Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Incatenato alla morte, seguito di "per amore di un figlio"

« Older   Newer »
  Share  
» romi;
view post Posted on 2/2/2011, 19:38




Bellissimo capitolo, anche se triste...ç__ç I pensieri di Severus li adoro, sono così veri e descritti benissimo! **
Anche il dialogo con Neville mi è piaciuto parecchio, lo scambio di battute e la verità graffiante che si celava in quelle frasi... :sisi: Tutto molto bello...u.ù
Ma Severus da il massimo del suo sarcasmo quando è con Silente...xD I dialoghi con lui mi sono sempre piaciuti, e l'ultima battuta di Severus: “Se sta cercando di rallegrarmi, le ricordo che quest’esercito non porta molta fortuna agli uomini ai quali è intitolato.” mette un pò di allegria al lettore dopo tutto il capitolo, davvero molto ben fatto! **
Complimenti come al solito! :felix:

Baci baci,
Laura.
 
Top
view post Posted on 4/2/2011, 20:06
Avatar

Erede Universale del prof. Snape

Group:
Piton Fan
Posts:
923
Location:

Status:


°O° Nuovo capitolo :D me felice XD
Mi piace troppo come tu riesca a far uscire letteralmente Piton dallo schermo da quanto è realistico (ovviamente non sapremo mai com'è realmente, ma ci piace pensarlo così image) e mi piace tanto anche il dialogo tra Piton e Silente, di come la "macchia di colore magico su tela" riesca a sondare la mente di Piton..
Sei una delle migliori scrittrici su questo forum (a parer mio, ovviamente) , continua così! :D
 
Web  Top
arcady
view post Posted on 4/2/2011, 23:51




Diooo mio quanto è rigido il nostro caro preside!! Ma se non ci fosse lui andrebbero tutti a ramengo mi sà!
Brava Astry, cosa vuoi che ti dica : sempre tanti complimenti per l'originalità e la suggestione che crei.
Beh poi i dialoghi con Silente sono sempre troppo belli, dev'essere divertente scriverli!
:asd:
 
Top
Astry
view post Posted on 5/2/2011, 16:21




CITAZIONE (» romi; @ 2/2/2011, 19:38) 
Ma Severus da il massimo del suo sarcasmo quando è con Silente...xD I dialoghi con lui mi sono sempre piaciuti, e l'ultima battuta di Severus: “Se sta cercando di rallegrarmi, le ricordo che quest’esercito non porta molta fortuna agli uomini ai quali è intitolato.” mette un pò di allegria al lettore dopo tutto il capitolo, davvero molto ben fatto! **

Ehehe! I dialoghi con Silente vengono fuori da soli, quei due son terribili insieme. E Severus è l’unico capace di rispondere al vecchio preside usando quel tono deliziosamente acido. :shifty:

CITAZIONE (.:TheSlasher:. @ 4/2/2011, 20:06) 
°O° Nuovo capitolo :D me felice XD
Mi piace troppo come tu riesca a far uscire letteralmente Piton dallo schermo da quanto è realistico (ovviamente non sapremo mai com'è realmente, ma ci piace pensarlo così e mi piace tanto anche il dialogo tra Piton e Silente, di come la "macchia di colore magico su tela" riesca a sondare la mente di Piton..
Sei una delle migliori scrittrici su questo forum (a parer mio, ovviamente) , continua così! :D

E’ che a volte mi ritrovo talmente nei pensieri di Piton e nella sua boccaccia acida, che mi sembra di stare nella sua testa. Comunque grazie, mi fai arrossire. :wub:



CITAZIONE (arcady @ 4/2/2011, 23:51) 
Beh poi i dialoghi con Silente sono sempre troppo belli, dev'essere divertente scriverli!
:asd:

Infatti mi diverto un mondo a metterli insieme :D

Ci stiamo avviando verso il gran finale, potete cominciare a preparare i fazzoletti. :cry:


