| non ci posso credere....
. questa volta il ragazzo dai capelli corvini si trova ai piedi di un albero, legge tranquillo, a un tratto si avvicinano quattro ragazzi, inquadra quello con gli occhiali e con una smorfia di disgusto torna al suo libro di pozioni. Viene provocato dai quattro, una lite ed è appeso, disarmato della sua bacchetta, a un albero, i calzoni calati, risa di scherno, solo lei accorre in suo aiuto, lui non lo vuole, non si vuole far vedere proprio da lei umiliato, schernito, sminuito, litigano, la chiama con un epiteto imperdonabile, il più imperdonabile, che pronunciato dalle sue sottili labbra suona come apocalittico, ancora lacrime dai profondi occhi color delle foglie a primavera, poi solo rammarico e scuse. Dissolvenza, ancora scuse, ma questa volta non sono abbastanza, non lo saranno mai più, è ingiusto, ingiusto come il sentimento insediato e radicato profondamente nel cuore del ragazzo pallido. Tutto non ha più senso, lei lo respinge, come amico, come essere umano. Ancora dolore. Ancora buio, questa volta persiste per colorare la scena. Una voce fredda, che gela il sangue, gli occhi rossi, solo il terrore in quelli neri e poi ancora dolore, non dell’anima ma del corpo, non per questo maggiore, il braccio sinistro pulsa, un nuovo disegno vi è comparso aggiungendosi a quello tenue delle vene. Poi urla atroci proveniente dalla sua mente e dalle persone che tortura con crudeltà, è convinto che nulla possa equiparare il suo di dolore, ne la tortura ne tantomeno la dolce morte. La nebbia, tutto si ricompone ancora, il ragazzo fattosi uomo si trova davanti a una chiesetta di una paesino, le campane suonano gioiose, alla porta c’è lei, più bella che mai, i rossi capelli raccolti in mille fiori, il vestito bianco, il sorriso che adorna il volto, gli occhi verdi più luminosi di sempre, all’altare l’aspetta con aria tesa ma gioiosa un uomo alto, i capelli scompigliati, gli occhiali sul volto. Ancora dolore. una locanda vecchia e consunta. Il suono di una voce disumana, la canzone di un destino che avrebbe cambiato molte vite, a partire dalla sua, il racconto di una profezia e poi di corsa dal suo oscuro signore. Il terrore più nero negli occhi ancora più scuri dell’uomo, sudore freddo sul volto bianco, l’oscuro signore parla, capisce, dopo aver sentito le parole della profezia, è pronto a uccidere, sa chi, l’uomo dalla veste nera si getta ai suoi piedi, supplica, mette la sua vita in gioco, non c’è niente da fare, solo una gelida risata come risposta. Ancora una corsa contro il tempo, prima il tiepido vagito di un bambino, poi Hogwarts, l’ufficio del preside, l’uomo vestito di nero, sudato si dispera, spiega il terribile accaduto, piegato in due dal dolore, prega ancora ai limiti dell’umanità, un mago con una lunga barba bianca lo ascolta marmoreo. Dissolvenza. Una casa fredda, la porta socchiusa, l’uomo in nero si avvicina cauto, il volto stravolto. Un corpo per terra nel salone, non lo vuole vedere, non ancora, c’è una possibilità…sale le scale, il cuore in mano. Una porta socchiusa, la luce ancora accesa, il pianto di un bambino, c’è ancora speranza. Poi tutto finisce, ai piedi dell’uomo il corpo senza vita della donna dai capelli rossi. Gli occhi chiusi in una smorfia di dolore, una lacrima, due, tre scendono pesanti dai suoi occhi neri, cade in ginocchio, urla. Buio, il più nero. Piove, la chiesetta avvolta dall’oscurità, questa volta non ci sono campane a alleviare gli animi, l’uomo in nero entra lento, sul pavimento due casse, dal volto, sembrerebbe morto anche lui, gli occhi neri scavati da mille notti insonni, il volto pallido e magro, provato da giorni di completo digiuno e nausea, si avvicina, lenta inesorabile si pone davanti a lui l’immagine della donna che amava più di ogni altra cosa, sembra riposare tranquilla, ma il suo volto è freddo e le sue guance non sono più tinte del colore delle rose fiorite. Dissolvenza, giorni di pena, notti insonni di dolore, l’oscuro signore è sparito, distrutto. Ma il dolore resta. Poi la classe di pozioni, l’ufficio, la vita, se quella timida imitazione poteva dirsi tale, il viso di molti studenti, le punizioni inflitte, punti tolti. Poi una scena, un ragazzino gli si para davanti, gli occhi verdi mai dimenticati, quelli che ha giurato di proteggere, il professore di pozioni lo fissa con astio, rimanendo però ammaliato dai suoi occhi, ancora una volta. Poi la scena cambia l’aula di pozioni, una ragazza del primo anno i capelli rossicci, l’uomo in nero la guarda attento per qualche lungo secondo, l’amarezza nello sguardo, lei lo ricambia osservandolo con curiosità attraverso i suoi grandi occhi castani.
