Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Il primo giorno, Seguito de "La prima sera"

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Sibilla Piton
view post Posted on 12/8/2011, 12:08




Bello!Continua presto!
 
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Camelia.
view post Posted on 13/8/2011, 18:06




Eccomi!

Non pensavo di soffermarmi in sala comune, invece questi Serpeverde sono un'ottima fonte di ispirazione... ^_^
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Capitolo 7:


Altri Serpeverde, che fino a quel momento erano rimasti a chiacchierare per i fatti loro a gruppetti, presero a gironzolare attorno alle poltrone, cercando di capire chi mai potesse essere quel bambino sconosciuto perché Malfoy in persona lo presentasse a Narcissa, una Black, notoriamente con la puzza sotto il naso.
Rosier si era avvicinato ad alcuni compagni della sua età e stava di certo riferendo il poco che aveva sentito. Poco ma sufficiente a far voltare parecchie teste verso Severus.
A quanto pareva tutti trovavano molto interessante avere un pettegolezzo fresco fresco già il primo giorno di scuola e il fatto che quello scricciolo di bambino malnutrito fosse uno che aveva letto i libri di testo anche degli anni successivi, non poteva che destare scalpore, specialmente negli studenti già grandi ma che avevano difficoltà di apprendimento.
Gli occhi puntati su Severus aumentavano ad ogni momento e capannelli di ragazzi si scambiavano impressioni e supposizioni, non sempre a bassa voce.

“Ma chi è?”
“Tu lo conosci?”
“No!”
“Pare che abbia spento una tenda che aveva preso fuoco con un incantesimo Spegnifiamma, senza pensarci due volte…”
“Quel bambinetto lì??”
“Piton, si chiama Piton!”
“No, era un tappeto…”
“Piton? E che famiglia è?”
“Non sarà mica un babbano?”
“La Carrow mi ha detto che è un mezzosangue, sua madre era strega…”
“Dai, uno sporco babbano non sarebbe neanche capace di tenere la bacchetta in mano…”
“Un mezzosangue che fa incantesimi da terzo anno appena arrivato a scuola?”
“Ma è vero?”
“Ho sentito che Malfoy in persona l’ha presentato alla Black…”
“E quelli vicino a lui chi sono?”
“…e ha già letto i libri del primo anno…”
“Tutti??!”
“…quello bruno mi sembra il figlio di Mulciber, l’altro è sicuramente Avery, è venuto una volta a casa nostra per una festa…”
“A me Rosier ha detto che ha sentito che ha letto anche quelli del settimo!”
“Ma è impossibile…”
“Un livello da M.A.G.O…”
“A quell’età??”
“Avery e Mulciber sembrano suoi amici…”
“...io con l’incantesimo Spegnifiamma ho avuto problemi per tutto l’anno scorso…”
“Chiedigli se ti dà ripetizioni allora, così magari un G.U.F.O. in Incantesimi riesci a rimediarlo, ahahah!”
“Cretino!”
“Ehi guardate Malfoy, adesso lo presenta a Nott…”

Che capogiro.
Severus cominciava a non capire più niente, mai nella vita si era sentito così. Cercò di non sembrare troppo compiaciuto e di darsi un contegno, ma mai un gruppo di persone erano state attirate dalla sua presenza, mai era stato il centro dell’attenzione e della curiosità.
Fugaci ombre che avevano l’odore di Spinner’s End e dei suoi abitanti gli solleticarono la mente e fu con una gioia selvaggia che le ricacciò indietro, godendo di essere il centro dell’interesse in quella prima mattina, nella Casa di Salazar Serpeverde.

Bambini e ragazzi, alcuni anche dell’ultimo anno, man mano che entravano alla spicciolata in sala comune, venivano inevitabilmente investiti dall’onda placida dei bisbigli su di lui, che veniva guardato -unico in quel luogo- perché-era-lui e non perché la sua famiglia era antica o ricca o famosa.
Un caso isolato in quella camerata, sebbene nella storia passata dei Serpeverde un altro bambino fosse riuscito nell’impresa, anche se Severus e nessun altro lì dentro lo sapeva.
Mai Severus aveva avuto la testa così piena del presente.

No, si sbagliava… con Lily era successo sempre.

Ogni momento con lei scacciava i brutti ricordi e sbiadiva perfino le speranze future, con lei Severus godeva di ogni singolo istante, non pensando a nulla, felice di guardarla e di ascoltarla o di essere ascoltato da lei e perfino… guardato.
Nessuno mai guardava Severus: non Eileen, che adempiva ai suoi doveri materni ma giorno dopo giorno veniva sempre più risucchiata dal niente che le spegnava la luce degli occhi; non Tobias, se non con odio e fastidio.

Lily invece no, non aveva mai avuto uno sguardo cattivo per lui. A parte il primo giorno che le aveva parlato, ma era stata colpa di Petunia. E quella volta che si era arrabbiata perché lui aveva inconsciamente colpito Petunia, la stupida sorella a cui Lily si ostinava a voler bene…
Ma tutte le altre volte quegli occhi verde chiaro l’avevano sempre guardato con ammirazione, amicizia, sincerità. Con interesse, quando lui le raccontava di Hogwarts. Con complicità, quando giocavano assieme e la magia usciva da loro libera da costrizioni. Con autentica gioia quando ridevano assieme. Con preoccupazione quando gli chiedeva come andava a casa…
Sì, Lily era speciale. Lei lo capiva.

***


“Che cos’hai Severus?”
“Niente.”
“Sei triste?”
“No” aveva risposto, fissandola.
Ma gli occhi neri non poterono non sciogliersi di fronte a quelli limpidi di Lily, non poterono mentire.
“È…” cominciò esitante.
“È solo che… i miei genitori hanno litigato ieri”, concluse precipitosamente.
Una piega intristì la bocca di Lily.

Severus si sorprese a raccontarle cos’era successo in casa Piton la sera prima; certo, le risparmiò i particolari più crudi, le parole volgari… ma le raccontò tutto. Non aveva mai parlato a nessuno dei propri genitori.
E avrebbe continuato a non farlo se non si fosse trattato di… Lily.
Solo con lei era stato possibile il miracolo, solo lei era riuscita a ricevere la fiducia di Severus, con semplicità, e a non tradirla mai.
Lily ascoltava, si dispiaceva del dolore dell’amico, partecipava alla sua sofferenza e lo consolava. Lei capiva.
Aveva la rarissima capacità di accogliere il suo dolore tra le mani e lenirlo, con la semplice dolcezza di una parola, di uno sguardo, di una carezza.
Allora Severus sentiva prima una fresca brezza dare sollievo al bruciore della sua anima e poi una calda coltre di benessere avvolgerlo come in un bozzolo, al sicuro.
Lei era una piccola strega, ma sapeva fare una magia grandissima, una magia che in nessun libro, neppure in quelli preparatori al M.A.G.O., sarebbe stato possibile trovare. Perché non bastava essere maghi dotati o applicarsi… occorreva essere lei, bisognava essere Lily.

***


A Piton cominciò a mancare l’aria. Seppur piacevolmente immerso nella novità di essere l’oggetto dell’interesse generale, ora avrebbe voluto restare solo, a pensare. Pensare a lei.
Stringeva mani, ascoltava cognomi a lui sconosciuti, rendeva conto di cosa aveva fatto la sera prima e doveva anche sopportare le pacche di Mulciber e il braccio attorno alle spalle di Avery, che parevano ben felici di essere al suo fianco e prendersi un po’ della sua luce.
Nott gli aveva appena stretto la mano con la punta delle dita, dicendogli a denti stretti: “A quanto pare ieri ho corso il rischio di venir affatturato… sei davvero così in gamba come dicono?”
Aveva un sopracciglio alzato e non nascondeva un’aria di sufficienza… quel bambino gracile e non purosangue non pareva convincerlo.
“Mio padre conosce il tuo” si intromise Mulciber con la solita impertinenza, anche se stavolta si sentiva un po’ di soggezione nella voce.
Nott spostò appena lo sguardo sul bambino.
“Tu… sei Mulciber, esatto?”
Il ragazzino annuì.
“Sì, tuo padre è venuto un paio di volte a casa nostra, mio padre lo conosce bene, hanno anche fatto dei… viaggi assieme” terminò, in un sussurro. “Anche con il tuo, Avery.”
Avery fece un gesto spavaldo con il capo, ricreando quella bolla di complicità dalla quale Severus sarebbe sempre rimasto escluso, anche con le capacità superiori che possedeva.

Capì che non sarebbe bastato essere più in gamba degli altri.
Doveva essere straordinario, per ricevere anche la totale stima di persone come Nott.
Malfoy alla fine si era dimostrato più aperto nei suoi confronti, nonostante l’aria altezzosa e i discorsi taglienti sulla purezza del sangue. Ma probabilmente, in qualità di Prefetto, gli faceva piacere supervisionare le matricole e capire fin da subito chi poteva dar lustro alla Casa, in qualunque modo.

“Ehi Nott!” chiamò qualcuno da in fondo la sala.
Il ragazzo lanciò un’ultima occhiata al terzetto del primo anno e si diresse a passi misurati verso l’amico che si sbracciava.
Malfoy, intanto, ora si trovava al centro di un gruppo più ampio, fieramente orgoglioso del distintivo che aveva sul petto. Molti ragazzi e ragazze gli si stavano avvicinando come api sul miele e gli facevano i complimenti: Severus ebbe la netta sensazione che in quelle lodi non ci fosse solo ammirazione disinteressata.
Si accucciò fingendo di allacciarsi una scarpa, in preda ai ricordi.

***


“Lily, vieni a casa di Betty?”
La voce di Petunia risuonò nel corridoio.
Severus aveva visto Betty una volta, una bambina dell’età di Petunia che abitava poco lontano ed era molto ricca. I suoi possedevano addirittura due macchine e se le erano fatte mandare dall’America. Petunia andava matta per gli inviti a casa della viziata Betty, adorava letteralmente entrare in casa sua e poi raccontare con abbondanza di particolari quanto fosse bella la sua camera, quanto dritte e perfette le aiuole del giardino, quanto lustro e grande il frigorifero in cucina, quanto impeccabili le tende alle finestre, quanto all’ultimo grido gli elettrodomestici che pareva avesse in ogni stanza.
Era un piacere per lei sciorinare tutti quei lussi e le volte che c’era anche Severus -al parco o a casa Evans- il piacere diventava gioia sfrenata.

“Il papà di Betty ha comprato un televisore nuovissimo, molto costoso…” cominciava, con il suo tono più petulante e viscido.
“Voi ce l’avete il televisore a Spinner’s End?” domandava poi, perfida.
Severus si irrigidiva, le avrebbe volentieri risposto che certa spazzatura babbana in casa sua non ce l’avrebbe voluta (ovviamente non c’entrava nulla il fatto che i Piton non si sarebbero mai potuti permettere un televisore), ma si tratteneva, per Lily. La quale non si faceva affascinare dalla ricchezza di Betty e, anche se lungi dall’arrabbiarsi con la sorella verso cui dimostrava sempre un inspiegabile affetto, dopo aver tentato invano una conciliazione decideva di appartarsi con Severus, il bambino dai vestiti dimessi, comprendendo che la cosa migliore era separare quei due che proprio non ne volevano sapere di andare d’accordo.

Petunia si bloccò sulla porta della stanza di Lily, alla vista di Piton. Con gli occhi squadrò, insolente, ogni particolare del suo abbigliamento modesto, soffermandosi poi con una smorfia sui capelli unti che incorniciavano un volto che trasudava insofferenza.
La ragazzina, a sua volta, non si curò di non apparire seccata e anche un po’ disgustata.
“No, Tunia, io e Severus… stavamo andando al parco. Salutami tanto Betty, dille che verrò volentieri un altro giorno” rispondeva intanto Lily, la voce argentina.
A lei davvero non dispiaceva non andare da Betty, davvero preferiva Severus.
“Già, capisco. Avrete da fare qualche... stramberia, voi due!” rispose gelida Petunia, girando sui tacchi col naso all’aria dopo un’ultima occhiata di fuoco al bambino pallido e magro.

Severus si accorgeva di dare un dolore a Lily, separandola dalla sorella, ma fare amicizia con quell’antipatica di una babbana che non perdeva occasione per punzecchiarlo e denigrarlo… no, assolutamente no. Era chiedergli troppo.
Già una volta, per colpa sua, Lily si era arrabbiata con lui. Ma mica l’aveva fatto apposta a far cadere un ramo addosso a Petunia! Se ne fosse stato consapevole le avrebbe fatto cadere in testa l’intero albero...
Poi, con il passare del tempo, Lily grazie al cielo aveva sempre fatto in modo di non farli incontrare e lui aveva potuto averla tutta per sé; e lei, immune alla sua evidente povertà, era sempre stata pronta a offrirgli un sorriso o una parola gentile, contenta sul serio di passare del tempo con lui.
Lily era così, non giudicava le persone per il loro aspetto o la loro ricchezza; incredibilmente generosa, illuminava ciò che la circondava di grazia e non chiedeva mai niente in cambio.

***


“Qualche settimana fa mio zio Archie è entrato in possesso di un antico castello, appartenuto al nostro famoso antenato medievale, il mago-alchimista McEntire” stava dicendo Nott, posato elegantemente contro il bordo di un tavolo e circondato da un gruppo di adoranti ragazze.
“Sapete bene che i suoi esperimenti sono tuttora ritenuti fondamentali nello sviluppo di alcuni tra gli incantesimi più potenti che esistano. Dobbiamo a lui la maledizione Cruciatus…” diceva con malcelato orgoglio e alcuni ragazzi si unirono al gruppo “…pare l’abbia sviluppata contro quella feccia babbana che voleva metterlo al rogo…”
Un ghigno sul volto e risatine di approvazione intorno.
“Mio zio mi ha mostrato alcuni degli oggetti maledetti da McEntire in persona, i più geniali e potenti che abbia mai visto e durante le vacanze di Natale tornerò certamente a studiarli…”

Adesso che la curiosità verso Severus stava scemando, la Casa Serpeverde si dedicava alle abituali conversazioni, anche se qualche occhiata di sottecchi continuava a essere rivolta al piccolo Piton.
Nott, con poche parole, era riuscito a catalizzare l’ammirazione dei compagni, moltissimi dei quali parevano completamente ammaliati dalla notizia, i ragazzi attirati più dalla magia oscura che si sapeva fosse intrisa in ogni mattone del maniero, le ragazze per la possibilità di essere invitate in un palazzo tanto famoso e antico.
“Sarebbe bellissimo farci una festa a Capodanno…” sospirò chioccia una ragazza sui sedici anni, sbattendo le ciglia.

Nel frattempo Mulciber si era accomodato in poltrona, con un’espressione strana sul volto.
“Che c’è?” gli chiese Avery.
“MMM...” mugugnò l’altro. “Non ho nessuna voglia di fare lezione e imparare cose noiose. Hai sentito? Sarebbe molto più interessante andare al castello dello zio di Nott con tutti quegli oggetti là…”
“Eh già. E poi metterli in mano a qualche sporco babbano!” ridacchiò Avery.

Severus si riscosse. Voleva uscire.

“Beh, allora… io vado.”
“Eh?”
“In Sala Grande.”
“Di già?” Mulciber si incassò ancora di più nella poltrona.
“Dai, non fare il cocco dei professori, andando su per primo. Scommetto che ancora non c’è nessuno!” incalzò Avery.
Ma qualcosa nel viso di Severus non lo fece continuare. Non era arrabbiato, ma Avery capì che voleva essere lasciato in pace.
Se fosse stato un legilimante abbastanza abile, forse avrebbe potuto vedere il movimento di una morbida chioma rossa danzare nelle profondità scure degli occhi di Severus. O forse no, Severus avrebbe fatto di tutto per impedirglielo.

In silenzio, Severus si defilò, attraversando la stanza fino alla grande porta in fondo.
Avery e Mulciber erano tornati alle loro inutili chiacchiere, altri piccoli del primo anno cercavano di aggregarsi ai gruppetti che gravitavano attorno ad alcuni degli studenti grandi; ormai quasi tutta la Casa Serpeverde era in piedi a discutere animatamente di cose terribilmente importanti come lo era l’inutile e costoso televisore di Betty per Petunia.

Severus, ancora frastornato da quei momenti di ribalta, si sentì felice di estraniarsi e varcò la porta col cuore che gli batteva forte al pensiero degli occhi verdi di Lily.

Edited by Camelia. - 25/7/2013, 12:16
 
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Sibilla Piton
view post Posted on 13/8/2011, 18:22




Belloooooooo!!MACCHECAVOLO SONO L'UNICA A LEGGERE LE FF DI CAMELIA??????!!?? DATEVI DA FARE!!!!!*ultima sentenza strillata con i suoi acuti spaccavetri*
 
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Camelia.
view post Posted on 13/8/2011, 18:39




Troppo gentile :) :)

<me felice :wii: >
 
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Camelia.
view post Posted on 17/8/2011, 00:08




Eccomi ad aggiornare con un capitolo più introspettivo. Buona lettura! :)


Capitolo 8:


Non appena la porta della sala comune si richiuse alle sue spalle, Severus venne inghiottito dal buio e dal silenzio.
Per l’ennesima volta dal suo risveglio, echi lontani di risate e brividi di paura riemersero prepotentemente dalle visioni notturne. Severus si portò una mano alla fronte scuotendo il capo, sforzandosi di far sparire dalle sue orecchie il suono di uno schianto e il rimbombo di passi di corsa nell’acqua. Strinse forte gli occhi, rivedendo l’immagine di una cornice dorata e scosse la testa con più forza, affondando entrambe le mani nei capelli.
Per un attimo si sentì preda della stessa spossatezza fisica che aveva provato appena sveglio.

