Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

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Natalie_S
view post Posted on 7/2/2011, 10:16




Ciao a tutti!

Astry: Povero Pity, lo so, sono sadica. L'immagine di lui con vestiti ridicoli è mutuata dalla sua prima apparizione nei ricordi del Principe, quando aveva la camicetta da donna, e dal fatto che i Weasley, Ogden e la maggior parte dei maghi sia sempre un po' strana quando è vestita da babbano! :lol:

arcady: Grazie!! Mi fai arrossire!! Ecco un altro capitolo!!

CAPITOLO 6

Il giorno dopo, la sala del processo era gremita di soldati, Sentinelle, poliziotti e più o meno di chiunque avesse una giustificazione per assistere.

La cattura di una presunta spia suscitava un certo interesse.

Cillian durante la notte aveva letteralmente gettato giù dal letto il maggiore Knight, raccontandogli che aveva parlato con Severus Snape, il mago che aveva salvato Liz, che esisteva, che era tutto vero.

L’ufficiale, a metà tra il seccato e il comprensivo, gli aveva detto che i suoi tentativi erano commoventi, che sapeva che era affettivamente legato all’imputata da un’annosa amicizia, ma che non doveva interferire con l’andamento della giustizia.

Cillian aveva insistito ma, evidentemente, la sua testimonianza non era considerata attendibile e il maggiore gli aveva intimato di andarsene prima di incorrere in eventuali sanzioni.

Il capitano si sedette nel banco dietro a quello dell’imputata. Poco lontano da lui sedevano Monk, Tuffey, Townshend, il giovane Garreth e Chandra Sharma.

Sospirò: avrebbe pensato a qualcosa, ma per il momento poteva solo sperare in un miracolo.



Il generale Neville Longbottom era un po’ una leggenda della guerra civile.

Alcune voci sostenevano che fosse un genio che aveva capito come rubare ai maghi i segreti dei loro incantesimi; altre che fosse un potente stregone che si opponeva a Voldemort da anni, l’unico sopravvissuto della resistenza che alcuni maghi avevano opposto al dittatore.

In ogni caso, era sicuramente la persona che conosceva più incantesimi e pozioni di chiunque altro tra le Sentinelle. Il manuale da lui redatto conteneva tutte le nozioni che gli umani avevano sui maghi: tutti gli incantesimi, una manciata di pozioni, alcune indicazioni sulle creature che popolavano il mondo magico.

Liz lo osservò mentre entrava nella sala: era un uomo non molto alto, sui trentacinque anni, con una massa di capelli biondi striati prematuramente di grigio. Nonostante la sua apparenza fisica non fosse per nulla eccezionale, irradiava un’aura di sicurezza e determinazione.

Il suo viso tondo, che avrebbe potuto dargli un aspetto infantile, era solcato da due profonde cicatrici che gli deturpavano la guancia destra.

Alcuni dicevano che era stato addirittura il serpente addomesticato di Voldemort a provocargliele.

Gli avvocati esposero i fatti molto sinteticamente: Parker fu particolarmente poco convincente, non citando molti particolari che rendevano la sua versione verosimile, come il nome di Snape, che venne sempre identificato come “il mago”.

-Vuole far testimoniare qualcuno?- domandò Longbottom.

-No. – rispose Parker – Vorrei appellarmi alla clemenza della corte. -.

-Cosa?!- protestò Liz –No, io voglio parlare! Voglio difendermi da sola!-

-Silenzio, silenzio!- la ammonì Knight.

-E’ una vergogna!- esclamò ancora Liz, per poi rivolgersi all’avvocato –Sei licenziato!-

Knight intervenne spazientito: -Non puoi licenziarlo, è un avvocato d’ufficio e comunque non è previsto che tu ti possa difendere da sola in quanto non sei abilitata… -.

Cillian si alzò in piedi: - Mills dovrebbe avere la possibilità di dare la sua versione dei fatti e se il suo avvocato non vuole collaborare…-

Molti nel pubblico iniziarono a rumoreggiare, esprimendo il proprio supporto a Knight.

-SILENZIO!- urlò Longbottom.

La sala si azzittì.

-Ascoltate. - aggiunse il generale, tendendo l’orecchio.

In lontananza, si sentiva l’inconfondibile trillo di un sensore antimagia. A questo se ne aggiunse un altro, più acuto. Poi un altro ancora, e un altro, sempre più vicini alla sala.

Poi ci fu un urlo, seguito da un tonfo, e lo squillo di un ulteriore sensore.

Tutti i presenti trattennero il fiato.

Le porte della sala si spalancarono violentemente e, imponente e vagamente terrificante nelle sue vesti scure, con il lungo mantello nero che svolazzava alle sue spalle, fece il suo ingresso Severus Snape.


Nel corso degli ultimi trent’anni, Neville Longbottom aveva imparato a non stupirsi di nulla, o quasi.

In effetti, la sua impassibilità e il suo sangue freddo erano diventati proverbiali fra i suoi sottoposti. L’unico uomo che potesse sfidare Voldemort, lo chiamavano.

Tuttavia, queste sue doti non potevano essere sufficienti a trattenere il suo stupore quando, del tutto inaspettatamente, si vide comparire davanti l’uomo che per anni era stato il suo incubo, il suo personale persecutore, che per sei lunghi anni non aveva mancato di farlo sentire come uno squallido rifiuto del mondo della magia.

-Tu!!!- esclamò, alzandosi in piedi talmente di scatto da rovesciare la sedia alle sue spalle.

Tutte le Sentinelle estrassero prontamente le loro bacchette, ma prima che potessero utilizzarle un secco movimento della bacchetta di Snape le fece volare tutte nella sua mano. Allora i militari babbani mirarono all’intruso, solo per vedere le pistole e i mitra smontarsi e cadere a pezzi nelle proprie mani.

Un altro movimento di bacchetta e la porta della sala si chiuse ermeticamente.

Severus Snape si voltò nella direzione di Neville e lo fissò come se lo vedesse per la prima volta, evidentemente non riconoscendolo.

–Tu!- ripetè questi, come se nessun insulto fosse adatto a descrivere la bassezza morale del nuovo arrivato.

I freddi occhi neri di Snape si soffermarono sulle cicatrici sul volto del generale, per poi passare ai capelli biondi e il viso tondeggiante, per spalancarsi infine in educata sorpresa.

-Longbottom!- il nome gli sfuggì dalle labbra come se lo stesse sputando fuori, e l’ex insegnante scoppiò in una sgradevole risata derisoria – Sei tu a capo di tutto questo? Ora capisco perché siete messi così male!-.

Neville era ancora troppo sconvolto per parlare.

Notò che alle sue spalle l’intera sala era come pietrificata dal terrore mentre l’imputata, Elizabeth Mills, sembrava rinfrancata e osservava la scena con una nuova baldanza, e il capitano Cillian Archer esibiva un sorriso incredulo.

-Ma non dilunghiamoci oltre sui tuoi insuccessi accademici- continuò Snape, marciando verso la scrivania dove si trovavano gli ufficiali –mi è stato detto che la signorina Mills, qui, sta passando un brutto quarto d’ora solo perché le ho insegnato qualche utile incantesimo che tu, evidentemente, non hai mai ritenuto utile imparare. Santo cielo – aggiunse, con malcelato scherno- non l’avrei creduto possibile, ma sei riuscito ad essere peggiore come insegnante di quanto non fossi come allievo. Hai superato te stesso, congratulazioni!-.

Knight recuperò l’uso della parola: -Generale, lei conosce questo… questo… mago?- chiese, incredulo.

-Oh sì- fece Neville, la voce ridotta a un sussurro –Questo è l’uomo che ha assicurato a Voldemort la vittoria nel mondo magico!- spiegò, in tono più sicuro.

Il resto dei presenti diede un mormorio di stupore.

-Pfff!- fece Snape, con un gesto della mano, come a scacciare dei moscerini fastidiosi – Come al solito parli a sproposito di questioni che di cui non sai nulla. -.

Neville chiuse gli occhi, stringendosi la radice del naso con la punta delle dita: -Allora, sentiamo, che cosa vuoi?- domandò stancamente.

Snape parve spazientito: -Ma l’ho appena detto. Sono qui per scagionare Mills da… non so neanche esattamente cosa, qualsiasi accusa sia stata mossa nei suoi confronti. Non è una spia. Non mi ha detto niente su… qualsiasi cosa facciate voialtri. E’ solo una ragazza curiosa e, per inciso, una pozionista molto più dotata di te. -.

Neville aprì la bocca per lo stupore. Severus Snape che usciva allo scoperto perché fosse assolta una Sentinella babbana. Non poteva essere… Ma forse poteva volgere questa situazione a suo vantaggio, pensò, forse poteva sfruttare questa debolezza.

Non era mai stato un gran manipolatore, e sicuramente non poteva competere con la freddezza di Snape: il generale Longbottom era più tipo da giocare a carte scoperte, ma forse… forse questa volta avrebbe potuto funzionare.

La voce del maggiore Knight lo riscosse dai suoi pensieri. Suonava spaventato e sull’orlo di una crisi di panico: - Generale, vuole che chiami rinforzi?-.

-No, no- rispose Neville – non ce n’è bisogno. Vorrei parlare con il nostro ospite in privato. Sono sicuro che, nell’interesse della sua nuova pupilla, non avrà problemi a seguirmi, vero?- fece, rivolto al mago.

Snape diede un suono simile a una risata sprezzante: -Direi che l’eventualità che tu possa avere la meglio su di me in un duello a quattr’occhi è quantomeno remota. -.

-In questo caso, da questa parte – disse Neville, indicando una porta che conduceva a degli uffici ora deserti –Knight –aggiunse – fai riportare Mills in cella. Il processo è momentaneamente sospeso. -.




Snape aveva passato in bianco la notte precedente.
Non che questa fosse una circostanza inusuale: alle volte si faceva talmente prendere dai suoi esperimenti e dalle sue letture che si ritrovava ad osservare l’alba rendendosi conto solo in quel momento di non essere andato a dormire.

Questa volta, però, era stato in preda a un dilemma.
Andare o non andare ad aiutare Liz?

Il buonsenso gli diceva di lasciar perdere. Non sarebbe successo niente, non avevano prove. Se proprio le cose si fossero volte al peggio, il suo amico avrebbe trovato il modo di farla uscire, e sarebbe scappata in qualche paese remoto, probabilmente vivendo molto più felicemente di quanto non avrebbe potuto fare qui.

Niente che lo riguardasse, in ogni caso.

“Ma se invece non andasse così?” gli chiedeva una crudele voce interiore. Se l’avessero giudicata colpevole e quel tizio che era venuto a casa sua non fosse riuscito a farla scappare, e se…

Non voleva neanche pensarci.

E sarebbe stata tutta colpa sua, ancora una volta, l’ennesima.

Sembrava che tutti coloro con cui lui entrava in contatto fossero destinati a fare una brutta fine.

Ma cosa stava dicendo? No, non sarebbe successo niente, era solo un malinteso… si sarebbe risolto tutto, certamente.

“Oppure no?” gli sibilava di nuovo la voce crudele.

Quando era giunto il mattino si era alzato, rinunciando definitivamente a dormire. Aveva iniziato a leggere un capitolo particolarmente interessante del suo manuale di elettronica (era ormai arrivato al secondo volume, le cose si facevano complesse), ma dopo qualche ora si era reso conto di rileggere più e più volte le stesse frasi, incapace di concentrarsi.

-Oh, al diavolo!- aveva esclamato infine, e si era smaterializzato fuori casa.

E adesso stava lì, a fissare nientemeno che Neville Longbottom redivivo, uno dei suoi peggiori studenti di tutti i tempi.

Questo sì che era inaspettato.

Sapeva che qualcuno dei sostenitori di Potter si era salvato, ma aveva sempre dato per scontato che fosse qualcuno dell’Ordine, Kingsley Shackelbolt forse, o magari Nynphadora Tonks. Non aveva mai pensato a Longbottom.

Questi l’aveva condotto in un ufficio qualsiasi, gli aveva fatto segno di accomodarsi e infine si era lasciato cadere stancamente anche lui su una sedia.

-Allora – esordì l’ex studente – come la mettiamo?-.

Snape si limitò a fissarlo, privo di qualsiasi espressione. Voleva proprio sentire cos’aveva in mente.

-L’accusa che è stata formulata contro Mills è molto grave- continuò Longbottom, quando si rese conto che non avrebbe avuto alcuna reazione dall’interlocutore – e, nonostante il fatto che tu abbia deciso di uscire allo scoperto per venire qui a testimoniare sia decisamente notevole, non possiamo avere la certezza che non sia tutto una sorta di scaltro piano-.

Snape continuò a osservarlo, alzando appena un sopracciglio con espressione scettica: - Davvero pensi che i Mangiamorte potrebbero avere un così grande interesse a tenere una spia qui dentro?- domandò, facendo un lieve gesto circolare ad indicare lo squallore della stanza.

Longbottom si strinse nelle spalle: -Be’, non possiamo escluderlo. -.

Non sembrava troppo convinto nemmeno lui di questa scusa.

Santo cielo, il ragazzo era veramente poco portato per i bluff!

-Sentiamo – tagliò corto Snape, incrociando le braccia sul petto – che cosa vuoi?-.

L’altro prese fiato: - Ci serve una qualche… dimostrazione della tua buona fede. Un modo tangibile di provare le tue nobili intenzioni. – si interruppe, prendendo fiato.

-Vieni al punto. – commentò Snape freddamente.

-Devi addestrarci – disse, quasi riluttante, Longbottom.

-Cosa?!-

Il generale prese a camminare per la stanza:- Se hai parlato con Liz, saprai benissimo a che livello sia la preparazione magica dei nati babbani. Io sono riuscito a scappare da Hogwarts durante il sesto anno, non avevo una preparazione adeguata ad istruire un esercito… le cose più utili che so me le aveva insegnate Harry l’anno precedente, ai tempi dell’Esercito di Silente. Non sono riuscito a portare molto con me. -

Follia, pensò Snape, questa è pura follia. Non poteva… ma come gli veniva in mente…?