Cap 12 Fuga da Hogwarts



Poco dopo, il preside stava percorrendo, per la quarta volta in dieci minuti, il corridoio del settimo piano.
Aveva scrutato ogni fessura, ogni mattone di quelle pareti, ma non c’era nulla.
Era abituato alle stramberie di Silente. Di solito c'era sempre un indizio, una chiave per aprire porte segrete, nell'intricato mistero delle sue parole.
“Una stanza dove esercitarsi.” Sussurrò.
Nulla.
Continuò a camminare avanti e indietro, dandosi dello sciocco. Cosa c’era in quel corridoio di tanto particolare? Perché Silente avrebbe voluto ‘sgranchirsi le gambe’ proprio al settimo piano?
“Una stanza per esercitarsi.” ripeté esaminando tutte le porte.
Conosceva quei locali: erano tutti troppo piccoli per servire allo scopo.
Passò per l’ennesima volta davanti ad un orrendo arazzo, i cui margini sembravano essere stati aggrediti da fiamme magiche, infatti, nonostante l’impeccabile restauro, le giunture erano ancora evidenti.
Piton immaginò che dovesse essere accaduto durante la guerra. Eppure lo trovò insolito. Se c’era stato un incendio in quel corridoio, perché non se ne vedeva traccia nelle pietre del pavimento o nella parete?
Si fermò davanti all’arazzo e ripeté, questa volta con più forza:
“Una stanza per esercitarsi.”
Improvvisamente una grande porta lucida comparve dietro l’arazzo.
Scostò appena le ante e si sporse all’interno.
In una sala spaziosa col pavimento tappezzato di cuscini, gruppi di ragazzi si fronteggiavano borbottando incantesimi e cercando di colpirsi a vicenda.
Non si accorsero di lui, e il preside si infilò silenzioso nella stanza restando appoggiato alla parete. Poi qualcosa o, meglio, qualcuno gli piombò ai piedi, cozzando contro le sue scarpe.
Severus guardò in basso con un’espressione stupita. Un ragazzino dalla chioma rossiccia si dibatteva borbottando parole incomprensibili, mentre cercava di districarsi dal suo mantello.
Un incantesimo lo aveva fatto volare all’indietro, facendolo finire proprio ai piedi di Piton.
Quando finalmente il malcapitato, uno studente del primo anno, riuscì a liberarsi da quelle ampie ali di stoffa nera, sollevò il viso lentigginoso fissando l’uomo che lo sovrastava. Gli occhi si spalancarono appena realizzò a chi appartenevano le scarpe sulle quali aveva sbattuto il naso.
“Pre… pre… pre…!” balbettò
Le labbra di Piton si piegarono in una smorfia.
“Presumo voglia dire ‘preside’, signor Thomas.”
All’udire la sua voce tutti si voltarono verso Piton e il ragazzo accovacciato ai suoi piedi.
Restarono in silenzio, aspettandosi un rimprovero, ma Piton, aggirando Thomas, che era ancora in terra, si avvicinò ad una poltrona e si accomodò.
“Allora? Siete stati forse pietrificati?” tuonò.
I ragazzi si rivolsero a vicenda sguardi interrogativi.
Ma il preside, dopo aver gustato per alcuni secondi il loro imbarazzo annunciò:
“Sono venuto a vedere se questo” il sopracciglio si sollevò, e le sue iridi scurissime esaminarono, uno ad uno, i giovani maghi schierati di fronte a lui. “Esercito…” accentuò particolarmente quest’ultima parola, mentre lo sguardo si fermava su Albus Severus. “…è degno del nome che porta.”
Ci fu ancora un lungo silenzio poi James Potter prese l’iniziativa.
“Bene ragazzi, allora continuiamo”.
Con un gesto delle braccia richiamò i suoi compagni.
Gli studenti, una nutrita rappresentanza di tutte le case, dal primo fino all’ultimo anno, si schierarono in due file, in modo che ognuno potesse fronteggiare il proprio avversario.
Nel prendere il suo posto nella fila, Albus passò trotterellando davanti al preside, e gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi, che Piton, naturalmente, finse di non notare.
Le esercitazioni ripresero da dove erano state interrotte. I primi imbarazzati tentativi, furono piuttosto deludenti. Dopo ogni Expelliarmus e ogni Schiantesimo, sguardi furtivi correvano per cercare di carpire un qualsiasi cambiamento nell’espressione del loro ‘giudice’. Ma Piton li osservava senza fare una piega.
Se ne stava immobile, con le mani appoggiate ai braccioli della poltrona e un’espressione indecifrabile. Gli occhi vagavano per la stanza posandosi su ogni oggetto, ogni pilastro, ogni attrezzo dell’insolita palestra, come se volesse leggerci una parte di quella storia della quale era stato tenuto all’oscuro.
Ecco, ora si spiegava tante cose. Era qui che i ragazzi si nascondevano durante la sua odiata presidenza. Una stanza segreta che Silente non aveva mai voluto rivelargli. Forse non la conosceva nemmeno lui? O forse faceva parte di quelle cose che Severus la spia non doveva conoscere?
Probabilmente l’anziano Preside voleva evitare che il suo zelo nel cercare di rispettare la volontà dell’uomo che aveva dovuto uccidere lo portasse ad impedire quelle riunioni clandestine. Infatti, se da una parte Silente gli aveva chiesto di difendere gli studenti di Hogwarts, e non di addestrarli per una guerra, dall’altra non aveva mai fatto nulla per fermarli, per tenerli lontano dal pericolo, anzi, li aveva sempre incoraggiati.
Forse, l’E.S. doveva esistere dopotutto. Ma per far cosa?
Per mantenere vivo l’entusiasmo e la voglia di combattere nei giovani studenti, perché potessero andare orgogliosi incontro alla morte?
Severus scrollò il capo.
Sì, quel vecchio pazzo ne sarebbe stato capace.
Forse avrebbe fatto bene a sigillare la stanza e rimandare quegli sciocchi ragazzini a studiare sui libri, invece di spingerli a giocare a fare gli eroi.
Eppure, ora che la decisione di sciogliere l’ES dipendeva da lui, qualcosa gli diceva che non sarebbe stato giusto farlo.
Perché?
Di nuovo il suo sguardo percorse la sala, registrando uno ad uno i volti dei giovani maghi, cercando di carpire le loro emozioni.
Ia loro passione era evidente e anche la sincerità dei loro intenti. Avevano molta voglia di rendersi utili, e forse di dimostrarsi degni della pace che i loro genitori gli avevano regalato a costo di enormi sacrifici. Probabilmente per molti di loro era difficile vivere all’ombra di così tanti eroi. Fissò il piccolo Albus e una ruga si disegnò sulla sua fronte. ‘Potter’ era un cognome pesante da portare, e il figlio del Prescelto non avrebbe tardato molto a ficcarsi in qualche guaio pur di emulare suo padre.
La sua vocetta infantile lo distolse per un istante dal proprio ragionamento.
Mentre il giovane Serpeverde gridava l’incantesimo, le labbra di Severus presero una piega insolita somigliante ad un sorriso carico di tenerezza che il mago si affrettò a camuffare e seppellire dietro una smorfia stizzita.
Non poteva permettere ai suoi muscoli di manifestare sentimenti che non voleva e non poteva provare. Non per un ragazzino pelle e ossa che malauguratamente portava il suo nome.
In quel momento avrebbe desiderato poter comandare le proprie emozioni nello stesso modo in cui riusciva a obbligare i suoi nervi a tendersi a suo piacimento, mutando il volto in quella maschera che per tanti anni lo aveva protetto e al tempo stesso isolato dal mondo.
Doveva riuscire ad ignorare Albus Potter, il destino del ragazo non lo riguardava. Poco importava se l’aver contribuito a salvargli la vita gli dava la sensazione di aver partecipato, in un certo senso, ad una sua nuova nascita.
Un profondo sospiro sfuggì dalle sue labbra, quando il ragazzo, dopo aver mandato a segno l’ennesimo incantesimo, gli rivolse ancora un radioso sorriso.
Non doveva affezionarsi a lui, specialmente vista la situazione. E soprattutto non doveva preoccuparsi nel caso il giovane mago avesse voluto fare qualcosa di avventato. Non stava a lui impedirglielo. Se Albus possedeva almeno la metà della caparbietà di suo padre, unita all’ambizione tipica degli studenti della sua casa, niente e nessuno avrebbe potuto indirizzarlo su una strada diversa da quella che si era scelto. L’ES evidentemente faceva parte di questa scelta.
Si costrinse a distogliere lo sguardo che rivolse agli altri partecipanti a quell’allenamento.
Gli studenti avevano cominciato ad acquistare maggiore fiducia nelle loro capacità e lampi colorati avevano preso ad illuminare la stanza come un festoso fuoco d’artificio.
Ad un cenno di James Potter, tutti smisero di pronunciare ad alta voce i loro incantesimi. S’udivano solo i tonfi dovuti agli Schiantesimi, appena attutiti dai cuscini. Di nuovo un ragazzo rotolò ai piedi del preside, che si chinò in avanti ad osservarlo, con aria curiosa.
“Non ne ha avuto ancora abbastanza, signor Collins?” chiese, le labbra sottili atteggiate in un sorrisetto ironico. Infatti era la terza volta che Zachary Collins, un alunno del terzo anno, finiva in terra.
Ma il giovane si alzò di scatto, si spolverò la divisa scolastica, e si gettò di nuovo contro il proprio avversario, più determinato che mai.
Dopo circa mezzora, stanchi ma soddisfatti, i componenti del nuovo ES si voltarono verso Piton, in attesa di un suo commento sui loro progressi, ma la sua sedia era vuota. Presi dagli esercizi non si erano accorti che nel frattempo Severus si era allontanato, in silenzio come era entrato.
Rimasero tutti a fissare il posto che il mago aveva occupato solo qualche minuto prima, piuttosto delusi, tuttavia consapevoli del fatto che, se ne avesse avuto il motivo, Piton non avrebbe certo risparmiato di esprimere loro tutto il suo disappunto.




* * *




La porta della sala dei professori si aprì. Neville, che era intento a scrivere una lettera, sollevò il capo fissando l’uomo sulla soglia con aria abbattuta. Estragone se ne stava in piedi, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo chino. Prese un profondo respiro e fece qualche passo avanti.
“La pozione è pronta.”
Neville non rispose. Strinse con forza la penna d’oca fra le dita e prese a maltrattare la pergamena che aveva davanti, come se stesse incidendo le parole su una superficie di marmo.
“Ho già avvertito il preside, ci raggiungerà nel sotterraneo.” La voce di Estragone era bassa e pacata.
Paciock continuò a sfogare la sua frustrazione sul foglio chiudendosi in un ostinato silenzio.
Wilkinson si avvicinò ancora e, oltrepassando la scrivania, si fermò alle spalle del collega. Si appoggiò con una mano al tavolo e si sporse per osservare la lettera che Neville stava scarabocchiando. Le sue labbra si piegarono in una smorfia di commiserazione.
“Ho bisogno di te. Lui ne ha bisogno. Se avrà un’altra crisi dovrai aiutarmi ad immobilizzarlo.” Disse dopo un po’, chinandosi e guardandolo negli occhi.
“Quanto durerà ancora?” sbottò l’altro, spazzando via dal tavolo la penna e la lettera, con un ampio e repentino movimento del braccio.
Si portò le mani nei capelli chiudendo gli occhi.
“Quanta altra pozione ci vorrà? Sono due settimane che andiamo avanti così, e il Marchio sembra diventare sempre più potente.”
“Non lo so. Nemmeno il preside lo sa.”
Neville si voltò fissando a sua volta il collega.
“L’ultima volta è stato terribile.” Strinse i pugni. “Ogni volta è peggio della precedente.” sospirò. “Sai, per un momento sono stato tentato di liberarlo. E se lo avessi fatto?”
“Avresti liberato Voldemort.” disse gelido il Capocasa dei Serpeverde.
Neville si alzò di scatto facendo cadere la sedia dietro di lui.
“Ma non era Voldemort a gridare. Maledizione! Era Piton.” urlò scuotendo il capo. “Io… io non so se me la sento. Forse sono un vigliacco, magari lo sono sempre stato, ma non riuscirò a torturare ancora quell’uomo, nemmeno per il bene del mondo magico.” Si voltò dando le spalle all’altro. “Forse Piton aveva ragione: ci sono compiti che non si dovrebbero mai affidare ad un Grifondoro.” mormorò amareggiato.
Estragone lo afferrò per le spalle costringendolo a voltarsi e a guardarlo di nuovo negli occhi.
“Credi che io mi diverta? Sei tu che mi hai coinvolto. O pensavi di cavartela dando a Piton la sua brodaglia per poi squagliartela?” soffiò.
“No, ma non credevo di doverlo tenere fermo mentre quel maledetto Marchio gli fa patire le pene dell’inferno. E poi per cosa? Quella pozione non funziona. Quanta ne ha usata finora? Quattro, cinque calderoni? Eppure il Marchio e ancora lì.”
Estragone lo lasciò e fece un passo indietro. Le braccia di nuovo abbandonate lungo i fianchi, e le spalle curvate dal peso della sconfitta. Si morse il labbro.
“Credo… beh, credo che la Pozione non lo eliminerà mai del tutto. Forse riesce a renderlo innocuo. Il Marchio è come addormentato, ma tornerà non appena il preside smetterà di usarla.”
“Quindi dovrà prenderla per sempre?” Neville si portò la mano alla bocca colto da un improvviso attacco di nausea.
Estragone annuì.
“Abbiamo abbastanza Euriale. Dovrebbe bastare per un altro mese. Poi ce ne procureremo ancora.” Continuò Wilkinson, con voce atona.
Paciock si lasciò cadere sulla poltrona, sospirando.
Wilkinson distolse lo sguardo chinando il capo, poi si voltò e si diresse verso l’uscita. Si bloccò ad un metro dalla porta.
“Essere coraggiosi non sempre è semplice come affrontare il nemico con una spada. Un Grifondoro dovrebbe saperlo.” disse rivolgendo all’altro uno sguardo provocatorio. “Forse dovresti prendere esempio da lui.” Accennò con lo sguardo alla finestra, dalla quale si poteva vedere la torre in cui si trovava l’ufficio del preside. Fece ancora qualche passo e afferrò la maniglia. “Ti aspetto nel sotterraneo”. Concluse chinando il capo in un gesto di saluto, poi se ne andò, chiudendo la porta alle sue spalle.




