Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Il primo giorno, Seguito de "La prima sera"

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Camelia.
view post Posted on 6/10/2011, 17:57 by: Camelia.




Nelle ultime settimane ho un po' latitato sul forum, mi dispiace. La ricerca di un lavoro mi ha tolto parecchie voglie, tra cui quella di continuare questa storia, anche se il giovane Piton insisteva perché andassi avanti ;)

Ora ho ritrovato un po' di ispirazione, per cui ecco il nuovo capitolo, sperando che sia gradito. Ciao! :)
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Capitolo 10:


“Dai entriamo!” disse Lily vivacemente, staccandosi troppo presto da lui e iniziando a trascinarlo verso la Sala Grande.
Severus la seguì, con una punta di dispiacere, perché si sarebbero seduti a due tavoli diversi. Lily gli disse un allegro “Ciao!” quando lo lasciò presso la tavolata di Serpeverde.
Lui rimase in piedi a guardare i suoi capelli rossi ondeggiare mentre correva e prendeva poi posto accanto a Mary McDonald.

“Beh, non ti siedi?” risuonò la voce di Avery, lievemente canzonatoria, alla sinistra di Piton.
Lui si riscosse, un po’ indispettito per il fatto di essere rimasto fermo in piedi a fissare i Grifondoro, davanti ai compagni della propria Casa.
Ma con sollievo notò che probabilmente soltanto Avery lo aveva sorpreso a seguire Lily con lo sguardo, perché il professor Lumacorno si trovava a circa metà della tavolata, in piedi assieme a Malfoy che gli stringeva la mano con un’aria quanto mai sussiegosa e compiaciuta. Lumacorno gli circondava le spalle con un braccio e salutò altri ragazzi che si alzarono per avvicinarsi a lui o si sporsero dall’altro lato del tavolo per stringergli a loro volta la mano.
“Ohh, che piacere rivedervi tutti, cari ragazzi!” andava dicendo gioviale. “Spero che abbiate passato delle belle vacanze, Nott, Rosier, signorina Black…”
Severus notò che tutti i suoi compagni sembravano ansiosi di venir nominati dal professore e di potergli porgere i loro rispetti, ma guardando bene si accorse che anche Lumacorno pareva altrettanto desideroso di non farsi sfuggire nessuno di loro. Gesticolava e dispensava grandi sorrisi e spesso chiedeva notizie sui parenti più stretti dei ragazzi, tutti, a quanto pareva, impiegati in lavori di alto livello o appartenenti a famiglie chiaramente blasonate.

Severus era così intento a osservare la scena che non si rese conto del ben di dio che gli si parava davanti: uova, pane tostato, latte, succo di zucca, caffè, bacon, salsicce… e tutto in quantità da sfamare un esercito. Mai in casa sua c’era stata tanta abbondanza e se la sera prima era rimasto altrettanto stupito, si era anche detto che si trattava del banchetto inaugurale, non immaginando che anche per colazione le tavole venissero letteralmente ricoperte di cibo.

A casa sua uno spettacolo del genere non si vedeva neppure a Natale.

Severus scosse vigorosamente il capo per scacciare via i ricordi di una squallida cucina che Eileen si era sforzata di rendere “festosa” e di uno striminzito pollo arrosto che, nonostante il profumo invitante, si accordava perfettamente alla miseria di quel quadro spoglio che era casa Piton.
Spesso negli ultimi anni, mentre mangiava avidamente il pollo (non per fame -quella ormai non la sentiva- ma per finire in fretta e allontanarsi da quello spettacolo infelice), si era figurato come doveva essere il Natale a casa Evans. Nei mesi freddi non vedeva Lily tanto spesso e meno che mai a Natale, un periodo per lei costellato di visite e scambi di regali.

***


Severus, un tardo e buio pomeriggio di metà dicembre, si era spinto fino a casa sua, osservando con il cuore gonfio di lacrimosa invidia i rami di agrifoglio punteggiati di bacche rosse e intrecciati sul portone e sulla balaustra di ferro, le luci accese che filtravano calde dalle finestre e il chiacchiericcio festoso che animava la casa.

Non poteva essere più diverso da quello di Spinner’s End, il Natale di Lily.