-Tuttavia – continuò Longbottom – in questi anni è stato sufficiente per difenderci, per attaccare in qualche caso, per sfuggire all’eliminazione. Grazie agli ibridi di tecnologia babbana e magica abbiamo trovato delle armi effettive contro Voldemort. Però abbiamo bisogno di qualcuno che conosca veramente il mondo magico, qualcuno esperto in difesa, in pozioni, in incantesimi… qualcuno che sappia come proteggersi, e come contrattaccare… in breve, qualcuno come te. -.

Snape era scandalizzato: sentiva una vena pulsare sulla sua tempia, e cercava di trattenere gli insulti che avrebbe voluto rivolgere a quel ragazzetto sfrontato.

-Questa è una stupidaggine – fece infine, controllando la voce il più possibile – innanzitutto, se davvero hai il timore che Mills ed io siamo in combutta con i Mangiamorte, non è ancora peggio avere due spie qui dentro?-

-Se devo essere sincero- lo interruppe Longbottom, con un mezzo sorriso rassegnato – a questo punto non credo che ci sia più nulla che quelli già non sappiano. Controllano tutte le nostre mosse, sanno sempre in anticipo dove colpiremo. Ogni genere di aiuto che puoi darci sarebbe comunque un passo avanti-.

-Ma io non posso… venire qui e… addestrarvi… insomma, è ridicolo. - sputò fuori Snape, reso incoerente dalla rabbia –Io ho i miei esperimenti, le mie ricerche… non posso mollare tutto per.. un branco di ragazzini con delle bacchette di plastica e…-.

-Non ti importa di tutte le persone innocenti che potrebbero morire se non collabori con noi? Non ti importa che Voldemort…?-

-No! Non mi importa! Io… questo non ha niente a che fare con me!-

-E va bene- disse infine Longbottom, con una nota di freddezza che Snape non gli credeva possibile –La vita di Elizabeth Mills per il tuo aiuto. Vattene e la ragazza muore. E’ la mia ultima offerta. -.




Liz fissava i muri della cella in cui aveva passato le ultime settimane.

Non voleva lasciarsi andare all’ottimismo, per non ritrovarsi con una cocente delusione, anche se si sentiva decisamente rinfrancata dalla presenza di Snape.

Il suo arrivo era stata come la risposta a tutte le sue preghiere.

Era rimasta un po’ perplessa dall’affermazione del generale Longbottom sul fatto che Snape fosse il principale responsabile della vittoria di Voldemort. Non le era mai sembrato il tipo da interessarsi di politica, aveva semplicemente dato per scontato che fosse un vecchio scontroso estraniato dal mondo. A quanto pare non era sempre stato così.

Lui aveva minimizzato le parole di Longbottom come se fossero cretinate.

In effetti questo era tipico… ma, istintivamente, Liz sentiva che probabilmente Snape aveva ragione. Non era certo un tipo diplomatico, e poteva immaginare che si fosse fatto odiare da molti… Tanti, con ogni probabilità, non vedevano l’ora di dare la colpa a Severus per qualcosa.

E poi non poteva credere che l’unico mago che le avesse mai dato una mano nella sua vita fosse proprio un seguace di Voldemort.

L’aveva molto colpita la reazione di Longbottom all’arrivo di Snape… sembrava che avesse visto un fantasma, e un fantasma di quelli veramente terrificanti.

Era stato sconcertante vedere il leggendario generale profondamente scosso dall’arrivo dell’ex professore.

Secondo Liz, Severus era un ottimo insegnante e una persona bizzarramente piacevole, per quanto a modo suo, però capiva che la propria situazione era stata completamente diversa da quella dei suoi precedenti allievi.

L’aveva incontrato quando era già adulta, ragionevolmente sicura di sé da non sentirsi ferita dalle sue battutine, senza vederlo come una particolare autorità e quindi non facendosi remore a rispondergli per le rime, o ignorarlo quando lo ritenesse opportuno; immaginare di trovarselo davanti in un’aula scolastica, da bambina o insicura adolescente… be’, era tutta un’altra storia.

Un rumore di passi nel corridoio la riscosse dai suoi pensieri.

Longbottom in persona stava scortando Snape verso la sua cella; fece un cenno alla guardia, che aprì la porta per far entrare il mago.

-Avete cinque minuti.– disse il generale con voce incolore, per poi allontanarsi seguito dalla guardia.

-Ma…?!- esclamò Liz stupita –Ci lasciano da soli così? E se mi facessi smaterializzare via?-

Snape si sedette sulla branda, accanto a lei: -Lo sa che non lo farò. – disse stancamente, appoggiando la testa contro il muro e chiudendo gli occhi.

Ora che lo vedeva da vicino, Liz si rese conto di quanto fosse pallido e di come fossero profonde le borse sotto i suoi occhi.

-E perché no?-

Severus sospirò: - Perché sono stato costretto a stringere un Voto Infrangibile, in cui ho giurato, tra le altre cose, che non ti avrei fatta scappare in nessun modo. Quel deficiente di Longbottom… - borbottò, scuotendo la testa –si è scordato tutti gli incantesimi di protezione e le pozioni, ma questo… questo se lo ricordava, come no!-.

Liz sentì una fitta di panico in una zona imprecisata dello stomaco: - Che cos’altro hai dovuto promettere?-.

-Longbottom mi ha offerto una scelta. Voleva che addestrassi tutta questa gente, i nati babbani, come ho iniziato a fare con te. Una vera formazione magica, diceva lui. La tua vita per il mio tempo. Insomma, venire qui e.. avere a che fare con voi ragazzini petulanti che non sapete neanche reggere una bacchetta dalla parte giusta…- la sua voce trasudava disgusto.

Il terrore sbiancò ulteriormente il viso già smorto di Liz.

Rinunciare alla sua privacy, alla sua tranquillità… Longbottom gli aveva chiesto l’unica cosa che Snape non avrebbe mai sacrificato.

Deglutì: -E quindi?-.

Snape aprì un occhio e le rivolse un’occhiata in tralice: -E quindi preparati, perché la prossima settimana assisterai alla tua prima vera lezione di Difesa. -.

Liz rimase sbigottita per qualche istante; poi appoggiò anche lei la testa contro il muro, troppo sorpresa per trovare qualcosa da dire.

-Wow… grazie. - mormorò infine.

-Ah, ma sta’ zitta!- sbottò Snape irritato.

Lei sorrise in silenzio.
 
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arcady
view post Posted on 7/2/2011, 14:16




:woot: :woot: :woot:
Esaltante!!
L'entrata di Severus nell'aula del processo è stata una goduria!!
Bello bello,non vedo l'ora di "assistere" alle lezioni!
Mi dispiace solo un pò per la posizione di Neville che io amo tanto ehehe
 
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Astry
view post Posted on 7/2/2011, 20:30




Mi associo a quello che ha scritto Arcady, l'entrata di Piton è da manuale. Ho proprio immaginato la scena, con tutti gli allarmi che incominciano a suonare, poi la porta che si spalanca e tutti che fissano spaventati l'anziano mago. Neville che rimane senza parole, ahahah, quel "tu" dice tutto, povero Neville. Il capitolo è scritto tutto molto bene, ma si è capito che sto ancora sbavando sul pezzo con Severus, vero?
 
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view post Posted on 15/2/2011, 19:57
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Erede Universale del prof. Snape

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Ehilà! Ciao!
Ieri sera mi sono divorata tutti i tuoi capitoli e la storia mi ha preso subito.
Finalmente una long, diversa, non scontata e interessante.
Aggiorna presto!

Un abbraccio!
 
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Natalie_S
view post Posted on 16/2/2011, 10:00




Ciao a tutti!!

arcady:ciao! Grazie, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! L'entrata in scena di Snape è una delle parti che mi sono divertita di più a scrivere!!
Qui ci sarà la sua prima lezione!!
Povero Neville, in effetti si è trovato un po' in difficoltà, però mi piaceva pensare che alla fine fosse abbastanza in gamba da organizzare tutto da solo, o quasi!
Ciaoo!!

Astry:Ciao ma chère! Spero di non aver peccato di "rickmanizzazione" nell'entrata in scena di Piton! :P Lui queste entrate spettacolari le fa sempre bene... anche se in realtà ho difficoltà a immaginarmi Snape con le fattezze di Alan Rickman. Io me lo immagino più magro e nervosetto, e molto più brutto.
Ciao, al prossimo capitolo!!!

Asmodai: Eilà! Ciao! Che bello, una nuova lettrice!! *gongolo*
Sono contenta che la storia ti piaccia!! Come richiesto, ho aggiornato prestissimo!! :D
Ciao, a presto!!!

CAPITOLO 7

Severus Snape era ogni giorno più sorpreso da quanto quella corte dei miracoli babbana potesse essere efficiente.

Era passata una settimana dall’assoluzione di Liz e dal proprio reclutamento coatto.

Longbottom non aveva perso tempo nel metterlo al lavoro: già dopo poche ore aveva trovato un vecchio edificio caduto in disuso, a Camden, che un tempo aveva ospitato degli uffici e l’aveva destinato a diventare la nuova sede dell’Accademia babbana; Snape aveva quindi praticato ogni genere di incantesimo protettivo sul vecchio stabile, rendendolo imperturbabile, indisegnabile, impedendo la materializzazione entro i suoi confini; aveva esteso le stesse protezioni alla caserma sede dell’arma delle Sentinelle, e praticato immediatamente degli incantesimi di riservatezza su tutti i soldati.

Spinto dall’abitudine, aveva anche messo qualche incantesimo repelli-babbano, che un irritatissimo Longbottom gli aveva fatto eliminare quando si era accorto che i suoi ufficiali ricordavano improrogabili impegni ogni volta che si avvicinavano alla caserma.

Aveva quindi reso il generale Custode Segreto di entrambi gli edifici: un grande numero di postini erano stati precettati per portare personalmente le missive con l’indirizzo della nuova Accademia, vergato a mano da Longbottom, a tutte le Sentinelle sparse per la nazione.

-Le poste funzionano ancora così bene?- gli aveva chiesto sorpreso.

-Siamo pur sempre inglesi!- aveva replicato quello.

E così tutte le Sentinelle erano arrivate a Londra, prima quelle stanziate nelle campagne limitrofe, e per ultime le scozzesi e quelle che si trovavano in Irlanda del Nord: al momento dell’ingresso nell’Accademia, ognuno veniva sottoposto ad alcuni incantesimi che dovevano assicurare il loro silenzio e l’impossibilità di rivelare informazioni al nemico.

Questa parte non era stata molto apprezzata dai soldati, che erano evidentemente restii a essere oggetto di qualsiasi incantesimo, specialmente se praticato da un mago come Snape.

Un soldato scozzese di nome Wilson protestò così violentemente da far suggerire l’uso della maledizione Imperius.

Il tutto era stato organizzato in appena una settimana. Snape doveva ammettere di stare inaspettatamente apprezzando le doti manageriali di Neville Longbottom.

E ora si trovava in un vecchio open space cadente, mentre davanti a lui sedevano quasi duecento soldati, per la maggior parte molto giovani ma già segnati nel fisico da quelle che dovevano essere stati molti scontri.

Tutti lo fissavano, alcuni ancora stupefatti, altri con espressione apertamente ostile, ma la maggior parte era semplicemente incuriosita.

Notò in una delle prime file la familiare zazzera di Liz: nell’incrociare il suo sguardo, la ragazza gli rivolse un sorriso di incoraggiamento.

Snape sospirò e si schiarì la voce, poi puntò la bacchetta verso la propria gola per amplificarne il suono: -Buongiorno. Mi chiamo Severus Snape e, come avrete immaginato, sono un mago. Sono qui per insegnarvi a difendervi dalle arti oscure e…-

Una voce si levò da una delle ultime file: -Noi non abbiamo bisogno dell’aiuto di un lurido mago!-, seguito da un rumoroso mormorio di assenso.

Snape si voltò verso Longbottom, con un’espressione seccata che urlava “Te l’avevo detto!”.

Questi alzò la voce: -Se non ne avessimo bisogno, avremmo già distrutto i Mangiamorte da un pezzo. Perciò chiudete il becco e ascoltate quest’uomo. Era un insegnante ad Hogwarts, la scuola di magia, prima della vittoria di Voldemort. -.

Calò il silenzio: la platea era evidentemente impressionata.

O forse era la presenza di Longbottom, si sorprese a pensare Snape: tutti sembravano venerarlo come un eroe, e difficilmente mettevano in discussione quello che diceva.

Doveva farsi aiutare da Neville Longbottom per disciplinare una classe fuori controllo: Merlino, come si era ridotto.

-Le Arti Oscure- riprese Snape, dopo una breve pausa –sono molte, varie, mutevoli ed eterne. Combatterle è come combattere un mostro dalle molte teste che, ogni volta che un collo viene reciso, genera una nuova testa, ancora più feroce e intelligente della precedente.

Ma questo voi lo sapete già: vi siete difesi da esse per anni, e siete riusciti, quasi miracolosamente, a far fronte a un nemico le cui conoscenze superavano di gran lunga le vostre. Avete dimostrato intelligenza, creatività e prontezza di spirito, che, in ultima analisi, sono le qualità più importanti al momento dello scontro. Ma tuttavia, io sono qui oggi per farvi fare un passo avanti: le Arti Oscure non devono essere necessariamente temute.-

Un brusio concitato si diffuse nella sala.

-Non devono essere temute- ripetè Snape -ma sfruttate. Qualsiasi fattura, anche la più perfida e malvagia, se utilizzata a fin di bene, è un’arma che potrebbe salvarvi la vita, mentre un innocente incantesimo di disarmo può condannarvi a morte certa. Non esistono incantesimi buoni o cattivi…. Dipende tutto dall’uso che ne viene fatto-.