* * *




Poco dopo Estragone percorreva svogliatamente i lunghi corridoi del Sotterraneo.
Neville non era il solo a non voler assistere all’ennesimo disperato tentativo del preside di sfuggire alla sua condanna. Come Pozionista sapeva bene che Piton non avrebbe potuto continuare per molto ad usare quel filtro. Ogni nuovo calderone sembrava meno efficace del precedente. Presto la Pozione sarebbe diventata del tutto inutile.
Giunto alla porta del laboratorio, prese un grosso respiro e si accinse ad entrare, quando un rumore di passi attirò la sua attenzione. Si voltò e vide Neville in fondo al corridoio.
Estragone sorrise e Paciock marciando verso di lui con aria risoluta, annunciò. “Sai, detesto dar ragione ad un Serpeverde, ma ti sono grato per avermi ricordato il vero significato del coraggio. Non mi tirerò indietro.” Piegò le labbra in un sorrisetto ironico. “Anche se non sarà facile come ‘affrontare un nemico con la spada’.”
Il sorriso dell’altro si allargò maggiormente. E senza ribattere protese il braccio e spinse l’anta della porta spalancandola.
Entrò per primo, ma si bloccò non appena varcato l’ingresso, e Neville, che era dietro di lui, per poco non andò a cozzare contro la sua schiena.
La stanza era a soqquadro. Lo sguardo del Pozionista corse al calderone che era rotolato in un angolo, mentre la pozione, fuoriuscendo, aveva colorato di blu le pietre del pavimento. La testa di Neville fece capolino da dietro il mantello del collega che era praticamente pietrificato sulla soglia e gli bloccava il passaggio. Le labbra di Paciock si spalancarono e un’espressione mista di terrore e disperazione gli si disegnò sul volto.
Libri e ampolle frantumate erano sparsi per tutta la stanza. In un angolo, vicino al tavolo, c’era un mucchietto di cenere e tutt’attorno le pietre erano annerite.
I due uomini avanzarono quasi con timore, mentre i loro sguardi vagavano disorientati, in quella devastazione. Neville si stropicciò gli occhi: un forte odore di fumo mescolato all’irritante aroma delle pozioni distrutte aleggiava in quel luogo.
Poi un flebile lamento attirò la loro attenzione. I due maghi si voltarono di scatto.
In un angolo, proprio dietro di loro, c’era Piton. Era in terra, raggomitolato nel suo ampio mantello come per proteggersi.
“Professore!” Neville corse e si gettò in ginocchio al suo fianco, lo circondò con le braccia sollevandolo abbastanza da poterlo guardare in volto.
Il preside teneva gli occhi serrati con forza, i capelli scompigliati erano incollati alle guance.
Appena si sentì stringere da Paciock, tremò e si aggrappò a sua volta all’ex alunno.
“Devo… allontanarmi da qui.” ansimò.
“Ma cosa sta dicendo? Ora l’accompagneremo in infermeria. Estragone farà altra Pozione e…”
“Ho bruciato l’Euriale.” Disse con fatica, mentre lo sguardo correva ad indicare il mucchietto di cenere ai piedi del tavolo. “Non ce n’è più.”
Estragone impallidì.
“Ne procurerò altra, allora.” insistette Neville con decisione.
Le dita di Severus si strinsero sul suo mantello come artigli, e lo strattonò.
“No, non c’è tempo. Stanno arrivando. Devo lasciare Hogwarts immediatamente, me li trascinerò dietro.”
“Chi sta arrivando?” domandò Estragone che, nel frattempo, si era avvicinato.
“I Mangiamorte!” annunciò una voce dietro di loro facendoli trasalire.
Lucius Malfoy avvolto in un ampio mantello da viaggio si era materializzato davanti alla porta. Neville ed Estragone si voltarono puntando le loro bacchette sul nuovo arrivato, che, per tutta risposta, arricciò le labbra in una smorfia di sufficienza.
“E’ riuscito a risvegliare il mio Marchio. Anche gli altri staranno bruciando.” disse.
Estragone lo fissò perplesso abbassando la sua arma.
“Sta richiamando i suoi servi.” continuò Lucius.
Neville saltò in piedi. “Ma i Mangiamorte sono…”
“Ad Azkaban?” lo anticipò l’altro. “Molti dei seguaci del Signore Oscuro sono stati imprigionati, e altri sono morti, ma qualcuno, come me,” le labbra si piegarono in un ghigno cattivo. “E’ ancora vivo e, soprattutto, libero.”
Si avvicinò al preside chinandosi per controllare le sue condizioni. Accanto a lui, in terra c’era la sua bacchetta. Lucius la raccolse riponendola nella propria cintura, poi tornò a rivolgersi agli altri due. “Sono pochi, ma ognuno di loro avrà al seguito decide di fanatici pronti a farsi Marchiare.”
“Un nuovo esercito?” ansimò Paciock, mentre l’improvvisa consapevolezza si faceva strada nella sua mente.
Lucius annuì.
Estragone e Neville si scambiarono un’occhiata preoccupata, mentre Lucius si passò il braccio di Severus intorno al collo, e lo aiutò ad alzarsi da terra.
“Immagino che il tuo intruglio non abbia funzionato.” disse malevolo.
Severus si limitò ad un cenno del capo, permettendo all’altro di sostenerlo.
“Cosa vuol fare?” Neville afferrò il mago biondo per un braccio, trattenendolo.
“Lo porto fuori di qui.”
“Ma dove? Dove andrete?”
“Ovunque ci trascinerà il Marchio.”
“Preside, la prego, ci permetta di aiutarla.” Neville si rivolse a Piton, allargando supplichevole le braccia. “Non può andarsene! Perché vuole combattere da solo?”
Severus allora si drizzò sulla schiena, sostenuto dall’amico.
“Non c’è più nulla che possiate fare per me.” Parlava lentamente, ma con decisione. “Paciock, lei ora deve proteggere la scuola. E’ la sola cosa importante. Quando ce ne saremo andati, dovrà ripristinare la barriera antimaterializzazione.”
“Io… no, no, aspetti! Come farete a tornare? Se vi trovaste in pericolo, non sapremmo come aiutarvi.”
“Paciock!” Il tono di voce di Piton aveva qualcosa di tragico e definitivo che fece rabbrividire l’altro. Scosse il capo, poi rivolse lo sguardo verso il soffitto, come se attraverso la roccia e i mattoni che lo sovrastavano riuscisse a vedere l’intera scuola.
“Neville…” continuò con un tono insolitamente dolce per lui. “Io non tornerò a Hogwarts.”
Paciock sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé. Fece per rispondere, ma Piton e Lucius si erano già Smaterializzati. L’ultimo suono che si udì nella stanza fu l’urlo roco e disperato di Neville che, protendendo il braccio verso il suo ex insegnante, aveva tentato invano di trattenerlo.
Poi fu solo il silenzio: lui e Wilkinson rimasero a fissare allibiti il vuoto di fronte a loro.
Nessuno dei due osava parlare, nessuno aveva il coraggio di guardare la disperazione nel volto dell’altro.