Tirai fuori il volto completamente bagnato dal pensatoio, avevo il viso decisamente stravolto, singhiozzavo forte. Mi accorsi subito che qualcosa non andava, la stanza ora era illuminata. Mi guardai le mani, potevo vederle! Merda! Mi voltai di scatto, appoggiato alla cornice della porta, con le braccia conserte, un volto spaventosamente adirato, Piton mi fissava.
lo guardavo fissa con la paura negli occhi, oh no, oh no! Piton ricambiava lo sguardo, severo. La camicia nera leggermente aperta sul petto, mi soffermai a guardarlo, rapita per un attimo. Mi ripresi dandomi mentalmente dell’idiota pochi secondi dopo. Silenzio. Stringevo le mani tremanti. Rispecchiavo i miei occhi colpevoli nei suoi, neri più che mai. “ti sei divertita, signorina?” la voce sarcastica, il volto ghiacciato. “ve…veramente non molto…” balbettai “estasiato…mi puoi spiegare gentilmente, Smith, perché devi sempre ficcare il naso nelle faccende altrui? E in particolar modo…nelle mie? Mi trovi particolarmente interessante e degno di nota?” “veramente…sì” mi fissava più gelido che mai. Presi fiato per rispondere ma… “basta così…ora che hai scrutato attentamente nel mio passato cosa hai risolto? Ti faccio più pena di prima? Credi di potermi…salvare?...che presunzione…noto almeno con piacere che il cappello parlante ha compiuto bene il suo lavoro…corvonero rende boriosetti eh? Ma naturalmente bisogna avere una certa predisposizione…” “come lei ha la predisposizione per essere un bastardo? Non capisce che mi sto preoccupando per lei??” mi era sfuggito, completamente sfuggito dalla bocca… mi si avvicinò pericolosamente, lo sguardo furioso “sei l’ultima a poter parlare di bastardaggine, signorina. Ti sembra corretto quello che stai facendo? Intrufolarti nel mio ufficio, scrutare nel mio passato? Chi diavolo ti credi di essere? Come minimo c’è l’espulsione in gioco” “avrebbe il coraggio di farmi espellere?” “io HO il coraggio e la facoltà di farti espellere.” Disse lui con tono deciso. “capisco che non avrei dovuto ma…volevo…dovevo sapere…cosa turbava il suo cuore…lei è così triste…” “tutto ciò è pienamente meritato” “non…non è vero! Perché continua a punirsi? Non le è bastato tutto il dolore di questi ultimi 18 anni?” mi mise una mano gelida sulla bocca, lo sguardo duro. “non mi contraddire…non lo puoi sapere.” Gemetti sotto le sue dita, io lo sapevo eccome, lo avevo appena visto e l’avevo provato sulla mia pelle attraverso i suoi occhi tristi. Tolse lentamente la mano dal viso, sarò stata masochista, preferivo decisamente che mi toccasse…ora ero completamente scoperta, vulnerabile, avevo perso su tutta la linea, era così sbagliato quello che avevo fatto? Eppure lo sentivo come un dovere indispensabile, come avrei potuto continuare a vivere senza sapere? Eppure continuava ad essere tutto così amaro. Avevo lo sguardo a terra, non mi avrebbe mai perdonato, possibile che non comprendesse i miei sentimenti? Anche lui taceva. Ad un tratto..