Con le mani affondate nelle tasche del cappotto troppo grande e liso, tanto caldo d’estate quando insufficiente a ripararlo adeguatamente dal freddo d’inverno, Severus aveva passeggiato un po’ lungo il viale davanti alla casa di lei, stropicciandosi i piedi e appoggiandosi a uno dei grandi platani senza foglie lungo il marciapiede.
Aveva desiderato con tutta l’anima di non essere se stesso e poi era scappato via, diretto a casa sua, anche se avrebbe voluto non tornarci mai più.

E lungo la strada, un’audace idea aveva preso forma nella sua mente, così, una volta tornato, si era messo a frugare tra le cose di scuola di sua madre (che di lì a nove mesi sarebbero state sue) e aveva tirato fuori la boccetta di inchiostro solidificato, inutilizzabile.
“MagINK” riportava l’etichetta molto rovinata e ingiallita sul davanti, in eleganti caratteri scuri su un fondo arcobaleno. C’era scritto dell’altro, ma non si leggeva più, la carta era strappata e macchiata. Se solo…

Severus si assicurò che suo padre non fosse in casa, quando si avvicinò a Eileen che stava rammendando dei calzini, rannicchiata su una sedia in cucina.
“Mamma…” iniziò incerto, e la mano si strinse più forte sulla boccettina.

Era tanto tempo che non diceva la parola “mamma”: tra lui e sua madre si era creata negli anni una strana consuetudine di scarsi dialoghi privi di appellativi, scambi di battute ridotti all’osso che spesso si risolvevano in silenziosi cenni del capo o sguardi. Severus era sempre più indipendente e solitario, Eileen taciturna e impegnata a fare la parte della comparsa della sua stessa vita... ma nonostante ciò, madre e figlio si capivano, quando si trovavano assieme.
L’atmosfera, anche se cifrata da una notevole distanza e da un abbondante mutismo, era quella di una pacifica convivenza non priva però di una remota empatia. Non era come con Tobias.

Eileen aveva alzato gli occhi dal proprio lavoro al suono di quella parola e con un riflesso che non riuscì a controllare saettò veloce lo sguardo, spaventata, le orecchie tese, per assicurarsi che non ci fosse il marito in giro.
Aveva poi guardato per lunghi secondi silenziosi il suo bambino così mingherlino e piccolo, ritto nell’apertura della porta della cucina, come per verificare che effettivamente avesse parlato e l’avesse chiamata “mamma”.
“S-sì?” disse infine.
Severus pareva impacciato, nervoso. Sfregava la punta delle scarpe e non riusciva a parlare. Eileen posò i calzini sul tavolo.
“Cosa c’è… Severus?”
L’averlo chiamato per nome accorciò le distanze e per un momento Severus e sua madre si sentirono trasportare indietro nel tempo, quando la distanza tra loro non era né verbale, né fisica.
Si sorpresero a essere imbarazzati entrambi, quando capirono di aver pensato la stessa cosa, ma Eileen parlò ancora, con una sfumatura dolce nella voce ruvida, invece della solita stanchezza:
“Dimmi”, lo invitò, disponibile.
Con le dita serrate sulla boccetta, Severus si avvicinò e guardando sua madre dritto negli occhi la posò sul tavolo dicendo con quello che sembrava tutto il suo coraggio: “Po-potresti farlo tornare liquido?”
Eileen fissò sorpresa la boccettina. Severus vide un’improvvisa folata di ricordi offuscarle velocissimi lo sguardo, che si fece opaco.
La donna rimase interdetta per un tempo indefinito, ma alla fine aprì la bocca per parlare. La gola le si era seccata perché quel che ne uscì all’inizio fu un verso inarticolato.
“Severus io… io non credo di…”
“Ma non devi farlo davanti a me” la interruppe precipitosamente Severus, che da tempo sapeva che sua madre non faceva più incantesimi, né lui si era più azzardato a chiederglielo.
“È per…” si tradì “È che vorrei usarlo”, si corresse subito. “Senza comprarne uno nuovo” aggiunse infine, sperando con l’ultima frase di convincere sua madre.
Eileen fissò la boccettina e allungò la mano pallida per prenderla. Un lieve sorriso le distese le labbra sottili.
“Sai, questo… era un inchiostro speciale” esalò, rigirando la boccettina tra le dita.
Parlò lentamente, come assaporando uno per uno i ricordi perduti che quell’oggetto stava risvegliando in lei.
“Cambiava colore, se volevi.”
“Come?”
“Beh, prima di iniziare a scrivere bastava dire che colore volevi e l’inchiostro obbediva.”
Severus sembrava eccitato. Ecco cosa significavano i colori dell’arcobaleno sull’etichetta!
Eileen continuava: “Non era il caso di usarlo per le cose di scuola, ma… era divertente… per scrivere biglietti o lettere…”
La voce le si affievolì.
Sembrava sorpresa, un po’ per l’aver raccontato i suoi ricordi e molto di più per aver utilizzato la parola “divertente”. Forse aveva dimenticato che esistesse, nel vocabolario.
Anche Severus si sorprese e distolse lo sguardo da sua madre, per non metterla in imbarazzo.
“È tutto secco adesso” azzardò speranzoso dopo qualche secondo di silenzio.
Eileen inclinò davanti agli occhi la boccettina scura e la massa che la riempiva per metà non si mosse.
“Severus, io…” iniziò, con un sospiro, scuotendo leggermente la testa.
“Per favore!” Severus si sporse verso di lei con le mani aperte sul tavolo e la guardò con gli occhi spalancati. “Non ti voglio guardare, davvero! Andrò di sopra e…”
La supplica nella sua voce disse a Eileen che quello non era un capriccio, ma qualcosa di davvero importante se suo figlio era venuto da lei a chiedergliela. Aveva pure specificato che non voleva vederle fare l’incantesimo, da anni ormai non glielo chiedeva, perché ora era così importante che lei facesse la magia anche se lui non voleva assistere?