Si calmò e respirò a fondo, riaprendo piano gli occhi. Dopo la diffusa luce verdina che avvolgeva tutta la sala comune, gli ci volle qualche secondo per abituarsi all’oscurità del corridoio, dominato invece da un’opaca gamma di sfumature nere, grigie e marrone. In realtà non era affatto buio; ora che i suoi occhi si stavano abituando, si accorse che le torce alle pareti fornivano luce a sufficienza per rischiare il cammino.
L’umidità penetrò ancora una volta le sue narici e di nuovo, come la sera prima, le fosche stradine di Spinner’s End parvero per un attimo sostituire i muri di pietra che lo circondavano.
Fissò intensamente la fiamma di una torcia e la desolazione del quartiere babbano dominato da una fumosa ciminiera si bruciò in quel bagliore acceso.
Piegò il collo all’indietro, tirando un respiro lento e profondo. Chissà se Lily si era già svegliata.

Cercando di ripercorrere a ritroso il cammino che la sera prima aveva percorso seguendo Malfoy, Severus prese a camminare, pensieroso. I sotterranei di Hogwarts erano vasti, tutti svolte e gradini, ma, rinfrancato dalla parole che il Prefetto aveva detto (“Non è complicato raggiungere la sala comune”), il bambino non si sentì sperduto.

***



La prima volta che era scappato di casa era davvero molto piccolo.
Da circa un anno sapeva di essere un mago, figlio di una strega. Gli capitava di fare cose strane, senza volerlo; Eileen gli aveva raccontato che ai maghi minorenni non era concesso, ma dato che lui ancora non andava ad Hogwarts e non era in grado di controllarsi, il Ministero non avrebbe preso provvedimenti.

Sempre più spesso però, il bambino tentava di compiere magie in maniera consapevole, di nascosto. Aveva anche trovato i libri di scuola di Eileen e cercava di capirci qualcosa studiandosi le illustrazioni, nello spazio relativamente privato della propria camera.
Tuttavia quella mattina, Severus, obbedendo a un desiderio più grande della paura di venir scoperto, stava cercando di avvicinare a sé, senza toccarla, la zuccheriera che si trovava in mezzo alla tavola; nessuno lo guardava, sua madre stava pulendo il pentolino dove aveva scaldato il latte e gli dava le spalle, Tobias era curvo sulla sua tazza di caffè scadente, torvo e astioso. Severus aveva allungato la mano, come se riducendo la distanza tra sé e la zuccheriera, potesse essere più semplice fare la magia; controllava che suo padre non vedesse cosa stava facendo e cercava di concentrarsi.

“Vieni da me… vieni da me” scandivano le sue labbra senza emettere suoni; le piccole dita magre si tendevano immobili nell’aria, nascoste da un cestino malandato con poche fette di pane secco all’interno.
A Eileen scivolò il pentolino mentre lo asciugava e anche se fu lesta a prenderlo al volo e a non farlo cadere, il rumore che fece contro il bordo del lavello fu sufficiente a scatenare suo marito.
Era chiaro fin dal suo risveglio… Tobias non aspettava che un pretesto per scattare.

L’uomo prese a inveire contro la sbadataggine della moglie e Severus sobbalzò, sulla sedia troppo alta per lui; fu allora che la zuccheriera cadde dal tavolo.
Il bambino rimase impietrito a fissarla, con la mano ancora tesa.
Per un momento nessuno fiatò. Tobias fissò i cocci e poi Severus, che lo guardava con gli occhi spalancati dal terrore.
“L’hai fatto apposta, vero?” urlò l’uomo.
Eileen trattenne rumorosamente il respiro.
Severus provò a dire “No”, ma nessun suono uscì dalla sua bocca. Scuoteva vigorosamente il capo e istintivamente guardò la madre; con quell’occhiata Eileen capì che non si era trattato di un semplice incidente e, se possibile, si spaventò ancora di più.

“Piccolo maldestro!” iniziò Tobias “Inutile…” e fece per agguantarlo oltre il tavolo.
Ma Severus fu più veloce e scivolò sotto il tavolo, graffiandosi le cosce sulla paglia rovinata della sedia.
“VIENI SUBITO QUI!!” urlò Tobias, accucciandosi per prenderlo e mentre Eileen si slanciava sul marito tentando di afferrargli il braccio, il bambino riuscì a sgattaiolare via, in corridoio, sentendo alle sue spalle il rumore di una sedia rovesciata e quello di un inequivocabile tonfo.
Si voltò a guardare: Tobias aveva inciampato sulla sedia di Severus ed era caduto.

“In questa casa tutto cade a pezzi! Non c’è nulla di sano!” urlava l’uomo, fuori di sé.
“No, no! Lascialo stare, ti prego!” Eileen aveva aiutato il marito a rialzarsi e adesso cercava di trattenerlo “Ti prego, è solo un bambino, non l’ha fatto apposta! Adesso… adesso sistemo tutto e…”
“LASCIAMI, maledetta puttana!”
Severus vide sua madre frapporsi con tutto il corpo tra il marito e la porta.
“ Tobias, ti prego!”
Ma l’uomo era più alto, più massiccio e più forte della donna, nonché più arrabbiato. Eppure Eileen lottava con tutta se stessa e, inspiegabilmente, resisteva.
“No, ti prego! NO!” gridava.
E Severus odiò suo padre, lo odiò come mai gli era capitato prima.
Uno strattone, un grido e Eileen finì per terra.

Severus non ricordò neppure di averlo fatto; tornò in sé solo quando si ritrovò in un vicolo maleodorante, le case appiccicate le une alle altre nell’aria stagnante.
Era uscito di casa ed era corso via, senza sapere dove. Non avrebbe neppure saputo dire per quanto aveva corso, quando si fermò ansante, smarrito, le tempie che pulsavano, circondato da case così simili alla sua eppure diverse. Dov’era? Il cuore gli sprofondò nel vuoto.
Si scostò i capelli dal viso, cercando di calmarsi.

Non era mai uscito da solo di casa. Girò su stesso, cercando di capire da quale di quelle strette vie era venuto, mentre strani fumi si sollevavano da terra e rivoli scuri si riversavano nel tombino lì accanto. Alzò il capo e vide una vecchia raggrinzita fissarlo da dietro un vetro sporco; la donna spalancò la bocca in un’orribile risata senza denti e Severus cominciò a correre di nuovo, respirando forte e inalando i miasmi di quei vicoli stretti e tutti uguali.
Le donne e gli uomini che incrociava non abbassavano neppure lo sguardo su di lui, o lo guardavano come fosse un mattone tra i mattoni. Il bambino aveva voglia di piangere, ma temeva quelle persone che camminavano grigie nel grigio.
Si strusciò sugli occhi la manica troppo lunga del golfino un tempo appartenuto a Eileen e cercò di calmarsi.
Sentì odore di naftalina misto a quello di casa sua, sulla lana consumata.

Allora ricordò come era finito lì, si ricordò della zuccheriera e di come aveva desiderato attirarla a sé, si ricordò delle urla di suo padre e di essere scappato. Aveva aperto la porta ed era saltato giù dai pochi gradini della soglia e aveva iniziato a correre, senza sapere cosa faceva.
Di nuovo si guardò attorno, smarrito e con il cuore che ora batteva forte non per la corsa appena fatta, ma per lo spavento di essersi perso.

Poi, nella confusione dei suoi pensieri, si ricordò di essere un mago, anche se ancora inesperto.

Allora tutto prese una dimensione diversa… l’intrico di Spinner’s End, i suoi brutti abitanti, le assi marcite degli scuri a una finestra, la mela caduta chissà quando e a chissà chi e ora preda di un nugolo di insetti, la bocca sdentata della vecchia, la sporcizia, i camini che sbuffavano fumo nero… se stesso.
Il cuore gli martellava in petto, ma seppe che doveva tornare a casa: e se era arrivato fin lì, voleva dire che c’era anche una strada per tornare indietro.

Vagò per ore, o mezz’ore, o forse solo minuti…
Il tempo si dilatava e al contempo restava fermo in quel quartiere, dato che era impossibile distinguere la parabola del sole. Si strinse di più nel golfino e ne rivoltò una manica quattro volte, mentre osservava bene i pochi particolari che potevano distinguere un vicolo da un altro, una fila di case da un’altra. Per un po’ peregrinò a caso, incrociando sguardi foschi e sentendosi più piccolo di quel che era in mezzo a quelle case sconosciute, ma capì di aver scelto il modo giusto di agire quando, dopo un po’ di vagare, riconobbe una strada che aveva già percorso e la evitò.

“…erus!…” si udì in lontananza.
Con il cuore in gola prese a correre nella direzione della voce, passando tra le gambe delle persone che ora più numerose affollavano i vicoli. Intravvide la ciminiera, lontana più o meno quanto appariva lontana da casa sua, non poteva essere lontano!
“Severus…!” la voce di Eileen ora era più vicina.
Alla svolta successiva, la vide.

Non aveva mai guardato sua madre da lontano: era magrissima nel nero del vestito che le arrivava fin quasi a terra e indossava ancora il grembiule. Camminava spedita e al tempo stesso scomposta, a zig-zag, come se non sapesse bene che direzione prendere per ritrovare il figlio. I capelli sciolti le ricadevano scuri sulle spalle, poche forcine allentate a fissarli qua e là, scoprendo un volto pallidissimo.
Severus si stupì di quella visione, ma il sollievo di rivederla cancellò subito ogni altra sensazione.
Non la chiamò, ma corse verso di lei. Eileen si voltò quando sentì qualcuno correre e come vide Severus si portò una mano al petto e l’altra alla fronte.

Severus si fermò di fronte a lei, guardandola da sotto in su, incapace sia di dirle qualcosa che di scusarsi. Eileen allungò un braccio e una piccola mano ossuta si fece prendere dalla sua gemella più grande.
Si diressero verso casa, in silenzio.
Ogni tanto Severus sollevava la testa per decifrare l’espressione della madre, che camminava in fretta e costringeva il figlio a fare dei passetti di corsa ogni tanto per tenersi al passo. Rientrarono in casa.
“Mamma…” cominciò Severus, ma si voltò di scatto cercando qualcosa con gli occhi.
“Dov’è lu…”
“È al lavoro” rispose asciutta sua madre, chiudendo la porta.

Lo guardò, con gli occhi scuri pieni di… angoscia? Beh, in effetti lui era scappato via, Eileen doveva essersi spaventata tanto quanto lui quando aveva capito di essersi perso.
Severus si accorse che la parte sinistra del volto di sua madre non era poi così pallida. E sembrava anche un po’ gonfia.
Lì, nel piccolo corridoio d’ingresso, Eileen si accucciò davanti al suo bambino, per guardarlo negli occhi.

“Severus… tu…” cercò le parole giuste.
“Tu devi stare attento. Ti ho detto che finché non vai a Hogwarts può essere che la magia ti venga fuori senza che te ne accorga…”
“Mi dispiace!” la interruppe precipitosamente Severus. “Mi dispiace, io volevo prendere la zuccheriera e invece è andata dall’altra parte quando lui si è…”.
“Sì, non l’hai fatto apposta, lo so.”
Eileen sospirò, chiudendo un attimo le palpebre.

“Ma non devi arrabbiarti con tuo padre”, continuò, più lentamente.
Ora il suo sguardo si era fatto più intenso.
Severus, a sentir nominare Tobias, sentì l’odio bruciargli dentro e si morse un labbro. Sua madre capì, perché gli afferrò le spalle tra le mani, spaventata.
Non devi m-a-i arrabbiarti con lui” scandì.
“Hai capito? Mi hai capito, Severus?” disse con più forza, stringendo di più le dita sulle sue spalle.
Il bambino era confuso, fissava incredulo gli occhi scuri e spalancati della madre. Sentì la stretta sulle sue spalle aumentare ancora.
“Sì…” mormorò infine, abbassando il capo.

“Severus!” lei gli sollevò piano il mento.
“Severus, piuttosto vai da un’altra parte, vai…” -un’ombra di spavento nei suoi occhi- “… no, non uscire. Non conosci ancora bene queste strade. Non ti allontanare da casa.”
“Vado in camera mia?” domandò Severus, conciliante.
“S-sì... Sì, vai in camera tua” rispose Eileen, stanca.

Severus guardò sua madre negli occhi, con uno sguardo che non aveva nulla di infantile nel suo volto di bambino, e si diresse alla scala per andare in camera sua.
Arrivato in cima, gli venne in mente una cosa.
“E la zuccheriera?” domandò voltandosi, con una punta di desiderio.
“L’ho buttata” rispose sua madre a bassa voce ma con un inequivocabile tono definitivo.
Già, Tobias avrebbe dato in escandescenze trovando la zuccheriera intatta, al suo ritorno. E Severus comprese che Eileen non avrebbe più usato la magia, neppure davanti a lui.

***



Chissà perché gli tornavano in mente certe cose, pensò Piton con fastidio, cercando di ritrovare la via per raggiungere la Sala d’Ingresso.
Il suo vagare nei sotterranei di Hogwarts non era neanche paragonabile a quella volta che si era perso a Spinner’s End, da piccolo. Certo, in seguito, aveva evitato di ripetere l’esperienza e si era sempre rifugiato in camera, anche se alle volte era stato raggiunto da Tobias e si era trovato in trappola. Questo prima che suo padre imparasse a lasciarlo in pace, ovviamente.
Ma fino a quel giorno benedetto, passato qualche anno da quella prima volta, si era trovato costretto a fuggire fuori ed era stato allora che il quartiere aveva cominciato a non avere più segreti per lui. In poco tempo aveva imparato a scovare le differenze in ciò che prima gli pareva tutto uguale e a muoversi con sicurezza tra vicoli e stradine. Sua madre non ne aveva più parlato, né era più venuta a cercarlo, sapeva che non ce n’era bisogno.
“Non conosci ancora bene queste strade”, gli aveva detto, e allora lui aveva imparato a conoscerle.

Se era riuscito a muoversi nell’intricata maglia di Spinner’s End, con Hogwarts sarebbe stato più facile. Tutto sembrava più facile lì, era anche riuscito a compiere una magia perfetta la sera prima!
Volontariamente e con la bacchetta.

Si compiacque del ricordo e improvvisamente capì.

Si immobilizzò sotto la placida luce di una torcia, folgorato dalla consapevolezza e comprese cosa era successo quella lontana mattina di tanti anni prima, finalmente capì perché Eileen si era buttata tra lui e Tobias, capì cosa davvero voleva dirgli sua madre con le parole “Non devi m-a-i arrabbiarti con lui”.
La sedia…
Tobias non aveva inciampato su una sedia, ma la sedia su cui aveva inciampato si era spostata apposta per farlo cadere... Severus l’aveva fatta spostare mentre fuggiva in corridoio, senza saperlo, senza volerlo. Anzi no, l’aveva voluto, in qualche profondo recesso di sé: aveva desiderato salvarsi, frapporre un ostacolo tra sé e la rabbia paterna e la magia che non era in grado di gestire aveva provveduto.
Forse Tobias non aveva capito, ma Eileen sì.

Non si era buttata contro il marito per difendere Severus, non solo… No, l’aveva fatto anche per dare al figlio il tempo di allontanarsi e calmarsi; per impedire non al marito di picchiare il bambino, ma a Severus di lasciar uscire da sé altra magia; l’aveva fatto per proteggerlo da se stesso e da qualcosa che poteva sfuggirgli di mano e che non era capace di controllare.
Ora Severus capiva.

La rivelazione gli provocò qualche secondo di smarrimento; il respiro gli si era fatto lentissimo, quasi assente.
Cos'altro non aveva capito di sua madre?
Il viso triste e rassegnato di lei galleggiò per un attimo davanti ai suoi occhi.

Riprese a camminare, inquieto. Anche Eileen aveva percorso quei corridoi, chissà perché non le aveva mai chiesto qual era la strada giusta da percorrere… per sette anni era stata lì, doveva ricordarsela di sicuro.
Per la seconda volta Severus finì in un corridoio cieco, con una pesante porta di ferro in fondo, e allora si fermò a riflettere. Doveva essere semplice, gli studenti mica potevano stare a vagare ore tra cunicoli e discese per entrare e uscire dalla sala comune…

Ritornando sui suoi passi, alzò per caso lo sguardo su una torcia e per un istante gli parve di veder guizzare un bagliore verde tra il fuoco. La torcia era troppo alta per lui, ma alla base del supporto su cui ardeva la fiamma, in un riflesso della luce, vide qualcosa in rilievo. Era un piccolissimo serpente sbalzato nella stessa posa dello stemma della Casa. Bisognava proprio guardare bene, era grande appena pochi centimetri e da sotto poteva essere confuso con un’irregolarità del ferro del supporto.
Severus tornò nel corridoio con la pesante porta chiusa e vi osservò le torce: nessun serpente. E nessun bagliore verde.
Con una strana idea in testa tornò a guardare la torcia con il serpentello, notando che anche quelle che la seguivano, lungo quel corridoio, erano così e inoltre, a fissarle un po’, un rapidissimo guizzo verde appariva in ciascuna. Continuò a seguire le torce segnate con il marchio e, alla fine di un’ultima, ampia scalinata aprì la porta che dava sulla Sala d’Ingresso.
Evviva! Non era affatto difficile il percorso e, fino a che non lo avesse imparato, avrebbe avuto la guida dei rilievi sulle torce a guidarlo, se si fosse perso.
Severus non lo sapeva, ma a Hogwarts, chi aveva bisogno di aiuto, lo trovava sempre.