Guardò la platea: tutti erano in silenzio e sembravano pendere dalle sue labbra.

-Voi siete più ingegnosi dei maghi purosangue…- concluse Snape - ora dovete solo imparare a batterli sul loro terreno!-.



Dopo il breve discorso introduttivo, Snape divise la classe in una decina di piccoli gruppi, che si esercitarono in semplici incantesimi di disarmo e scudo. Passando attraverso la classe, prese nota di ogni nome e smistò ognuno in uno di quattro macrogruppi: i più scarsi (i Grifondoro, come li battezzò tra sé e sé con un ghigno perfido), i principianti di belle speranze, il livello intermedio e, infine, quelli più promettenti (per lui, i nuovi Serpeverde).

Osservò scandalizzato che quasi tutti gli ufficiali più anziani facevano parte del primo gruppo: alcuni di loro erano a malapena capaci di reggere in mano la bacchetta.

Ne rimbrottò uno, tale Knight, che ricordava di aver visto al processo di Liz, e notò che questo suscitò parecchie risatine tra i soldati più giovani.

Evidentemente per loro era piuttosto divertente vedere i propri superiori trattati come ragazzini alle prime armi.

Be’ a lui non importava proprio niente del loro grado, quindi nessuno si aspettasse di trovare un trattamento preferenziale.

I nuovi studenti lo trattavano con diffidenza, ma si impegnavano nell’eseguire gli incantesimi.

Una volta che ebbe terminato di dividere tutti quanti nei vari gruppi, assegnò a ciascuno di essi dei compiti diversi e degli incantesimi da ripassare o provare per la prima volta.



Al termine della prima giornata, Neville decise di parlare con Elizabeth Mills.

Era un po’ di tempo che era incuriosito da lei, l’unica persona che, a sua memoria, andasse davvero d’accordo con Snape.

La guardò bene per la prima volta: avevo un volto dai tratti affilati, i capelli corti che stavano crescendo in ciocche disordinate e lo squadrava con aria diffidente. Probabilmente Snape le aveva riferito la sua minaccia di giustiziarla se lui non avesse collaborato.

-Mills- la apostrofò, prendendola da parte– vorrei che da oggi seguissi e aiutassi Snape nel suo lavoro. Insomma, che diventassi una specie di assistente. Ti toglierei dal tuo reparto e prenderesti ordini direttamente da me.-.

-Sissignore- rispose lei, neutra.

-Non ti nascondo che… be’… sono piuttosto sollevato di aver trovato qualcuno che lo sopporti. Intendo dire… con cui riesca a comunicare…-

-Non capisco, signore-

-Intendo dire… forse avrai capito che è stato un mio insegnante, a scuola, molti anni fa… già allora sa essere piuttosto pungente, addirittura crudele. Bisogna avere una bella corazza per reggere la sua compagnia. Tu come ci riesci?- domandò a bruciapelo, sentendosi per un attimo come un undicenne che cerca di copiare i compiti – Parla pure liberamente-

L’espressione della ragazza si ammorbidì: - A dire la verità non è così male. –disse- Ha solo un senso dell’umorismo un po’ particolare. No, davvero –aggiunse, notando la sua espressione scettica – è simpatico, a modo suo. Bisogna solo saperlo prendere-.

Neville aveva serie difficoltà a percepire la simpatia di Snape, ma in quel momento aveva preoccupazioni più pressanti:- Va’ a chiamarlo, e venite tutti e due nell’ufficio al primo piano. Ho indetto una riunione con tutti gli ufficiali.-

Gli sembrava che il primo giorno fosse andato piuttosto bene, anche se era rimasto un po’ deluso dai risultati generali: credeva che la maggior parte, specialmente tra i più vecchi, fosse un tantino più abile.

Snape però aveva condotto la lezione con il solito rigore e, ora riusciva a riconoscerlo, con l’abituale abilità. Non aveva mai avuto modo di apprezzarlo a Hogwarts, ma ora, ad anni di distanza, riconosceva che il mago, oltre ad essere esperto nelle Arti Oscure, aveva un’eccellente capacità di spiegazione e sintesi.

Già dopo appena un giorno gli sembrava di aver visto dei miglioramenti tangibili.

La maggior parte degli ufficiali sembrava un po’ meno entusiasta.

-Generale – fece Knight, prendendo per primo la parola durante la riunione – avremmo una proposta da esporle: sarebbe possibile organizzare delle lezioni private, separate dal resto degli studenti, per gli ufficiali di esperienza e grado più alto?-

Snape, dall’angolo in cui era seduto, si limitò ad alzare un sopracciglio.

-Ecco – riprese Knight – riteniamo che sia pericoloso per la disciplina questa eccessiva confidenza con le truppe… Potrebbe minare il prezioso valore dell’autorità.-

Personalmente, Neville detestava la pomposità di quegli ufficiali, ma negli anni ci aveva fatto l’abitudine, e aveva scoperto che alle volte era necessario assecondare queste richieste.

-Capisco – fece quindi – Snape, pensi che sia possibile?-

-Neanche per sogno!- sbottò quello – Sono solo con più di duecento studenti di livello molto diverso tra loro, perciò non se ne parla. Se questi signori vogliono avere autorità e rispetto, dovranno guadagnarseli!-

Neville fu abbastanza sicuro di percepire un ghigno da parte di Mills, prima che questa lo mascherasse con colpo di tosse.

-In effetti credo che per ora sia meglio attenerci alle divisioni in base al livello di preparazione.- dichiarò Neville, per poi passare all’organizzazione degli orari delle lezioni di ogni gruppo.

-Siamo ancora così pochi… tantissimi per un insegnante solo, ma in generale…- disse infine, preoccupato –E quel che è peggio, per un po’ tutte le Sentinelle saranno qui, lasciando il resto del paese completamente sguarnito –

Con sua grande sorpresa, vide Mills alzare la mano.

-Parla pure-

-Generale, anche io avrei qualche proposta- disse quella, un po’ esitante, probabilmente perché era l’unica soldatessa semplice in quel gruppo blasonato – Ci sono branche della magia in cui anche le persona prive di poteri magici potrebbero aiutarci… per esempio le pozioni!-

Si levò un mormorio scontento, anche da parte di Snape, che sembrava quasi scandalizzato.

-Voglio dire – aggiunse la ragazza, prendendo coraggio man mano che parlava – non c’è neanche bisogno di usare la bacchetta. Si tratta di unire tutti gli ingredienti secondo particolari procedimenti e sequenze, ma non c’è effettivamente bisogno di usare la magia, no? Potrebbero farlo anche… non so… dei cuochi?-

-Cuochi?!- esclamò Snape, che appariva schifato all’idea.

-Dei farmacisti, piuttosto!- disse Neville, sentendosi speranzoso – Sono più abituati alla precisione e alle misure esatte degli ingredienti che si usano nelle pozioni… Oltretutto queste potrebbero essere usate da tutti, anche dai babbani…-

Snape borbottò qualcosa che comprendeva “è inaudito” e “nobile arte delle pozioni profanata”.

-No, no, è una buona idea!- si animò Neville – E’ questo di cui abbiamo bisogno, pensare fuori dagli schemi! Dobbiamo agire in un modo che Voldemort e i suoi non si aspettano!-

-Rimane comunque il problema di avere un solo insegnante- osservò Monk – Forse qualcuno degli studenti più bravi potrebbe sostituirlo più avanti, anche solo nelle esercitazioni…-

-Sì e inoltre – aggiunse un colonnello scozzese di nome McDiarmid – ora abbiamo accesso a moltissimi volumi di magia, che potremo esaminare autonomamente!-

Snape non sembrava particolarmente entusiasta all’idea di condividere la propria biblioteca, ma non protestò.

-Certo, avere un po’ di aiuto non guasterebbe… persino un fantasma come Binns sarebbe benvenuto in questo momento…- sospirò Neville, passandosi stancamente la mano tra i capelli.

-Ci potrebbe essere una soluzione, almeno per le lezioni più teoriche – disse Snape, pensoso –Potremmo utilizzare i quadri-.

Tutti gli ufficiali lo guardarono senza capire.

-I quadri?- Neville non vedeva un quadro magico animato da quasi vent’anni. Non aveva più pensato a quegli oggetti per molto tempo, e aveva finito quasi col dimenticare la loro esistenza.

-Sì. Ci sono dei ritratti a casa mia, alcuni di essi potrebbero avere delle nozioni utili-

Neville annuì. Poteva solo sperare che i quadri di casa Snape fossero più affabili del proprietario.





Liz si lasciò cadere sulla sua poltrona preferita: aveva passato tutta la mattinata a interrogare quadri (la maggior parte dei quali davvero poco disponibile) sulle loro conoscenze magiche.

A parte un mago corpulento con un’ornata papalina in testa che sosteneva di essere un esperto di divinazione, nessun altro ritratto si era mostrato particolarmente incline a collaborare; molti si erano limitati ad ignorarla.

A parte la scarsa simpatia dei ritratti, era molto soddisfatta della sua nuova mansione: aveva molte meno scartoffie da riempire, niente turni di sorveglianza notturni da svolgere e poteva dedicarsi praticamente a tempo pieno a migliorare le sue competenze magiche.

Anche dal punto di vista della disciplina il regime era decisamente più lassista, perché Snape non conosceva le regole dell’esercito e neanche sembrava interessato ad apprenderle, e Longbottom aveva problemi più pressanti del controllare la sua divisa o a che ora uscisse o rientrasse dalla caserma. Insomma, la qualità delle sue giornate era decisamente migliorata.

Era stata inserita nel gruppo di studio più avanzato: della sua precedente unità, solo Robert ne faceva parte. Chandra era stata inserita nel gruppo di livello intermedio, Peter in quello dei principianti promettenti e Gary in quello di livello più basso.

Insieme a loro vi erano anche delle Sentinelle che non aveva mai incontrato, alcune di loro erano veramente interessanti.

In particolare apprezzava la compagnia di Kieran Wilson, un tizio distaccato a Inverness che raccontava storie raccapriccianti sulla magia oscura che trovavano da quelle parti. Sembrava già un veterano, nonostante la giovane età. A quanto pare, in Scozia la situazione era peggiore che a Londra.

-Viene tutto da questo posto, in mezzo alle Highlands. Dissennatori, zombie, cavalli scheletrici volanti, e ogni genere di diavoleria- raccontava, con il suo pesante accento scozzese- Noi non ci avviciniamo, è chiaro, ma lo sanno tutti che c’è qualcosa di veramente oscuro da quelle parti-.

Aveva scoperto che, nonostante quasi tutte le nozioni che sapevano sulla magia venissero dal manuale di Longbottom, alcuni erano riusciti a scoprire altri incantesimi, copiandoli dagli attacchi dei maghi nemici o attraverso gli interrogatori.

Quando non seguiva le lezioni e gli allenamenti, aveva iniziato a tenere le esercitazioni di Pozioni per il centinaio di babbani, medici e farmacisti, che erano stati chiamati per imparare la preparazioni dei più importanti medicinali e altri preparati che potevano essere usati come armi.

Insomma, erano giorni molto intensi.

Non vedeva più Cillian molto spesso, pensò. Dopo il processo, Snape le aveva raccontato che era stato lui ad andarlo a cercare, e che era disperato per averla fatta arrestare. Liz l’aveva dunque ringraziato e si erano riappacificati.

La conversazione era consistita per lo più in una serie di frasi imbarazzate e molti “ehm”, ed era terminata in una sorta di goffo abbraccio.

Aveva però come la sensazione che quell’aura di fascino e invincibilità in cui aveva avvolto Cillian per tutti quegli anni si fosse irreparabilmente incrinata. Era una brava persona, certo, e si era dimostrato un caro amico. Ma per la prima volta non le appariva più così perfetto.

Snape arrivò nella stanza, portando sotto il braccio un ritratto: -Trovato qualcosa?- le chiese.

-Ci interessa la divinazione?-

-Per carità…-

-Allora no- rispose Liz alzandosi –E tu, chi hai lì?-

-Ci è voluto un po’ per convincerla, ma credo che sarà un aiuto prezioso… se c’è qualcuno che se ne intende di magia oscura, questa è lei – spiegò il mago, mostrandole l’immagine di una donna di mezza età, con pesanti sopracciglia e un lungo viso scavato, che sembrò vagamente famigliare a Liz.

-Non ho ancora detto che lo farò, Severus! Ho solo acconsentito a fare una prova, ma mi riservo il diritto di mandare tutti a quel paese!- protestò il ritratto, irata.

-Eileen Snape- lesse Liz sulla cornice –Una tua parente?-

Snape sospirò: - Ti presento la mia adorabile mamma.-
 
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Natalie_S
view post Posted on 28/2/2011, 22:16




Capitolo 8

I mesi successivi passarono rapidamente: i progressi dei maghi nati babbani aumentavano a vista d’occhio.

Presto anche il gruppo di livello più basso padroneggiò perfettamente gli incantesimi base e i rudimenti della trasfigurazione.

Quest’ultima materia era insegnata per lo più dal ritratto di Eileen Snape, che si era rivelata molto esperta anche se decisamente più intrattabile del figlio, il che era tutto dire.

Onestamente, quella donna faceva sembrare Severus Snape uno zuccherino.

Non era insolito che i soldati uscissero inviperiti dall’aula, dichiarando che preferivano affrontare Voldemort e il suo serpente a mani nude piuttosto che dover ancora ascoltare quell’insopportabile quadro.

Chandra Sharma finiva regolarmente in lacrime al termine di ogni lezione.

Tuttavia, come il figlio, Eileen Snape era anche terribilmente brava, e conosceva la materia alla perfezione, quindi si dovevano armare di santa pazienza e sopportare le sue bizze.