Guardò Severus negli occhi.
Scuri, profondi, carichi di qualcosa di infinitamente triste per un bambino così piccolo, ma con una luce in fondo, una luce che ardeva prepotente.
Prese fiato per rispondere ma lo trattenne quando si udirono dei passi pesanti sui gradini esterni; mentre Severus si voltava verso la porta, con le mani ancora posate sul tavolo, lei alzò la testa di scatto. Poi si guardarono per un attimo e non ci fu bisogno di dire nulla: il ragazzino corse in camera sua e Eileen riprese in fretta il suo lavoro di rammendo, dopo essersi fatta scivolare il MagINK nella tasca del grembiule.

Il mattino dopo Severus aveva trovato la boccettina sul suo scalcagnato comodino. Un liquido scuro la riempiva tutta e l’etichetta era come nuova, bianca e con il vivace disegno di un arcobaleno sotto la scritta nera.

Eileen si era comportata con indifferenza quando era sceso a colazione, l’aver parlato assieme la sera prima parve cancellato, le parole erano tornate tabù; ma bastò incrociare un attimo il proprio sguardo in quello di lei, per dirsi quello che le parole non avrebbero mai detto.
Il tempo di un battito di ciglia, una gratitudine muta che Tobias non colse tra madre e figlio… poi la distanza era tornata vasta come un oceano tra i due.

***


“Oh oh! Che piacere rivedervi!” continuava allegramente a ripetere Lumacorno, dirigendosi verso l’altro capo del tavolo.
Severus si riscosse, impacciato. Lanciò uno sguardo veloce ad Avery e Mulciber, per controllare che la sua fuga nel passato non fosse stata notata, ma i due mangiavano con grande soddisfazione e bisbigliavano tra loro commenti sui compagni che il professore andava via via salutando.
Malfoy sembrava voler fare gli onori di casa e non abbandonava la sua posizione di fianco al professore, decisamente calato nell’autorità del distintivo che gli luccicava sul petto.
Severus si versò un bicchiere di succo di zucca e prese a sbocconcellare distrattamente una fetta di pane tostato.
“Prova questa!” suggerì Mulciber e spostò verso di lui un barattolo pieno di profumatissima marmellata, ma lo fece con la grazia di un elefante perché urtò sonoramente piatto e bicchiere del compagno.
Alcuni ragazzi si voltarono verso di loro, al rumore: Severus notò molte sopracciglia alzate e fu sicuro di leggere nei loro occhi uno sprezzante “Primo anno”.