Continua…




 
Top
» romi;
view post Posted on 6/2/2011, 15:42




Oddiooooo...ç__ç Com'è triste questo capitolo...>_<
Ma andiamo per pezzi...u.ù
Dunque, la prima parte, dove Severus entra nella stanza delle necessità e ci trova tutti gli studenti che si allenano, è davvero molto bella...^^ Soprattutto il momento in cui sente quasi di essere affezzionato ad Albus Severus, ma si ripete che è meglio per lui non provare nulla...Povero..ç_ç
Poi molto bella anche la seconda parte, in cui c'è il dialogo tra Neville e Estragone, davvero ben costruito...le loro paure e i loro timori...molto ben fatto davvero! ^^
Poi c'è l'ultima parte...ç__ç In cui Severus ormai non riesce più a resistere e ha chiamato i mangiamorte, bellissima è stata l'entrata in scena di Lucius, che è andato subito ad aiutare Severus...**
E poi le ultime parole del preside, e l'incapacità di poter fare qualcosa per lui di Neville e Estragone sono stati davvero molto tristi come momenti...ç__ç
Comunque, bravissima come al solito! ^^

Baci baci,
Laura.
 
Top
arcady
view post Posted on 7/2/2011, 00:17




:cry: :cry: :cry:
è di una tristezza infinita ma è una metafora brillante del male che può portare la responsabilità per i propri errori.
Avrà mai pace? Quando smette di essere giusta la sua sofferenza? Ha smesso da anni?
non lo ha mai fatto?
Lui è la metafora stessa della sofferenza e del rimorso e immagino non sia proprio possibile lasciarlo vivo a godersi la sua nuova vita.
Attendo le ultime battute. .manca poco immagino... :(
Sono meravigliosi quei piccoli momenti di "umanità" di Severus in cui si lascia andare persino ad un moto di affetto verso Albus...
Bravissima Astry :)
 
Top
Astry
view post Posted on 8/2/2011, 14:54




CITAZIONE (» romi; @ 6/2/2011, 15:42) 
Oddiooooo...ç__ç Com'è triste questo capitolo...>_<

Ahimè, hai ragione, ma questa ff è venuta così. In fondo quando l'ho scritta mi sentivo così, triste per quello che la Rowling aveva fatto a Severus, e mi ero resa conto che riportarlo in vita come avevo tentato di fare con "per amore di un figlio" non mi era bastato.


CITAZIONE (arcady @ 7/2/2011, 00:17) 
Lui è la metafora stessa della sofferenza e del rimorso e immagino non sia proprio possibile lasciarlo vivo a godersi la sua nuova vita.

Già, è così, Severus è esattamente questo.
Siamo arrivati alla fine, questo è l'ultimo capitolo. Spero che vi piaccia, ehm... indipendentemente da quello che succederà. In ogni caso preparo i bagagli e vado a fare i biglietti per l'Australia, visto che qualcuno... :unsure: ha gia caricato i fucili.


Cap 13 Il prezzo della pace



Dopo diversi minuti, Neville si voltò di scatto e, senza aggiungere una parola, si precipitò per le scale, seguito dal collega.
“Che cosa vuoi fare?” domandò Estragone, mentre si affannava dietro all’insegnante di Erbologia. “Piton ha detto di innalzare la barriera, dove vai?”
“Non ho intenzione di obbedire!” urlò Paciock, svoltando l’angolo e infilando il corridoio che portavano all’ufficio di Piton.
“Cosa?” Estragone si fermò per riprendere fiato. “Ma… non starai pensando di andarlo a cercare?” Ansimò, poi riprese a seguirlo.
Neville, intanto, per poco non travolse un gruppo di studenti che si scambiarono uno sguardo stupito e poi presero a correre anche loro, ma in direzione opposta.
L’insegnante di Erbologia entrò trafelato nell’ufficio e marciò in direzione della vetrata, strappò con violenza il drappo scuro che copriva la finestra e la spalancò, sporgendosi dal davanzale. Sotto lo sguardo allibito de Wilkinson, evocò il suo Patronus che si gettò verso i giardini fino a perdersi tra le cime degli alberi in lontananza.
Si voltò e fissò il collega.
“Non isolerò Hogwarts, non finché Piton è là fuori.”
Estragone incrociò le braccia.
“Immagino che quel Patronus fosse diretto al tuo amico Potter.” mugugnò.
“Esatto! Seguirò Piton e un aiuto mi farà comodo. Tu dovrai restare a proteggere la scuola.”
“Certo, così sarete in tre là fuori in pericolo.” brontolò Estragone
“Tu lasciaci la porta aperta e non chiuderla, a meno che non lo riterrai necessario per la salvezza di Hogwarts.” Sorrise, poi rivolse uno sguardo impaziente all’esterno. “Speriamo solo che Harry faccia in fretta.”
Estragone si voltò e andò ad accomodarsi sulla poltrona, fece una smorfia e iniziò a tamburellare con le dita sui braccioli, preparandosi ad un’attesa snervante.




* * *




Severus e Lucius si erano materializzati all’aperto. Davanti a loro, sotto un cielo nuvoloso rischiarato da lampi in lontananza, si stendeva un paesaggio cupo. Filari di lapidi ferivano il terreno come schegge. Alcune, molto antiche, erano sprofondate inclinandosi fino a nascondere in parte le iscrizioni incise sulla superficie marmorea. Altre, più recenti, puntavano dritte verso il cielo, sfuggendo alla vegetazione. Altre ancora erano sovrastate da statue, colonne o altri segni che sembravano gareggiare fra loro nell’attirare gli sguardi pietosi dei visitatori.
Severus notò che molte delle lapidi più vicine recavano la stessa data. Erano tutti i caduti della battaglia di Hogwarts; le vittime di entrambe le parti.
Rabbrividì, immaginando che tra quelle doveva esserci anche la sua. Non aveva mai voluto sapere dove avessero seppellito il suo corpo vent’anni prima. Non si era mai recato in quel luogo. Chinò lo sguardo sull’ombra di fronte a lui. Qualcosa alle spalle dei due maghi aveva ingoiato le sagome che i loro corpi avrebbero dovuto disegnare sul terreno. Si voltò e vide che la fonte di quell’ombra era una grande statua. Un angelo della morte spalancava le sue maestose ali a protezione di una tomba spoglia, diversa da tutte le altre. Monumentale, ma abbandonata.
Nessuno fiore era stato mai posato sulla pietra che la ricopriva. Nessuno si era mai preoccupato di recidere l’edera che la soffocava.
Severus si chinò e scansò un ramo che nascondeva l’iscrizione.
“Tom Riddle!”
Quel nome uscì come un soffio dalle sue labbra, mentre lo sguardo del mago correva a cercare la conferma dei suoi pensieri negli occhi dell’amico.
“E’ buffo, vero?” disse amaro Malfoy. “Hanno voluto regalargli una tomba imponente, ma è solo un monumento alle loro paure.” Le labbra si piegarono in un ghigno. “Ecco, qui giace il più grande mago di tutti i tempi. L’uomo che ha fatto tremare l’intero mondo magico.” continuò indicando la tomba con un gesto teatrale del braccio. “Ora non potrà più nuocere.”
Severus passò la mano sull’incisione, ripulendola delicatamente dal terriccio. Poi le dita si strinsero in un pugno.
Non sapeva se provare odio, disgusto o pietà per l’uomo che aveva distrutto la sua anima e il suo cuore, e che ora lui stesso stava riportando alla vita.
Una folata di vento gli gonfiò il mantello, mentre la pioggia prese a ticchettare sulla pietra.
“Severus!”
La voce di Malfoy si era fatta gelida, come l’acqua che aveva iniziato a rigargli il volto.
Il preside di Hogwarts si alzò da terra e si voltò lentamente. Gli occhi nerissimi si gettarono in quelli grigi dell’amico. Lucius aveva estratto la bacchetta ed ora la puntava determinato al suo petto.