Longbottom era molto soddisfatto dell’andamento della preparazione magica delle Sentinelle: erano usciti vincitori da tutti gli scontri che avevano avuto luogo in quei mesi, e contava che presto avrebbero potuto scagliare una pesante offensiva.

Neville aveva cominciato a parlare con Snape di questioni di sicurezza e a pianificare possibili attacchi; questi per molti anni era rimasto completamente estraneo alla guerra, ma la sua esperienza precedente si era rivelata molto utile.

L’impossibilità di rivelare informazioni al nemico era stata ben sottolineata nel Voto Infrangibile, e Neville si sentiva ragionevolmente sicuro a riguardo.

Snape si era molto stupito della situazione di anarchia del governo babbano, e si era piuttosto indignato quando aveva scoperto che il primo ministro e quello che rimaneva del governo (insieme alla famiglia reale) era basato a Gibilterra, lontano dagli scontri, intervenendo di fatto molto poco nelle vicende del paese.

Anche gli altri paesi della NATO, l’organizzazione internazionale babbana per la difesa, non intervenivano nella situazione inglese: i ministeri della magia locali si erano accordati con i governi e, un po’ per paura di Voldemort, un po’ per timore di uscire allo scoperto di fronte a tutti i babbani, avevano di fatto lasciato l’Inghilterra alla sua sorte.

Di fronte al resto del mondo, infatti, lo Statuto di Segretezza rimaneva inviolato: secondo l’opinione pubblica internazionale, in Inghilterra vi era una guerra civile piuttosto ordinaria, per quanto sanguinosa.

I governi, in collaborazione con i ministeri della magia, avevano passato anni a controllare ogni comunicazione e viaggio con le isole britanniche.

Snape sapeva che Voldemort aveva tentato di reclutare seguaci anche all’estero, ma a quanto pare non aveva avuto molti successi. Di fatto, finché non avesse risolto il conflitto in patria, avrebbe avuto difficoltà ad assicurarsi la fiducia dei maghi europei.

Questo lasciava Neville come unico vero nemico del mago oscuro: e ora finalmente, grazie a Snape, stava riuscendo a addestrare il suo esercito in un modo estremamente soddisfacente e pericoloso.

Oltre alle preziosissime lezioni, Snape si era anche interessato alle interazioni tra elettronica babbana e magia.

Insieme a McDiarmid e altre Sentinelle che in precedenza si occupavano di elettronica e software, stava mettendo a punto dei caschi a protezione totale dagli incantesimi, e un apparecchio per la materializzazione, che poteva essere usata anche dai babbani e in cui era sufficiente inserire le coordinate GPS della destinazione.

Tutti questi esperimenti erano ancora in fase embrionale, ma erano molto promettenti.

Il generale Longbottom, per la prima volta da molti anni, si sentiva nuovamente fiducioso.

-Vedi- spiegò, mostrando a Snape una cartina di Londra fittamente cosparsa di punti disegnati a pennarello- tutta la zona di Westminster è controllata dai Mangiamorte, fino a oltre il Tamigi. Se riuscissimo a riprenderci la zona, potremmo riaprire la stazione di Victoria e ripristinare parte del trasporto verso la campagna, sarebbe molto utile-.

-Che cosa usano per controllare la zona?- chiese Snape.

-Dissennatori, tutto attorno. All’interno del cerchio da loro formato non sappiamo cosa potrebbe esserci, non ci siamo mai arrivati. Forse ci sono dei Mangiamorte, rileviamo una forte presenza di magia. Quando pensi che potremo attaccare?-

Snape scosse la testa:- E’ difficile a dirsi. Di quante persone pensi di aver bisogno?-

-Una cinquantina, almeno-

-Be’… - iniziò Snape, quando un forte rumore proveniente dal cortile li fece sobbalzare.

I due andarono alla finestra per osservare cosa stesse succedendo.

-Ah già- esclamò Neville – è domenica pomeriggio!-



Da quando tutte le Sentinelle erano state riunite nella scuola improvvisata, per la prima volta nella loro vita si erano trovate a stretto contatto con i propri simili e con un’apprezzabile quantità di tempo libero.

Questo aveva fatto sì che si sviluppassero dei giochi e degli svaghi basati sulla magia: e lo sport più popolare in poco tempo era divenuto il duello.

La domenica pomeriggio due studenti, di solito all’incirca allo stesso livello di preparazione, si sfidavano davanti a tutti gli altri: potevano usare incantesimi, ma non solo. Per questo motivo anche i duelli tra principianti erano piuttosto appassionanti: in mancanza di incantesimi adatti allo scopo, finivano col prendersi a pugni.

Naturalmente erano vietate le Maledizioni Senza Perdono, e tutto ciò che lasciasse danni permanenti.

I due sfidanti indossavano l’attrezzatura di protezione, che era stata notevolmente migliorata, e nessuno si era mai seriamente fatto male. Tuttavia lo spettacolo era considerato molto divertente.

Il duello di quel giorno era particolarmente atteso, perché toccava a due degli studenti considerati più esperti: Robert Garreth e Liz Mills.

Il pubblico era curioso, e si aspettava qualche fattura particolarmente perfida o almeno scenografica.

I due arrivarono nel cortile, e si strinsero la mano, davanti a Kieran Wilson, che fungeva da arbitro.

-Che vinca il migliore- disse Robert.

-Ti faccio un culo così, ragazzino- ribatté Liz, suscitando qualche risata negli astanti e nello stesso Robert.

Mentre si posizionava a un’estremità del cortile, guardò bene il suo avversario: in effetti, non sembrava più un ragazzino.

Forse per la sua timidezza, aveva una postura un po’ gobba che gli dava un’aria mite e dimessa. Ma ora che le stava di fronte, ergendosi in tutta la sua altezza, si rese conto di quanto si fossero allargate e irrobustite le sue spalle, e di quanto ormai sembrasse (o proprio fosse) un adulto.

-Pronti?- chiese Wilson – Protego!-

Era il segnale: alle parole dell’arbitro, i due vennero avvolti da una bolla traslucida che li avvolse in una sorta di ring, lasciando il pubblico all’esterno.

La bolla si spostava con loro, e includeva gli oggetti che incontravano, ma impediva la materializzazione e l’intrusione di altri partecipanti.

Per qualche istante Liz e Robert si limitarono a camminare in tondo, studiandosi a vicenda.

Liz decise di attaccare per prima:-Impedimenta!-

Robert schivò facilmente e rilanciò: -Incarcerous!-

Neanche questo colpo andò a segno.

Liz decise di passare a qualcosa di più sofisticato, tanto per divertire un po’ il pubblico:-Avis!-

Uno stormo di canarini gialli uscì dalla punta della sua bacchetta, provocando un “ooh!” di stupore tra gli astanti.

-Oppugno!- esclamò quindi, e gli uccellini si gettarono aggressivi contro Robert. Questi riuscì a farli fuori velocemente, anche se prima i volatili lo graffiarono e beccarono un po’ sul volto.

Robert passò quindi al contrattacco, con una fattura orcovolante che mise Liz in difficoltà per qualche minuto.

Il duello stava iniziando a farsi interessante, e nel cortile tutti urlavano il loro sostegno a un combattente o all’altra.

-Petrificus totalus!- provò ancora lei, prendendo il bersaglio di striscio e immobilizzandogli soltanto la gamba sinistra.

Garreth iniziò a zoppicare vistosamente: -Tarantallegra!- urlò di nuovo, prendendo Liz su una gamba, che iniziò a muoversi a passo di danza.

Il successivo incantesimo le saltò alle labbra per istinto, quasi prima di riuscire a pensarlo coerentemente: -Densaugeo!!!- strillò lei, questa volta centrandolo in pieno.

Gli astanti scoppiarono a ridere, mentre i denti davanti di Robert Garreth raggiungevano le sue costole.

Il ragazzo arrossì: in effetti, era una fattura imbarazzante.

A Liz sembrò per un istante di vedere uno sguardo di pura furia negli occhi azzurri del solitamente mite ragazzo.

-Expelliarmus!- urlò Robert: Liz si sentì investita da una potente onda d’urto e cadde riversa sulla schiena, perdendo la bacchetta.

-Finite!- esclamò Wilson – Robert vince il match di oggi!-.

Il pubblico eruppe in un applauso entusiasta.

Robert si avvicinò a Liz, tendendole la mano per farla rialzare.

-Che incantesimo hai usato per ultimo?- gli domandò, spolverandosi la maglietta.

Il ragazzo si strinse nelle spalle: -Solo un incantesimo di disarmo.-

-Non è possibile, era qualcosa di più forte… non sarei caduta così per un semplice expelliarmus!- protestò Liz.

-Ti ho presa di sorpresa! Ah-ah!- gongolò Robert, con un sorriso da ragazzino pestifero.

Liz non ci poteva credere:- No, ti dico che…-

-Ah, ma piantala Mills!- la interruppe Kieran –Questa volta hai perso! Devi essere sportiva e accettarlo! Piuttosto fa’ i complimenti a questo ragazzo così in gamba! Battuta da un Expelliarmus… non riesco a immaginare niente di più umiliante- aggiunse perfidamente.

Gli altri risero.

Liz gli strinse la mano, ma continuò a guardarlo in cagnesco.



-Allora- riprese Neville –Si può fare?-

-L’obiettivo che hai scelto è molto… complicato. Il fiume, le stanze, la torre… Credo che sarebbe più saggio iniziare da qualcosa di più semplice.-

-Ma è un simbolo. Darebbe il segnale che qualcosa sta cambiando.-

Snape sospirò: -E va bene, proviamo-

-La prossima settimana ci riprendiamo il Parlamento!- disse Neville con aria risoluta –Be’ sai- aggiunse - è una cosa piuttosto importante per i babbani.-

Snape alzò gli occhi al cielo:- Certo, certo… be’ buona fortuna.-

-Sarai tu a guidare l’attacco.- lo informò Neville senza guardarlo.

-Cosa?!-

-Non sappiamo cosa potrebbe esserci lì dentro, ho bisogno di qualcuno con un po’ di esperienza!-

-Non erano questi gli accordi!- protestò Snape.

Neville fece spallucce: -Gli accordi sono cambiati.-

-Ma..?! E se ci fosse qualche Mangiamorte che mi riconoscesse?-

-Ci sono pozioni per quello. Abbiamo un calderone di Polisucco nel seminterrato che ho fatto fare a Mills per l’esercitazione della scorsa settimana.-

-Non mi puoi obbligare!-

-E va bene, non posso.- concesse Longbottom – ma vuoi davvero mandare tutti i tuoi preziosi studentelli allo sbaraglio senza sapere cosa potrebbero trovare?-

-Certo. Non me ne importa proprio niente- ribatté Snape incrociando le braccia sul petto. Ma non era vero, lo sapeva.

Messo all’angolo ancora una volta da Neville Longbottom, pensò il mago con stizza.

Stava davvero diventando vecchio.







Capitolo 9

Il Parlamento costituiva uno spettacolo terrificante.

L’intera zona di Westminster era controllata dai maghi da moltissimi anni, e da allora era disabitata.

Ai lati del ponte si potevano ancora vedere i resti diroccati del London Eye, fuori asse come una ruota per criceti abbandonata, e persino gli spettrali resti di vecchie bancarelle di souvenir.

Il parlamento stesso era crollato in più punti, aprendo larghi squarci nell’edificio verso il fiume, dove si staccavano dei mattoni che cadevano in acqua. La torre dell’orologio era quasi completamente invisibile, perché circondata da Dissennatori che giravano intorno al Big Ben.

All’interno, nessuno sapeva esattamente cosa ci fosse.

Peter Tuffey, e molti altri come lui, erano decisamente esaltati all’idea di attaccare i maghi: presto quegli abomini della natura avrebbero avuto quello che spettava loro.

Quando Liz aveva obiettato che tecnicamente anche loro, le Sentinelle, erano “abomini”, aveva risposto che la questione era completamente diversa, rifiutandosi di addurre ulteriori spiegazioni.

Liz si voltò verso Snape: la pozione Polisucco gli aveva fatto prendere le sembianze di Longbottom, ma, a detta della soldatessa, era ancora perfettamente distinguibile dall’originale per via dell’espressione arcigna.

Facevano parte del gruppo che avrebbe tentato l’accesso all’edificio da Cromwell Green, la vecchia entrata per i visitatori.

Con loro c’erano anche Robert, Kieran e Chandra e Gary Townshend, oltre al capitano Monk.

Accanto a loro, altri gruppi stavano prendendo posto presso le porte d’entrata laterali. Il piano era attaccare simultaneamente da più ingressi.

Alcune unità babbane, di cui faceva parte anche Cillian Archer, avrebbero circondato l’edificio, senza però entrare.

Liz l’aveva salutato un po’ impacciata quando aveva superato la sua unità, schierata davanti al Parlamento.

-Remember, remember, the fifth of November…- sussurrò Gary, quando si trovarono davanti all’edificio.

Gli altri ridacchiarono nervosamente; Snape non riusciva a capire come mai. Mah, doveva essere una cosa babbana.

-Scommetto duecento sterline che c’è un gruppetto di fan di Voldie di guardia…- continuò Gary.

-Duecentocinquanta che c’è anche il serpentone.- disse Chandra.

-Scommettere è peccato- tagliò corto Peter, passando davanti a loro per raggiungere l’entrata di Black Rod’s Garden.

I soldati presero posto dietro i palazzi accanto agli ingressi, davanti a cui fluttuavano alcuni Dissennatori: non appena si fossero accorti della loro presenza, li avrebbero attaccati.

La voce del generale Longbottom li raggiunse tramite la ricetrasmittente di Monk: -Squadra 2, in posizione…. Fuoco!-

A questo segnale, tutti uscirono e gridarono: -Expecto Patronum!- contro i Dissennatori.