Si sedette un po’ più dritto sulla panca e tirò verso di sé il proprio piatto. Mulciber non sembrava essersi accorto di nulla, era troppo impegnato a ingozzarsi con qualunque cosa riuscisse a ficcarsi in bocca e davanti a lui il tavolo era invaso dalle briciole. Avery invece sembrava divertito dell’imbarazzo di Severus, ma non disse nulla.
Lumacorno stava distribuendo alcuni fogli risalendo la tavolata e quando fu un po’ più a portata di orecchio lo sentirono dire che si trattava degli orari del primo trimestre.

“Ehhh, è mio dovere dirlo, per voi del quinto anno si prospettano mesi di durissimo lavoro. Per non parlare di voi del settimo, mio caro Rookwood, se i G.U.F.O. vi sono sembrati impegnativi, ancora più faticosi saranno i M.A.G.O.! Ma sono certo che vi farete onore e grandi cose vi attenderanno dall’anno prossimo, ne sono certo!”
Lumacorno gongolava e passava fogli, seguito da Malfoy come un’ombra.

Severus cominciò a fremere di impazienza, non vedeva l’ora di sapere quali lezioni avrebbe avuto il primo giorno e involontariamente guardò di nuovo verso il tavolo di Grifondoro.
Notò che la professoressa McGranitt aveva anch’essa dei fogli in mano e li distribuiva ai ragazzi della sua casa. Potter e Black avevano smesso di ridere forte a un’occhiata severa della donna sopra gli occhiali; Severus li guardò con disgusto e spostando lo sguardo su Lily vide che in piedi dietro di lei e altre bambine del primo anno c’era una ragazza dal viso paffuto e dall’espressione dolce che sembrava intenta a dare spiegazioni indicando qualcosa sui fogli che stringevano in mano. Doveva essere… Alice, la loro Prefetto, e infatti Severus vide il distintivo sulla sua divisa.
Si voltò e alle sue spalle notò che anche i direttori di Corvonero e Tassorosso erano intenti a distribuire orari. Tuttavia, come la McGranitt, sembravano più professionali di Lumacorno che pareva l’unico docente in tutta la Sala Grande a cercare un contatto decisamente più ravvicinato e cameratesco con gli allievi.

“Mulciber ed Avery…” la voce strascicata di Malfoy risuonò vicinissima.
Severus sobbalzò sulla panca e tornò a guardare davanti a sé, trovandosi di fronte la larga pancia del professore che stringeva calorosamente la mano ai suoi compagni. Avery si era alzato in piedi, tirandosi indietro i capelli con un gesto risoluto del capo, Mulciber invece era rimasto seduto, con la bocca piena di uovo e pane, torcendosi sulla panca e tendendo il braccio all’uomo.
Lumacorno era decisamente eccitato di conoscere quei due, non c’era dubbio. Con gli occhi luccicanti chiedeva loro notizie dei rispettivi padri e, come la sera prima, Severus si sentì sulle spine. Quello era il direttore della sua Casa e l’insegnante di Pozioni, non poteva, non doveva fargli brutta impressione!
Rimase a guardare la scena di Lumacorno che si sbracciava in ampi gesti e si chiese se sarebbe passato oltre o avrebbe rivolto parola pure a lui. Malfoy al suo fianco ostentava un’aria soddisfatta e con il mento sollevato lasciò scivolare lo sguardo sul piccoletto dai capelli troppo lunghi e unticci.
Un angolo delle labbra gli si incurvò verso l’alto e disse, rivolto all’uomo:
“Professore, lui è Severus Piton.”
Severus si sentì improvvisamente piccolissimo e guardò Lumacorno con gli occhi spalancati. Durò solo un momento però, perché decise di darsi un contegno e subito si alzò in piedi, tendendo il braccio attraverso il tavolo mentre Avery riprendeva posto sulla panca, di fronte.
“Oh, il giovanotto così ansioso di fare magie!” ridacchiò Lumacorno stringendogli la mano e Severus sentì gli occhi di Malfoy guardare interrogativi prima lui, poi il professore, che non dava segno di volersi fermare oltre il tempo necessario di essere educato.
Per quanto potesse averlo colpito quando l’aveva visto con la bacchetta in mano, poco prima, Severus si accorse che non aveva registrato il suo nome ed ebbe la certezza che Lumacorno sarebbe passato oltre, dopo aver avuto la gentilezza di stringergli nuovamente la mano.