Si guardò intorno, ammirando la Sala un po’ meglio rispetto alla sera prima: non l’aveva osservata bene, preso tra l’eccitazione di aver messo piede nel castello, il batticuore per l’imminente Smistamento e i commenti che si scambiava con Lily, semplicemente estasiata. La Professoressa McGranitt, che li aspettava al centro, rigida in un bel completo nero con cappello a punta, aveva poi parlato loro, prima di condurli in Sala Grande.

“Grifondoro!” La voce stridula del Cappello Parlante risuonò nella memoria di Severus.

Con il dispiacere sul viso, Piton si sentì piccolissimo in quel vasto ambiente vuoto. In quel momento non c’era nessuno, anche se Severus sentiva dei rumori provenire da chissà dove. Studenti e professori a breve avrebbero riempito quello spazio e, con il naso per aria a rimirare la grande balconata che si affacciava sull’ingresso, il piccolo Serpeverde si avvicinò alle porte della Sala Grande.

Erano aperte e un lieve brusio proveniva dall’interno.
Severus si affacciò, cercando lungo il tavolo di Grifondoro che però era deserto, a parte un paio studenti chiaramente grandi e un fantasma con una gorgiera.
Mentre altri studenti entravano e si accomodavano ai propri tavoli (un piatto, un bicchiere, delle posate e una quantità tra cibo e caraffe di succo di zucca apparivano davanti a loro all’istante), Severus vide che al tavolo dei professori stavano già facendo colazione il Preside Silente, la professoressa McGranitt, un insegnante piccolissimo che a malapena raggiungeva il bordo del tavolo con il collo e un altro professore dall’aria semplicemente decrepita.
Una ragazza sui quindici anni, con lo stemma di Corvonero sulla divisa, accennò un sorriso entrando nella sala e vedendo il piccolo del primo anno indeciso sulla porta.
Severus si tirò subito indietro, un po’ indispettito dal fatto di aver fatto la figura del fifone… Avrebbe aspettato Lily nella Sala d’Ingresso.

Ora gli studenti cominciavano a essere più numerosi, alcuni arrivavano scendendo la grande scalinata (Corvonero e Grifondoro, notò Severus), altri (Tassorosso) da una porta poco distante da quella da cui spuntavano fuori i Serpeverde.
Passando accanto a Severus, i suoi compagni di Casa gli lanciavano occhiate e così, per non sentirsi in imbarazzo, lui prese a guardare delle armature che decoravano una parete, fingendosi molto interessato. Con la coda dell’occhio vide Malfoy e Narcissa attraversare l’ingresso con aria regale, ragazzi entrare a far colazione parlando e gesticolando, e una ragazza con occhiali a fanale e l’aria completamente stordita riuscire a prendere in pieno lo stipite della porta della Sala Grande.
“Sibilla, sempre la solita” ridacchiarono alcune ragazze.
“Mi chiedo come ha fatto a prendere quattro G.U.F.O. l’anno scorso…”
La ragazza tuttavia non parve accorgersi dell’ilarità che aveva suscitato e toccatasi appena la fronte con la mano in un gran tintinnare di braccialetti, proseguì come se non fosse successo nulla, con un’espressione concentrata su tutto tranne che su quanto le accadeva intorno.

“Ciao Severus!!” risuonò all'improvviso alle sue spalle.

Edited by Camelia. - 25/7/2013, 20:32
 
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Camelia.
view post Posted on 17/8/2011, 18:26




Capitolo 9:


Per Salazar… eccola. La sua voce, sembravano anni che non la sentiva!
Severus si voltò, pregustando la visione di una massa di splendidi capelli rossi e… vide Lily assieme a un’altra bambina. Il sorriso gli morì sulle labbra. Perché non era da sola? Lanciò uno sguardo non proprio benevolo alla sua compagna.
“Lei è Mary!” cominciò Lily allegramente, gli occhi che brillavano.
“Siamo nello stesso dormitorio, e lui…” sorridendo fece un gesto nella sua direzione “è Severus, te ne ho parlato ieri sera!” disse tornando a guardare la compagna.
La bambina dai ricci capelli scuri tese la mano, un po’ incerta, intimorita dalla freddezza e dall’aria ostile di quel bambino pallido, con un naso decisamente troppo grande per la magrezza del suo viso.
“Mary… Mary McDonald” bofonchiò.
Severus guardò Lily, radiosa nella divisa che, pensò lui con immenso dispiacere, portava lo stemma sbagliato, e si sciolse un pochino di fronte a quegli occhi che sprizzavano felicità. Strinse appena la mano di Mary, “Severus Piton”, e subito la lasciò.
“Beh, io vado dentro allora…” disse a disagio la bambina. Era chiaro che Severus voleva rimanere da solo con Lily.
“Tienimi un posto vicino a te!” fece gaia Lily e Piton non poté che indispettirsi un po’.

Invidiava quella Mary, ecco. Si era presa dei momenti irripetibili e preziosissimi con Lily che dovevano essere suoi: il dopocena, la sala comune e quegli occhi verdi che si sgranavano di fronte a tutte le novità della prima sera... E che bisogno c’era di fare colazione? Lui non sentiva affatto la fame, non ora che Lily era finalmente arrivata.

Stava per dire qualcosa, quando lei lo investì, afferrandogli le mani, raggiante, come quando al parco gli voleva rivelare qualcosa di bello:
“Severus, qui è magnifico! Ed è tutto strano! Lo sai che per entrare nel nostro dormitorio dobbiamo dire una parola d’ordine a un quadro? C’è una signora grassa vestita di rosa e… si muove! Tutti i quadri si muovono qui! Li hai visti? E parlano!”
Severus considerò i quadri foschi appesi nella sala comune di Serpeverde, nonché i ritratti dei passati Prefetti nel corridoio della sua camera, e veloci immagini frammentarie di cornici, bacchette e occhi rossi gli nascosero per un attimo il volto eccitato di Lily. Che continuava, in preda a un’euforia che le faceva accavallare le parole:
“…ma prima siamo rimasti bloccati su una scala per almeno dieci minuti, non si voleva spostare, sai? Ma c’erano così tante cose da guardare e le persone nei quadri hanno cominciato a chiacchierare con noi e Nick-Quasi-Senza-Testa è venuto a tenerci compagnia, ci ha raccontato un sacco di cose… Ah! Nick-Quasi-Senza-Testa è il fantasma di Grifondoro, se dopo lo vedo te lo faccio conoscere, è molto simpatico!”
Severus ripensò allo spettro che aveva visto attraversare la sua sala comune, la sera prima. Forse era meglio non presentarlo a Lily, non dava l’impressione di essere “simpatico”. Anzi, dava proprio l’idea di voler essere lasciato in pace, il Barone Sanguinario.
“…e poi finalmente le scale si sono spostate e siamo potuti entrare nella sala comune” proseguiva Lily, felice.

Severus non la interrompeva, era troppo contento di rivederla, di vederla così allegra, di poterla guardare di nuovo e... di sentire le proprie mani nel tepore delle sue.

Studenti grandi e piccoli sciamavano a gruppi o a coppie nella Sala Grande, le loro chiacchiere scivolavano attorno ai due bambini, troppo presi l’uno dall’altra per accorgersi del movimento che ora animava la Sala d’Ingresso.
“Il nostro dormitorio è in una torre e dalla mia finestra si vede un panorama splendido…”
Lily si bloccò, colpita da un improvviso pensiero.
“Oh… come vorrei che papà e mamma potessero venire qui qualche volta!” disse con un velo di malinconia.
“Penso che piacerebbe anche a Petunia” rifletté.

Eh no, Petunia no! Ancora? Possibile che Lily riuscisse a pensare a lei anche ad Hogwarts?
Lily lo guardò e Severus si diede un contegno.
Si schiarì la voce.
“Credo… credo che i tuoi genitori…” (evitò di nominare Petunia) “…non potrebbero neppure vedere Hogwarts…” azzardò, cercando di non ferirla.
“Sì, lo so” fece Lily, improvvisamente triste. “Me l’hai detto una volta che i babbani non possono vedere il castello…”

Severus era ben felice di questa particolarità del castello, tuttavia cercò qualcosa da dire per consolarla, ma proprio in quel momento fu placcato da qualcuno al grido di “Ehi secchione!” e perse il contatto con le mani di Lily.
Mulciber si staccò da lui, che non era caduto a terra solo perché Avery gli aveva dato una spinta dal lato opposto dicendo con una gran risata:
“Eh già, meno male che i babbani non ci vedono!”
Evidentemente aveva colto le ultime parole di Lily.

I quattro rimasero qualche secondo a guardarsi, Lily sorpresa, Avery e Mulciber curiosi di capire chi fosse quella… Grifondoro!, che avevano visto tenere le mani del loro compagno e Severus decisamente imbarazzato.
“Chi sei?” fece brusco Mulciber che, tanto per cambiare, aveva posato il gomito su una spalla di Piton e gli stava addosso con tutto il suo peso. Severus cercò di rimanere dritto.
“Mi chiamo Lily Evans” rispose lei, vagamente indispettita per il tono poco gentile della domanda e chiedendosi cosa mai aveva voluto dire Avery, che ora la squadrava con uno sguardo che a Severus non piacque per niente.
Era sicuro che avesse capito che era babbana.
Gli parve di cogliere della tensione nell’aria e sperò con tutto se stesso che Lily non se ne accorgesse. La spiò, ansioso, ma sul suo volto vide solo stupore, perplessità e una lieve riprovazione per l’invadenza dei suoi due compagni.
Per un terribile momento temette che Avery l’avrebbe chiamata “sporca babbana” e si sentì sprofondare.

Ma Avery, staccando finalmente gli occhi da Lily e facendo un sorrisetto a Piton, disse a Mulciber:
“Dai, andiamo a fare colazione…”
“Sì, ho una fame!” rispose l’altro, con entusiasmo, fregandosi le mani.
“Ti teniamo un posto…” disse Avery e, dando le spalle a Lily, articolò un silenzioso ma inequivocabile “...Mezzo Prince”, con un ghigno sulle labbra.

I due si allontanarono prima che Severus potesse presentarli.
Lily guardò Severus interrogativa e, lanciando loro un’occhiata, vide i due Serpeverde entrare in Sala Grande parlottando fitto e voltandosi un paio di volte verso di loro, ridacchiando.
“So-sono i miei compagni di stanza…” cominciò Severus, mentre l’algido Nott e alcune ragazze, tra cui la Carrow, passarono loro vicino con sguardi indagatori.
“Ah.”
“Avery e Mulciber.”
“A-ah...” Lily era perplessa.
Guardò verso la Sala Grande e poi posò di nuovo gli occhi su Severus, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. “Sono… Cosa voleva dire quello magro con Meno male che i babba…
Ma Severus fu più rapido e disse contemporaneamente, ansioso di cambiare discorso:
“Non ti ho detto che il nostro dormitorio è tutto invaso da riflessi verdi, per via dell’acqu…”
Lily spalancò gli occhi.
“Ah sì! Me lo dicevi che si trova sotto il Lago Nero, giusto?”
Rise.
“Mi sa che questo castello è così grande che non riusciremo mai a conoscerlo tutto! Alice ci ha detto che dobbiamo metterci a esplorarlo solo dopo aver imparato le vie più brevi per arrivare alle aule. Alice è la nostra Prefetto: è stata molto carina ieri sera in sala comune. Ci ha spiegato un po’ di cose e poi ci ha accompagnate tutte nei dormitori, noi del primo anno.”
Lily sorrise.
“Sai, Severus, stamattina volevo scrivere a casa e raccontare tutte le cose meravigliose che ci sono capitate ieri, ma ho fatto un pasticcio con la piuma. Guarda!”
E mostrò a Severus un paio di dita tutte nere d’inchiostro.
“Non ti preoccupare” disse lui, sorridendole a sua volta.

***


Lily era rimasta molto sorpresa quando Severus le aveva detto che a Hogwarts si usavano piume e inchiostro.
Le aveva promesso di farle vedere come funzionavano e una volta tornato a casa si era precipitato a cercare tra le cose appartenute alla vita di studentessa di Eileen. Una piuma l’aveva trovata, anche se un po’ malridotta, e anche una boccettina d’inchiostro, che però si rivelò essere una massa scura secca e solidificata. L’aveva lasciata lì e aveva strappato un pezzo di pergamena pulita da quelli che sembravano vecchi appunti su come trasformare un cuscino in un gatto.

Quando aveva rivisto Lily, al parco qualche giorno dopo, l’aveva accolta sventolando piuma, pergamena e una ciotola. Aveva raccolto dei mirtilli mentre l’aspettava e si divertirono a schiacciarli per ricavarne un succo scuro, in cui Severus intinse la piuma prima di porgerla a Lily.
Lei, la bocca schiusa nella concentrazione, aveva provato a tracciare qualche parola sul pezzo di pergamena posato sul sedile di una panchina, ma all’inizio furono più le macchie che non le lettere.
“È difficile” aveva mormorato lei, la fronte corrugata.
Ma già dopo una ventina di minuti, anche se con le dita viola, aveva acquisito un po’ più di sicurezza.

Avevano poi passato il pomeriggio a cercare per terra penne di merlo o di tortora; non sarebbero state grandi abbastanza come quella di Eileen, ma potevano andare. Ci avevano messo un bel po’ a trovarne una e dovettero ringraziare l’assalto di un gatto a un merlo se alla fine Lily tornò a casa con la sua piuma. Severus le aveva spiegato come tagliare la punta e da allora Lily, ogni giorno, che fosse a casa o al parco, da sola o con lui, dedicava un po’ di tempo a fare pratica.
A Severus piaceva moltissimo osservare il suo viso attento e concentrato, mentre tracciava segni sulla carta. Sarebbe rimasto ore a guardarla.

***


“Mi ero svegliata presto per scrivere la lettera…” stava raccontando Lily “…solo che a un certo punto ho visto passare davanti alla finestra un uccello grandissimo, con le penne rosse e dorate, non ne avevo mai visto uno così! E allora sono andata alla finestra per vedere meglio, e non mi sono accorta che avevo la piuma ancora in mano, così mi sono sporcata le dita!” spiegò, strofinandosi una macchia scura sul pollice.
“Non sono riuscita a farla andare via, e sì che sono rimasta mezz’ora a strofinarmela col sapone!”

Severus la guardò con infinita dolcezza.
Senza una parola, le prese delicatamente la mano e si sfilò la bacchetta dalla veste. In fondo, la sera prima aveva spento delle fiamme, quanto poteva essere difficile un piccolo incantesimo domestico che aveva visto sua madre fare pochissime volte -millenni fa, ora che ci pensava- ma che comunque aveva letto su un libro, anche se di sfuggita?
Puntò la bacchetta sulle dita di Lily e disse: “GRATT…
“Santo cielo Evans!” risuonò una voce falsamente scandalizzata.
“Ti stai facendo incantare da un Serpeverde?”
Severus alzò lo sguardo e Lily si voltò.
A parlare era stato il ragazzo antipatico del treno, quello con gli occhiali. E accanto a lui rideva beffardo Black.
“Mi sta aiutando” li informò Lily, piccata.
Severus si irrigidì e guardò i due Grifondoro con odio. Eccoli lì, spavaldi e tronfi, a spalleggiarsi come due deficienti.
“Oh, Evans, per tutti i folletti…” fece Black, scuotendo vigorosamente il capo “…ma con tuuuuutti i maghi che ci sono qui, devi proprio farti aiutare da Mocciosus? Potrebbe incantarti il braccio e fartene nascere due… o magari tagliarti le dita… non vedi che quel naso gli ostruisce la visuale?”
Scoppiò a ridere e il ragazzo con gli occhiali rise fortissimo anche lui, al suo fianco, dandogli di gomito.
“Invece vedo benissimo che siete due idioti” replicò Severus, cercando di mantenere la voce calma mentre la rabbia gli ribolliva dentro.
“O-oh!!” lo derisero i due.
“Potter, Black…” Lily si era spazientita “perché non ci lasciate in pace? Andate a fare colazione, invece di darci fastidio!”
“Ai tuoi ordini, Evans!” e James scattò sull’attenti, provocando un altro irrefrenabile scoppio di risa in Sirius.
“A-andiamo sì” disse Black a fatica, tenendosi la pancia e avviandosi verso la Sala Grande.
“Non volevamo interrompere niente comunque” continuò maligno, con uno sguardo eloquente alla mano di Lily in quella di Severus.
Un lieve imbarazzo colse i due alla sprovvista mentre Potter sghignazzava più che mai.
Le mani di Lily e Severus si separarono e lui con uno scatto si voltò verso i due Grifondoro, stringendo forte la bacchetta.