Snape vide il proprio Patronus, la cerva d’argento, correre contro le creature, e metterne in fuga parecchie. Altri Patronus, come quelli di Liz e di Chandra, si limitavano a proteggere le proprietarie, non essendo ancora perfettamente formati.

Notò che Robert Garreth aveva un Patronus molto potente, un cane argentato piuttosto impressionante.

I Dissennatori cercarono ancora di attaccare, ma tutta la squadra era al riparo sotto i propri Patronus, e infine riuscirono a entrare nell’edificio.

A fatica, Kieran e Chandra riuscirono a sbarrare la porta dietro di loro.

-Andiamo, da quella parte, verso sud, dobbiamo raggiungere la Lobby Centrale!- li esortò Monk.

Si incamminarono per il corridoio. Ad un tratto, videro una figura avvicinarsi verso di loro. Era ancora piuttosto lontana, e coperta da un mantello nero. Si avvicinava lentamente e non sembrava minacciosa.

-Chi è là?- chiese Monk.

La figura non rispose, e continuò a camminare verso il gruppo di persone.

C’era qualcosa di esitante nella sua andatura, notò Snape, come se fosse malferma sulle gambe.

-Siamo qui per prendere possesso dell’edificio- riprese Monk, staccandosi dal gruppo e andando più vicino alla figura incappucciata, tenendo la bacchetta spianata davanti a sé – se deponi le armi non succederà niente. Dammi la bacchetta se ne hai una.- ordinò.

Ancora nessuna risposta da parte della figura misteriosa, che ora stava, silenziosa e ferma, davanti al capitano.

Monk si avvicinò lentamente, e allungò una mano per spostare il cappuccio e vedere il nuovo arrivato in faccia: in quel momento, la figura si lanciò contro il capitano, cercando di morderlo alla giugulare, esibendo denti macchiati di sangue.

-Un Inferius!- urlò Snape – Incendio!-.

Il fuoco fece allontanare la figura da Monk, il quale si rialzò, sconvolto ma incolume.

-E che roba è?- gridò Gary.

Fu Kieran a rispondergli:- Uno zombie!-

Dal corridoio videro arrivare numerose altre figure, che caracollavano lentamente verso di loro, emettendo suoni inarticolati come animali feriti.

-Siamo bloccati!- disse Chandra –se torniamo indietro saremo attaccati dai Dissennatori… sono troppi!-

-E poi non possiamo spingere i Dissennatori contro le unità babbane schierate fuori, quelli non possono difendersi!- aggiunse Liz, con un’evidente sfumatura di panico nella voce.

-Qui è pieno di maledetti zombie!- urlò Monk nella ricetrasmittente.

-Anche qui- rispose la voce gracchiante di Longbottom – sono dappertutto! Dobbiamo…- le istruzioni si persero, perché si udì il rumore di qualcosa di metallico che veniva distrutto, e le comunicazioni cessarono.

-No!- esclamò Liz.

-Dobbiamo tenerli a bada con il fuoco, è l’unico modo con quelle bestiacce schifose- disse Kieran.

Snape annuì:- E’ vero, è il modo migliore. Non possiamo ucciderli un’altra volta, possiamo solo bruciare i resti.

Garreth, tu e Wilson tornate all’entrata, aprite le porte e tenete i Dissennatori lontani dall’esercito con i Patronus. Dite ai babbani che aspettano fuori di usare i lanciafiamme contro qualsiasi cosa esca da quelle porte.

Noi andiamo avanti e cerchiamo un’altra via di uscita.- ordinò.

-Va bene, andiamo, come ha detto lui!- aggiunse Monk.

Snape agitò la bacchetta e una corda di fuoco eruppe dall’estremità: con questa circondò i soldati, tranne Kieran e Robert che corsero verso l’entrata.

Così avanzarono verso il corridoio, mentre gli Inferi si scansavano, zoppicando verso l’uscita nel tentativo di rimanere lontano dal fuoco.

Si accorse che gli effetti della Polisucco stavano svanendo, mentre recuperava il suo abituale aspetto.

Avevano raggiunto la Lobby Centrale: l’intera, celebre sala ottagonale era piena di Inferi, alcuni dei quali sembravano intenti a cibarsi di arti mozzati.

Avevano già raggiunti gli altri gruppi? si chiese Snape.

Accanto a lui, Liz sembrava pietrificata e Chandra era pallidissima, mentre Monk e Townshend mormoravano sottovoce quelle che potevano essere imprecazioni o preghiere.

Improvvisamente Snape vide una figura staccarsi dai cadaveri per avvicinarsi a lui: aveva i capelli ancora lunghi che spuntavano dal teschio raggrinzito, sporche ciocche rossastre che le lambivano le spalle. Il volto era una maschera grottesca, con un innaturale ghigno che lasciava scoperti i denti insanguinati nella bocca priva di labbra.

Nelle orbite incavate poteva ancora vedere gli occhi spenti, che erano di un verde brillante.

-Lily…?- sussurrò, abbassando la bacchetta. La corda di fuoco si spense.

Poteva essere lei? Poteva il Signore Oscuro aver osato tanto, nel volersi beffare dei suoi nemici?

Non ne era sicuro, in effetti ormai era impossibile distinguere i lineamenti.

Allungò una mano verso il corpo martoriato:-Lily…- ripeté.

In quel momento, il corpo che poteva essere appartenuto a Lily si scagliò verso di lui, e lo morse al collo, in un abbraccio fatale.

Un urlo si alzò da dietro di lui: Gary Townshend, che era l’ultimo della fila, era stato preso dagli Inferi, che l’avevano trascinato in un punto imprecisato in mezzo a loro.

Chandra si mise a piangere, cercando senza successo di mormorare un incantesimo, la bacchetta stretta nella mano tremante.

Monk urlò:-Incendio!-

Snape era inebetito, e incapace di reagire. Guardava il sangue fluire da lui, la sua carne strappata a morsi dal cadavere, come se stesse osservando una scena in cui non poteva intervenire, come se ci fosse una strana giustizia in quell’atto. Chiuse gli occhi, preparandosi alla propria fine.

Due braccia lo afferrarono per le spalle, strappandolo alla presa dell’Inferius: era Liz.

La ragazza sferrò un calcio in pieno volto al cadavere, che ancora si protendeva per riafferrare la sua vittima, per poi trascinare Snape in un angolo della sala, momentaneamente deserto.

-Che cosa stai facendo?- gli urlò, tirando fuori un pezzo di stoffa dalla tasca e premendoglielo contro il collo.

-Io… quella era Lily…io non potevo- mormorò Snape, incoerentemente.

-No, no, ascoltami: non era Lily, chiunque fosse. Era solo un cadavere. Non è più una persona, hai capito?- disse Liz, guardandolo negli occhi per sincerarsi che la stesse ascoltando.

Vennero raggiunti da Monk, che continuava a generare fiamme dalla bacchetta, e Chandra.

-Dobbiamo uscire di qui- disse il capitano.

Snape era ancora inebetito.

Ci fu il rumore di un’esplosione, vicina, come se fosse nella stanza stessa; poi il lampadario al centro della sala crollò, lasciando intravedere un enorme buco nel soffitto.

Dal bordo videro fare capolino la testa di Neville Longbottom: -Monk, sei lì?- disse, attraverso un megafono.

In tutta risposta Monk sparò delle scintille colorate dalla propria bacchetta.

-Stiamo per calare una scala. Salite, vi copriamo le spalle-.

I quattro raggiunsero faticosamente il centro della sala, immobilizzando gli Inferi che si gettavano su di loro ad ogni passo. Liz sorreggeva Snape, ancora catatonico.

Dal buco dove un tempo si trovava il lampadario venne fatta calare una scala di corda, e loro si arrampicarono, ricacciando giù i cadaveri a calci e schiantesimi.

Quando tutti si furono issati sul soffitto, Neville fece cenno ai soldati che reggevano la scala, che venne buttata giù e portò con sé gli Inferi che avevano tentato di arrampicarsi su di essa.

-Che fine ha fatto Townshend?- chiese Longbottom.

Monk scosse la testa eloquentemente.

Uscirono da una delle finestre della torre che sovrastava la Lobby Centrale, per raggiungere un elicottero che era posato sul tetto del parlamento.

Altri elicotteri stavano tirando su le Sentinelle che erano penetrate all’interno dell’edificio, mentre, accanto ad ogni uscita, soldati babbani attaccavano con i lanciafiamme tutti gli Inferi che si lanciavano fuori dal palazzo.

Liz fece salire Snape sull’elicottero; vennero quindi raggiunti dagli altri e decollarono verso la caserma.

Snape si rese conto che Liz, Chandra e Monk lo stavano guardando preoccupati, tenendosi a distanza, come se dovesse fare un gesto inconsulto e violento da un momento all’altro.

-Che diavolo avete da guardare?- berciò.

Fu Liz a prendere la parola, dopo essersi scambiata un’occhiata di intesa con i due compagni di viaggio:- Stai per diventare uno di loro?-

-Che cosa?- domandò Snape senza capire.

-Be’, visto che sei stato morso… - spiegò Liz a disagio – stai per diventare uno zombie?-

Snape sospirò:-Merlino, questi babbani e i loro stupidi film!-

-Quindi no?- domandò Chandra timidamente.

-Ma certo che no!- ribatté Snape scandalizzato.

I tre si rilassarono visibilmente sul sedile.

Snape si sentiva ancora turbato, ma l’irritazione lo stava rapidamente riscuotendo.

Una volta giunti all’Accademia, si fece una veloce medicazione di fortuna al collo, poi, con l’aiuto di Liz e dei farmacisti babbani ormai piuttosto esperti in Pozioni, distillò grandi quantità di una sua varietà di Pozione Incendiaria, che prendeva fuoco a contatto con i materiali organici ma lasciava intatti gli altri oggetti.

Questa venne irrorata da grandi idranti posti sul tetto del Parlamento, bruciando tutti gli Inferi: vedere i corpi che si contorcevano sotto le fiamme fu uno spettacolo raccapricciante, anche se Snape sapeva che quelle creature non provavano dolore come gli esseri umani.

Cercò di individuare il corpo che gli era sembrato di Lily, ma non ci riuscì.

Intorno a mezzanotte, l’ultima fiamma si estinse sui resti carbonizzati degli Inferi.

Il Parlamento era stato preso.
 
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Astry
view post Posted on 7/3/2011, 12:55




Posto anche qui i commenti che ti ho lasciato su EFP per questi capitoli. Perchè non ti rimetti in pari con gli aggiornamenti, così potrò commentare sia qui che su EFP in contemporanea? :P

Cap. 8
Sempre più interessante questa ff, vien voglia di andare avanti e sapere che succede dopo. Piton e Paciock che fanno piani di battaglia insieme sono fantastici. E mi è sembrato di vedere la faccia di Severus quando Neville gli annuncia che deve andare di persona a guidare l’attacco. Pozione polisucco? Ma povero, da chi lo costringerai a trasformarsi? Spero che non ti venga in mente qualcosa di imbarazzante per lui, o lo aiuterò ad Avadarti.
Bello anche il duello, ma il fatto che Robert abbia potuto far tanto danno con un semplice expelliarmus è alquanto sospetto. Altra cosa che non vedo l’ora di scoprire e che si aggiunge all’elenco, assieme al tizio scozzese e alla Polisucco di Severus.

Cap.9
Per la Polisucco non ho ancora deciso se ucciderti o no. Ma per ora direi di no, visto che voglio sapere come va avanti la storia, quindi immagino di non poter uccidere l’autrice. Figurarmi Neville con l’espressione di Severus però non ha prezzo.
Bella tutta la descrizione del parlamento distrutto, bella la scena con gli Inferi e poi… oddio, le coronarie! Ma come ti vengono certe idee? Orribile la Lily zombie, ma povero Piton! Argh! poi sarei io la sadica, vero???? Ma io queste cose non le scrivo, io le donne gliele ammazzo e basta, mica le faccio diventare zombie assassini che lo mordono sul collo (ecco, se non si fa mordere sul collo da qualcuno, Severus non è contento. Fantastica la scena in cui lo guardano preoccupati che si trasformi in qualche strano mostro. Ahah, il morso di Zombie non ha effetti collaterali, vero??? Lo spero per te!

 
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Natalie_S
view post Posted on 8/3/2011, 12:21




Ciao Astry!
Eh sì hai ragione dovrei rimettermi in pari!
Tra l'altro qui all'inizio ho messo insieme due capitoli rispetto a EFP, così i numeri sono diversi... insomma, ho fatto un bel casino.
Adesso metto due capitoli così per la prossima settimana dovrei tornare "giusta".
Grazie, ciaoo!!

CAPITOLO 10

La mattina dopo, l’Accademia fremeva di un misto di tristezza e euforia.

Per la prima volta avevano attaccato e vinto: è vero, non si erano scontrati direttamente con nessun mago, ma aver eliminato tutti quegli Inferi e scacciato i Dissennatori era un traguardo non indifferente.

D’altra parte c’erano state alcune perdite: non molte, paragonate a quelle che abitualmente avvenivano contro i maghi, ma molte unità avevano perso uno o due uomini.

C’erano stati anche molti feriti: Liz e il gruppo di pozionisti fu impegnato per tutta la notte nella preparazione di Pozioni rimpolpa-sangue e cicatrizzanti.

Era davvero un problema che molte delle pozioni dovessero essere utilizzate immediatamente dopo la preparazione, pensava Liz: sarebbe stato interessante trovare un modo per conservarle mantenendo inalterati i principi attivi. Doveva parlarne con Snape, forse avrebbero potuto trovare una soluzione. Probabilmente i conservanti alimentari babbani potevano essere un buon un punto di partenza. Chissà se era possibile liofilizzare alcuni preparati, oppure solidificarli in comode pastiglie, sarebbe stato molto più pratico.

Uscì dalla sala adibita a laboratorio quando era già mattina inoltrata, stropicciandosi gli occhi arrossati. Avrebbe avuto bisogno di almeno dodici ore di sonno, pensò, ma dubitava che sarebbe stato possibile.