“No, resti, resti!” pensò febbrilmente, mentre vedeva svanire negli occhi del professore anche il più remoto interesse nei suoi confronti.
Ma Malfoy si intromise dicendo con una punta di dispetto abilmente dissimulata in un tono amichevole: “Oh, vedo che qualcuno gliene ha già parlato, professore.”
Lumacorno lo guardò, la bocca ancora stirata in un sorriso di circostanza e gli occhi vagamente stupiti.
“Parlato di cosa, Malfoy?”
“Dell’incantesimo Spegnifiamma che Piton ha eseguito ieri nei dormitori” rispose il giovane e dall’espressione del professore comprese di essere il primo ad avergli dato la notizia, cosa che lo imbaldanzì e fece tornare sul suo volto affilato una densa maschera di superbia.
“Incantesimo Spegnifiamma??” Lumacorno ora studiava Severus con occhi spalancati e attentissimi.
Il bambino lanciò un’occhiata a Malfoy, come per verificare di aver il permesso di rispondere e anche se il Prefetto moriva chiaramente dalla voglia di poter aggiungere lui altri particolari alla notizia, era altresì cosciente del fatto che non sarebbe stato educato rispondere al posto del diretto interessato.

Severus sentì calare dentro di sé una fredda calma. Stava per far colpo su Lumacorno e non poteva sbagliare.

“Il tappeto in camera aveva preso fuoco…” cominciò, evitando di guardare Avery e Mulciber che da parte loro ora gli tenevano gli occhi puntati addosso, Mulciber aveva perfino smesso di mangiare.
“…e allora l’ho spento” concluse con semplicità, ma la sua modestia era un concentrato di orgoglio.
Lo sentiva ardere dentro di sé, caldo, prepotente. La stessa inebriante sensazione della sera prima e non c’era alcun bisogno di sbandierarla: a dispetto del suo cognome sconosciuto, si era accorto di aver fatto centro e di aver destato tutta l’attenzione del professore che ora lo guardava decisamente impressionato e attento.

“Mio caro ragazzo” esordì con voce piena di ammirata sorpresa “mio caro…”
“Piton” si affrettò a dire lui. “Severus Piton.”
Lumacorno si mordicchiava il labbro, con la fronte aggrottata. Era chiaro che stava cercando di ricordare un allievo con quello stesso nome tra le schiere di giovani che erano passati per Hogwarts e che si erano ritagliati una posizione di spicco nel mondo magico; ma Piton capì che si stava anche sforzando di rammentare quei giovani che la sua mente faticava a memorizzare, se non erano diventati pezzi grossi in qualche campo o non appartenevano a famiglie di lunga tradizione magica.
“Mia madre una volta l’ha fatto…”, soggiunse subito Severus, lieto di poter dare una spiegazione che era anche un modo infallibile di deviare per sempre il discorso da Tobias Piton, il babbano.
“Tua madre, caro ragazzo?” lo interruppe Lumacorno.
“Sì, signore. Eileen Prince, signore.”
Questo nome parve risvegliare qualcosa nel professore, i cui occhi guizzarono per un momento.
“Prince, Prince…” borbottò pensoso sotto i baffi e tamburellando la punta dell’indice sulle labbra.
Osservando Lumacorno che con la testa reclinata all’indietro e gli occhi persi nel soffitto cercava di dare un volto e soprattutto una posizione nella società a Eileen Prince, Severus si chiese se sua madre potesse essere stata in grado di lasciare un’impronta di sé.
Cominciava a dubitarne, quando Lumacorno parve tornare da un lungo viaggio e lentamente disse: “Oh! La signorina Prince…” il suo tono era sorpreso, “…È stata per caso capitano della squadra di gobbiglie?”
Severus ricordava - tanti anni prima, quando non sapeva leggere, quando ancora si rifugiava nelle braccia di lei e nei suoi racconti di Hogwarts - un vago riferimento di Eileen alla squadra di gobbiglie.
“Sì, signore” disse, cercando di mantenere la voce ferma e di non tradire la delusione per il ruolo non certo di punta ricoperto da sua madre ai tempi della scuola.
Evidentemente non era una studentessa così brillante da rimanere impressa, né la sua vita dopo la scuola aveva fatto registrare avvenimenti degni di nota.
I genitori di molti suoi compagni lavoravano al Ministero o erano noti per il solo fatto di esistere; Eileen invece si era confusa in un magma indistinto, lontanissimo dal mondo che poteva contare per Lumacorno; una goccia scura in un mare nero, per di più babbano.