“allora, Smith, oltre alla tua presunzione, hai deciso di smetterla di sbaciucchiarti con Weasley nei corridoi?” alzai lo sguardo stupita, eh? Continuava a guardarmi con aria arrabbiata… “prego?” “ti ho domandato se hai smesso di scambiare effusioni in luogo pubblico con quel Weasley, lo trovo decisamente rivoltante” proprio non mi aspettavo che la conversazione prendesse questa piega, mi veniva quasi da ridere, mi stavo già aspettando di fare le valigie. Ero sbalordita. Stetti al gioco. “ehm…veramente io e George non stiamo insieme e poi…sinceramente, non vedo come possa interessarle…” “fammi capire bene, tu hai la presunzione di ficcare il naso nel mio passato e il tuo professore di pozioni non può permettersi neanche una domanda? Ma chi ti credi di essere?” mi fissava con astio, la bocca arricciata. “le ho già illustrato le mie ragioni. Mi esponga le sue…” colsi quasi l’odio negli occhi neri. “ho la facoltà di potermi tenere le mie ragioni per me e comunque sono molto colpito dalla sua loquacità Smith, ma a volte è bene tenere la lingua a freno, non crede? Soprattutto con chi la supera in anzianità e importanza nella gerarchia di questa scuola..” “ma davvero? Perché lei è un pro-fe-sso-re, ai professori non dovrebbe essere proibito guardare con tutto quel risentimento degli studenti…e soprattutto coinvolgerli in faccende sentimentali?” scandii le sillabe con un mezzo sorrisero sulle labbra. Strabuzzò gli occhi “ma come ci sentiamo in vena di battute oggi, perché non risparmi il fiato per una bella interrogazione sulle pozioni della memoria mercoledì prossimo?” “chissà…magari le strapperei un altro Eccezionale…” “nel mondo della magia ne esistono di cose strane e inspiegabili…” sorrisi. Piton continuava a guardarmi con quella sua aria insensibile, sorrisi ancora. “avanti è ora di andare a dormire per gli infanti” “già, infanti…mentre per i professori tristi, boriosi e incazzati, la notte è ancora lunga…” “ho la facoltà anche per quello...…” mi permisi una risatina, mi incamminai verso la porta, mi voltai un’ultima volta per guardare il mio professore, gli sorrisi ancora, anche un po’ per vendetta, sapendo che effetto gli faceva. Mi rivolse un’occhiataccia e con un “buonanotte, professor Piton” me ne tornai, trotterellante nel mio dormitorio. Forse il mio amore non era così irraggiungibile…adesso.
La ragazza era appena uscita sbattendo la porta, Severus Piton continuava a guardare fisso in quella direzione, dopo alcuni attimi spostò lo sguardo sul marchio nero, davvero non le interessava del suo passato? Eppure quel sorriso…Le vene pulsavano ancora, il dolore persisteva anche se più flebile di prima. Sapeva che stava per accadere qualcosa, ma lui non avrebbe agito, non aveva ancora deliberato con Silente il da farsi. Avevano bisogno di tempo, ma tutta questa attesa lo esasperava, lo innervosiva. Starsene con le mani in mano non era il suo compito, aveva perso anche troppo tempo nella sua vita, sprecato le occasioni più importanti che aveva e investito eccessivamente in quelle futili. Voleva e doveva riscattarsi, redimersi. Oppure tutto il dolore che aveva provato era stato vano…ancora una volta un paio di occhi verdi fecero capolino fra i suoi pensieri, lei non l’avrebbe più potuto perdonare, non avrebbe più potuto guardare teneramente le sue mani e dire come soleva fare in vita “che belle dita affusolate che hai Sev, le tue mani sono così grandi e mettono così sicurezza”, adesso le sue mani erano solo sporche di sangue, per quanto lui le avrebbe potute lavare. Questa volta il volto spaventato della stessa ragazza…ma era lei? Eppure gli occhi erano diversi, perché? Perché? Non lo merito, no…è solo una seccatura in più. Tornò a fissare con odio la porta del suo ufficio. Sentiva di meritare solo dolore. Le ferite del passato bruciavano sempre di più.
IO SONO TROPPO BUONA! almeno commentate
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