-Liz!- la sorprese una voce alle sue spalle. Era Cillian che, inaspettatamente, la abbracciò con trasporto.

-Mi hanno detto che qualcuno della tua unità era stato… preso da quegli zombie e ho pensato… insomma, volevo controllare…- spiegò lui, una volta che si furono staccati.

-Io sto bene. E’ Townshend che….- la voce le morì in gola, al pensiero di Gary che veniva trascinato via dagli Inferi, senza che potessero fare nulla per fermarli.

Nella concitazione che era seguita alla battaglia era riuscita a non pensarci, ma ora sentiva un groppo in gola e pensò stupidamente che Gary non avrebbe mai saputo chi avrebbe vinto la Champions League. Sentì gli occhi pizzicarle e le sfuggì un singhiozzo.

-Dai Liz… coraggio…- disse Cillian – non piangere…ti ricordi quella volta a Leeds che siamo dovuti scappare dalle fogne ed era pieno di topi?-

Lei annuì, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

-Ti ricordi Skinner che saltava su ad ogni fruscio come una femminuccia?-

A Liz sfuggì una risata, tra le lacrime: era stato un momento bizzarramente spassoso, e il povero Skinner era stato preso in giro per mesi.

-Secondo me avrebbe preferito trovarsi gli zombie…- osservò.

Cillian annuì: -Anche secondo me.- sorrise.

-Mi sei mancata Liz- aggiunse, dopo un momento –mi dispiace che tu ci sia stata male per quello che è successo qualche anno fa.-

-Anche tu mi sei mancato.- disse Liz, rendendosi conto in quel momento di quanto fosse vero –Amici come prima?- propose, tendendogli la mano.

-Amici- accettò Cillian, stringendola.



-Insomma, vuoi stare fermo?- esclamò Liz, intenta a picchiettare un pezzo di cotone idrofilo imbevuto di dittamo sulla ferita al collo di Snape. Il taglio si era già rimarginato, ma la sostanza lo avrebbe guarito in breve tempo e senza lasciare segni di cicatrici.

Il paziente, tuttavia, non era molto collaborativo.

-Sei approssimativa. Non lo stai distribuendo correttamente! Devi metterlo anche lì… verso l’orecchio…- protestò Snape, contorcendosi per indicare il punto esatto.

-Ma sì che ce l’ho messo… adesso sta’ un po’ fermo oppure te lo spalmi da solo.- concluse Liz.

Snape tacque.

Non avevano parlato di quello che era successo a Westminster, dello zombie – Inferius, si corresse Liz mentalmente- che li aveva attaccati e da cui Snape era stato incapace di difendersi.

La ragazza aveva immaginato che questa misteriosa Lily fosse la donna coi capelli rossi di cui il mago teneva la foto incorniciata sul caminetto: era l’unica decorazione della stanza, quindi era difficile non notarla.

Liz si sentiva in dovere di parlare con Snape a riguardo: aveva l’impressione che la cosa lo tormentasse e che gli avrebbe fatto bene non tenersi tutto dentro.

-Insomma, questa Lily- esordì infine, dopo un lungo silenzio impacciato – era tua moglie?-

Snape sussultò: -No!- rispose seccamente.

Una lunga pausa silenziosa.

-Tua sorella?-

-No.-

-Tua cug…-

-Non era mia parente.- la interruppe Snape.

Un’altra pausa di silenzio.

Be’, forse dopotutto non aveva tanta voglia di parlarne, rifletté Liz, continuando a picchiettare il dittamo sul taglio, che ora somigliava ad una vecchia cicatrice.

-Era mia amica- fece infine Snape –la mia più cara amica.-

Liz era un po’ sorpresa ma cercò di non darlo a vedere, e continuò la sua opera di cicatrizzazione. Aveva l’impressione che “amica” fosse una definizione un po’ riduttiva per qualsiasi cosa questa persona fosse stata per Severus Snape.

-E’ morta molti anni fa, prima della guerra tra Voldemort e i babbani.- continuò il mago – Era un po’ di tempo che non pensavo a lei, ma quando ho visto quella… cosa… quella donna…- sospirò- Insomma, sembrava proprio lei, aveva i suoi capelli…- la sua voce si spense in un borbottio indistinto.

-Sai- disse Liz dopo qualche istante- che oltre il 10% della popolazione delle isole britanniche ha i capelli rossi?-

-Sì?- rispose Snape, apparendo un po’ confuso.

Liz annuì:- E pare che oltre il 40% degli inglesi e degli irlandesi abbia il gene in forma recessiva.-

-Ah, però.-

-Quindi molte persone probabilmente hanno esattamente lo stesso colore di capelli di questa tua amica. E considerato che è… come dire… scomparsa molti anni fa, credo che sia piuttosto improbabile che qualche mago oscuro seguace di Voldemort sia andato a recuperarne il… ecco.. le spoglie.- era difficile parlare di zombie assetati di sangue cercando di essere rispettosi, pensò Liz- Probabilmente metà degli Inferi lì dentro è composta da persone che lavoravano nel Parlamento quando Voldemort ha attaccato, e l’altra metà dai turisti. Un sacco di gente visitava quella zona, sai, ogni giorno. Avevano già tutti i cadaveri di cui avevano bisogno.-

Snape non rispose: sembrava che stesse riflettendo sulla cosa.

-E poi – continuò lei- anche nel caso più che remoto che davvero fosse il suo corpo, non era davvero lei, no? Hai detto che sono controllati da qualcuno, sono come dei pupazzi. Non c’entra con… sai… il suo spirito. Sono sicura che la tua amica non avrebbe mai voluto attaccarti.-

-Non ne sarei tanto sicuro.- borbottò Snape.

Liz si stupì: -E perché?-

Snape evitò di incrociare il suo sguardo:-E’ morta per colpa mia- spiegò, asciutto, anche se la ragazza intuiva che pronunciare quelle parole dovesse costargli uno sforzo enorme – Voldemort l’ha uccisa a causa mia.-

Liz tacque, non sapendo bene cosa dire.

Era proprio una brutta situazione: anche se non conosceva i dettagli, incominciava a capire cosa avesse portato Snape a isolarsi per tanti anni, a non voler aver nulla a che fare con i suoi simili.

-Be’…- disse infine- adesso ci stai aiutando. Se abbiamo uno straccio di speranza di far fuori Voldemort e tutti i suoi amichetti, è grazie a te. Penso che questo Lily lo apprezzerebbe, no?-

Snape le rivolse un sorriso triste: -Sì- rispose –immagino di sì.-

Liz non disse nulla, ma continuò a picchiettare il dittamo sulla ferita, in silenzio, mentre la cicatrice incominciava a sparire.



Il punto di vista di Liz, cioè che il suo contributo alla guerra riscattasse ogni sua azione passata, sembrava essere condiviso dalla maggior parte dei soldati, che, dopo gli eventi del Parlamento, trattavano Snape con un calore che sconfinava nell’adorazione.

Anche durante le precedenti lezioni si erano dimostrati attenti e rispettosi, ma sempre mantenendo un’istintiva diffidenza di fondo verso il mago, troppo simile a quelli che li tormentavano quotidianamente.

Dopo che la buona fede di Snape era stata provata sul campo, e aveva permesso loro di riconquistare il Parlamento, un simbolo della loro libertà, guadagnandosi oltretutto una brutta ferita, avevano abbandonato ogni remora nei suoi confronti.

Con grande sconcerto di Snape, al suo rientro in classe era stato accolto con applausi e persino, da parte dei più coraggiosi, delle affettuose pacche sulle spalle che gli avevano quasi fatto perdere l’equilibrio.

Ad Hogwarts non era stato uno degli insegnanti più amati, lo sapeva. A parte la costante opera di captatio benevolentiae portata avanti dai Serpeverde (di cui comunque aveva sempre attribuito la causa ai favoritismi e al loro interesse, piuttosto che ad un sincero affetto nei suoi confronti), gli altri studenti si erano limitati a detestarlo più o meno cordialmente.

In ogni caso, niente l’aveva preparato a questo: studenti che lo fermavano continuamente dopo le lezioni, che gli chiedevano particolari sul mondo magico e sulla sua vita ad Hogwarts, e persino, con sua immensa perplessità, una Sentinella di sesso femminile che sembrava sbattere le ciglia con eccessivo entusiasmo in sua presenza.

In queste condizioni si sentiva a disagio e quasi in colpa quando sibilava le sue battutine sarcastiche e pungenti, anche perché alcuni allievi sembravano rimanerci davvero male, cosa che lo portava a ritrattare imbarazzato.

Merlino, che fatica.

Uscì dall’Accademia e si materializzò a casa, pregustando le ore di riposo che lo separavano dalla giornata successiva.

Forse avrebbe letto un po’ del manuale di informatica che McDiarmid gli aveva prestato: gli piaceva l’informatica, gli sembrava che le stringhe dei comandi non fossero così diverse dagli incantesimi. E poi era utile, portava l’elettronica a un livello superiore, molto più avanzato.

Immerso in tali pensieri, all’inizio, quando lo sentì, credette di essersi rovesciato qualcosa sul braccio, i resti di una pozione corrosiva, forse.

Poi capì: incredulo, sollevò la manica sinistra e osservò il serpente e il teschio pulsare sulla sua pelle. Il Signore Oscuro, dopo diciotto anni, lo stava nuovamente chiamando.






CAPITOLO 11

Il castello di Hogwarts era cambiato profondamente da quando il Signore Oscuro, qualche anno prima, aveva deciso di spostare la celebre scuola per renderlo la sua dimora. Hogwarts era come un’ossessione per Voldemort: voleva conoscerla in ogni suo singolo anfratto, e scoprire tutta la magia di cui era impregnata.

Snape si materializzò davanti al cancello e guardò verso il luogo che per tanti anni aveva considerato la sua casa.

Il castello appariva più scuro e sinistro che mai: molti Dissennatori volteggiavano attorno al perimetro esterno, mentre alcuni Thestral dall’aria minacciosa erano appollaiati sulle guglie delle torri.

Il cielo era perennemente coperto da uno strato di nuvole scure cariche di pioggia e, nonostante fosse ancora giorno, era buio come se fosse notte inoltrata: effetto dei Dissennatori, pensò Snape.

Nessuna finestra lasciava trasparire luce, notò: forse era per questo che sembrava così inquietante. Quando era una scuola, era difficile trovare una stanza in cui le luci non fossero accese.

Erano molti anni che non veniva chiamato dal Signore Oscuro: essendosi appropriato del potere nel mondo magico, Voldemort si era trovato a dirigere una grande quantità di persone, e l’uso del marchio non era più molto agevole. Era diventato un segno di onore, per aver sostenuto il Signore Oscuro fin dall’inizio, ma da molti anni nessuno veniva marchiato più.

Snape si chiese se Voldemort l’avesse tenuto sotto controllo in questi anni, e se sapesse del suo tradimento. Oppure, forse, qualcun’altro doveva essere punito; o magari doveva solo fare un annuncio; e se stesse cercando delle informazioni all’interno della sua cerchia più ristretta?

Impossibile sapere che cosa avesse in mente; era passato troppo tempo.

Notò che il cancello era chiuso: ma al suo avvicinarsi si aprì spontaneamente, per poi richiudersi bruscamente non appena lo ebbe attraversato.

Entrò all’interno del castello: la sala d’ingresso era vuota e gelida.

La sua attenzione venne attirata dall’ingresso della Sala Grande, dove le luci erano accese.

Era nel posto giusto: all’interno, non vi erano più i tavoli delle varie case, ma un unico tavolo al centro della stanza.

Snape si avvicinò al tavolo, che era già affollato dai vecchi Mangiamorte, molti dei quali indossavano il tradizionale mantello nero.

Riconobbe McNair, molto anziano e completamente incanutito; Avery, che lo salutò con un cenno del capo quasi calvo; Mulciber, ormai decisamente soprappeso; Travers, Yaxley e Rookwood, che esibivano altrettanto chiaramente i segni del tempo.

Snape pensò che probabilmente anche lui stesso sembrava più vecchio dei suoi cinquantasei anni.

Bellatrix Lestrange appariva molto invecchiata, anche più dei suoi…ormai sessantacinque anni, calcolò Snape. I suoi lunghi capelli, un tempo scuri e lucenti, erano grigi e stopposi, e contornavano il viso scarno dandole l’aria della classica strega delle fiabe babbane; i suoi occhi, però, erano ancora acuti e brillanti, e si guardavano attorno vagamente allucinati.

Lucius e Narcissa Malfoy erano, come sempre, pallidi ed eleganti, e nel gruppo sembravano quelli meno cambiati: ma, notò Snape, erano anche quelli che apparivano più terrorizzati.

Accanto a loro c’era un uomo biondo e pallido che, si rese conto, doveva essere Draco: assomigliava molto a Lucius e, come lui, sembrava molto spaventato. Non alzò lo sguardo ma si limitò a fissare il pavimento. La sua tempia sinistra era solcata da un grande livido scuro, e sul colletto della camicia bianca spiccavano alcune gocce di sangue rappreso.

Fece per salutarli, quando il Signore Oscuro fece il suo ingresso nella sala. Al suo arrivo tutti si alzarono in piedi: Bellatrix diede un piccolo gemito di gioia (o di terrore, difficile a dirsi) e si precipitò a baciargli l’orlo della veste.

Voldemort non era cambiato, osservò Snape: sembrava che negli ultimi anni non fosse invecchiato di un giorno. Come sempre, era seguito dalla fedele Nagini.

Aveva quasi dimenticato quando potessero essere terrificante il suo volto scheletrico illuminato dalle iridi rosso sangue: nel vederlo fu assalito da un fiotto di puro odio.

A causa di quest’uomo, se ancora poteva definirsi tale, Snape aveva perso tutto: prima Lily, poi Hogwarts e, in un certo senso, la fiducia in sé stesso.