“Ohhh, ma chi abbiamo qui?” li interruppe una voce gioviale e i quattro bambini videro ai piedi delle scale un professore grasso e con folti baffoni spioventi.
“Giovani virgulti!” proseguiva ilare l’uomo, avvicinandosi, e Severus riconobbe Lumacorno.
L’insegnante di Pozioni! Il Direttore della sua Casa!
“Oh oh oh, giovani virgulti e già ansiosi di fare magie, a quanto vedo!” proseguì gaiamente l’uomo adocchiando la bacchetta nella mano di Severus.
“Chi siete, miei cari?” domandò con le dita infilate nelle taschine di un impeccabile panciotto viola scuro e fissandoli con una curiosità quasi avida.
“Lily Evans, signore.”
Il professore la guardò e parve concentrarsi su qualcosa, ma si distrasse sentendo:
“Severus Piton, signore.”
Severus si accorse che il professore, perplesso, aveva comunque avuto uno sguardo di approvazione notando lo stemma di Serpeverde sulla sua divisa.
“James Potter, signore” rispose l’occhialuto e Lumacorno strinse appena gli occhi, benevolo. Aprì la bocca ma…
“Sirius Black” concluse il ragazzino dall’aria spavalda.
“Ohhhhhh!!” il grido del professore fu particolarmente acuto. “Un altro Black a Hogwarts!”
Un sorriso gli si allargò da un orecchio all’altro.
“Carissimo ragazzo!”
Severus provò un’invidia bruciante.
“Carissimo ragazzo, è davvero un piacere averti qu… oh, per la barba di Merlino! Ma sei un Grifondoro!” esclamò il professore, sinceramente stupito.
Un velo di delusione gli appannò gli occhi e Severus si ringalluzzì. Ma per poco, perché Lumacorno posò un braccio sulle spalle di un seccatissimo Black e lo spinse verso la Sala Grande. Potter li seguì, non dopo aver lanciato un ultimo sguardo sfacciato a Severus.
“Che peccato, caro ragazzo, che peccato… ho avuto parecchi membri della tua famiglia nella mia Casa…” la voce del professore svanì inghiottita dalle chiacchiere della Sala Grande.

Lily e Severus, rimasti soli, si guardarono.
“Chi è?” chiese lei.
“È il professor Lumacorno, insegna Pozioni.”
“La tua materia preferita!” esclamò Lily, sorridendo.
Tutte le volte che avevano parlato delle materie di studio a Hogwarts, si era accorta del particolare interesse dell’amico per Pozioni.
Severus sorrise di rimando, di nuovo rilassato.
Certo, ci era rimasto male dell’interesse di Lumacorno verso quell’odioso di Black, ma avrebbe dato modo al professore di accorgersi anche di lui, prima o poi.
“Che antipatici quei due” si sfogò Lily sbuffando e Severus provò una gioia sfrenata.
“Ieri sera in sala comune non hanno fatto altro che confusione!”
Alcuni ragazzi scesero le scale correndo. Si stava facendo tardi, la Sala Grande era quasi piena.
“Forse è meglio se entriamo” suggerì Lily. “Alice ci ha detto che i Direttori delle Case devono darci gli orari delle lezioni.”
“Sì” rispose Severus, ma appena Lily mosse un passo verso la Sala Grande:
“Aspetta!” disse, e le afferrò dolcemente la mano.
GRATTA E NETTA” formulò, scandendo piano le parole e concentrandosi, la bacchetta puntata sulle macchie d’inchiostro. Le macchie presero a restringersi, diventarono sempre più piccole fino a sparire e Lily, che aveva osservato attentamente l’operazione, alzò gli occhi su Severus, incantata.
“Grazie Severus!”
E lo strinse in un abbraccio spontaneo e bello. Severus sarebbe rimasto lì per sempre.

Edited by Camelia. - 26/7/2013, 00:26
 
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Camelia.
view post Posted on 6/10/2011, 17:57




Nelle ultime settimane ho un po' latitato sul forum, mi dispiace. La ricerca di un lavoro mi ha tolto parecchie voglie, tra cui quella di continuare questa storia, anche se il giovane Piton insisteva perché andassi avanti ;)

Ora ho ritrovato un po' di ispirazione, per cui ecco il nuovo capitolo, sperando che sia gradito. Ciao! :)
__________________________________


Capitolo 10:


“Dai entriamo!” disse Lily vivacemente, staccandosi troppo presto da lui e iniziando a trascinarlo verso la Sala Grande.
Severus la seguì, con una punta di dispiacere, perché si sarebbero seduti a due tavoli diversi. Lily gli disse un allegro “Ciao!” quando lo lasciò presso la tavolata di Serpeverde.
Lui rimase in piedi a guardare i suoi capelli rossi ondeggiare mentre correva e prendeva poi posto accanto a Mary McDonald.

“Beh, non ti siedi?” risuonò la voce di Avery, lievemente canzonatoria, alla sinistra di Piton.
Lui si riscosse, un po’ indispettito per il fatto di essere rimasto fermo in piedi a fissare i Grifondoro, davanti ai compagni della propria Casa.
Ma con sollievo notò che probabilmente soltanto Avery lo aveva sorpreso a seguire Lily con lo sguardo, perché il professor Lumacorno si trovava a circa metà della tavolata, in piedi assieme a Malfoy che gli stringeva la mano con un’aria quanto mai sussiegosa e compiaciuta. Lumacorno gli circondava le spalle con un braccio e salutò altri ragazzi che si alzarono per avvicinarsi a lui o si sporsero dall’altro lato del tavolo per stringergli a loro volta la mano.
“Ohh, che piacere rivedervi tutti, cari ragazzi!” andava dicendo gioviale. “Spero che abbiate passato delle belle vacanze, Nott, Rosier, signorina Black…”
Severus notò che tutti i suoi compagni sembravano ansiosi di venir nominati dal professore e di potergli porgere i loro rispetti, ma guardando bene si accorse che anche Lumacorno pareva altrettanto desideroso di non farsi sfuggire nessuno di loro. Gesticolava e dispensava grandi sorrisi e spesso chiedeva notizie sui parenti più stretti dei ragazzi, tutti, a quanto pareva, impiegati in lavori di alto livello o appartenenti a famiglie chiaramente blasonate.

Severus era così intento a osservare la scena che non si rese conto del ben di dio che gli si parava davanti: uova, pane tostato, latte, succo di zucca, caffè, bacon, salsicce… e tutto in quantità da sfamare un esercito. Mai in casa sua c’era stata tanta abbondanza e se la sera prima era rimasto altrettanto stupito, si era anche detto che si trattava del banchetto inaugurale, non immaginando che anche per colazione le tavole venissero letteralmente ricoperte di cibo.

A casa sua uno spettacolo del genere non si vedeva neppure a Natale.

Severus scosse vigorosamente il capo per scacciare via i ricordi di una squallida cucina che Eileen si era sforzata di rendere “festosa” e di uno striminzito pollo arrosto che, nonostante il profumo invitante, si accordava perfettamente alla miseria di quel quadro spoglio che era casa Piton.
Spesso negli ultimi anni, mentre mangiava avidamente il pollo (non per fame -quella ormai non la sentiva- ma per finire in fretta e allontanarsi da quello spettacolo infelice), si era figurato come doveva essere il Natale a casa Evans. Nei mesi freddi non vedeva Lily tanto spesso e meno che mai a Natale, un periodo per lei costellato di visite e scambi di regali.

***


Severus, un tardo e buio pomeriggio di metà dicembre, si era spinto fino a casa sua, osservando con il cuore gonfio di lacrimosa invidia i rami di agrifoglio punteggiati di bacche rosse e intrecciati sul portone e sulla balaustra di ferro, le luci accese che filtravano calde dalle finestre e il chiacchiericcio festoso che animava la casa.

Non poteva essere più diverso da quello di Spinner’s End, il Natale di Lily.

Con le mani affondate nelle tasche del cappotto troppo grande e liso, tanto caldo d’estate quando insufficiente a ripararlo adeguatamente dal freddo d’inverno, Severus aveva passeggiato un po’ lungo il viale davanti alla casa di lei, stropicciandosi i piedi e appoggiandosi a uno dei grandi platani senza foglie lungo il marciapiede.
Aveva desiderato con tutta l’anima di non essere se stesso e poi era scappato via, diretto a casa sua, anche se avrebbe voluto non tornarci mai più.

E lungo la strada, un’audace idea aveva preso forma nella sua mente, così, una volta tornato, si era messo a frugare tra le cose di scuola di sua madre (che di lì a nove mesi sarebbero state sue) e aveva tirato fuori la boccetta di inchiostro solidificato, inutilizzabile.
“MagINK” riportava l’etichetta molto rovinata e ingiallita sul davanti, in eleganti caratteri scuri su un fondo arcobaleno. C’era scritto dell’altro, ma non si leggeva più, la carta era strappata e macchiata. Se solo…

Severus si assicurò che suo padre non fosse in casa, quando si avvicinò a Eileen che stava rammendando dei calzini, rannicchiata su una sedia in cucina.
“Mamma…” iniziò incerto, e la mano si strinse più forte sulla boccettina.

Era tanto tempo che non diceva la parola “mamma”: tra lui e sua madre si era creata negli anni una strana consuetudine di scarsi dialoghi privi di appellativi, scambi di battute ridotti all’osso che spesso si risolvevano in silenziosi cenni del capo o sguardi. Severus era sempre più indipendente e solitario, Eileen taciturna e impegnata a fare la parte della comparsa della sua stessa vita... ma nonostante ciò, madre e figlio si capivano, quando si trovavano assieme.
L’atmosfera, anche se cifrata da una notevole distanza e da un abbondante mutismo, era quella di una pacifica convivenza non priva però di una remota empatia. Non era come con Tobias.

Eileen aveva alzato gli occhi dal proprio lavoro al suono di quella parola e con un riflesso che non riuscì a controllare saettò veloce lo sguardo, spaventata, le orecchie tese, per assicurarsi che non ci fosse il marito in giro.
Aveva poi guardato per lunghi secondi silenziosi il suo bambino così mingherlino e piccolo, ritto nell’apertura della porta della cucina, come per verificare che effettivamente avesse parlato e l’avesse chiamata “mamma”.
“S-sì?” disse infine.
Severus pareva impacciato, nervoso. Sfregava la punta delle scarpe e non riusciva a parlare. Eileen posò i calzini sul tavolo.
“Cosa c’è… Severus?”
L’averlo chiamato per nome accorciò le distanze e per un momento Severus e sua madre si sentirono trasportare indietro nel tempo, quando la distanza tra loro non era né verbale, né fisica.
Si sorpresero a essere imbarazzati entrambi, quando capirono di aver pensato la stessa cosa, ma Eileen parlò ancora, con una sfumatura dolce nella voce ruvida, invece della solita stanchezza:
“Dimmi”, lo invitò, disponibile.
Con le dita serrate sulla boccetta, Severus si avvicinò e guardando sua madre dritto negli occhi la posò sul tavolo dicendo con quello che sembrava tutto il suo coraggio: “Po-potresti farlo tornare liquido?”
Eileen fissò sorpresa la boccettina. Severus vide un’improvvisa folata di ricordi offuscarle velocissimi lo sguardo, che si fece opaco.
La donna rimase interdetta per un tempo indefinito, ma alla fine aprì la bocca per parlare. La gola le si era seccata perché quel che ne uscì all’inizio fu un verso inarticolato.
“Severus io… io non credo di…”
“Ma non devi farlo davanti a me” la interruppe precipitosamente Severus, che da tempo sapeva che sua madre non faceva più incantesimi, né lui si era più azzardato a chiederglielo.
“È per…” si tradì “È che vorrei usarlo”, si corresse subito. “Senza comprarne uno nuovo” aggiunse infine, sperando con l’ultima frase di convincere sua madre.
Eileen fissò la boccettina e allungò la mano pallida per prenderla. Un lieve sorriso le distese le labbra sottili.
“Sai, questo… era un inchiostro speciale” esalò, rigirando la boccettina tra le dita.
Parlò lentamente, come assaporando uno per uno i ricordi perduti che quell’oggetto stava risvegliando in lei.
“Cambiava colore, se volevi.”
“Come?”
“Beh, prima di iniziare a scrivere bastava dire che colore volevi e l’inchiostro obbediva.”
Severus sembrava eccitato. Ecco cosa significavano i colori dell’arcobaleno sull’etichetta!
Eileen continuava: “Non era il caso di usarlo per le cose di scuola, ma… era divertente… per scrivere biglietti o lettere…”
La voce le si affievolì.
Sembrava sorpresa, un po’ per l’aver raccontato i suoi ricordi e molto di più per aver utilizzato la parola “divertente”. Forse aveva dimenticato che esistesse, nel vocabolario.
Anche Severus si sorprese e distolse lo sguardo da sua madre, per non metterla in imbarazzo.
“È tutto secco adesso” azzardò speranzoso dopo qualche secondo di silenzio.
Eileen inclinò davanti agli occhi la boccettina scura e la massa che la riempiva per metà non si mosse.
“Severus, io…” iniziò, con un sospiro, scuotendo leggermente la testa.
“Per favore!” Severus si sporse verso di lei con le mani aperte sul tavolo e la guardò con gli occhi spalancati. “Non ti voglio guardare, davvero! Andrò di sopra e…”
La supplica nella sua voce disse a Eileen che quello non era un capriccio, ma qualcosa di davvero importante se suo figlio era venuto da lei a chiedergliela. Aveva pure specificato che non voleva vederle fare l’incantesimo, da anni ormai non glielo chiedeva, perché ora era così importante che lei facesse la magia anche se lui non voleva assistere?

Guardò Severus negli occhi.
Scuri, profondi, carichi di qualcosa di infinitamente triste per un bambino così piccolo, ma con una luce in fondo, una luce che ardeva prepotente.
Prese fiato per rispondere ma lo trattenne quando si udirono dei passi pesanti sui gradini esterni; mentre Severus si voltava verso la porta, con le mani ancora posate sul tavolo, lei alzò la testa di scatto. Poi si guardarono per un attimo e non ci fu bisogno di dire nulla: il ragazzino corse in camera sua e Eileen riprese in fretta il suo lavoro di rammendo, dopo essersi fatta scivolare il MagINK nella tasca del grembiule.

Il mattino dopo Severus aveva trovato la boccettina sul suo scalcagnato comodino. Un liquido scuro la riempiva tutta e l’etichetta era come nuova, bianca e con il vivace disegno di un arcobaleno sotto la scritta nera.

Eileen si era comportata con indifferenza quando era sceso a colazione, l’aver parlato assieme la sera prima parve cancellato, le parole erano tornate tabù; ma bastò incrociare un attimo il proprio sguardo in quello di lei, per dirsi quello che le parole non avrebbero mai detto.
Il tempo di un battito di ciglia, una gratitudine muta che Tobias non colse tra madre e figlio… poi la distanza era tornata vasta come un oceano tra i due.

***


“Oh oh! Che piacere rivedervi!” continuava allegramente a ripetere Lumacorno, dirigendosi verso l’altro capo del tavolo.
Severus si riscosse, impacciato. Lanciò uno sguardo veloce ad Avery e Mulciber, per controllare che la sua fuga nel passato non fosse stata notata, ma i due mangiavano con grande soddisfazione e bisbigliavano tra loro commenti sui compagni che il professore andava via via salutando.
Malfoy sembrava voler fare gli onori di casa e non abbandonava la sua posizione di fianco al professore, decisamente calato nell’autorità del distintivo che gli luccicava sul petto.
Severus si versò un bicchiere di succo di zucca e prese a sbocconcellare distrattamente una fetta di pane tostato.
“Prova questa!” suggerì Mulciber e spostò verso di lui un barattolo pieno di profumatissima marmellata, ma lo fece con la grazia di un elefante perché urtò sonoramente piatto e bicchiere del compagno.
Alcuni ragazzi si voltarono verso di loro, al rumore: Severus notò molte sopracciglia alzate e fu sicuro di leggere nei loro occhi uno sprezzante “Primo anno”.

Si sedette un po’ più dritto sulla panca e tirò verso di sé il proprio piatto. Mulciber non sembrava essersi accorto di nulla, era troppo impegnato a ingozzarsi con qualunque cosa riuscisse a ficcarsi in bocca e davanti a lui il tavolo era invaso dalle briciole. Avery invece sembrava divertito dell’imbarazzo di Severus, ma non disse nulla.
Lumacorno stava distribuendo alcuni fogli risalendo la tavolata e quando fu un po’ più a portata di orecchio lo sentirono dire che si trattava degli orari del primo trimestre.

“Ehhh, è mio dovere dirlo, per voi del quinto anno si prospettano mesi di durissimo lavoro. Per non parlare di voi del settimo, mio caro Rookwood, se i G.U.F.O. vi sono sembrati impegnativi, ancora più faticosi saranno i M.A.G.O.! Ma sono certo che vi farete onore e grandi cose vi attenderanno dall’anno prossimo, ne sono certo!”
Lumacorno gongolava e passava fogli, seguito da Malfoy come un’ombra.

Severus cominciò a fremere di impazienza, non vedeva l’ora di sapere quali lezioni avrebbe avuto il primo giorno e involontariamente guardò di nuovo verso il tavolo di Grifondoro.
Notò che la professoressa McGranitt aveva anch’essa dei fogli in mano e li distribuiva ai ragazzi della sua casa. Potter e Black avevano smesso di ridere forte a un’occhiata severa della donna sopra gli occhiali; Severus li guardò con disgusto e spostando lo sguardo su Lily vide che in piedi dietro di lei e altre bambine del primo anno c’era una ragazza dal viso paffuto e dall’espressione dolce che sembrava intenta a dare spiegazioni indicando qualcosa sui fogli che stringevano in mano. Doveva essere… Alice, la loro Prefetto, e infatti Severus vide il distintivo sulla sua divisa.
Si voltò e alle sue spalle notò che anche i direttori di Corvonero e Tassorosso erano intenti a distribuire orari. Tuttavia, come la McGranitt, sembravano più professionali di Lumacorno che pareva l’unico docente in tutta la Sala Grande a cercare un contatto decisamente più ravvicinato e cameratesco con gli allievi.

