi sentii rincuorata.
Un battito di troppo. Sussultava nel suo letto, in preda a qualche incubo.
Fibrillazione. L’incubo doveva farlo stare veramente male.
Respiro affannato. Potevo semplicemente capire che soffriva.
Lentamente scivolai vicino ai piedi del letto. Senza capire comunque, perché lui fosse lì in quel letto a dormire – quando il mondo là fuori mi cercava. Allungai una mano incerta verso la fronte imperlata da piccole goccioline di sudore, che si facevano largo in quel viso scavato dal tempo.
“Severus” mi venne da sussurrare quasi in pena.
E lui, come richiamato da quel sussurro trasalì. Quando i suoi occhi semi aperti incontrarono i miei trasparì della sorpresa in quello sguardo tenebroso.
Gli occhi color pece, mi osservarono a lungo. Il suo viso cambiò espressione, dalla sorpresa ci fu la confusione. Che strano vedere trasparire le sue emozioni. Perché mi mostrava ciò che stava provando?
Lui, così tetro e così glaciale. Un pilastro, duro come il marmo.
Lui.
“A cosa devo, questa visita –
notturna?” accentuò l’ultima parola con maggior vigore, sedendosi.
Ancora sconvolta dal mio risveglio, lo guardai un attimo e sfuggii alla domanda guardandomi attorno sconvolta, finché non incontrai il mio riflesso, dove una giovane donna dai capelli lunghi si guardava spaventata.
“Non è successo..” mormorai, toccandomi i capelli.
Crollai davanti allo specchio, proprio come quella sera ad Hogwarts, quando avevo visto la mia vera natura riflessa nei miei stessi occhi neri. Tremavo, la paura mi aveva gelato il sangue.
Alzai gli occhi lucidi e incontrai lo sguardo di Severus seduto sul bordo del letto.
“Cosa mi sta succede Sev..?”
Lui aggrottò la fronte confuso.
Guardai allungo i suoi occhi finché non mi concentrai sulla sua canottiera che disegnava i lineamenti del suo corpo e il pantalone scuro che portava. Tornai sui suoi lineamenti notando quanto fossero duri, e quanto il suo sguardo accigliato fosse affascinante.
In quel momento mi resi conto che non m’importava di sapere, non fino alla mattina seguente. Ero sfuggita a lungo dai miei sentimenti, dai miei desideri, dall’amore.
Lo guardavo e ci vedevo tutto ciò di cui avevo bisogno e anche se in passato l’avevo allontanato, ora lo volevo più vicino a me di chiunque altro. Anche nel mio sogno era stato l’unico a starmi accanto e ad aiutarmi nel momento del bisogno. Avevo bisogno di lui.
Sapevo quel che volevo, almeno per quella sera. Le risposte alle mie domande potevano aspettare e soccombere ai miei desideri: solo per una notte.
Percorrendo i pochi passi che ci dividevano, lo vidi alzarsi e liberarsi di ogni dubbio – proprio come me – tagliando la distanza che ci divideva da ormai troppo tempo. Mi prese tra le sue braccia, e guardandomi negli occhi si avvicinò lentamente al mio viso; il primo bacio fu dolce, passionale e quelli che seguirono si fecero sempre più voraci e desiderosi. Mi sfilò la canotta, mentre io gli sfilavo la sua. Quella notte era destinata a noi, ci volevamo e anche se fosse stato solo per quella serata sapevo mi sarei accontentata a malincuore.
Forse ai suoi occhi ero patetica, o forse solo una stupida illusa, ma era mio quello notte. La luna per quella notte ci avrebbe protetti con il suo candore e le stelle avrebbero danzato mentre i nostri corpi diventavano una cosa sola e i miei sospiri si congiungevano ai suoi. I suoi movimenti erano dolci e sinuosi su di me, non c’era violenza, non c’era rabbia o rancore.
Mi voleva, mi desiderava e mi aveva. Desideravo fosse amore quella sua dolcezza, ma non ci credevo e non ci speravo. La speranza poteva divenire troppo dolorosa, più della stessa verità.