* * *




Nel frattempo a Hogwarts, Neville continuava a camminare avanti e indietro, misurando a grandi passi l’ufficio di Piton.
“Credi che i Mangiamorte capiranno che lui non è più a scuola?” disse Estragone per spezzare la tensione.
“Ha detto che se li sarebbe trascinati dietro. Evidentemente loro andranno dove il Marchio di Piton li attira.”
“E immagino che tu ti sia fatto un’idea di dove potrebbe trovarsi ora il nostro preside.”
Neville si fermò e guardò Estragone mordendosi il labbro.
“Beh, suppongo che sia andato da Voldemort.”
“Che vuoi dire?” Wilkinson sussultò.
“Beh, insomma, voglio dire nel posto in cui Voldemort si trova ora.”
“Al cimitero?” Le labbra di Wilkinson si piegarono in una smorfia sconcertata e disgustata al tempo stesso, come se cercasse di cancellare dalla sua mente l’idea che il mago che tutti temevano potesse nuocere persino dalla tomba.
“Tom Riddle è stato seppellito come tutti gli altri. Se il suo potere è in qualche modo rimasto aggrappato al Marchio di Piton, quello è l’unico posto in cui potrebbe attirarlo.” Il rumore della Materializzazione li fece voltare entrambi: Harry Potter era davanti alla porta chiusa e stringeva tra le braccia il mantello dell’invisibilità.
Neville si precipitò verso di lui e lo afferrò per le spalle.
“Andiamo, non c’è tempo da perdere.” esclamò.
“Andiamo dove?” Harry lo fissò stupito.
“Al cimitero, credo che Piton sia lì.”
Lo sguardo di Harry passò dall’amico all’altro insegnante, che si era alzato dalla poltrona, avvicinandosi.
Poi tornò a rivolgersi a Paciock. “Nel tuo ultimo gufo dicevi che Voldemort stava prendendo il controllo di Piton e che usavate una pozione per contrastare il suo potere. Che è successo?” “La situazione è precipitata. Piton ha lasciato la scuola assieme a Lucius Malfoy. Ha intenzione di proteggerci, ma non possiamo permettergli di agire da solo, qualsiasi cosa abbia in mente.”
Harry annuì ed entrambi si Smaterializzarono.
Estragone fece qualche passo e si fermò nel punto in cui i due erano appena scomparsi.
“Buona fortuna!” mormorò.




* * *




Intanto, nel corridoio davanti al Gargoyle che chiudeva l’ingresso dell’ufficio di Piton, si era radunato un gruppo di ragazzi.
“Dobbiamo raggiungerli.” disse James Potter intento ad arrotolare un lungo filo color carne.
“Accidenti, per fortuna avevi con te le Orecchie Oblunghe.” disse Albus Severus osservando ciò che il fratello stringeva tra le dita. “Questi affari sono stati davvero un’idea geniale. Zio George è fantastico!” esultò il giovane mago.
Scorpius Malfoy, che era con loro, incrociò le braccia. “Già, anche i giocattoli possono rivelarsi utili, qualche volta.” sbuffò.
Gli altri ragazzi lo fulminarono con lo sguardo. Ma lui continuò serio.
“A quanto pare mio nonno è con il preside, ma noi come faremo a raggiungerli?”
“Dovremo smaterializzarci.” rispose Albus.
“Starai scherzando. Nessuno di noi sa farlo.” scattò Scorpius.
“Nessuno, tranne quelli di noi che hanno compiuto diciassette anni.” Precisò James. “Formeremo delle coppie. Tutti quelli che non sono in grado di Smaterializzarsi dovranno farsi trasportare da uno studente maggiorenne. Andiamo.”
Fece cenno agli altri di seguirlo.




* * *




Al cimitero i due maghi erano in piedi, l’uno di fronte all’altro, sotto la pioggia che si era fatta scrosciante.
Severus teneva le braccia lungo i fianchi. Il mantello, pur appesantito dall’acqua, ondeggiava alle sue spalle. L’espressione tesa del mago era messa in risalto dalle due bande di capelli neri che cadevano gocciolanti ai lati del volto.
Trattenne il respiro, quando le labbra di Malfoy si schiusero e le parole dell’incantesimo, appena udibili, risuonarono, invece, come un boato nella sua mente. L’aria intorno a lui crepitò. Chiuse gli occhi e barcollò all’indietro. Aveva sentito il cuore sussultare per poi immobilizzarsi come ogni altro muscolo del suo corpo. Ma fu solo un istante, un infinito istante prima che il mago si rendesse conto di essere ancora in piedi.
Le gambe ancora lo sostenevano, ma non per sua volontà. Aveva l’impressione che non gli appartenessero più. Così come non riusciva a percepire il battito del proprio cuore, che però doveva esserci, dato che, evidentemente, non era morto. Ma com’era possibile?
I suoi occhi si aprirono e vide che intorno a lui si era formata una bolla luminosa che pareva assorbire la luce verde dell’Avada Kedavra.
Malfoy era stato scaraventato all’indietro e fissava sbalordito la propria bacchetta o, piuttosto, quello che ne rimaneva: un manico annerito e fumante.
Poi il suo sbalordimento si tramutò in terrore, quando dalla gola di Severus Piton uscì una voce sibilante.
“Tu, viscido traditore, come osi ostacolarmi?”
Malfoy si sollevò da terra e si mise in ginocchio.
“Mio… mio signore… io…” balbettò, riconoscendo la voce di Voldemort. “Io non vi ho mai tradito, voi…” Tentò di prendere tempo, mentre frugava nelle tasche del mantello alla ricerca disperata della bacchetta di Piton. L’afferrò e tese di nuovo il braccio tremante puntando l’arma contro il suo antico padrone.
Sul volto di Piton si disegnò un sorriso cattivo.
“Sciocco! Non puoi uccidermi. Nessun incantesimo funzionerà, hai di fronte la potenza di due maghi,” si chinò, e Lucius si sentì gelare fissando le pupille dell’altro divenute rosse come brace ardente. “E uno di loro è morto.” proseguì il mago bruno. La sua voce carica di rabbia e odio risuonò come il ruggito di un animale ferito.