“E lei ti ha insegnato a fare un incantesimo così avanzato?” domandò Lumacorno con curiosità e sorpresa, glissando sui trascorsi di Eileen e soprattutto sul suo presente, indubbiamente privo di qualsiasi attrattiva, dato che non era tra le sue conoscenze mondane.
“No, signore. Io… gliel’ho visto fare una volta e poi l’ho letto in un libro, così…”
“Ha letto tutti i libri, anche del settimo anno!” si intromise Mulciber a voce molto alta e, nel brevissimo lasso di tempo che servì a Lumacorno per spalancare gli occhi e la bocca, Severus notò che al tavolo di Grifondoro qualche testa si girava verso di loro. Vide Black osservarlo e bisbigliare qualcosa a James mentre gli dava una gomitata. I due rimasero a fissarlo beffardi e Severus sostenne imperiosamente quell’esame poco gradito. Sperava che avessero sentito, lo sperava proprio!
Spostò lo sguardo e vide Lily che sorrideva a Mary, mentre mangiava una fetta di pane imburrato e indicava qualcosa su un foglio, tutta presa da una discussione sugli orari.

“Bene, bene, bene!” fece Lumacorno fregandosi le mani e come pregustando un boccone particolarmente succulento. “Quale inaudita brama di conoscenza! Un giovanotto talmente ansioso di imparare ancora non s’era visto a Hogwarts!” Scoccò a Malfoy un’occhiata di intesa e Severus capì che entrambi si rallegravano del fatto che un ragazzino così promettente fosse finito a Serpeverde.
Non li avrebbe delusi.
“I libri del settimo anno, eh? Beh, forse non ci avrai capito molto, mio caro ragazzo, ma di certo l’incantesimo Spegnifiamma è roba da minimo terzo anno! Complimenti vivissimi!”
E Lumacorno strinse di nuovo la mano a Severus, stavolta con lo stesso calore e partecipazione con cui aveva stretto quella di Narcissa, di Nott, della Carrow, di Avery e di Mulciber…
Severus capì di essere entrato nella selezionatissima lista di persone per cui Lumacorno era disposto a spendere attenzione.

La gioia di non sentirsi fuori posto a quel tavolo lo fece perfino sorridere, anche se fu ben attento a evitare di comportarsi come alcuni dei suoi compagni più grandi che qualche minuto prima quasi avevano sgomitato per farsi vedere da Lumacorno.
Voleva essere superiore a manifestazioni così piccine, anche se una segreta parte di sé saltava di contentezza. Con la mano ancora stretta in quella di Lumacorno, vide Potter e Black guardarlo con disprezzo dal tavolo di Grifondoro e restituì loro un’occhiata gonfia di altera freddezza.
Notò anche che i suoi stessi compagni rimanevano colpiti dal suo contegno rigido e come noncurante, come se il suo essere speciale per lui non contasse, ma fosse normale amministrazione.

Prese da Lumacorno gli orari delle sue lezioni e tornò a sedere, studiandoli. Avrebbe avuto una, due, tre lezioni quel giorno, più una mezz’ora prima di cena da dedicare alla propedeutica del volo, se ci fosse stato bel tempo. Incantesimi, Trasfigurazione e… Pozioni! Il suo cuore esultò.

Ma fu quando si accorse che tutta quanta la giornata e anche le successive sarebbero state condivise con i Grifondoro, che non fu più in grado di mantenere inalterato quel contegno distaccato che gli donava un’aria decisamente troppo adulta e lo faceva emergere, pallido e serio, tra i Serpeverde e tra tutti i piccoli della Sala Grande, nonostante fosse piccolo e magro.
Non poté impedirsi di guardare nuovamente il tavolo oltre il suo e incrociò subito gli occhi di Lily che evidentemente stava cercando da un po’ di attirare la sua attenzione perché sventolò verso di lui il foglio degli orari con gli occhi traboccanti di gioia.
Severus non si sbracciò in gesti vistosi, ma annuì con forza e le sorrise di rimando, incurante degli sguardi di Avery e Mulciber, le dita contratte sul foglio.

Sì, la giornata stava decisamente virando verso il meglio.

Edited by Camelia. - 26/7/2013, 11:36
 
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