“Mulciber ed Avery…” la voce strascicata di Malfoy risuonò vicinissima.
Severus sobbalzò sulla panca e tornò a guardare davanti a sé, trovandosi di fronte la larga pancia del professore che stringeva calorosamente la mano ai suoi compagni. Avery si era alzato in piedi, tirandosi indietro i capelli con un gesto risoluto del capo, Mulciber invece era rimasto seduto, con la bocca piena di uovo e pane, torcendosi sulla panca e tendendo il braccio all’uomo.
Lumacorno era decisamente eccitato di conoscere quei due, non c’era dubbio. Con gli occhi luccicanti chiedeva loro notizie dei rispettivi padri e, come la sera prima, Severus si sentì sulle spine. Quello era il direttore della sua Casa e l’insegnante di Pozioni, non poteva, non doveva fargli brutta impressione!
Rimase a guardare la scena di Lumacorno che si sbracciava in ampi gesti e si chiese se sarebbe passato oltre o avrebbe rivolto parola pure a lui. Malfoy al suo fianco ostentava un’aria soddisfatta e con il mento sollevato lasciò scivolare lo sguardo sul piccoletto dai capelli troppo lunghi e unticci.
Un angolo delle labbra gli si incurvò verso l’alto e disse, rivolto all’uomo:
“Professore, lui è Severus Piton.”
Severus si sentì improvvisamente piccolissimo e guardò Lumacorno con gli occhi spalancati. Durò solo un momento però, perché decise di darsi un contegno e subito si alzò in piedi, tendendo il braccio attraverso il tavolo mentre Avery riprendeva posto sulla panca, di fronte.
“Oh, il giovanotto così ansioso di fare magie!” ridacchiò Lumacorno stringendogli la mano e Severus sentì gli occhi di Malfoy guardare interrogativi prima lui, poi il professore, che non dava segno di volersi fermare oltre il tempo necessario di essere educato.
Per quanto potesse averlo colpito quando l’aveva visto con la bacchetta in mano, poco prima, Severus si accorse che non aveva registrato il suo nome ed ebbe la certezza che Lumacorno sarebbe passato oltre, dopo aver avuto la gentilezza di stringergli nuovamente la mano.

“No, resti, resti!” pensò febbrilmente, mentre vedeva svanire negli occhi del professore anche il più remoto interesse nei suoi confronti.
Ma Malfoy si intromise dicendo con una punta di dispetto abilmente dissimulata in un tono amichevole: “Oh, vedo che qualcuno gliene ha già parlato, professore.”
Lumacorno lo guardò, la bocca ancora stirata in un sorriso di circostanza e gli occhi vagamente stupiti.
“Parlato di cosa, Malfoy?”
“Dell’incantesimo Spegnifiamma che Piton ha eseguito ieri nei dormitori” rispose il giovane e dall’espressione del professore comprese di essere il primo ad avergli dato la notizia, cosa che lo imbaldanzì e fece tornare sul suo volto affilato una densa maschera di superbia.
“Incantesimo Spegnifiamma??” Lumacorno ora studiava Severus con occhi spalancati e attentissimi.
Il bambino lanciò un’occhiata a Malfoy, come per verificare di aver il permesso di rispondere e anche se il Prefetto moriva chiaramente dalla voglia di poter aggiungere lui altri particolari alla notizia, era altresì cosciente del fatto che non sarebbe stato educato rispondere al posto del diretto interessato.

Severus sentì calare dentro di sé una fredda calma. Stava per far colpo su Lumacorno e non poteva sbagliare.

“Il tappeto in camera aveva preso fuoco…” cominciò, evitando di guardare Avery e Mulciber che da parte loro ora gli tenevano gli occhi puntati addosso, Mulciber aveva perfino smesso di mangiare.
“…e allora l’ho spento” concluse con semplicità, ma la sua modestia era un concentrato di orgoglio.
Lo sentiva ardere dentro di sé, caldo, prepotente. La stessa inebriante sensazione della sera prima e non c’era alcun bisogno di sbandierarla: a dispetto del suo cognome sconosciuto, si era accorto di aver fatto centro e di aver destato tutta l’attenzione del professore che ora lo guardava decisamente impressionato e attento.

“Mio caro ragazzo” esordì con voce piena di ammirata sorpresa “mio caro…”
“Piton” si affrettò a dire lui. “Severus Piton.”
Lumacorno si mordicchiava il labbro, con la fronte aggrottata. Era chiaro che stava cercando di ricordare un allievo con quello stesso nome tra le schiere di giovani che erano passati per Hogwarts e che si erano ritagliati una posizione di spicco nel mondo magico; ma Piton capì che si stava anche sforzando di rammentare quei giovani che la sua mente faticava a memorizzare, se non erano diventati pezzi grossi in qualche campo o non appartenevano a famiglie di lunga tradizione magica.
“Mia madre una volta l’ha fatto…”, soggiunse subito Severus, lieto di poter dare una spiegazione che era anche un modo infallibile di deviare per sempre il discorso da Tobias Piton, il babbano.
“Tua madre, caro ragazzo?” lo interruppe Lumacorno.
“Sì, signore. Eileen Prince, signore.”
Questo nome parve risvegliare qualcosa nel professore, i cui occhi guizzarono per un momento.
“Prince, Prince…” borbottò pensoso sotto i baffi e tamburellando la punta dell’indice sulle labbra.
Osservando Lumacorno che con la testa reclinata all’indietro e gli occhi persi nel soffitto cercava di dare un volto e soprattutto una posizione nella società a Eileen Prince, Severus si chiese se sua madre potesse essere stata in grado di lasciare un’impronta di sé.
Cominciava a dubitarne, quando Lumacorno parve tornare da un lungo viaggio e lentamente disse: “Oh! La signorina Prince…” il suo tono era sorpreso, “…È stata per caso capitano della squadra di gobbiglie?”
Severus ricordava - tanti anni prima, quando non sapeva leggere, quando ancora si rifugiava nelle braccia di lei e nei suoi racconti di Hogwarts - un vago riferimento di Eileen alla squadra di gobbiglie.
“Sì, signore” disse, cercando di mantenere la voce ferma e di non tradire la delusione per il ruolo non certo di punta ricoperto da sua madre ai tempi della scuola.
Evidentemente non era una studentessa così brillante da rimanere impressa, né la sua vita dopo la scuola aveva fatto registrare avvenimenti degni di nota.
I genitori di molti suoi compagni lavoravano al Ministero o erano noti per il solo fatto di esistere; Eileen invece si era confusa in un magma indistinto, lontanissimo dal mondo che poteva contare per Lumacorno; una goccia scura in un mare nero, per di più babbano.

“E lei ti ha insegnato a fare un incantesimo così avanzato?” domandò Lumacorno con curiosità e sorpresa, glissando sui trascorsi di Eileen e soprattutto sul suo presente, indubbiamente privo di qualsiasi attrattiva, dato che non era tra le sue conoscenze mondane.
“No, signore. Io… gliel’ho visto fare una volta e poi l’ho letto in un libro, così…”
“Ha letto tutti i libri, anche del settimo anno!” si intromise Mulciber a voce molto alta e, nel brevissimo lasso di tempo che servì a Lumacorno per spalancare gli occhi e la bocca, Severus notò che al tavolo di Grifondoro qualche testa si girava verso di loro. Vide Black osservarlo e bisbigliare qualcosa a James mentre gli dava una gomitata. I due rimasero a fissarlo beffardi e Severus sostenne imperiosamente quell’esame poco gradito. Sperava che avessero sentito, lo sperava proprio!
Spostò lo sguardo e vide Lily che sorrideva a Mary, mentre mangiava una fetta di pane imburrato e indicava qualcosa su un foglio, tutta presa da una discussione sugli orari.

“Bene, bene, bene!” fece Lumacorno fregandosi le mani e come pregustando un boccone particolarmente succulento. “Quale inaudita brama di conoscenza! Un giovanotto talmente ansioso di imparare ancora non s’era visto a Hogwarts!” Scoccò a Malfoy un’occhiata di intesa e Severus capì che entrambi si rallegravano del fatto che un ragazzino così promettente fosse finito a Serpeverde.
Non li avrebbe delusi.
“I libri del settimo anno, eh? Beh, forse non ci avrai capito molto, mio caro ragazzo, ma di certo l’incantesimo Spegnifiamma è roba da minimo terzo anno! Complimenti vivissimi!”
E Lumacorno strinse di nuovo la mano a Severus, stavolta con lo stesso calore e partecipazione con cui aveva stretto quella di Narcissa, di Nott, della Carrow, di Avery e di Mulciber…
Severus capì di essere entrato nella selezionatissima lista di persone per cui Lumacorno era disposto a spendere attenzione.

La gioia di non sentirsi fuori posto a quel tavolo lo fece perfino sorridere, anche se fu ben attento a evitare di comportarsi come alcuni dei suoi compagni più grandi che qualche minuto prima quasi avevano sgomitato per farsi vedere da Lumacorno.
Voleva essere superiore a manifestazioni così piccine, anche se una segreta parte di sé saltava di contentezza. Con la mano ancora stretta in quella di Lumacorno, vide Potter e Black guardarlo con disprezzo dal tavolo di Grifondoro e restituì loro un’occhiata gonfia di altera freddezza.
Notò anche che i suoi stessi compagni rimanevano colpiti dal suo contegno rigido e come noncurante, come se il suo essere speciale per lui non contasse, ma fosse normale amministrazione.

Prese da Lumacorno gli orari delle sue lezioni e tornò a sedere, studiandoli. Avrebbe avuto una, due, tre lezioni quel giorno, più una mezz’ora prima di cena da dedicare alla propedeutica del volo, se ci fosse stato bel tempo. Incantesimi, Trasfigurazione e… Pozioni! Il suo cuore esultò.

Ma fu quando si accorse che tutta quanta la giornata e anche le successive sarebbero state condivise con i Grifondoro, che non fu più in grado di mantenere inalterato quel contegno distaccato che gli donava un’aria decisamente troppo adulta e lo faceva emergere, pallido e serio, tra i Serpeverde e tra tutti i piccoli della Sala Grande, nonostante fosse piccolo e magro.
Non poté impedirsi di guardare nuovamente il tavolo oltre il suo e incrociò subito gli occhi di Lily che evidentemente stava cercando da un po’ di attirare la sua attenzione perché sventolò verso di lui il foglio degli orari con gli occhi traboccanti di gioia.
Severus non si sbracciò in gesti vistosi, ma annuì con forza e le sorrise di rimando, incurante degli sguardi di Avery e Mulciber, le dita contratte sul foglio.

Sì, la giornata stava decisamente virando verso il meglio.

Edited by Camelia. - 26/7/2013, 11:36
 
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Sibilla Piton
view post Posted on 7/10/2011, 14:39




beeeeello
 
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Camelia.
view post Posted on 7/10/2011, 22:41




Grazie! :):)
 
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Camelia.
view post Posted on 31/10/2011, 12:53




Capitolo 11


Fu con una segreta allegria che addentò un’altra fetta di pane tostato dopo averci spalmato sopra una marmellata dal sapore squisito. Chissà con cosa era stata fatta, sapeva di… mela, arancio e pesca. Forse c’era anche una punta di cannella. E appena un’ombra di zenzero. E…
Severus non era consapevole che fare l’analisi delle singole componenti della sua marmellata non poteva che essere il segno del piccolo pozionista che scalpitava in lui. Finì quindi la sua colazione e si distrasse a osservare Lily anche se i sapori che si rincorrevano nella sua bocca chiedevano di essere chiamati per nome.

La professoressa McGranitt stava dando le ultime istruzioni ai due prefetti di Grifondoro e alle sue spalle Potter e Black ridevano facendo un gran baccano. Un ragazzino cicciottello e dall’aria ansiosa li osservava senza perdere una sola battuta di quel che dicevano e cominciò a ridere pure lui, dando così spago ai due che parevano ben felici di avere un pubblico partecipe.
Per l’ennesima volta Severus provò un senso di disgusto verso i due, che in realtà mascherava la rabbia di vederli indossare i colori e lo stemma della stessa Casa di Lily. Pensò con angoscia che il Cappello Parlante doveva essersi sbagliato e che l’errore doveva assolutamente essere riparato. Ma come?
Forse parlando con Silente? Vide se stesso, minuscolo di fronte al Preside, perorare l’inaudita richiesta e la strada non gli parve praticabile.
Magari poteva chiedere a Lumacorno o forse a qualcuno dei suoi compagni più grandi, meglio ancora; poteva informarsi, senza esporsi troppo, chiedere se per caso il Cappello avesse mai sbagliato, se era possibile ripetere lo Smistamento di fronte a evidenti motivi di dubbio, se era anzi già capitato che a uno studente fosse stato fatto ripetere l’esame del Cappello…

Lo sapevano anche i muri che Grifondoro era sinonimo di spacconeria, altro che “culla dei coraggiosi di cuore” come quel poveraccio di Potter aveva proclamato sul treno.
Come se un mago necessitasse di coraggio…
L’intelligenza serviva, lo studio; l’approfondimento, la voglia di penetrare e comprendere i segreti più ignoti, la capacità di dominare la materia e l’essere infine capaci di incanalare le proprie conoscenze in una bacchetta o in un calderone. Tutto questo era essere maghi e non aveva proprio niente a che fare con il coraggio, non a caso il fondatore della sua Casa, Salazar Serpeverde, l’aveva capito e non ricercava una qualità tanto inutile tra i suoi allievi.
E allora Lily?
Lei era intelligente, dolce, spiritosa, aveva entusiasmo, aveva voglia di imparare. Lily non era stupida e arrogante come quei due, come potevano appartenere alla stessa…

“Tutti quelli del primo anno mi seguano” annunciò la voce autoritaria di Malfoy e Severus fu strappato ai suoi pensieri.
Vide che molti dei ragazzi più piccoli della sua tavolata si erano già messi in piedi e si affrettò ad alzarsi mentre Mulciber mugugnava qualcosa sull’avere ancora fame e nessuna voglia di iniziare a fare lezione.
Lui invece, a quella parola, sentì una scossa percorrergli la schiena. Stava per cominciare la sua istruzione di mago, oggi iniziava suo progressivo allontanamento dal quartiere di Spinner’s End; anche se ci sarebbe dovuto tornare, per le vacanze o per Natale, lui sarebbe stato sempre meno babbano a ogni suo ritorno.
A questo pensiero si voltò improvvisamente verso il tavolo di Grifondoro.
Anche Lily si stava mettendo in fila con gli altri compagni del primo anno e la loro Prefetto li stava già guidando fuori, quando la McGranitt le si avvicinò a passo svelto, fermandola e dicendole qualcosa. La ragazza annuì e salutò con un sorriso i bambini, allontanandosi poi fuori dalla Sala Grande.

La professoressa parlò a voce alta e in tono spiccio, rivolta al tavolo di Serpeverde:
“Malfoy, gentilmente potresti accompagnare anche i Grifondoro all’aula di Incantesimi? Per il cambio di lezione invece ci penserà la signorina Fortebraccio, l’ho mandata a sistemare gli orari dei turni dei Prefetti.”
E tornò al tavolo di Grifondoro parlando animatamente con alcuni ragazzi grandi e distribuendo loro alcuni fogli che teneva sottobraccio.
Severus notò che manteneva un’aria autorevole e rigida anche se gesticolava e pareva molto indaffarata a dare istruzioni a tutti; il primo giorno di scuola c’era parecchio lavoro di smistamento per lei, altro che Cappello Parlante!

“Che bello, andiamo insieme!”
Severus fece quasi un salto e vide il volto radioso di Lily, eccitatissima all’idea della prima lezione di Incantesimi. Si sentì felice.
Stava per risponderle quando Malfoy intimò nuovamente ai bambini di mettersi in fila e di seguirlo.
C’era qualcosa di molto indispettito nel suo tono di voce e l’urgenza con cui si mise in marcia stonava nettamente con i gesti misurati che aveva esibito fino a quel momento. Procedette fuori dalla Sala, su per la grande scalinata dell’ingresso e lungo un corridoio del primo piano e lo fece camminando in maniera inutilmente spedita, senza spendere una sola parola, come se avesse fretta di adempiere al compito e andarsene altrove.
Non guardò neppure se i piccoli fossero ben divisi e, anche se Lily e Severus erano gli unici due a stare in fila assieme pur se appartenenti a Case diverse, Malfoy non se ne curò.

I bambini arrancavano nella sua scia, costretti ad aggiungere qualche passo di corsa ogni tanto, per tener dietro al ragazzo.
“Ma siamo in ritardo?” chiese piano Lily.
“Non mi pare, però Malfoy è un Prefetto, se corre un motivo c’è” rispose Severus.
“Ma non abbiamo neppure preso i libri!”
“Forse il primo giorno non servono”, ma mentre lo diceva, Severus si accorse di desiderare di averli con sé.
“Meno male che abbiamo la bacchetta!” fece Lily.
“Sì.”
Severus si sfiorò il petto con la mano magra, sentendo la bacchetta nella tasca interna della divisa, sotto lo stemma verde-argento.
“Pensi che la useremo oggi?” sussurrò felice Lily.
“Non lo so…”
I bambini ora ansimavano un pochino, Malfoy era un passo dal correre. Quasi nessuno osava parlare, alcuni perché impegnati ad osservarsi intorno per memorizzare il percorso verso l’aula, altri perché in soggezione e impediti dalla fretta.