Qualche metro più in là, Potter e Neville si erano appena Materializzati. Nascosti sotto il mantello dell’invisibilità osservavano la scena.
Videro Lucius rimettersi in piedi e scagliare un secondo incantesimo e poi un terzo, ma tutti sembrarono rimbalzare sullo scudo che circondava il preside.
Harry Potter fece per sfilarsi il mantello con l’intenzione di raggiungerli, ma Neville lo trattenne.
“Dove vai?” sussurrò.
“Sta cercando di ucciderlo, non lo vedi?” si divincolò.
“Fermati! Non capisci?”
“Cosa c’è da capire? Quell’assassino sta cercando di uccidere Piton!” continuò cercando di parlare a bassa voce per non farsi scoprire.
“Quello non è Piton. Guarda.” Paciock indicò il mago che ora aveva sollevato il braccio su cui il marchio nero spiccava nitido come non mai.
Lucius si afferrò il suo, colto da uno spasmo di dolore. Cadde in ginocchio e l’altro con un ampio gesto della mano gli strappò la bacchetta, afferrandola al volo.
La puntò contro il suo avversario che prese a gridare e a contorcersi nell’erba.
“Dov’eri?” gridò. “Dov’eri, mentre gli altri morivano per il loro signore?”
Si avvicinò fino a sovrastarlo completamente.
“Pagherai Lucius e poi…” le labbra si piegarono in un sorriso malevolo. “Sterminerò la tua famiglia.” disse con disprezzo.
“Nooo!” Lucius afferrò il suo pugnale da Mangiamorte, e si gettò contro l’altro con tutta la forza rimastagli. La lama affilata non fu bloccata dalla barriera magica che proteggeva Piton e riuscì a lambire il suo mantello strappandolo, ma subito Malfoy fu scaraventato indietro e cadde riverso nel fango. Il pugnale ancora stretto rabbiosamente fra le dita. Tentò di rialzarsi, ma un nuovo incantesimo lo schiacciò al suolo.
Piton si avvicinò e puntò la bacchetta.
Il mago biondo era stremato. Sollevò lo sguardo.
“Se… verus!”
Il legno magico tremò nella mano del preside, le pupille tornarono nere e l’uomo ansimò come se fosse tornato improvvisamente padrone dei propri polmoni.
Harry sussultò, avrebbe voluto cedere all’impulso di intervenire, ma Neville continuava a trattenerlo, a malincuore, ma sicuramente a ragione. Cosa avrebbe potuto fare? Da quale parte schierarsi?
Anche lui sapeva bene che il nemico non era Malfoy. Non questa volta. Ma come avrebbe potuto aiutarlo ad uccidere l’uomo che aveva salvato suo figlio?
Fissò il volto del Preside: era l’immagine della disperazione. Gli occhi erano arrossati e colmi di lacrime, mentre guardava orripilato il suo amico ferito.
Quando il braccio che teneva la bacchetta tornò a tendersi, il volto del mago si deformò in una smorfia che rivelava chiaramente tutto l’orrore che l’uomo provava in quel momento.
Voldemort lo controllava. Guidava i suoi muscoli e la sua voce, ma, nello stesso tempo, gli lasciava la capacità di comprendere ciò che stava facendo.
Di nuovo il suo corpo sfuggì al controllo.
Come mosso da fili invisibili, si chinò in avanti, e il braccio arrivò a sfiorare con la bacchetta il petto di Malfoy.
Quando le sue labbra si dischiusero per pronunciare la maledizione, Severus tentò di opporsi. Serrò la mascella e, con uno sforzo terribile, mosse il braccio abbastanza da allontanare la sua arma da Lucius. Chiuse gli occhi e barcollò all’indietro afferrandosi alla statua dell’angelo. Poggiò la fronte sul marmo scolpito aggrappandosi alla pietra come un bambino alla propria madre.
“Fermami!” disse con voce strozzata. “Ti prego, fermami!”
Scivolò in ginocchio e si piegò su se stesso, ansimante. Rimase in quella posizione per diversi secondi, cercando di non dare ascolto all’odio che lo divorava assieme al desiderio irrefrenabile di uccidere. La magia oscura che lo possedeva diventava sempre più potente, scorreva nelle sue vene come un fiume in piena, mescolandosi col suo sangue e infettandolo. Non era più solo il marchio a bruciare: l’inferno stesso ardeva dentro di lui. Era come se l’anima dannata del suo antico padrone si fosse impadronita di ogni fibra del suo corpo.
Si voltò di scatto. Gli occhi erano tornati ad infiammarsi. Gemette, ma, immediatamente, il lamento mutò in un grido, un urlo che non aveva nulla di umano.
Neville e Harry si tapparono le orecchie scuotendo il capo.
Non era un grido di dolore, ma piuttosto un richiamo, infatti, poco dopo, decine di maghi fecero la loro comparsa in quel luogo.
Il preside si sollevò da terra appoggiandosi alla statua, scrutò uno ad uno i nuovi venuti. C’erano vecchie conoscenze, e altri fanatici ansiosi di ricevere il dono del marchio. Tutti, dopo un primo istante di smarrimento, si inginocchiarono davanti al loro padrone, e lui non tardò ad esercitare la sua autorità.
“Uccidetelo!” ordinò indicando il mago steso di fronte a lui.
Questa volta fu Neville a scattare in avanti. Liberandosi dal mantello dell’invisibilità, si parò tra i Mangiamorte e Lucius Malfoy in un inutile tentativo di salvarlo.
Gli uomini di Voldemort nel vederlo esitarono, ma subito dopo gli puntarono contro le loro armi sghignazzando e insultandolo. Non c’era scampo per lui, erano troppi e loro lo sapevano.
Harry si guardò attorno. Doveva trovare una soluzione, oppure gettarsi nella battaglia e farsi uccidere assieme al suo amico.
Era già pronto a togliersi il mantello, quando la soluzione si presentò da sola: decine di ragazzini si materializzarono a coppie, rompendo le fila dei Mangiamorte, che rimasero spiazzati.
Incantesimi illuminarono il campo, confondendosi coi lampi del temporale.
Gli occhi di Harry, individuarono Albus Severus e James nel mezzo della battaglia. Erano uno accanto all’altro e lanciavano incantesimi contemporaneamente contro il loro avversario che annaspava tentando inutilmente di rispondere, mentre rideva in un modo grottesco, per essere stato colpito dall’incantesimo Rictusempra.
Il cuore di Harry si riempì d’orgoglio, tanto che riuscì a soffocare il suo primo istinto, che era quello di correre a proteggere il suoi figli. Dopo aver lanciato un ultimo sguardo ai due, si voltò di scatto imponendosi di non intervenire e si precipitò verso Malfoy. Si chinò su di lui sollevando il mantello dell’invisibilità abbastanza perché l’uomo potesse riconoscerlo. Senza dire nulla, Lucius gli afferrò la mano infilandovi a forza la sua arma.
“Fallo!” mormorò prima di perdere i sensi.
Harry nascose il pugnale tra le pieghe del mantello e si alzò.
Mentre la battaglia infuriava, si avvicinò a Piton che era in piedi sulla tomba di Riddle e osservava irritato e teso i suoi nuovi adepti, mentre venivano tenuti in scacco da un gruppo di studenti.
Quando fu di fronte al mago, Harry brandì il pugnale, il braccio teso sotto il drappo magico pronto a colpire, ma si bloccò: non poteva ucciderlo senza permettergli di guardarlo negli occhi.
Dando ascolto al suo cuore, gettò in terra il mantello, e, senza preoccuparsi alle conseguenze, si mostrò a Piton.
Immediatamente, l’altro puntò la bacchetta contro di lui e Harry fu certo che l’avrebbe ucciso.
Ma il mago non pronunciò la maledizione, anche se sentiva le parole magiche bruciare come veleno nella sua gola. Le labbra si dischiusero appena, e per un istante, rimase immobile, pietrificato. Sentimenti di rabbia, paura, stupore e, nello stesso tempo, di sollievo si affollarono nel suo cuore e nella sua mente. Qualcosa gli stava dando la forza di resistere, permettendogli di disporre del proprio braccio e della propria voce.
Strinse con più forza le dita intorno alla bacchetta. Sentì la ruvidezza del legno intarsiato sui polpastrelli, e in quel momento capì. La presenza del ragazzo sopravvissuto era sufficiente per disorientare Voldemort, o almeno destabilizzare l’essenza della sua magia. Sapeva che quel sentimento di paura che provava non gli apparteneva: era la paura della morte che Riddle aveva tentato in tutti i modi di sfuggire, finché non aveva puntato la sua bacchetta contro un bambino. Un cieco terrore lo assalì, ma Severus sentiva che quel sentimento non era il suo. La paura di Voldemort di fronte allo stesso mago che l’aveva sconfitto vent’anni prima, era invece la sua forza, e anche l’ultima occasione per fermarlo. Avvertì il suo cuore spaccarsi in due, mentre tornava padrone di se stesso, libero di scegliere l’unica soluzione possibile. Nel momento in cui la sua mente formulava quel pensiero, sentì gli artigli di quell’anima condannata, che si aggrappava disperatamente alla vita, alla sua vita. Una vita che non gli avrebbe più permesso di usare.
Tutto avvenne in un istante davanti allo sguardo allibito di Harry Potter. Gli occhi rossi di Voldemort lasciarono il posto alla dolorosa ombra di quelli di Severus.
Il mago sollevò il braccio gettandolo all’indietro.
Il polso colpì con tale violenza il marmo della statua da spezzarsi con un rumore sordo e inquietante, e anche la bacchetta che il mago stringeva fra le dita si frantumò nell’urto.
Harry in quel momento comprese che non poteva più tirarsi indietro: Piton stesso si stava consegnando disarmato al suo assassino.
Si lanciò ad occhi chiusi contro di lui stringendolo in un mortale, ultimo, disperato abbraccio. La lama del pugnale penetrò la carne con una tale facilità, che Harry capì di essere riuscito a ferirlo solo quando sentì il calore del suo sangue sulle proprie mani.
Non un lamento sfuggì dalle labbra di Piton, che si aggrappò alla tunica dell’altro trascinandolo con sé in ginocchio.
Nello stesso istante, un grido agghiacciante salì dalla terra. La lastra di marmo che chiudeva il sepolcro di Riddle sussultò tanto che Harry fu costretto ad appoggiarvisi con le mani per non esserne sbalzato fuori. Una grossa crepa si arrampicò sul panneggio della statua, allargandosi verso l’alto fino a sgretolarne completamente la parte superiore. La testa cadde, con un tonfo, sprofondando nel fango.
In quel momento, i Mangiamorte, rendendosi conto della sconfitta del loro padrone, fuggirono spaventati.
Neville si voltò di scatto e vide quello che era appena accaduto. Portandosi le mani nei capelli in un gesto disperato, si precipitò verso Piton e aiutò Harry ad adagiarlo sulla lastra che si era posizionata di traverso lasciando in parte scoperta la tomba.
Si lasciò cadere anch’egli in ginocchio. Era come stordito e gli sembrava di aver perso completamente le forze.
“No, no, no!” prese a ripetere come una cantilena, scuotendo il capo, mentre Harry accanto a lui si fissava inebetito le mani che teneva appoggiate sulle ginocchia coi palmi sporchi di sangue rivolti in alto.
In pochi secondi i tre furono attorniati da tutti i ragazzi dell’ES. Anche Lucius Malfoy, sostenuto dal nipote, si era avvicinato, mentre Albus Severus che si era fermato a raccogliere la bacchetta di Piton, si inginocchiò accanto a suo padre porgendogli i frammenti del legno magico.
“E’ rotta”. Singhiozzò come se quel legno spezzato rappresentasse la vita stessa del mago al quale apparteneva.
Harry la prese e la posò sul petto di Piton.
“Perdonami!” mormorò.
Tremava. Avrebbe voluto non essere lì. Avrebbe voluto non intromettersi, non sapere. Non aveva avuto scelta, tutti ne erano consapevoli, suo figlio, Neville che sembrava lottare per svegliarsi da un incubo. Persino Malfoy che se ne stava curvo dietro di loro, forse ringraziando di non essersi dovuto macchiare le mani con quel sangue. Sarebbe stato troppo anche per un ex Mangiamorte. Harry guardò la bacchetta, sentì che qualcosa si era spezzato per sempre dentro di lui. Come la piccola asticella di legno non si sarebbe più potuta rimettere insieme. Ora sapeva cosa significava uccidere un amico. Scosse il capo. “Io non posso, non voglio portare questo peso.” mormorò con la voce incrinata.
Gli occhi di Piton trovarono i suoi. Harry in un primo momento distolse lo sguardo, ma immediatamente cercò dentro di sé il coraggio di fissare le pupille che aveva tanto odiato un tempo. Si gettò nel buio degli occhi dell’altro, come un bambino si getta disperato tra le braccia di sua madre, in cerca di aiuto, di perdono. Glielo doveva e lo doveva anche a se stesso.
“Sei… un uomo coraggioso, Harry… Potter”. disse il preside. Poi le sue labbra si piegarono in un sofferente ghigno. “Per essere un Grifondoro.”
Non c’era cattiveria in quelle parole, ne odio. La voce era ridotta ad un soffio, ma fu sufficiente a squarciare il cuore di Harry, riducendo in briciole tutto il suo autocontrollo. L’ex bambino sopravvissuto si piegò su se stesso coprendosi il volto con le mani sporche di sangue, ed esplose in un pianto dirotto. Il piccolo Albus si aggrappò a lui, stringendolo in un abbraccio.
Il preside mosse appena la mano ferita e le dita sfiorarono la bacchetta.
“La con…serverai? Co…me l’ultima volta?” disse.
Harry si sollevò e annuì, pulendosi le lacrime con la manica della tunica.
Piton allora voltò il capo di lato e il suo sguardo si perse tra i filari di lapidi e statue di quel lugubre paesaggio.
Le parole del ritratto di Silente erano risuonate improvvisamente nella sua mente, portatrici di una tenera, paterna dolcezza.
“Non… ci sarà… un’altra Stamberga!” mormorò poi il mago, dando voce ai propri pensieri.
Sentendo quelle parole, Neville sembrò riaversi da uno stato di trance; si piegò su di lui e, passandogli il braccio dietro la schiena, lo sollevò da terra.
“Che stai facendo?” Chiese Harry, stupito.
“Lo riporto a casa. Il suo posto è Hogwarts.”
Si Smaterializzò tenendo Piton tra le braccia per ricomparire qualche istante dopo nel cortile della scuola, seguito da tutti gli altri.
Davanti all’ingresso, Estragone, che li stava aspettando, si mosse per raggiungerli, ma la vista dell’uomo tra le braccia di Neville lo bloccò. L’espressione sul volto dell’amico e collega era chiara. Il mago seppe che era finita. Abbassò gli occhi in segno di rispetto, ma non si avvicinò, come se volesse lasciare quel momento a coloro che conoscevano Piton da molto più tempo di lui.
Neville adagiò il mago morente sull’erba bagnata.
Il temporale era cessato e il sole del tramonto screziava le nuvole di filamenti infuocati.
Gli sguardi di tutti, compreso quello di Piton corsero alle torri del castello che svettavano maestose, rivestendosi di porpora.
Di fronte a quella meraviglia gli occhi del preside, già velati per la prossima morte, parvero illuminarsi. La scuola, la sua casa, era come l’aveva vista la prima volta da bambino, quando, col cuore colmo di speranza, ne aveva varcato i cancelli tenendo per mano la sua amica Lily. Era il sogno naufragato nel sangue, ma quella era un’altra vita.
Le labbra si piegarono in un sorriso, mentre le palpebre si chiudevano a custodire quell’ultima visione per l’eternità.