-Severus, quanto tempo.- sibilò Voldemort, prendendo posto a capotavola, e rivolgendogli un pigro gesto con la mano pallida.

Snape chinò la testa rispettosamente, e si sedette. Si rese conto che, istintivamente, i tratti del suo viso si erano composti nell’espressione vuota e illeggibile associata all’Occlumanzia.

Quanto tempo era passato da quando ne aveva avuto bisogno l’ultima volta! Si chiese se fosse stato ancora in grado di tenere fuori Voldemort dalla sua mente.

Il Signore Oscuro stette in silenzio per qualche istante, osservando il volto di ognuno dei presente, soffermandosi leggermente di più sui Malfoy.

Infine iniziò a parlare, con la sua voce fredda e acuta: -Miei fedeli e antichi seguaci… vi chiederete come mai ho deciso di convocarvi qui, dopo così tanto tempo.-

-Mio Signore…- squittì Bellatrix, sporgendosi sul tavolo come per cercare di avvicinarglisi - Io… quale gioia… sapeste per quanto ho atteso… una vostra parola, un cenno…-

Voldemort la zittì alzando una mano: -Non dovresti gioirne!- esclamò seccamente.

La Lestrange sembrò afflosciarsi sulla sedia come un sacco vuoto.

-Vi ho chiamati – continuò Voldemort – per comunicarvi il mio… disappunto. Sono molto, molto deluso.-

Un brivido attraversò la tavolata.

-Come certo saprete, non abbiamo ancora eliminato i babbani. Qualche mese fa mi era stato assicurato – lo sguardo del Signore Oscuro si soffermò ferocemente su Draco Malfoy, che continuò a fissare un punto imprecisato al di sotto del proprio mento – che presto ci sarebbe stata una svolta. Non sarebbero durati molto, mi si diceva, stiamo per vincere. E invece- Voldemort alzò la voce, consentendole di vibrare di collera repressa –non solo quelle sordide creature non sono ancora ridotte come meritano, ma sembrano anche meglio organizzate! Usano sofisticati incantesimi di protezione, quei sudici mudblood, ci bombardano con pozioni e producono Patronus che scacciano i nostri Dissennatori!-

Snape mantenne l’espressione impassibile, rendendosi conto di una goccia di sudore freddo che gli scorreva lungo la nuca.

-E io mi chiedo, come è possibile? Come è possibile che tutto questo accada proprio sotto i nostri occhi e il mio Ministro della Difesa non faccia nulla?!-

Draco tremò visibilmente, mentre Narcissa soffocava un singhiozzo.

-Mio signore, v-vi supplico- balbettò Lucius – Mio figlio ha tentato…-

-Tuo figlio ha tentato!- ripeté Voldemort, beffardo –I suoi tentativi sono stati maldestri e fallimentari, e non sono più graditi al suo Signore.-

Nagini scivolò sul tavolo accanto a Voldemort, che la carezzò distrattamente sulla testa; il serpente si avvicinò, minacciosamente, ai Malfoy.

-La punizione per chi suscita la mia ira in modo così… sconsiderato - continuò il Signore Oscuro – è la morte.-

Nagini spalancò le fauci davanti al viso di Draco, fermandosi a pochi millimetri dalla sua pelle. Narcissa gemette come un animale ferito.

-Tuttavia- riprese Voldemort – i Malfoy mi hanno servito fedelmente, per molti anni. Il Signore Oscuro è misericordioso, e apprezza la lealtà dei suoi servi sopra ogni altra cosa.-

Nagini scivolò lentamente verso di lui, che ricominciò ad accarezzarla.

-Travers! – chiamò –Da questo momento sei tu il nuovo Ministro. Domani mattina tornerai qui e discuteremo su come agire.-

-Grazie, mio Signore- mormorò Travers, chinando la testa.

-Quanto a Draco, rimarrà in mia custodia finché non avrò deciso cosa fare di lui… cercherò di trovargli un utilizzo alternativo alla cena di Nagini.-

-Vi ringrazio, mio Signore – disse Lucius con un filo di voce – Vi siamo infinitamente grati per la vostra misericordia…-

Voldemort annuì: -Potete andare.- fece, rivolto alla tavolata.

Snape, come gli altri, fece lentamente per alzarsi, trattenendo un sospiro di sollievo.

-Anzi, ancora una cosa- disse Voldemort – Risedetevi, prego. Voglio raccontarvi un fatto singolare.-

I Mangiamorte si guardarono, confusi.

-Data l’incapacità dei miei seguaci- fece Voldemort in tono colloquiale – Ho deciso di interrogare io stesso la nostra fonte… una persona di mia grande fiducia che attualmente vive tra i babbani.-

Snape mascherò la propria sorpresa dietro una facciata indecifrabile: allora Knight e gi altri avevano ragione, c’era una spia.

-Ebbene, questa persona ha tentato di tutto per comunicarmi cosa stesse succedendo tra i mudblood, come mai di punto in bianco fossero diventati così versati nella magia: ma gli incantesimi che aveva addosso erano talmente potenti che non è riuscito a dire nulla al suo Signore. Davvero inusuale.-

Snape si congratulò con sé stesso. Ma chi poteva essere la spia?

-Ho tentato dunque con la legilimanzia.- il cuore di Snape mancò un battito – ma nulla. Era come se un muro coprisse le informazioni che dovevano rimanere celate. Ero molto… affascinato da questo problema. Quale mago poteva essersi beffato di me in tale modo?-

Voldemort si alzò, e iniziò a passeggiare attorno alla tavola.

-Tuttavia- continuò – i miei impegni sono molti e pressanti, e non posso perdere tutto il mio tempo in pedanti interrogatori. Dopo vari tentativi, ho quindi espresso il desiderio di richiedere ancora una volta i tuoi servigi, Severus.-

Snape si sentì gelare. Voldemort continuò a camminare, avvicinandosi al suo posto.

-Ed ecco, a questo punto è successa una cosa alquanto peculiare. – Voldemort fece una pausa carica di tensione, e quando parlò il suo tono era cambiato, lasciando trasparire tutta la sua ira -Non appena ho fatto il tuo nome, la mia fonte si è animata, comunicandomi ad ampi gesti che questa persona gli era familiare, e che in qualche modo c’entrava con l’oggetto della mia ricerca! Incarcerous!-

Snape si sentì imprigionare il busto da funi invisibili, e si dimenò inutilmente per liberarsi.

Voldemort tornò a sedersi a capotavola.

-Severus…- fece, il tono della voce nuovamente tranquillo e controllato – Non ti ho forse dato tutto quello che mi hai chiesto? Non sono forse stato oltremodo generoso nei tuoi confronti?-

-Mio Signore, io posso spiegarvi…- iniziò Snape, sforzandosi di non far tremare troppo la voce.

-Ti ho concesso il mio favore – continuò il Signore Oscuro –ti ho permesso di sospendere i tuoi servigi per tanti anni, per dedicarti a qualche futile attività di ricerca che tanto desideravi intraprendere. Ti ho dato tutte le ricchezze che potevi accumulare. Ed è così che vengo ripagato per la mia benevolenza??!- urlò, sporgendosi sul tavolo.

I suoi occhi rossi sembravano voler incenerire Snape.

-No! No, mio Signore, io….- balbettò questi.

-Taci!- disse Voldemort – non ho più intenzione di stare ad ascoltare le tue viscide chiacchiere. Sei un essere troppo meschino e spregevole per meritare ulteriormente la mia attenzione.-

Si appoggiò allo schienale della sedia.

-Bellatrix! – chiamò stancamente – occupatene tu. Spero che tu non abbia perso il tuo tocco.-

Bellatrix saltò in piedi, con un ghigno feroce dipinto sul volto.

Snape percepì la sua profonda soddisfazione: per anni aveva aspettato di vederlo sbugiardato.

Senza preoccuparsi neanche di usare la magia, lo afferrò per il colletto della veste e lo gettò in terra, poco lontano dalla tavola.

Snape cercò di alzarsi in piedi, senza successo: le funi invisibili gli avevano immobilizzato la parte superiore del corpo, e nonostante potesse muovere la gambe non riusciva a mantenere l’equilibrio.

La bacchetta si trovava nella tasca interna del mantello: impossibile afferrarla.

Bellatrix diede una risata maniacale: -Snape!- esclamò –Finalmente ci rincontriamo!-

Snape cercò di trascinarsi il più possibile lontano da lei.

-Crucio!- gridò la Lestrange.

Snape sentì le ondate di dolore provocate dalla maledizione: no, pensò, Bellatrix non aveva perso il suo tocco.

Tuttavia tutti gli anni che aveva passato a studiare le Arti Oscure avevano avuto il loro frutto: Snape aveva scoperto che la Cruciatus non provocava un vero dolore fisico.

La fattura agiva sui nocicettori e sulla corteccia cerebrale, dando alla vittima la sensazione del dolore, ma in realtà era tutto nella mente.

Da esperto occlumante quale era, poteva mitigarne gli effetti, anche se non eliminarli completamente.

Voleva scoprire chi era la spia, fosse anche l’ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita. Voleva sapere chi era riuscito ad ingannarlo.

Bellatrix ripeté la maledizione più volte, ma evidentemente non stava ottenendo il risultato che sperava; si avvicinò lentamente, gustando la paura che provocava nella propria vittima.

Aveva gli occhi animati da un’eccitazione febbrile: il suo volto scavato era contorto e arrossato.

-Oh, sei tanto bravo nei giochetti mentali, vero?- sussurrò – Peccato, con questo non ti serviranno a molto… Diffindo!- aggiunse, aprendogli due tagli all’altezza degli zigomi, da cui iniziarono a sgorgare due rivoli di sangue.

Malfoy, pensò Snape. Draco Malfoy sicuramente sapeva chi era la spia.

Probabilmente era lui che aveva organizzato il modo di infiltrarlo.

Voldemort osservava la scena in silenzio.

Bellatrix era evidentemente ansiosa di ottenere la sua approvazione: brandendo la bacchetta come un pugnale, fece il gesto di conficcarlo nel braccio di Snape, che sentì come una lama invisibile perforargli la carne, provocandogli un lamento.

Ecco, contro questo l’Occlumanzia poteva fare ben poco.

Il Signore Oscuro annuì soddisfatto.

Doveva leggere la mente di Draco, capì Snape. Lo individuò, ancora seduto accanto a Lucius e Narcissa. Al contrario di tutti gli altri, che osservavano la scena con orrore, continuava a fissare il tavolo, come se non volesse assistere.

Questo era un problema: aveva bisogno di stabilire un contatto visivo per leggere i suoi pensieri.

Bellatrix, intanto, affondò allo stesso modo la bacchetta nell’altro suo braccio, girando la lama nella ferita ripetutamente.

Snape gemette: ma doveva rimanere lucido… doveva sapere… non sapeva neanche a che scopo.

Era finita, pensò: non avrebbe mai fatto ritorno all’Accademia.

Presto si sarebbe riunito a Lily: finalmente, dopo tutti quegli anni di tormento… Ma allora perché non si sentiva consolato a quel pensiero?

Dopo aver invocato la fine del suo dolore tanto a lungo, ora che arrivava non voleva morire.

Voleva tornare… voleva vivere…

Si rese conto di trovarsi ormai in una pozza del suo stesso sangue: Bellatrix, intanto, fece scivolare la bacchetta lungo la gola di Snape, provocandogli un lungo e doloroso taglio.

“Guardami, Malfoy, guardami!” pensò.

Sentì, molto lontana, la voce di Voldemort:- Falla finita con quello schifoso traditore, Bella!-

Bellatrix annuì:- Allora, Snape… quali sono le tue ultime parole?- domandò, con un sorriso beffardo.

Snape seppe che non avrebbe avuto un’altra occasione:- DRACO!- gridò.

Malfoy alzò lo sguardo su di lui, talmente sorpreso e sotto shock da non proteggere i propri pensieri con l’Occlumanzia.

Snape affondò gli occhi nei suoi… e finalmente vide.

“Non è possibile…” pensò.

Bellatrix urlò “Avada Kedavra!”, e Snape vide un lampo verde erompere dalla sua bacchetta.

Fece appena in tempo a udire un rumore simile a uno scoppio, poi la stanza scomparve davanti ai suoi occhi.
 
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Natalie_S
view post Posted on 14/3/2011, 09:58




CAPITOLO 12

Liz si trovava nel laboratorio dell’Accademia, intenta nel tentare la preparazione di una pozione che rigenerava i tessuti della pelle. Era un articolo di cui c’era sempre un estremo bisogno, e i farmacisti non facevano altro che produrne.

Questa volta, voleva tentare l’aggiunta di un conservante, e vedere per quanto tempo sarebbe durata.

Versò nel composto qualche granello di acido sorbico. La pozione diede uno sbuffo viola e cominciò a ribollire violentemente.

Liz fece prudentemente un passo indietro: non si aspettava quella reazione.

Probabilmente avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo… merda!

In quel momento Longbottom entrò nella stanza.

-Hai visto Snape?- chiese.

-E’ uscito qualche ora fa.- rispose Liz- Vuole lasciar detto a me?-

-No, no, aspetterò che domani… -

Longbottom non fece in tempo a finire la frase, perché fu interrotto da un acuto “Crack!”

Al centro della stanza apparvero due figure: una di queste era un essere alto circa un metro, con grandi occhi scuri e orecchie simili a quelle di un pipistrello.

Liz lo guardò meravigliata. Che diavolo era?

Poi si rese conto che accanto alla creature c’era un uomo: colpita da un cattivo presentimento, si inginocchiò e lo voltò per vederne il viso.

Era Snape.

Liz urlò, terrorizzata: la parte anteriore della sua veste era completamente zuppa di sangue, che sgorgava dal volto, il collo, e le braccia. Sembrava incosciente.