Ovviamente in coda alla fila c’era qualcuno che non si mostrava né in soggezione, né minimamente intimorito dal fatto di essere guidato dal Prefetto di un’altra Casa. Potter e Black commentavano ogni cosa che vedevano, a voce alta, fermandosi e tornando poi in fila con grandi scivolate per l’ammirazione del ragazzino grasso. Sebbene anche altri Grifondoro sembrassero divertiti dal loro comportamento, nessuno fu abbastanza temerario da unirsi a loro se non con qualche risatina subito repressa.
Malfoy, cosa incomprensibile, non li riprese mai, anche se un paio di volte girò appena il capo lasciando intravedere un occhio grigio socchiuso con malevolenza.

“Sai chi è l’insegnante di Incantesimi?”
Severus percepì un che di ansioso nella voce sottile di Lily.
Poi ricordò che Olivander le aveva detto che la sua bacchetta era perfetta “per un lavoro d’incanto” e comprese sia l’ansia di lei, sia la sua voglia di misurarsi fin da subito con gli incantesimi.
“Andrai benissimo!” le disse incoraggiante e in quel momento la voce di Malfoy risuonò nel corridoio.
La fila si fermò accanto a una porta chiusa.
“Questa è l’aula di Incantesimi” annunciò il Prefetto ai piccoli, che ora sembravano combattuti tra la voglia di confondersi con il muro e la curiosità di entrare.
Malfoy parlava velocemente, come impaziente di compiere in fretta i suoi doveri e andarsene.
“Alla fine della vostra ora, uscite in fila e attendete la… Prefetto di Grifondoro che vi mostrerà l’aula di Trasfigurazione.”
Severus si guardò intorno per capire se solo lui aveva colto un certo disprezzo nel modo in cui Malfoy aveva parlato della ragazza dal viso tondo, Alice. Ma parevano tutti concentrati sulla porta chiusa, Lily si mordeva il labbro inferiore e, allungando il collo, fissava avidamente la porta.
Scoppi di risa malamente camuffati provenivano da in fondo la fila e Severus non si voltò neppure, sapeva chi era così stupido da comportarsi in modo tanto indecoroso a due passi da un Prefetto e da un’aula con un professore dentro. Una risata più acuta delle altre indispettì Malfoy che si voltò di scatto a guardare i bambini mentre bussava; percorse velocemente la fila con gli occhi per individuare chi faceva confusione ma un “Avanti!” gli fece morire sulle labbra le parole che stava per dire.

Aprì la porta e, raddrizzatosi sulle spalle, disse con voce calma e sostenuta:
“Professor Vitious, le porto le classi del primo anno: Serpeverde…” e con un gesto secco della testa fece cenno alla sua Casa di entrare, tenendo il braccio teso contro la porta aperta. I bambini gli passarono diligentemente accanto, entrando nell’aula alla spicciolata.
Severus a malincuore prese a muoversi per varcare la soglia da solo, proprio mentre Malfoy diceva “…e Grifondoro” e con gioia si affiancò di nuovo a Lily.
Si era già figurato di dover entrare, cercare un banco libero e tenere il posto anche per lei, perché sbirciando dentro aveva notato che i banchi erano per due persone. Ma così fu più semplice.

“Molte grazie signor Malfoy…” disse il professore con una voce piuttosto acuta “…puoi andare. E voi ragazzi… accomodatevi con ordine. Cominciate dalla prima fila.”
Malfoy, con l’aria di chi è stato appena liberato, piegò leggermente il capo dicendo sussiegoso: “Buona giornata, professore” e uscì di nuovo nel corridoio facendo frusciare la veste contro la testa di Lily che d’istinto si spostò contro Severus e prese a sistemarsi i capelli.

Mentre il ragazzo superava i Grifondoro ancora fuori dalla classe si udì un impercettibile ma chiarissimo “Black… Vedi di mantenere un contegno degno di questa scuola.” La voce di Malfoy trasudava rabbia.
Severus non poté non voltarsi e vide Malfoy viso a viso con Black, che non pareva affatto intimorito e anzi lo guardava con sfida. Sperò che venissero tolti dei punti a Grifondoro, come la sera prima, ma Malfoy si rialzò e i suoi passi si allontanarono veloci e sonori.

Severus e Lily guardarono dentro l’aula, mentre gli ultimi Serpeverde si accomodavano, e videro il piccolo professore che avevano adocchiato di sfuggita in Sala Grande. Anche se questo strappò un lieve sorriso a entrambi, non si sognarono neppure di fare dell’ironia, né di mancargli di rispetto.
Il professor Vitious era alto (o basso?) a malapena come loro e stava in piedi in fondo all’aula ritto su una pila di grossi libri; eppure emanava anche un’aria autorevole, sotto la benevolenza del suo sguardo attento. Avvolto in un mantello scuro color prugna, con la bacchetta in mano e le braccia posate a croce contro il petto, osservava i bambini prendere via via posto.

C’erano tre file di banchi e Lily e Severus sedettero in quella di sinistra, al terzultimo posto.
La classe era piuttosto spoglia, per cui i bambini, esaurita la curiosità nei confronti del professore, cominciarono a guardarsi tra di loro man mano che si sedevano.
Come durante il tragitto verso l’aula, Severus e Lily erano gli unici di due case diverse a sedere vicini, ma se prima nessuno ci aveva badato, ora la cosa suscitò diverse occhiate sia da parte dei Serpeverde che dei Grifondoro già accomodati. Mulciber e Avery, sorrisero divertiti dalla fila centrale, Avery scuotendo appena la testa.
Con immenso fastidio, Lily e Severus sentirono Black e Potter prendere rumorosamente posto dietro di loro.

Lily sollevò gli occhi al cielo soffocando un verso di disappunto e Severus… beh, lì per lì si sentì felice a condividere lo stesso sentimento di Lily, ma di nuovo fu preda della disperazione quando ricordò che lei era Grifondoro.
“Grifondoro, Grifondoro, Grifondoro…” la parola cominciò a martellargli il cervello, indecente, sporca.
Mordendosi forte il labbro girò la testa verso di lei, che stava tirando fuori la bacchetta dalla veste e la posava delicatamente sul banco.
Voleva gridare, voleva urlare che Lily era una Serpeverde, che quel maledetto Cappello si era sbagliato!!

“Buongiorno a tutti voi, ragazzi.”
La vocina del professor Vitious calamitò l’attenzione di tutti in direzione della cattedra.
“Benvenuti alla vostra prima lezione a Hogwarts. È un onore essere il primo a condurvi nel vostro percorso di studi, che durerà ben sette anni. Sette anni in cui imparerete a conoscere, approfondire e controllare la magia che scorre nelle vostre vene.”
Severus inconsciamente di raddrizzò sulla panca, le orecchie tese a non perdere una singola parola del discorso del professore. Lily, al suo fianco, era parimenti concentrata.
“Ognuno di voi è in grado di diventare una grande strega o un grande mago, ma per arrivare a questo…” e i piedi di Vitious si staccarono con grazia dai libri su cui posavano, lasciando il professore sospeso in aria “…servono disciplina, esercizio e impegno costanti.”
I bambini si lasciarono scappare un “Ohhhh” collettivo.
Vitious tornò a posarsi sui libri, con un sorrisetto.
“Io sono Filius Vitious, professore di Incantesimi. Da me imparerete a governare le vostre bacchette e a produrre con esse gli incanti più sopraffini.”
Con la coda dell’occhio Severus vide Lily stringere la mano sulla bacchetta posata sul banco, e sorrise.

“Gli Incantesimi non sono che una parte della Magia che studierete a Hogwarts; una parte importantissima, essenziale ma -ascoltatemi bene- non sufficiente a far di voi maghi completi. A Hogwarts la magia vi verrà insegnata scomposta in diverse branche in modo che possiate penetrare a fondo i segreti di ognuna e, come tutti gli altri insegnanti di questa scuola, io mi aspetto da ciascuno di voi dedizione nei confronti di ogni materia, poiché un vero mago può eccellere in qualcosa di particolare, ma domina tutta la conoscenza magica, giacché conosce le singole peculiarità di ogni materia e sa come legarle tra loro.”

Severus era rapito.
Vitious stava esponendo la sua stessa concezione globale della magia, di cosa voleva dire essere un mago. In quegli istanti dimenticò di avere un corpo; non sentiva più il sedile sotto di sé, né il banco su cui posava le braccia. Il suo essere era pura attenzione nei confronti del professore.
Si vide in grado di compiere magie magnifiche, sentì scorrere dentro di sé la voglia di tuffarsi dentro ogni piega più nascosta della conoscenza magica e di andare anche oltre. Si sentì invadere dalla stessa ondata tumultuosa che la sera prima l’aveva colmato di promesse.

Tutto era possibile e lui l’avrebbe ottenuto.

Tratteneva il respiro e gli occhi scuri erano fissi e spalancati. Percepì un movimento di fianco e guardò Lily, altrettanto piena di voglia di imparare quanto lui; era bello condividere con lei una sensazione così potente.
Qualcuno dava dei piccoli calci contro la sua panca, abbastanza silenziosi perché non li sentisse nessuno, ma fastidiosi per lui e anche per Lily che voltò il capo quel tanto che le bastò per sibilare “PIANTALA!” a Black.
Anche Severus azzardò uno sguardo dietro e vide Potter che, le guance gonfie per non ridere forte, si passava un dito tra gli occhiali e gli occhi per asciugarsi una lacrima.
Guardò poi Lily, si scambiarono uno sguardo di sopportazione e tornarono a fissare la cattedra.

“Questa rimane comunque una scuola,” proseguì Vitious “il che significa che il vostro studio e la vostra applicazione saranno soggetti a una valutazione. Il nostro lavoro si svolgerà in tre trimestri, al termine dei quali, a giugno, vi sottoporrete a un esame conclusivo, il cui risultato sarà importante per partire in modo adeguato con lo studio dell’anno successivo.
Alla fine del quinto anno verrete giudicati da una commissione esterna nominata dal Ministero per gli esami di G.U.F.O., ovvero Giudizio Unico per Fatucchieri Ordinari.”
Una leggera paura percorse i banchi: ora che si parlava di esami e voti, la cosa perdeva un po’ del suo fascino e acquisiva un’aria minacciosa.
Vitious proseguì:
“I G.U.F.O. saranno il vostro primo traguardo davvero importante che trascenderà il mero risultato scolastico. Essi vi consentiranno o meno l’accesso alle materie del biennio finale, al termine del quale potrete sostenere gli esami di M.A.G.O., ovvero Magie Avanzate di Grado Ottimale. I risultati che otterrete alla fine del vostro percorso a Hogwarts, saranno essenziali per il vostro futuro impiego e ruolo nel mondo magico.
Come vedete, la vostra istruzione è concepita come una serie di scale: non potete accedere al gradino successivo se non avete superato quello precedente, né raggiungere il gradino più alto senza aver prima salito tutti quelli che lo precedono.
Noto dall’espressione dei vostri volti che la cosa vi preoccupa, per cui aggiungo che questi gradini sono stati studiati in modo da non chiedervi mai qualcosa al di sopra delle vostre possibilità e da rendervi in grado di proseguire nel vostro percorso con gli strumenti e le conoscenze più adatti al livello in cui di volta in volta vi troverete.”

Quest’ultima frase parve tranquillizzare un po’ la classe che tuttavia era ancora percorsa da un po’ di agitazione. Vitious se ne rese conto perché con un tono più dolce aggiunse:
“Forse non ci crederete, ma anche io ho avuto undici anni… tanto tempo fa” e una risatina riempì l’aula.
Il professore socchiuse gli occhi divertito e continuò:
“Tutti i grandi maghi si sono seduti su questi stessi banchi, da secoli, da quando Hogwarts fu fondata. Tutto ciò che hanno ottenuto è partito da qui.
Ricordate quindi che tutto ciò che voi otterrete… parte oggi, da qui.”

Ora la classe si sentiva più rinfrancata.
Vitious era in gamba, riusciva a mostrare le difficoltà e allo stesso tempo a non spaventare i ragazzi. Infondeva in loro fiducia nelle proprie capacità e questa era una dote speciale in un docente.

“Parlando più specificatamente della materia che studierete qui,” continuò Vitious “è mio dovere informarvi che nelle prime settimane vi sembrerà molto meno affascinante di quanto possiate aver immaginato. Il corretto uso delle bacchette è fondamentale in questa come in tante altre materie e la pratica per impugnarla e usarla correttamente porterà via parecchie lezioni all’apparenza noiose. Ma già a fine ottobre, se riusciremo a imparare, potremo cominciare con incantesimi semplici come quelli di levitazione di piccoli oggetti.”
Un’ombra di delusione calò nella classe.
Era chiaro che i bambini associavano l’idea degli Incantesimi e delle bacchette a qualcosa di intrigante e divertente, che comprendesse molta azione, scintille e fasci di luce; lo scoprire che il solo imparare a manovrare la bacchetta avrebbe richiesto settimane, fu piuttosto male accolto.
Ma Vitious era preparato.

“Forse vi aspettavate un’aula più “magica”…” disse come parlottando tra sé e sé e spostò lo sguardo pensoso sulle pareti vuote, alzandolo infine sul soffitto di pietra attraversato da travature di legno qua e là bucherellate e con evidenti segni di bruciatura, le cicatrici di secoli di incantesimi errati e sfuggiti di mano a schiere di studenti inesperti.
Meccanicamente, anche i bambini seguirono il movimento del suo sguardo e… dal nulla, sopra di loro, apparvero gli oggetti più disparati: boccette d’inchiostro, fogli di pergamena arrotolati, piume, libri, un cappello da strega e uno da mago, una sedia rovesciata… e stavano tutti sospesi, galleggiando nell’aria sopra le loro teste rapite.
Non c’era un allievo che non avesse la bocca spalancata e gli occhi sgranati, non si sentiva il suono di un respiro.
Tutta l’attenzione era puntata sul movimento frenetico ma ordinato che animava gli oggetti di vita propria, fecendoli fluttuare placidi, roteanti, fiammeggianti, o preda di una magia che li ingrandiva e li rimpiccioliva o faceva cambiar loro colore.
Che meraviglia!
I libri si aprivano e si sfogliavano, alcuni recitavano da soli le pagine scritte per poi chiudersi con uno schianto, le piume volavano o si intingevano da sole nelle boccettine d’inchiostro e poi scrivevano sui rotoli di pergamena che si svolgevano e si riarrotolavano… e tutto era percorso da luminose scintille di luce che facevano sembrare la stanza come addobbata per una festa.

Vitious osservava divertito l’effetto della sua magia sugli allievi. Se qualcuno aveva per caso avuto qualche riserva su questa materia, il colpo di teatro inscenato dal professore l’aveva cancellata all’istante.
Si schiarì la voce per richiamare l’attenzione dei bambini:
“Bene ragazzi, questo è solo un assaggio di quello che dovreste saper fare alla fine di quest’anno, meno forse l’Incantesimo di Disillusione…” e con un elegante colpo di bacchetta fece sparire di colpo tutti gli oggetti accompagnato da un “Ohhhh” di delusione.
Assieme agli oggetti, anche le luci e i rumori erano spariti e l’aula parve ancora più spoglia che all’inizio della lezione.
“Su su… prima impareremo le basi, prima potrete compiere da soli tutte le magie che avete visto galleggiare sulle vostre teste” li rassicurò con voce chioccia Vitious.

“Bene, prendete le bacchette e mettetevi in piedi!” annunciò e con un gran rumore i bambini si alzarono immediatamente dalle loro panche brandendo le loro bacchette.
Con un gesto lieve della propria, il professore allontanò i banchi e i sedili lungo le pareti e creò uno spazio al centro dell’aula.
“Chiedo scusa, non ho fatto l’appello. Lo farò dalla prossima lezione, oggi ho parlato parecchio e abbiamo poco più di metà lezione per provare alcuni semplici esercizi.
Tutti voi, quando avete comprato le vostre bacchette avete di certo “sentito” qualcosa quando la vostra vi ha trovato… Oh sì, come sicuramente vi avrà spiegato l’artigiano da cui l’avete comprata, è la bacchetta che sceglie il suo mago o la sua strega, è la bacchetta che trova il modo di farsi riconoscere. Ricordate in che modo la vostra bacchetta si è palesata a voi?”
Silenzio.
Nessuno osava rispondere, tutti si guardavano di sottecchi, come per verificare che anche gli altri non avessero il coraggio di esporsi.
In quegli attimi di imbarazzo però, qualcuno sussurrò qualcosa al compagno più vicino e allora Vitious esclamò, invitante:
“Su, non abbiate paura!”

Lily e Severus si guardarono e annuirono.
Due mani si sollevarono, timorose.
“Sì, signorina…?”
“Evans.”
“…e signor…?”
“Mocciosus” ridacchiò una voce alle spalle di Severus.
“Piton” dichiarò lui, con decisione, stringendo un pugno.
I due bambini si guardarono ancora e Severus fece cenno a Lily di parlare.
“Beh, io…” prese un respiro “…io ho sentito un gran calore alla mano e poi in tutto il braccio.”
Arrossì, ma l’espressione di Vitious la spinse a continuare con più sicurezza.
“E allora il signor Olivander mi ha spiegato che questo significava che ero stata scelta e che questa bacchetta era mia.”
“Molto bene!” squittì Vitious “E lei, signor Piton?”
“Anche io ho sentito calore alla mano. E quando ho agitato la bacchetta è uscita una scia di scintille che si è dissolta in curve, come fumo.”
“Oh oh! Magnifico!” Vitious batteva le mani “Potrebbe farci vedere, signor Piton?”
Severus fu preso alla sprovvista. Non si aspettava di essere “interrogato” a sorpresa, ma quel “Mocciosus” pronunciato poco prima alle sue spalle gli bruciava abbastanza da dargli il coraggio di mettersi in mezzo all’aula e puntare la bachetta… puntarla… Accidenti dove doveva puntarla?
Non contro i compagni (anche se l’idea di sparare scintille in faccia a Potter e Black era estremamente allettante), non contro il professore, non in aria, dove rischiava di colpire gli oggetti invisibili perché dissimulati.