I raggi del sole solleticavano il mio viso, mentre le tende frusciavano al passare di un venticello che portava un delizioso profumo d’estate.
Girandomi nel letto per sfuggire al sole, ricordai di non essere nella mia stanza e di non aver passato la notte da sola con la paura del futuro e l’incertezza di non essere sola per affrontarlo. Sbirciai appena con gli occhi socchiusi e quando vagai abbastanza per vedere la sua schiena nuda, trascinai le lenzuola con me fino ad avvicinarmi molto vicino a lui. Gli cinsi i fianchi nudi, sentendo sulla mia pelle il calore della sua.
“Ieri, eri spaventata” mormorò meditabondo con la voce ancora impastata dal sonno.
Gli accarezzai i capelli corvini, sciogliendo ogni timore di aprirmi finalmente a lui.
“Non so, come incominciare..”
Si voltò a guardarmi e si avvicinò così tanto a me, che il suo viso sfiorò il mio.
“Ieri notte non sembravi così insicura” un mezzo sorriso increspò le sue labbra, maledettamente seducenti.
Gli strappai un bacio, infischiandomi delle sue battutine ironiche.
“Ho fatto un sogno.. era così maledettamente reale, Severus.”
Mostrò interesse e mi chiese di proseguire.
“Beh, ho vissuto sette mesi d’inferno.. ho ucciso qualcuno” non feci il nome, troppo spaventata dal fatto che Jerard potesse sentirci “e sono fuggita, il ministero mi dava la caccia e io.. io ero troppo spaventata Severus, e tu sei stato dannatamente bravo ad aiutarmi.. tanto da accompagnarmi in una spedizione presso l’organizzazione della Daswa. Ma lì, le cose si sono complicate, qualcuno ci ha seguiti.. tu hai perso la tua bacchetta. E non sapevamo cosa fare.. e lì, mi sono risvegliata, madida di sudore e disorientata. Molto disorientata, sono arrivata nella tua stanza.. e lì..”
Lui annuii, sapendo benissimo cosa era accaduto dopo. Il suo volto non traspariva un emozione, mentre io cercavo qualche risposta in lui. Ma niente, vuoto totale.
“Sev..” stavo per dire, quando lui premette una mano sulla mia bocca.
“E’ molto strano” mormorò “qualcuno deve averti somministrato qualcosa per farti vivere questo ‘incubo’.. ma questa persona non sapeva che su di te, nessuna pozione ha molta efficacia e che questo a volte ti comporta delle allucinazioni.”
“Ma..” feci per dire, quando lui posò nuovamente la mano sulla mia bocca.
“Dunque, il nostro caro Jerard ha fatto il passo sbagliato che aspettavamo.. ti ha somministrato in qualche maniera del Veritaserum, per scoprire qualcosa. Devo parlarne a Silente”
Si alzò velocemente, mentre il suo corpo nudo vagava per la stanza alla ricerca della roba da indossare. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso.
“Pensi ci avrà sentito?”
Severus con un sopracciglio inarcato mi scrutò: “Ti preoccupi che abbia sentito la tua eccitazione stanotte?” chiese ironicamente con malizia.
“No..” ribattei seccata, “mi riferivo alla nostra recente conversazione..”
Lui scosse la testa e poco dopo mi illuminò: “Vige un incantesimo sulla stanza, niente esce fuori da queste mura.. nemmeno i tuoi rumorosi sospiri.” E sorrise.
Il pensiero che Jerard avesse tentato di farmi del male, era per me fonte di delusione e faceva davvero male. Il mio cuore iniziava veramente a risentirne. Non potevo negare il mio sentimento verso di lui e questo mi terrorizzava. Ma questo non toglieva il fatto, che dovevo impedirgli di farmi ancora del male, perché se questo fosse accaduto non me lo sarei mai perdonata.
“Cosa devo fare io..?” chiesi tra un pensiero e l’altro.
Severus abbottonandosi la camicia scura, mi lanciò un’occhiata ironica e maliziosa.