FINE





 
Top
» romi;
view post Posted on 8/2/2011, 16:14




Sai, credo che rileggendo questa fic molto più lentamente qui sul forum, sono arrivata ad apprezzarla molto di più in confronto alla prima volta che l'ho letta tutta d'un fiato... :sisi:
Per quanto questa storia sia stata triste, poteri dire quasi ingiusta nei confronti di Severus che tornato a vivere incontra nuovamente la morte a causa del suo passato di mangiamorte, devo dire che l'ho anche molto apprezzata!
Rende alla perfezione il personaggio del professore, la sua forza, il suo coraggio e il suo amore verso Lily che per quanti anni passino non muta mai. Però in questa storia ha qualcosa in più, ha anche l'amicizia di molte persone che hanno imparato a volergli bene e a credere in lui, un nuovo esercito e un vecchio amico.
Insomma, davvero molto bella, e per quanto adorassi "per amore di un figlio" devo dire che forse, (ma solo forse eh! xD) questo seguito mi è piaciuto moltissimo!
Bè, che altro dire, sei stata bravissima, e hai creato davvero un'ottima storia! **

Baci baci,
Laura. :fiore:
 
Top
arcady
view post Posted on 8/2/2011, 17:26




Allora, diciamo che così, a caldo, non mi sento di dire troppo e mi riservo di commentare anche più in là, però devo dire che ..mi dà l'impressione di essere giusto così.
E' definitivamente giusto così.
 
Top
Astry
view post Posted on 8/2/2011, 20:35




CITAZIONE (» romi; @ 8/2/2011, 16:14) 
Sai, credo che rileggendo questa fic molto più lentamente qui sul forum, sono arrivata ad apprezzarla molto di più in confronto alla prima volta che l'ho letta tutta d'un fiato... :sisi:
(…)
Insomma, davvero molto bella, e per quanto adorassi "per amore di un figlio" devo dire che forse, (ma solo forse eh! xD) questo seguito mi è piaciuto moltissimo!

Beh, mi fa piacere che questa seconda lettura ti abbia fatto apprezzare la storia. Forse, forse?

CITAZIONE (arcady @ 8/2/2011, 17:26) 
Allora, diciamo che così, a caldo, non mi sento di dire troppo e mi riservo di commentare anche più in là, però devo dire che ..mi dà l'impressione di essere giusto così.
E' definitivamente giusto così.

Scioccata?
Ok, mi scuso con tutte, ma, come ho fatto su EFP, ci terrei a spiegare i motivi della mia scelta. Ho scritto diverse ff in cui al povero Piton ne ho combinate di tutti i colori, ma ho sempre, o quasi sempre, ribaltato la situazione sul finale. Gli ho regalato sempre un lieto fine, per quanto roccambolesca e cervellotica fosse la soluzione. Un Deus ex Machina era sempre pronto per lui. Questa volta ho deciso di lasciare andare le cose per la loro strada, di non intervenire. Non ho fornito nessuna miracolosa soluzione, ma ho lasciato ai personaggi solo il loro coraggio per affrontare questa prova. Eh sì, il coraggio di Severus per me era scontato, ma, da snapista convinta, ho voluto per una volta mettere anche gli altri nella stesse situazioni in cui si è trovato Piton. Ho voluto mettere alla prova il tanto sbandierato coraggio di un Grifondoro. Non sono mai riuscita ad amare Harry fino in fondo perché la sua mamma Rowling ha voluto lasciargli le mani pulite. Persino Voldemort si è ammazzato da solo perché il ragazzo non si sporcasse con il suo sangue. Harry combatte, ma nel libro è lasciato tutto all’immaginazione, mai un nemico che cada stecchito davanti a lui, ucciso da lui direttamente. L’Harry della Rowling avrebbe mai puntato la bacchetta contro un suo amico, se gli avesse chiesto di ucciderlo (ovviamente se ci fosse stata una buona ragione) come Piton fa con Silente? Il mio Harry c’è riuscito ed ora lo amo molto di più, perché so quanto gli è costato. Quello della Rowling, non so se lo avrebbe fatto e, probabilmente, non lo saprò mai. Allo stesso modo posso amare Neville per aver scelto la via giusta, anche se era quella più difficile. Il filo conduttore di questa storia è solo il coraggio, e credo che Neville, Harry, Piton e anche Estragone si siano ben comportati, che ne dite?
Ora, sperando di avervi convinto almeno un po’, vi saluto ringraziandovi per avermi accompagnata fin qui. Ringrazio chi ha recensito, e ringrazio i lettori silenziosi. Un bacio a tutti.
Ora fuggo perché Asmodai mi aspetta per linciarmi. :unsure:
 
Top
arcady
view post Posted on 8/2/2011, 21:35




CITAZIONE (Astry @ 8/2/2011, 20:35) 
Scioccata?