Vitious gli venne in soccorso:
“Molto bene, signor Piton! Avete visto ragazzi? Sulle nostre teste galleggiano ancora degli oggetti, anche se non possiamo vederli; il signor Piton ha dimostrato di aver prestato attenzione alle mie parole, quando ho parlato di incantesimo di Disillusione. Una delle qualità più importanti in un mago è usare il cervello e non agire sconsideratamente.”
Severus avvampò di orgoglio e anche se i lunghi capelli gli nascondevano il viso, si girò quel tanto che bastava per incontrare il volto raggiante di Lily.
Il cervello era una delle qualità più importanti in un mago, ecco! Il cervello, come un vero Serpeverde! Non poteva sentirsi dire una cosa migliore. Represse la voglia di lanciare uno sguardo di sfida a Potter e Black.

“Ovviamente vi sono circostanze in cui sono necessarie prontezza di riflessi, presenza di spirito, velocità d’azione…” continuava Vitious.
Severus incrociò gli sguardi di Avery e Mulciber.
Tutti e tre stavano rivivendo l’Incantesimo Spegnifiamma che Severus aveva usato d’istinto la sera prima. Di nuovo si sentì eccezionale e strinse con più forza la bacchetta; si sentiva un fascio di nervi, capace di qualunque cosa.

“Ma in questo momento siamo in un’aula, stiamo facendo lezione e vi sono degli oggetti sulle nostre teste, anche se invisibili. Il signor Piton ha dimostrato capacità di osservazione e autocontrollo. EVANESCO!” esclamò infine Vitious e Severus seppe che aveva fatto sparire tutti gli oggetti volanti.
Ovviamente era il solo in tutta la classe a saperlo, l’Incantesimo Evanescente non si trovava neppure tra gli argomenti del primo anno.
“Quello che ho appena utilizzato” spiegò Vitious “è l’incantesimo per far sparire gli oggetti. Dal momento che erano dissimulati non ve ne siete accorti, ma ora il signor Piton è libero di puntare la propria bacchetta sul soffitto e…” con un gesto incoraggiante guardò Severus.

Lui strinse la bacchetta in mano, la puntò contro le travi e l’agitò con un movimento semicircolare e secco. Una scia di scintille dorate e scure sprizzò dalla punta, dividendosi poi in tante ramificazioni che si dissolsero nell’aria in volute.
“Bene, benissimo!!” Vitious batteva con entusiasmo le mani.
Severus era al settimo cielo.
“Ora lei, signorina Evans!”
E Lily si affiancò a Severus, intimorita ma determinata. Lui la osservò e riconobbe la linea sottile che le incideva la fronte quando si concentrava.
Dalla bacchetta della bambina scaturì una scia brillante che rimase sospesa in aria un momento prima di incurvarsi graziosamente e assottigliarsi piano piano fino a sparire.
“Un punto alla signorina Evans e al signor Piton che sono stati i primi a rispondere e provare!” proclamò Vitious e Lily e Severus si scambiarono un’occhiata raggiante.

“Ora dividetevi in coppie e cercate di sentire il legame tra voi e le vostre bacchette, incanalandolo contro questi bersagli, a turno.”
E sopra a ogni coppia di bambini apparvero dei dischi rossi grandi come una palla.
I bambini cominciarono a lavorare, qualcuno rimboccò la manica della veste.
Subito l’aula si riempì di esclamazioni e scintille colorate, sbuffi di fumo, getti di luce.
Lily e Severus non mancarono mai di colpire il loro bersaglio, ma alcuni ragazzi non avevano mira o non padroneggiavano ancora bene la bacchetta e così colpivano le travi con schizzi luminosi che rimbalzavano un po’ qua e là, prima di perdere potenza e svanire.
Vitious era sceso tra loro e correggeva i loro errori. Ad alcuni ragazzi mostrava il corretto modo di impugnare la bacchetta o mostrava lentamente il movimento che dovevano far compiere sia al polso che al braccio, ad altri diceva di distribuire il peso del corpo su entrambi i piedi, ad altri ancora abbassava il cerchio rosso per facilitarli prima di riportarlo in alto e farli provare di nuovo.
Nel giro di pochi minuti la classe si fece decisamente rumorosa e il grado di eccitazione salì di molto.

Lily e Severus continuavano a non sbagliare e, anzi, ogni tanto facevano lavorare le bacchette all’unisono, colpendo il bersaglio contemporaneamente e divertendosi un mondo a vedere il disco percosso dalle rispettive scintille. Ridevano ed era come essere di nuovo al parco a giocare, giornate di sole li circondavano e l’aula spariva attorno a loro.
Anche Potter e Black, lì vicino, sembrava non mancassero mai di fare centro, ma invece di limitarsi a gioire composti, si sbizzarrivano a colpire il cerchio facendo partire i loro spruzzi di scintille da dietro la schiena, da sopra la testa, da sotto le ascelle… Saltavano e si alternavano velocissimi uno dopo l’altro arrivando a colpire il disco quando ancora non erano svanite le scintille dell’incantesimo precedente.

“eeee, hop!” fece Potter passando col braccio davanti alla faccia di Severus e colpendo il bersaglio con una mossa agile.
Severus se lo spinse via di dosso, furioso.
“Ma che bravo Mocciosus…” si sentì Black alle loro spalle “Tu e Madamigella “Andate-a-fare-colazione-invece-di-darci-fastidio” avete preso un punto! Ma siete capaci di fare questo?”
E con aria noncurante si passò la bacchetta sulla testa e colpì il bersaglio alle sue spalle.
“U-uh!” rise forte Potter e si sentì anche un sospiro di ammirazione poco lontano.

Il ragazzino grasso pareva completamente ammaliato dalle prodezze del duo e più interessato a osservare i compagni che non a esercitarsi con un bambino pallido e silenzioso che aveva tutta l’aria di sentirsi fuori posto.
“Peter…” lo invitò il bambino debolmente. “Dobbiamo continuare” e prese a lanciare lente scie opache contro il bersaglio.
Peter si riscosse e agitò la bacchetta goffamente ottenendo un breve spruzzo di luce ocra che si spense prima di raggiungere il disco rosso.
“Il professor Vitious ha detto che devi dare un colpetto deciso con il polso, alla fine” gli spiegò paziente l’altro bambino, scostandosi una ciocca di finissimi capelli castani dalla fronte.
Un graffio gli solcava la guancia sinistra, sottile ma molto scuro.
“Così.” E agitò la bacchetta.
Peter riprovò e stavolta il suo getto di luce si spense appena prima di sfiorare il bersaglio.

Poco più in là Avery e Mulciber, dopo un inizio timoroso, stavano prendendoci gusto e Severus notò che Mulciber ogni tanto colpiva qualche compagno di proposito, facendo ben attenzione a non farsi notare, specialmente da Vitious. Avery lo lasciava fare, divertito, soprattutto perché a venir colpiti erano ragazzi di Grifondoro, in particolare l’amica di Lily che, circondata da coppie di studenti che si esercitavano, non capiva da dove venissero le scintille che ogni tanto le piovevano addosso.
Una volta fu colpito anche Vitious, di rimbalzo, ma a parte un “Ahi!”, non vi furono altre reazioni: evidentemente il professore teneva in conto la possibilità di ricevere qualche scintilla da una classe di totali principianti.

Ora che i ragazzi padroneggiavano abbastanza l’esercizio, il chiasso era notevole.
Ma Vitious sapeva come tenere in pugno la lezione e risalito sui libri di fronte alla cattedra invitò gli allievi al silenzio.
“Bene ragazzi! Ora abbassate le bacchette. Quello che avete fatto adesso è stato un misto di istinto (dal momento che avete lasciato che la bacchetta fosse libera di dialogare con il vostro corpo) e leggero controllo.”
I ragazzi si erano radunati in mezzo all’aula.
“Spero vi rendiate conto che questo non è ancora nulla in confronto a quanto vi attende, ma è fondamentale che voi lo impariate per bene. Abbiamo ancora dieci minuti e lavorerete ancora in coppia. Uno di voi lancerà l’incantesimo della propria bacchetta contro il bersaglio e l’altro dovrà intercettarlo prima che il bersaglio venga toccato. In questo modo eserciterete la vostra mira e i vostri riflessi. Cominciate!”

Di nuovo le coppie si allontanarono l’una dall’altra e presero a lavorare.
Questo esercizio era più difficile perché, nonostante la direzione degli incantesimi fosse sempre il disco rosso, intercettare un incantesimo altrui, mobile, richiedeva più concentrazione. Non fu un caso che per un minuto buono gli unici rumori fossero il fruscio delle vesti e lo scoppiettio delle scintille.
Vitious riprese il giro, dando consigli, correggendo, mostrando la corretta postura… fece i complimenti a Severus e Lily perché non sbagliarono una sola volta e anche a Potter e Black.
Ebbe parole di incoraggiamento per il ragazzino grasso che continuava a mancare l’incantesimo del compagno, nonostante fosse lento, e gratificò quest’ultimo di un “Molto bene!” quando intercettò le scintille di Peter, ora verdi, per tre volte di fila. Un sorriso incredulo si dipinse sugli occhi del bambino che riprese a lavorare con più lena.
Anche Avery se la cavava bene, Mulciber invece faceva partire i suoi incantesimi troppo presto o troppo tardi e mancava la scia del compagno.

La campana suonò nel corridoio e tutti i bambini si voltarono verso la porta, abbassando il braccio, delusi. Sarebbero rimasti volentieri a continuare e Vitious certamente lo capì.
“Su ragazzi, avremo un’altra ora assieme alla fine di questa settimana. Avrete tutto il tempo per esercitarvi da soli nei giorni che ci separano dal nostro prossimo incontro e per leggere il capitolo introduttivo del Manuale degli Incantesimi – Volume Primo. Nella prossima lezione voglio vedervi padroneggiare perfettamente questo tipo di esercizio perché a ciascuno di voi chiederò di intercettare un mio incantesimo volante.”
Questo annuncio fece serpeggiare una certa agitazione tra i bambini e Peter si lasciò scappare un flebile lamento.

“Ora preparatevi, la signorina Fortebraccio verrà a prendervi.”
Le bacchette furono riposte nelle vesti e i bambini si misero in fila proprio mentre qualcuno bussava delicatamente alla porta.
“Avanti!” disse il professor Vitious e Alice entrò nell’aula.
Era davvero diversa da Malfoy. Nessun’aria compiaciuta, nessun'ombra di arroganza… Il suo contegno era pacato e sereno e qualcosa di rassicurante emanava dalla sua persona.
“Buongiorno professore!”
“Buongiorno, signorina Fortebraccio. I ragazzi sono pronti.”
“Bene, seguitemi allora.”
E i bambini uscirono in fila dopo aver salutato Vitious che stava riportando banchi e panche al loro posto a colpi di bacchetta.

Alice fece sistemare i bambini in corridoio lungo il muro e si rivolse loro con voce chiara e calma: “La vostra lezione di Trasfigurazione comincerà tra un’ora, per cui ora vi mostrerò dove si trova l’aula. Ci andrete da soli, dopo aver passato quest’ora nelle vostre stanze comuni, com’è consuetudine.”
Un gemito inudibile sfuggì a Severus.
Aveva creduto, anzi aveva dato per scontato che avrebbe passato quest’ora buca con Lily, a parlare della loro prima lezione o a esercitarsi con la bacchetta.
La guardò. Anche Lily era dispiaciuta e forse si stava chiedendo se c’era un modo per restare un po’ con l’amico.
“È importante che siate sempre puntuali alle lezioni, questa è la prima volta che vi recherete da soli in un’aula…”
“E tu dove sarai?” chiese una bambina di Grifondoro, con gli occhi spaventati.
“Anche io ho lezione, Anne” rispose Alice con un sorriso.
“In qualità di Prefetto ho anche altri compiti da svolgere, come ad esempio mostrare a voi del primo anno dove si trovano le aule, ma non verrete accompagnati sempre da un Prefetto a ogni lezione. Hogwarts è molto grande ed è bene che cominciate a conoscerla e a orientarvi da soli, le aule vi verranno mostrate una sola volta.”
Parecchi ragazzini guardarono l’alto soffitto e il lungo corridoio. Di sicuro Hogwarts appariva più labirintica che mai ai loro occhi di novellini.
“Non abbiate paura” li rassicurò Alice. “È molto semplice arrivare all’aula di Trasfigurazione, seguitemi!”

In quel momento sopraggiunse un gruppetto di ragazzi, molto grandi, potevano essere del sesto o forse addirittura del settimo anno. Erano una quindicina e gli stemmi sul loro petto appartenevano a tutte e quattro le Case.
“Ciao Alice!” fece un ragazzo dal viso serio ma aperto, e altri ragazzi alle sue spalle salutarono a loro volta o fecero un cenno.
I bambini notarono che sul petto del giovane, accanto allo stemma di Grifondoro, era appuntato un distintivo argentato. Era un Caposcuola!
“Ciao Frank!” rispose Alice, sorridendo.
I ragazzi grandi entrarono nell’aula di Incantesimi e i piccoli partirono in fila dietro ad Alice.

Edited by Camelia. - 26/7/2013, 16:04
 
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Sibilla Piton
view post Posted on 31/10/2011, 13:38




Bellissimo!Come fai a immaginarti tutte queste situazioni e cose e poi ad esporle così bene?
 
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Camelia.
view post Posted on 31/10/2011, 15:51




Mi piacerebbe aver studiao a Hogwarts ;)
 
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Sibilla Piton
view post Posted on 3/11/2011, 18:48




A chi non piacerebbe?Sigh.....
 
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Camelia.
view post Posted on 5/11/2011, 01:10




Capitolo 12:


Percorsero tutto il corridoio e svoltarono a destra.
Un secondo corridoio, molto lungo, si parò davanti a loro e Alice spiegò che dovevano percorrerlo fino in fondo e poi prendere le scale che li avrebbero portati al secondo piano e all’aula di Trasfigurazione.
La Prefetto camminava svelta, ma non così tanto da rendere difficile seguirla e i bambini ebbero modo di parlottare tra di loro, commentando la loro prima lezione.
L’eccitazione albergava su ogni volto, il loro primo approccio con lo studio era stato non solo interessante, ma anche divertente. Certo, qualcuno era preoccupato per quello che sarebbe successo di lì a pochi giorni, con Vitious e la verifica che aveva in serbo per loro. Ma la lezione era stata grandiosa, ecco!

Lily sprizzava gioia da tutti i pori, erano capitate tante cose di cui essere felice: si era fatta coraggio e aveva dato dimostrazione con la sua bacchetta davanti a tutti, aveva guadagnato un punto per la sua Casa, si era esercitata molto bene e aveva ricevuto i complimenti del professore.
E tutto questo era avvenuto al fianco di Severus, come nelle loro fantasticherie al parco! Anche se tutto era appena accaduto, non poté non ripercorrere con lui quei momenti magici, in tutti i sensi.
Severus, dal canto suo, si trovava nella stessa esaltante condizione emotiva di Lily. Quella lezione era stata un successo e il suo ricordo freschissimo cancellava gli attimi presenti; il bambino camminava come un automa, tutto preso dalle sensazioni elettrizzanti che aveva lasciato nella classe di Incantesimi e dai discorsi che stava facendo con Lily.

“Prima avevo paura, sai?” la bambina parlava con aria sollevata.
Sì, Severus lo sapeva.
Sapeva quanto Lily temesse che l’essere di nascita babbana potesse in qualche modo penalizzare il suo rendimento. L’aveva rassicurata tante volte, ma solo ora che lei si era misurata con la magia pratica (superando brillantemente la prova), si era davvero tranquillizzata.
Lily aveva sempre avuto la segreta angoscia di non essere all’altezza anche per via del fatto che Severus, oltre ad avere la mamma strega e saper tutto di Hogwarts, era anche molto avanti nella sua preparazione, avendo letto tutti i libri scolastici che aveva in casa.
Questo in realtà lo rendeva diverso da qualsiasi altro bambino del primo anno, ma Lily probabilmente pensava che chiunque non fosse babbano, sapesse comunque più cose di lei.

“Te lo dicevo io, che non avresti avuto problemi!” rispose Severus e Lily sorrise grattandosi la tempia, un po’ vergognosa per tutte le paure che si era creata da sola.
Poi, la bambina espresse ad alta voce un pensiero che martellava nella testa dell’amico.
“Dobbiamo proprio tornare in sala comune?” chiese piano, leggermente imbronciata. “Io volevo esercitarmi con te!”
Severus sentì i piedi sollevarsi da terra o forse era la sua mente che aveva preso a galleggiare leggera.
Chinò appena il capo, quel tanto che bastava perché i lisci capelli scuri gli scendessero come pudico sipario sulle guance magre che sentiva scottare. La punta del suo naso spuntava fuori, pallida.
Superati quei pochi secondi di gioia selvaggia e imbarazzo rispose:
“Anche io.”
E si costrinse a guardarla negli occhi.