“Cerca di non finire nel suo letto.” detto questo uscì dalla stanza, lasciandomi con una stretta al cuore.
Voleva solo quello da me?Non poteva essere così difficile, pensai mentre stringevo intorno al corpo il lenzuolo per uscire così dalla sua camera e incespicando appena nella stoffa che mi copriva. Richiusi la porta alle mie spalle e quando sentii gli occhi su me, mi voltai incontrando così due occhi color ghiaccio chiudersi in una morsa ostile.
La luce e il buio, combattevano la loro lotta nel freddo gelido di quella casa ormai troppo stretta per i nostri problemi e il nostro inevitabile triangolo.
Dentro di me si scontrarono mille sensazioni e diversi stati d’animo e vedendolo voltarsi cercai di fermarlo, ma le parole mi si bloccarono in gola.
Cosa avrei potuto dirgli? “Non è come credi!”[?], assolutamente ridicolo.
Qualche ora più tardi decisi di affrontare l’inevitabile. Scesi al piano di sotto e trovai Jerard nel salotto che giocherellava con un braccialetto dall’aspetto femminile piuttosto che maschile.
“E’ di..” iniziai a dire, rompendo il silenzio e vedendo i suoi occhi alzarsi su di me.
… Emily, avrei voluto concludere, ma ero rimasta incatenata ai suoi occhi con la conseguente situazione di non riuscire a far uscire le parole che prima avrei liberato con naturalezza e schiettezza.
Il suo viso s’irrigidì rendendo evidente la rabbia, la gelosia, ma i suoi occhi dicevano tutt’altro. Non ce l’aveva con me, ma con lui. Era lui (Severus) la causa di tutto, sicuramente pensava questo.
“Jerard, io..” sospirai prendendo più forza possibile, avanzando di qualche passo nella sua direzione.
“No, piccola.. è chiaro” sorrise amaramente “tu lo ami, e questo non si può cambiare. Non posso farti scegliere me, anziché lui. E non sai quanto questo mi faccia sentire.. impotente!”
Mi sedetti un attimo, per assimilare il colpo.
“E’ una paura che non posso nascondere, quella di perderti. Non credevo potesse essere così difficile superarla.” aggiunse, mentre la sua voce melodiosa assumeva delle note stonate e amare.
“Mi spiace” fu l’unica frase che riuscì a proferire tra le lacrime, mentre lo vedevo alzarsi per venire da me. Si avvicinò e prese il mio viso tra le sue mani guardandomi a lungo, con gli occhi di ghiaccio che celavano così tanto dolore.
“Spiace più a me, Sarah.”
Mi schioccò un bacio sulla fronte e uscì dalla stanza facendo risuonare i suoi passi sulle scale in legno nel silenzio della casa.
Dopo che lo vidi andar via lo sguardo vuoto cadde oltre la finestra, al di fuori da quel mondo che talvolta diventava triste e doloroso scavando ferite troppo profonde perché potessero rimarginarsi in periodo breve. I lacrimoni avanzarono sul mio viso e ancora una volta, Sarah Michelle Morgan dava dimostrazione di quanto era debole e stupida. Non ero altro che una vittima della vita, proprio perché avevo deciso di diventarlo. Dovevo liberarmi di quel ruolo e combattere per me stessa e per chi mi voleva bene davvero. E soprattutto per la verità.
“Ti lascio per una mezza giornata, e ti trovo in lacrime?”
Mi voltai a guardarlo fermo sulla soglia del salotto, coperto nel suo mantello nero, con il viso impenetrabile e gli occhi neri profondi e più bui che mai. Rendendomi conto di quante ore fossero passate, saltai giù dalla poltrona e corsi da lui per stringerlo.
Un po’ impulsivo forse, ma non m’importava.
Sentii di stringere una statua fredda e rigida. Nessun sentimento, nessun fuoco che lo ravvivava dentro. Nessuna felicità manifestarsi nel vedermi. Lo lasciai immediatamente, ricomponendomi.
“Cos’hai scoperto..?” chiesi poco dopo, superato l’imbarazzo.