No no, immaginavo qualcosa di simile.
A parte le voci di corridoio, non credo proprio che un finale positivo sarebbe stato credibile. Inoltre non sono una grande estimatrice dei finali edulcorati, le cose facili non mi piacciono, se no non amerei così tanto Severus ;) .

CITAZIONE (Astry @ 8/2/2011, 20:35) 
Ok, mi scuso con tutte, ma, come ho fatto su EFP, ci terrei a spiegare i motivi della mia scelta. Ho scritto diverse ff in cui al povero Piton ne ho combinate di tutti i colori, ma ho sempre, o quasi sempre, ribaltato la situazione sul finale. Gli ho regalato sempre un lieto fine, per quanto roccambolesca e cervellotica fosse la soluzione. Un Deus ex Machina era sempre pronto per lui. Questa volta ho deciso di lasciare andare le cose per la loro strada, di non intervenire. Non ho fornito nessuna miracolosa soluzione, ma ho lasciato ai personaggi solo il loro coraggio per affrontare questa prova. Eh sì, il coraggio di Severus per me era scontato, ma, da snapista convinta, ho voluto per una volta mettere anche gli altri nella stesse situazioni in cui si è trovato Piton. Ho voluto mettere alla prova il tanto sbandierato coraggio di un Grifondoro. Non sono mai riuscita ad amare Harry fino in fondo perché la sua mamma Rowling ha voluto lasciargli le mani pulite. Persino Voldemort si è ammazzato da solo perché il ragazzo non si sporcasse con il suo sangue. Harry combatte, ma nel libro è lasciato tutto all’immaginazione, mai un nemico che cada stecchito davanti a lui, ucciso da lui direttamente. L’Harry della Rowling avrebbe mai puntato la bacchetta contro un suo amico, se gli avesse chiesto di ucciderlo (ovviamente se ci fosse stata una buona ragione) come Piton fa con Silente? Il mio Harry c’è riuscito ed ora lo amo molto di più, perché so quanto gli è costato. Quello della Rowling, non so se lo avrebbe fatto e, probabilmente, non lo saprò mai. Allo stesso modo posso amare Neville per aver scelto la via giusta, anche se era quella più difficile. Il filo conduttore di questa storia è solo il coraggio, e credo che Neville, Harry, Piton e anche Estragone si siano ben comportati, che ne dite?

Beh non posso che quotarti al quadrato!!!
Sai, per un momento mi è dispiaciuto che fosse Harry e non Neville a fare la mossa finale perchè non sopporto che sia sempre protagonista (pensavo:e che cavolo, Neville è da giorni che lo aiuta e soffre con lui, e poi arriva il solito Harry Potter a fare la parte dell'eroe!?)
ma poi (sono lenta a comprendere ahaha) ho capito quello che hai spiegato anche tu nel commento. Finalmente si è sporcato le mani: non ha salvato il mondo magico senza fare male a nessuno come in passato, ma ha dovuto uccidere una persona amata per farlo, e questo gli rende davvero onore.
Io non so chi abbia criticato questa fic ma io la trovo meravigliosa e con il giusto finale.
Per l'ultima volta: i miei complimenti!
 
Top
view post Posted on 26/3/2011, 02:10
Avatar

Erede Universale del prof. Snape

Group:
Custodi
Posts:
12,264
Location:
Gilda degli Assassini

Status:


CITAZIONE
Di fronte a quella meraviglia gli occhi del preside, già velati per la prossima morte, parvero illuminarsi. La scuola, la sua casa, era come l’aveva vista la prima volta da bambino, quando, col cuore colmo di speranza, ne aveva varcato i cancelli tenendo per mano la sua amica Lily. Era il sogno naufragato nel sangue, ma quella era un’altra vita.
Le labbra si piegarono in un sorriso, mentre le palpebre si chiudevano a custodire quell’ultima visione per l’eternità.

Alla fine eccomi qui, mestamente.
Ti avevo promesso un commento a questa sofferta storia.
Ti dispiace se tralascio tutta la parte di azione e mi soffermo sulla morte di Severus?
Perchè questa è la parte che mi ha fatto più arrabbiare, ma non fraintendermi. Non è rabbia nei tuoi confronti, ma verso la vita ingiusta e infelice di Severus.
Vederlo morire, con quel sorriso accennato, quell'amaro sorriso che sta quasi a significare: "avrebbe potuto essere tutto diverso". Ma come dici tu, quella è un'altra vita.
E purtroppo il destino è ancora la morte per il nostro povero professore, indiscutibilmente la tua storia ci accompagna lentamente verso il triste epilogo, eppure non immagini quanto bruciano le lacrime che mi solcano gli occhi, ogni volta che rileggo il passaggio finale che ho citato.
E' vero che Severus trionfa sul Voldemort, in una vittoria quasi epica, di altri tempi. Dimostra la sua forza, la tenacia... Non è più spia, attenta ad ogni movimento, ma combatte. Affronta il Male a pieno petto, come non aveva potuto fare in passato.
In questo lo rendi un eroe ma poi, tu sadica scrittrice, me lo strappi. Lo togli ad Harry che aveva trovato un amico, lo togli a Neville che in lui ha visto una guida ma lo riporti nelle braccia di Hogwarts, casa dei bambini perduti.
Già, che triste verità.
Hogwarts, casa dei bambini soli e abbandonati. Luogo di morte e di vita, di gioia e di dolore.
Casa di Severus, dei suoi sogni perduti, di un'esistenza infranta.
Casa dell'uomo più coraggioso che conosciamo.
 
Web  Top
Astry
view post Posted on 3/4/2011, 15:27




CITAZIONE (Asmodai @ 26/3/2011, 03:10) 
Ti dispiace se tralascio tutta la parte di azione e mi soffermo sulla morte di Severus?

Tralascia, tralascia!


CITAZIONE
Perchè questa è la parte che mi ha fatto più arrabbiare, ma non fraintendermi. Non è rabbia nei tuoi confronti, ma verso la vita ingiusta e infelice di Severus.
Vederlo morire, con quel sorriso accennato, quell'amaro sorriso che sta quasi a significare: "avrebbe potuto essere tutto diverso". Ma come dici tu, quella è un'altra vita.

Un'altra vita e un altro uomo. Credo che alla fine sia stato il suo dolore a renderlo l'uomo di cui ci siamo innamorate. Non so se Piton sarebbe stato lo stesso se avesse avuto una vita diversa.


CITAZIONE
E purtroppo il destino è ancora la morte per il nostro povero professore, indiscutibilmente la tua storia ci accompagna lentamente verso il triste epilogo, eppure non immagini quanto bruciano le lacrime che mi solcano gli occhi, ogni volta che rileggo il passaggio finale che ho citato.
E' vero che Severus trionfa sul Voldemort, in una vittoria quasi epica, di altri tempi. Dimostra la sua forza, la tenacia... Non è più spia, attenta ad ogni movimento, ma combatte. Affronta il Male a pieno petto, come non aveva potuto fare in passato.

Almeno questo glielo dovevo, no? Poter affrontare il suo nemico finalmente senza nascondersi, e sapere di poterlo distruggere semplicemente con la sua volontà, (e un aiutino di Harry Potter, ok)

Come ti ho gia detto in chat, mi aspettavo una valanga di improperi, ma visto che quelli me li mandi solo in privato :rolleyes: in pubblico non posso far altro che ringraziarti per il tuo sofferto cmmento. :lol:
 
Top
42 replies since 10/1/2011, 16:30   610 views
  Share