Lily era contenta, ma anche amareggiata.
Si sentiva un po’ in colpa per essere finita a Grifondoro, dopo tutti gli anni in cui Severus, parlandole di Hogwarts, aveva avuto toni entusiastici per Serpeverde. Ma d’altra parte, il Cappello Parlante aveva fatto la sua scelta e lei non poteva farci niente. E nonostante fosse stata divisa dall’amico, era tuttavia sinceramente contenta per lui, perché era stato smistato proprio dove desiderava.
Certo, questo diminuiva in modo esponenziale il tempo che avrebbero potuto passare assieme.
Lily si trovava bene tra i nuovi compagni, a parte quei due esibizionisti di Potter e Black. Mary era simpatica, Alice -anche se più grande- era disponibile e gentile e la sera prima, nel dormitorio, Lily aveva chiacchierato molto anche con le altre compagne di stanza, trovandosi subito a proprio agio con loro. E che dire di Nick-Quasi-Senza-Testa che era tanto affabile e cordiale?
Decise che però avrebbe cercato di passare tutto il tempo disponibile con Severus, quando non fosse stata costretta a tornare in sala comune.

Al suo fianco, Severus aveva pensieri simili, anche se inframmezzati da punte di odio verso la Casa di Grifondoro.
Come poteva restare un po’ con Lily?
C’erano le lezioni, va bene. Ma le lezioni erano lezioni, non era come stare a giocare al parco, bisognava stare attenti, concentrati. Poi c’era da studiare e i momenti liberi che rimanevano andavano passati con la Casa di appartenenza.
Avrebbe rivisto Lily solo al momento dei pasti e, anche lì, sarebbero stati seduti a due tavoli differenti.
Hogwarts, che nei suoi pensieri e sogni era sempre stata il luogo in cui tutto sarebbe stato meraviglioso e condiviso con Lily, aveva tradito parte delle promesse che Severus si aspettava di veder esaudite.
La scuola avrebbe dovuto essere divisa tra gente a posto e persone antipatiche, ecco cosa, così Lily sarebbe stata assieme a lui e Potter e Black altrove, dove non avrebbero potuto dar loro fastidio.

In quel momento i due esibizionisti erano in fondo alla fila che sparavano scintille contro il soffitto, facendo a gara a chi le spediva più in alto o a chi colpiva gli elmi delle armature disposte lungo il muro.
“Ragazzi…” li ammonì Alice. “Non si deve disturbare nei corridoi, soprattutto mentre c’è lezione.”
Non era arrabbiata, ma qualcosa nella sua voce garbata riuscì comunque a farli calmare un po’. Se non altro smisero di schiamazzare, ma Severus ebbe l’impressione che se ci fosse stato Malfoy come Prefetto al posto di Alice, i due non sarebbero stati così ubbidienti.

Con sgomento ripensò al fatto che Black, agli occhi di tutti i suoi compagni di Casa e perfino di Lumacorno, fosse un Serpeverde mancato. Avrebbero potuto essere compagni e magari condividere la stessa stanza nel dormitorio! Rabbrividì al pensiero, ma si sentì peggio quando guardò Lily e si rese conto che lei era compagna di Black e stava per passare con lui un’intera ora nella stessa sala comune.
Qualcosa di pesante gli cadde nel petto. Non era giusto!

Il dolore della sera prima si ripresentò e mentre Severus sentiva vagamente Alice metterli in guardia a proposito di scale che si spostavano e gradini evanescenti al quarto piano, provò una stretta al cuore. Immagini confuse di un corridoio buio e di una corsa nell’acqua fecero sorgere in lui un’inquietudine terribile perché non definita.
Aveva sognato quella notte? Si stropicciò la fronte, cercando di ricordare.
Come un turbinio di foglie nel vento di novembre, alcune immagini gli vorticarono davanti agli occhi chiusi.
Rapide, inafferrabili.
Tobias, il corridoio dei dormitori, un ragazzo dal viso molto bello, Malfoy e il suo odio per i babbani, Lily in pericolo, la risata di Lily, Lily e i suoi capelli rossi, due guizzi rossi in uno sguardo ignoto, Lily su un’altalena, lo schianto di una bacchetta, un’aria pesante intorno a lui, un buio così denso che si poteva toccare…

“Severus?”
Il buio sparì di colpo e gli occhi di Severus si riaprirono, registrando una gradinata. Avevano percorso tutto il corridoio, stavano per salire al secondo piano e lui non se ne era nemmeno accorto.
“S-sì? Lily?”
Pronunciare il suo nome gli fece scoprire che dalle alte finestre alla loro sinistra filtrava il sole. Respirò a fondo per calmarsi.
“A che stavi pensando?” sorrise lei.
“Oh… alla lezione” mentì.
Ora salivano i gradini di una scala spaziosa (ferma, per fortuna) che conduceva al secondo piano.
“Vitious mi sta molto simpatico!” dichiarò Lily. “E a te?”
“Sì.”
Beh, non era la simpatia che aveva colpito Severus, a dire il vero, ma il fatto che il professore gli era parso competente e capace. E questo era quello che contava in un docente.

“Questo è l’ufficio della professoressa McGranitt...” Alice indicò una porta all’inizio del nuovo corridoio “…mentre l’aula di Trasfigurazione è la terza, laggiù” concluse fermandosi.
“Ora che sapete dove si trova, tornate pure nelle vostre sale comuni e trovatevi qui fuori tra un’ora, d’accordo? Adesso devo lasciarvi e andare a Rune Antiche. Ciao, buona lezione!” concluse, con un sorriso incoraggiante, perché i bambini non sembravano molto convinti di venir lasciati soli e si raggruppavano come per stare più stretti gli uni con gli altri.

Severus si guardò intorno, febbrilmente. Era già arrivato il momento di separarsi da Lily?
Anche lei era estremamente dispiaciuta e non sapeva che dire. Cincischiò un po’ con il piede mentre attorno a loro i bambini si separavano: i Grifondoro in avanti lungo il corridoio per raggiungere i piani superiori e la loro torre, mentre i Serpeverde facevano dietro-front, per scendere fino alla Sala d’Ingresso e da lì poter raggiungere i sotterranei.

“Vieni, Lily?” fece Mary.
Severus la guardò con odio e la bambina si ritrasse lungo il muro.
“Beh…” cominciò Lily, guardando Severus con occhi tristi “…mi dispiace, devo andare”.
La sua voce era un sussurro.
Mary intanto si era incamminata con gli altri e volgeva la testa indietro per capire cosa stava facendo Lily. Severus osservò i Grifondoro camminare in gruppo, guidati da Potter e Black che di nuovo avevano preso a produrre fasci di scintille con le loro bacchette, ma si guardavano bene dal parlare a voce alta. Non erano così sbruffoni a un passo dalla McGranitt, rifletté Severus con una smorfia.
“Ma tra un’ora ci rivediamo!” continuò Lily, cercando di essere più allegra. “E possiamo anche prendere i libri per la lezione di Trasfigurazione!” aggiunse.
Già, i libri…
Ma certo! I libri!! Ecco la soluzione!

***


“E il resto del tempo che si fa?” gli aveva chiesto Lily, un giorno di primavera inoltrata.
Un venticello gentile e tiepido piegava i fili d’erba, il parco era un tripudio di verde, fiori e bambini urlanti, ma loro stavano appartati in un angolino tranquillo.
“Quando non c’è lezione?” domandò lui.
“Sì.”
“Beh, si studia e si fanno i compiti in sala comune.”
“Ma si può andare fuori?”
“Fuori dalla scuola intendi?”
“Sì.”
“Al terzo anno avremo il permesso di andare ad Hogsmeade, qualche volta. E’ l’unico villaggio completamente magico che c’è vicino alla scuola.”
Lily era molto interessata, l’idea di un villaggio abitato solo da persone non babbane era bizzarra e curiosa, ma Severus stava continuando:
“I primi due anni invece si può stare solo all’interno del territorio della scuola. Ma è molto grande, sai? Più di questo parco, molto di più! C’è una foresta e c’è anche un lago immenso. Mia mamma dice che è abitato dalle sirene…”
Lily trattenne rumorosamente il fiato, gli occhi spalancati.
“…e da una piovra gigante.”
Lily si portò le mani alla bocca, ma lo sguardo serio dell’amico la calmò.
“Le sirene…” ripeté lentamente, abbassano le mani in grembo.

(Quella sera, quando Severus fece ritorno a Spinner’s End e guardò il fiumiciattolo grigio e sporco che passava poco lontano da casa sua, pensò amareggiato che lì creature acquatiche affascinanti proprio non ce n’erano. Prese a calci dei sassi, dirigendosi verso l'abitato, e chiuse gli occhi per non vedere i ratti che camminavano sulle sponde, riascoltando mentalmente la voce sognante di Lily che diceva “Le sirene…”)

“E la scuola ha anche una grande biblioteca. Gigantesca!” proseguì Severus allargando le braccia. “Ci sono migliaia e migliaia e migliaia di libri di magia.”
Al pensiero gli brillarono gli occhi scuri, velati di eccitazione.
Lily aveva abbassato il capo.
“Tu sai già così tante cose…” aveva iniziato.
“Anche tu le saprai” ribatté lui con forza e lo sguardo intenso con cui la fissò calò su di lei come una calda coperta rassicurante.

***


Severus alzò di scatto la testa, gli occhi neri spalancati e fissi nello sguardo chiaro di Lily che, spostandosi dalla fronte una ciocca di capelli, guardò l’amico con espressione interrogativa.
Severus cercò Alice con lo sguardo e la individuò quasi in fondo al corridoio.
“Dobbiamo chiederle se…” cominciò, parlando velocemente e allungando una mano sul braccio di Lily.
“Ehi, Piton, che fai? Non vieni?”
La voce di Avery suonava innocente alle loro spalle, ma a Severus bastò uno sguardo rapido per cogliere un leggero sorrisetto sulla bocca del compagno.
“No, noi… Veramente noi…” balbettò, odiandosi per questo.
Si rivolse sottovoce a Lily, quasi mangiandosi le parole per la fretta:
“Chiedi alla vostra Prefetto se possiamo stare in biblioteca e chiedile dov’è!”
Lily si illuminò e annuì con forza; aveva capito e si allontanò in direzione di Alice e dei Grifondoro.
Severus non poté ammirare i suoi capelli rossi che si incendiavano ad ogni passaggio accanto a una finestra, perché rimase ad affrontare i compagni di Serpeverde.
“Noi volevamo studiare un po’ in biblioteca” annunciò, muovendo qualche passo verso di loro.
Il sorrisetto di Avery si fece più marcato, mentre Mulciber sbottò: “Cosa? In biblioteca?”
Ebbe un moto di repulsione.
“Ma è il primo giorno, per la barba di Merlino! Sai già tutti i libri a memoria, quanto vuoi leggere ancora?”
Era incredulo. Quel Severus Piton non era un secchione, era semplicemente fuori di testa. Studiare… bleah.
“Io non ci voglio andare, eh?” chiarì, rivolto ad Avery, come temendo che l’amico volesse unirsi a Severus e a quella lì di Grifondoro.
Oltretutto aveva il sospetto che fosse una babbana, da come Avery ne aveva parlato quando si erano accomodati per la colazione.
Che cosa ci trovava Piton, poi…
“No, no. Nemmeno io voglio andare in biblioteca” lo rassicurò dolcemente Avery, che gli fece cenno di seguirlo dietro i compagni che stavano scendendo le scale.
Voltandosi disse: “Beh, se non potete andarci, ti aspettiamo in sala Comune…”
Severus stirò le labbra con un lieve cenno del capo.

Rimasto solo in mezzo al corridoio, si girò e vide Lily che parlava con Alice; aveva superato i compagni che ora però la stavano raggiungendo e notò che Potter e Black nascondevano le bacchette nella veste, con la Prefetto così vicina.
“Dille di sì, dille di sì…” pregò febbrilmente Severus fissando la ragazza, senza osare avvicinarsi, fermo in mezzo al corridoio.
Temette che Alice potesse fare delle difficoltà e che li avrebbe costretti a tornare nelle rispettive sale comuni. Immaginò di tornare dai Serpeverde, solo e scornato. Immaginò lo sguardo di Avery e il suo sorrisetto mentre, sprofondato in una poltrona, lo accoglieva con un mellifluo:
“Non avete potuto studiare assieme, eh?”

Avery in fondo somigliava a Black.
Severus si sentiva sempre in difficoltà di fronte a loro, o meglio, qualcosa nel loro contegno e nei loro modi di fare faceva sorgere in lui un sentimento di inadeguatezza, anche se sapeva di essere migliore di loro. Per qualche oscura ragione però, era come se dovesse sempre dimostrarlo.
Osservò irritato Black che si fermava poco distante da Lily, subito imitato da Potter. La Prefetto gesticolava, indicando qualcosa... forse stava spiegando a Lily come raggiungere la biblioteca!
Lily guardò nella sua direzione proprio in quel momento, annuendo con un saltello e Severus esultò. Ce l’avevano fatta, potevano passare quell’ora assieme!

Piton si mosse lungo il corridoio e vide Alice fermare la fila e dire qualcosa a tutti i bambini, probabilmente per verificare se qualcun altro volesse seguire Lily; vide poi Potter e Black lanciargli un’occhiata maligna, scorse il ragazzino grasso osservare avido il comportamento dei due e un bambino magro e dall’aria malaticcia che dopo aver debolmente osservato la scena, tornava in fila con gli altri, che in massa ripresero a camminare.
A quanto pareva, anche i Grifondoro la pensavano come Mulciber a proposito dello studiare alla seconda ora del primo giorno.
Alice sparì sotto un arazzo.
A Severus sembrò che Mary indugiasse a chiedere qualcosa a Lily e per un attimo temette che si sarebbe unita a loro; si sentì a disagio, voleva andare in biblioteca con la sua amica da solo! Ma poi vide i ricci scuri di Mary tornare nel gruppo dei Grifondoro in marcia, non senza che la bambina gli lanciasse un’occhiata che lui ricambiò, rigido.

Lily stava correndo verso di lui e Severus, al settimo cielo, stava muovendo qualche passo nella sua direzione quando vide una bacchetta puntata contro di lui e uno spruzzo dorato.
L’attimo dopo si ritrovò ansimante, con la bacchetta in mano, il braccio tremante e la fronte contratta. Aveva intercettato le scintille di Potter alle spalle di Lily e una rabbia feroce gli irrigidiva ogni muscolo.

Il silenzio fu rotto dalla risata forzata di Black, che si avvicinava con un fare disinvolto e beffardo che non riusciva però a mascherare del tutto la sorpresa per una reazione tanto fulminea e precisa. Anche James era rimasto colpito, ma si unì allo scherno di Sirius rivolgendosi sarcastico a Piton:
“Ma che bravo che sei Mocciosus, alla prossima lezione di Incantesimi prenderai un altro bel punto!”

Lily si era fermata di botto quando aveva visto il sorriso dell’amico fermo in mezzo al corridoio tramutarsi in una smorfia: l’aveva visto sfilare la bacchetta dalla veste e puntarla verso di lei. Una frazione di secondo dopo aveva avvertito un piccolo scoppio sordo sopra la sua testa e istintivamente aveva incassato il capo tra le spalle. Quando lo ebbe rialzato, vide sopra di lei le scintille piovere placide e lente verso il basso, dissolvendosi nella caduta, e si accorse di Potter e Black.
Immediatamente comprese.
Furente, voltò il capo verso i compagni, troppo adirata per riuscire a parlare, gli occhi di un verde intenso come non mai.
Ma quei due continuavano a ridacchiare, anche se sottovoce, dato che l’aula di Trasfigurazione era a un passo.

Poi la voce di Severus si levò, sussurrata ma chiara: “Se voi prendeste un punto per ogni scemenza che fate, Grifondoro vincerebbe di certo la Coppa delle Case, a fine anno.”
Non si accorse che Lily si morse il labbro.
Ovviamente approvava che Potter e Black venissero messi in riga, ma Grifondoro era anche la sua Casa e questo le procurava un certo conflitto interiore.
“Senti senti…” ghignò Potter.
Sirius mosse un passo verso Severus e soffiò, ringhioso: “Sarebbe solo un onore battere Serpeverde.”
“Perché non ve ne tornate in sala comune?” si inserì Lily. “Non è permesso stare in giro.”
“E voi allora?”
Potter assunse il tono di chi sta spiegando una cosa ovvia e aggiustandosi gli occhiali sul naso disse:
“Evans, forse non te ne sei accorta, ma ci siete anche voi in giro.”
“Noi adesso andiamo in biblioteca!”
“Sì… che bravi” sbadigliò Sirius.
E, preso James per un braccio, si allontanarono lungo il corridoio in un tripudio di scintille, svoltando poi a destra.

Severus era nervosissimo. Non li sopportava quei due!
“Dai…” cominciò Lily. “Lasciali perdere, sono due stupidi!”
Osservava l’amico, trepidante; Piton aveva ancora lo sguardo puntato sul punto in cui Potter e Black erano spariti.
Ora il corridoio era invaso dal silenzio e due lunghe ombre si allungavano sul pavimento. Poi, una delle due prese per mano l’altra e lentamente i due bambini presero a camminare, due macchie scure appena fruscianti.
La luce delle finestre accendeva i capelli della bambina e faceva risaltare il pallore giallastro del bambino contro il nero delle divise.
“So dov’è la biblioteca!” sussurrò eccitata Lily.

E tutto tornò meravigliosamente bello.

Edited by Camelia. - 28/7/2013, 00:21
 
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Sibilla Piton
view post Posted on 6/11/2011, 19:58




Braaaaaaavaaaaaaaa

Camelia mi fai sognare.......mi fai sentire come se fossi lì!!!!Sììììììì evviva!!! Mi devo calmareeeeeee.......*si calma* Brava Camelia!
 
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37 replies since 1/7/2011, 23:47   671 views
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