“Come tu sai, ne ho parlato a Silente.. e gli riferito tutto sulla tua visione. Ebbene, vuole che facciamo al più presto ritorno a Hogwarts.”
Scossi la testa. “Ma non possiamo! Nella mia visione è proprio quando sono tornata ad Hogwarts che è successo l’irreparabile!”
Accigliato, Severus storse appena il labbro inferiore.
“E’ stata solo una conseguenza del Veritaserum, Sarah. Niente di grave. Hai vissuto in un mondo che non esiste. Non saresti in grado di uccidere nemmeno una mosca!” quest’ultima frase s’impadronì di lui, facendolo sorridere ironicamente.
Lo ignorai, cambiando discorso. “La mia maledizione Severus, mi rende vulnerabile a queste pozioni. Come posso evitare che succeda un’altra volta, in futuro?”
Si passò una mano sotto il mento, accarezzandolo pensieroso.
“Penso, potremmo provvedere a qualche contro incantesimo. Prima ne parleremo a Silente, in ogni caso. Evitiamo di fare sciocchezze.”
Il ritorno ad Hogwarts fu seguito da rimpianti, dolore e un misto di felicità e tristezza. La scuola era ancora più bella di come la ricordavo, le torri spiccavano tra la luce e le ombre. I prati erano più verdi ai miei occhi. Hogwarts si presentava più imponente di quanto ricordassi, ma anche più spaventosa. Aveva quel qualcosa di tenebroso che mi rendeva inquieta, forse dovuto a quello che avevo vissuto nella mia allucinazione. Davanti alle grandi porte della Sala d’Ingresso ad aspettarci, c’era nientedimeno che Albus Silente.
“Bentornati” disse con voce soave alzando le braccia, “Severus, ti prego, saresti così gentile da precedermi nel mio ufficio. Dovrei scambiare due parole con Sarah e Jerard.”
Severus non disse una parola, annuì e spari tra le mura della scuola.
“Penso conosciate già, il motivo che mi ha spinto a farvi tornare qui.”
Albus incontrò lo sguardo vacuo di Jerard che scosse la testa e poi cercò il mio che annuii impercettibilmente senza farmi notare da Jerard. Attesi , mentre il fragore del vento faceva compagnia a lei e ai suoi pensieri.
“Jerard, saresti così gentile da seguirmi allora?”
Silente si voltò e prima di entrare, disse: “Sarah, penso tu dovresti aspettarmi nel mio ufficio assieme a Severus. E’ importante che io ti parli al più presto, ma prima lasciami spiegare a Jerard la situazione privatamente.”
Annuii e questa volta fui io ad attraversare le grandi porte seguita dall’anziano preside e da Jerard. Quest’ultimo era evidentemente confuso, il suo viso era circospetto e si guardava attorno con grande meticolosità.
Poco dopo, ci separammo e io arrivai davanti al grande gargoyle che si apriva su una piccola scala a chiocciola. La luce nell’ufficio di Silente era l’assoluta regnante. Ogni cosa splendeva, ogni cosa rischiarava la mente in quel luogo. E la tranquillità che vi era, non poteva che impregnarsi nell’animo delle persone che vi stavano all’interno.
Vidi Severus attento davanti ad un quadro, dove un vecchio uomo gli bisbigliava a bassa voce. Quando l’uomo nel quadro si accorse della mia presenza, smise di bisbigliare e Severus si costrinse a voltarsi.
Vedendomi là, non fece una piega e tornò ad ignorarmi completamente.
“Bene” dissi io, sentendomi preda di una certa rabbia “torniamo qui, e tu che fai? Torni ad ignorarmi?!”
Mi sentivo terribilmente stupida a fargli una scenata per una situazione simile e in una circostanza tanto tesa, ma il mio ego mi impediva di tacere, di tenere per me la rabbia per quel suo modo di fare che mi seccava alquanto.
“Hm-hm” mormorò indifferente.
Sbuffai e presi posto in un angolo, dove non feci altro che fissare Severus in una maniera insistente e provocatoria. Piton riprese a bisbigliare all’uomo del quadro, fino a quando, questo sparì dalla tela.
Voltandosi, vide i miei occhi scrutarlo ripetutamente.
“Sai di cosa deve parlarmi Silente?” domandai.
Ricevetti una scrollata di spalle e un
“Non sarò io a dirtelo.” freddo e distaccato.
“A volte credo che tu non mi ascolta veramente.” aggiunge poco dopo, “La vita non gira intorno ad un triangolo amoroso, Sarah. Se non te ne sei accorta” e mi guardò gelido “e dubito tu l’abbia notato – là fuori c’è un tuo eguale che ti cerca. E non credo voglia semplicemente far l’amore con te.” detto questo, mi passò accanto sfiorandomi la guancia. Il contatto con la sua mano gelida, mi fece rabbrividire.
“E smetti di chiedermi perché mi comporto così con te. Non avrai mai una risposta dal sottoscritto.”
Quando sparì, mi alzai per seguirlo, ma alla soglia apparve il preside.
Che tempismo, pensai.
“Dubito che questa tua situazione, possa andare peggio.” mi riferì sedendosi dietro alla sua scrivania, “Sarah penso tu sappia che le cose ad Hogwarts non vanno più tanto bene, e vorrei assolutamente porre rimedio al più presto. Inoltre la situazione che si è verificata la scorsa notte, dopo la somministrazione del veritaserum alla tua persona mi ha preoccupato alquanto, e più del dovuto. Non possiamo rischiare una cosa simile un’altra volta.”
“Perché potrebbe rendermi indisponente?”
“No, non credo. Penso piuttosto che un’altra somministrazione di veritaserum possa comportarti un risveglio violento dell’essere che si racchiude in te. Il tuo stesso sogno l’ha presupposto. Dentro di te, c’è una creatura insaziabile che aspetta solo di essere risvegliata e io non posso permettere che accada nella mia scuola.. e ad una mia insegnante. Dunque, permettimi di decidere per la tua incolumità.”
Assentii, senza dire una parola.
“Ho ascoltato attentamente Severus, quando mi ha parlato del tuo sogno e credo di aver ben notato che hai dato un’ottima descrizione del luogo dove potrebbe trovarsi l’organizzazione della Daswa, dunque ti chiederò adesso se avrai il piacere di seguire un gruppo di maghi e streghe in spedizione al posto domattina sul presto. Vi è una certa urgenza di scoprire al più presto la verità e penso tu condivida.”
“Condivido pienamente, ma non so se sarò capace di descrivere esattamente il percorso fatto nel mio sogno.”
“Non ce ne sarà bisogno Sarah, ci affideremo ai tuoi ricordi - per il momento. Che ne dici allora?”
Silente apparve così convincente attraverso il suo sguardo vitreo, che non potei non accettare.
Una volta congedata dall’incontro con il preside, vagai a lungo per i corridoi. Sapevo che alla spedizione, Severus non vi avrebbe partecipato, in quanto Silente aveva detto che gli sarebbe potuta occorrere la sua grande esperienza di
potion master. Pertanto, rassegnata a non incontrarlo più tanto spesso tornai nel mio alloggio e non appena socchiusi gli occhi sentii che ogni cosa presto si sarebbe rivelata, la verità sarebbe arrivata a galla e con sé avrebbe sotterrato tutte le nostre paure più profonde: per Jerard, la paura di perdermi, per me di affrontare me stessa e il mio futuro con qualcuno e per Severus quello che ogni notte nel suo letto lo torturava fino a farlo sussultare nel letto. Quella notte l’avevo sentito agitarsi nel sonno più e più volte.
Tutti avevamo delle paure da affrontare, anche il più cinico bastardo tra gli uomini. Tutti ogni giorno lottavamo contro le avversità della vita per andare avanti e tutti ci davamo da fare per una vita migliore. Tutti prima o poi vincono le proprie paura, sarebbe bastato solo il tempo e la pazienza. Le avrei superate presto, perché tutto era possibile nella vita.