“No, ti prego, ti prego, no…” pensò la ragazza, non riuscendo ad articolare un pensiero più definito.

-E’ vivo?- chiese Longbottom, ansioso – Respira?-

-Non…. Non lo so! Io… - balbettò Liz, in preda allo shock.

-Controllo io- la interruppe risoluta la strana creatura che era apparsa insieme al mago, facendola spostare con uno spintone.

Appoggiò una piccola mano sul collo di Snape e si chinò per ascoltarne il respiro.

-C’è battito, ma non sta respirando- sentenziò – Generale, io credo che è stato colpito da un’Avada di una maga…-

L’essere aveva uno strano accento, simile a quello mediorientale.

Liz aprì la veste di Snape sul davanti, e riconobbe l’oggetto pulsante che ricopriva il suo petto: -Ha il giubbetto! – esclamò – Dobbiamo toglierglielo.-

Armeggiò con le chiusure e i ganci, e finalmente, dopo qualche secondo che le parve interminabile, riuscì ad aprirlo: non appena ebbe allentato la pressione sul suo petto, Snape ebbe un sussultò, tossì e finalmente ricominciò a respirare normalmente.

Liz sospirò di sollievo, e si rese conto che Longbottom aveva fatto lo stesso.

-Shamir- disse questi, rivolto all’essere – Ti ha visto qualcuno, a Hogwarts?-

La creatura scosse la testa:- No, l’ho portato via prima che potessero notarmi. Sono stato prudente.-

Il generale annuì, sollevato:-Va’ a chiamare Donaldson, dobbiamo farlo medicare subito- ordinò.

-Sissignore- rispose l’altro, e sparì con un sonoro “Crack!”.

-Che è successo…?- domandò Liz, sorreggendo la testa del ferito –Ti hanno attaccato, erano a casa tua…?-

Snape tentò di parlare senza successo e tossì ancora.

-No… Voldemort… Hogwarts…- articolò con fatica –Ascolta… c’è una spia, qui dentro…-

-Cosa?!- esclamò Longbottom.

Liz aprì la bocca, senza riuscire a emettere alcun suono.

-E’ Garreth… Robert Garreth… è un Mangiamorte…- disse Snape – dovete… fermarlo, subito…-

In quel momento arrivò Donaldson, seguito da due infermieri che portavano una barella:- Dobbiamo portarlo in infermeria… togliti, largo… Generale, devo chiedere anche a lei di spostarsi.- aggiunse, rivolto a Longbottom.

Non poteva crederci… Garreth? Quel Garreth? Il ragazzo che sembrava imbarazzato persino dalla sua stessa ombra?

Eppure doveva essere così. Snape non avrebbe formulato un’accusa del genere se non ne fosse stato più che sicuro.

Allora era tutta colpa di Robert, pensò Liz, era tutta colpa sua se Snape era ridotto così… se aveva rischiato di essere ucciso da Voldemort… quel ragazzino infame li aveva traditi tutti…

Vide Donaldson che applicava la mascherina dell’ossigeno sul viso di Snape: osservò i tagli sulle sue guance e si sentì invadere da una rabbia incontrollabile.

-Io lo ammazzo- disse, piano – Io quello lo ammazzo…- ripeté, dirigendosi fuori dalla porta del laboratorio.

-Mills, dove vai?- la chiamò Longbottom, ma lei lo ignorò.

-Resta qui, è un ordine- disse, afferrandola per un braccio: Liz si divincolò con uno strattone e corse fuori.

Percorse il corridoio e uscì nel cortile: Robert era lì, che parlava con Wilson.

Alzò lo sguardo su di lei: gli bastò un’occhiata per capire che sapeva. Indietreggiò e portò la mano alla tasca, dove teneva la bacchetta.

Liz gli si avventò contro, a testa bassa, cercando di buttarlo a terra.

Non pensò neanche a un modo più efficace di combatterlo: in quel momento riusciva solo a percepire il desiderio di fargli del male fisico.

-Liz, ma che fai?- esclamò Wilson, sorpreso.

Longbottom arrivò nel cortile e ordinò: -Divideteli! Prendete Garreth, non lasciatelo scappare!-

In quel momento, Robert si liberò dalla presa di Liz dandole una ginocchiata nello stomaco: estrasse la bacchetta e, vedendo alcuni soldati che gli si avvicinavano, gridò: -Protego!-

Una bolla traslucida, simile a quella usata nei duelli, lo avvolse: per un istante apparve sollevato, ma poi si rese conto di aver involontariamente incluso anche Liz nella sfera protettiva.

Non poteva andarsene prima di averla eliminata.

-Stupeficium!- esclamò, ma la ragazza schivò l’incantesimo, e indietreggiò.

-Sectumsempra!- gridò lei, ma la fattura venne parata.

Passata la prima, bruciante ondata di rabbia, Liz si rese conto che aveva sottovaluto Garreth: si era gettata contro di lui dando per scontato che non avrebbe avuto grandi difficoltà a farlo fuori, ma ora capiva che, nonostante la giovane età, lui con ogni probabilità aveva ricevuto una vera educazione magica da parte dei seguaci di Voldemort.

Ecco perché era così bravo, pensò.

Come se le avesse letto nel pensiero, Robert fece un sorriso più simile a una smorfia, e scagliò un incantesimo che lei riuscì a evitare.

Fece qualche ulteriore passo all’indietro. Presto avrebbe raggiunto il muro del cortile.

Doveva evitare il contatto visivo, pensò: sicuramente lui stava usando la Legilimanzia per prevedere i suoi colpi. Distolse lo sguardo.

-Ah, ma che brava, ci sei arrivata finalmente!- la derise Garreth.

Dio, quanto odiava quella voce! Ma doveva cercare di controllarsi, o non ne sarebbe uscita viva.

Da fuori, sentì Longbottom ordinare di distruggere la sfera protettiva.

-Non ci riesco signore!- esclamò qualcuno, Wilson, forse.

-Diffindo!- disse lui: questa volta Liz non fu così veloce a spostarsi, e la fattura la colpì alla gamba, aprendole un profondo taglio.

Al di fuori della bolla, Neville tirò fuori la pistola anti-scudo e mirò verso Garreth: era troppo vicino a Liz, e l’effetto traslucido gli impediva di vedere bene il bersaglio. Avrebbe rischiato di sparare alla ragazza.

Liz urlò: - Confringo!- ma Robert parò l’incantesimo.

-Sai, sono quasi contento che mi abbiate scoperto. - disse -Almeno non dovrò più vivere in mezzo a questa feccia. Certo, il Signore Oscuro mi ha dato un compito di grande importanza… ma non uno dei più piacevoli. E’ stato disgustoso, in effetti…-

Liz si disse di stare calma: faceva solo il suo gioco se si lasciava irritare.

-Impedimenta!- provò, ma anche questo incantesimo venne facilmente parato.

Era molto difficile cercare di colpire l’avversario senza poterlo guardare.

-Il piccolo genietto delle pozioni è in difficoltà eh? – la derise Garreth – Ora non c’è il professor Snape a difenderti.- fece un passo in avanti, e Liz uno indietro -A quest’ora il Signore Oscuro l’avrà ucciso. A proposito, mi sono sempre chiesto cosa tu abbia fatto per convincerlo ad aiutarvi. Te lo sei scopato? E’ quello che dicono tutti. Che coraggio!- sogghignò.

Stava solo cercando di provocarla, pensò Liz. Ma doveva cercare di non guardarlo, e di mantenere il controllo.

-Expulso!- tentò, ma anche questa volta Garreth schivò l’incantesimo.

Questi lanciò un incantesimo non verbale che produsse una violenta fiammata: Liz si gettò di lato, ma venne colpita alla mano sinistra. Si lasciò sfuggire un lamento.

-Ahi, poverina – esclamò Robert, facendole il verso – ma questo è niente. Il Signore Oscuro ha dei supplizi che neanche ti immagini. Ha anche una Mangiamorte specializzata in torture… conosce tutti i modi per provocare le sofferenze più atroci… sai, credo che sarà stata lei a occuparsi del tuo prezioso Snape e…-

-Crucio!- lo interruppe Liz, furiosa, scagliando l’incantesimo con tutte le sue forze.

Questa volta lo prese in pieno: Robert cadde a terra, si contorse e gridò come in preda a un dolore indicibile.

Una Cruciatus da manuale.

Liz ne approfittò per colpire la mano destra dell’avversario con un calcio, facendogli perdere la bacchetta e mandandola lontano.

Prima che potesse colpirlo con un incantesimo, però, Robert la afferrò all’altezza delle ginocchia, e la fece cadere violentemente contro una vetrata che separava il cortile dall’interno dell’edificio.

La vetrata si ruppe sotto il suo peso, e Liz cadde a terra e perse la bacchetta, mentre alcune schegge le si conficcavano dolorosamente nella schiena.

In un attimo Robert fu sopra di lei, stringendole la gola e tentando di soffocarla.

Il braccio sinistro di Liz era immobilizzato, ma mosse a tentoni il destro, cercando la bacchetta. Niente: al tatto sentiva soltanto schegge di vetro.

Robert continuava a stringerla alla gola, impedendole di respirare.

Doveva ritrovare la bacchetta… non avrebbe resistito ancora a lungo… la sua mano trovò un pezzo di vetro lungo e affilato.

Il viso di Garreth era paonazzo e i suoi occhi animati da una luce febbrile: - Dai, muori, che aspetti…- sussurrò ferocemente- così potrò tornare a casa… muori…-

Liz afferrò il pezzo di vetro e, con tutta la forza della disperazione, lo conficcò tra le scapole di Robert.

Questi spalancò gli occhi: per un attimo rimase immobile, continuando a stringerla. Poi dalla sua bocca uscì un rivolo di sangue e la presa sulla gola di Liz si allentò. La bolla che li avvolgeva si dissolse: dopo pochi secondi sentì che il peso del corpo di Robert veniva spostato e udì il rumore di uno sparo. Era finita.



Snape osservò il proprio petto nello specchio del bagno dell’infermeria: aveva un grosso livido violaceo che gli copriva la cassa toracica, e un taglio che il dittamo aveva già fatto rimarginare, ma per il resto stava piuttosto bene.

Il suo giubbetto anti-kedavra, uno prototipo a cui aveva apportato della significative migliorie, aveva funzionato anche meglio di quanto si sarebbe aspettato. Peccato che fosse andato quasi completamente distrutto… evidentemente era un prodotto usa e getta. Che spreco!

Abbassò la maglietta (che gli era stata data insieme ad altri vestiti babbani, visto lo stato non recuperabile della sua veste) ed uscì dal bagno.

Quando il dottor Donaldson gli aveva detto che Liz aveva aggredito Robert Garreth da sola e aveva rischiato di essere uccisa da lui, si era molto arrabbiato: Merlino, ma si poteva essere più sconsiderati?

Aveva avuto una breve visione di lei che entrava nella stanza adiacente alla sua per farsi medicare le ferite che aveva riportato nel duello.

Secondo Donaldson, l’aver dovuto farsi estrarre decine di frammenti di vetro che le si erano piantati nella schiena era una punizione sufficiente per la sua indisciplina.

Anche Longbottom doveva essere dello stesso avviso, visto che non aveva preso provvedimenti nei suoi confronti.

Il dottore aprì la porta e fece entrare Liz: aveva entrambe le mani bendate, e qualche cerotto sulla nuca e sulle braccia, ma non sembrava aver riportato gravi ferite.

-Come va?- lo salutò imbarazzata, alzando una mano fasciata e andandosi a sedere a gambe incrociate su una delle brande libere.

-Come va?!- la scimmiottò Snape, irritato –Be’, diciamo che andrebbe decisamente meglio se non avessi saputo della tua bravata…-

-Senti, ero sconvolta! Tu non immagini cosa è stato…-

-Ma certo che lo immagino!- la interruppe Snape –Capisco che gli hai addossato la colpa delle morti di tutti i tuoi compagni in questi anni, visto che il suo tradimento li ha praticamente consegnati ai Mangiamorte in molte occasioni, ma tuttavia…-

Liz sembrò interdetta, come se quel pensiero non l’avesse neanche sfiorata, ma prima che potesse rispondere la porta si riaprì e entrò Longbottom, seguito da un elfo domestico.

Ma certo, comprese Snape: ecco come si era smaterializzato fuori da Hogwarts. La magia degli elfi era diversa da quella dei maghi e quindi non erano soggetti agli incantesimi anti-materializzazione.

Ma perché un elfo domestico di Hogwarts avrebbe dovuto salvarlo?

Liz fissò il nuovo arrivato apertamente: evidentemente non ne aveva mai visto uno in vita sua ed era molto incuriosita.

Longbottom prese una sedia e si accomodò davanti alla branda di Snape.

-Allora- esordì – vuoi fare rapporto su quello che è successo a Hogwarts?-

Snape si stizzì:-No, non ho alcuna intenzione di “fare rapporto”, come dite voi, perché, fino a prova contraria, non sono uno dei tuoi soldatini. –

Neville sospirò:- Saresti così gentile, per favore, da raccontarci cosa è successo durante il tuo incontro con Voldemort?- domandò, in tono paziente.

-Il Signore Oscuro ha destituito Malfoy dalla carica di Ministro della Difesa, assegnandola a Travers. Poi ha annunciato che aveva scoperto che ero coinvolto con la nuova abilità nella magia dei nati babbani, e ha ordinato a Bellatrix di uccidermi. Lei mi ha lanciato l’anatema che uccide, che è stato brillantemente parato dal mio giubbetto, poi mi sono ritrovato qui.- riassunse Snape.

-Questo non spiega come mai fossi coperto di sangue!- obiettò Liz.

-Mills, sono io che faccio le domande!- la rimbrottò Longbottom, per poi tornare a rivolgersi a Snape –Comunque, questo non spiega come mai fossi coperto di sangue. -

Che pantomima, pensò Snape alzando gli occhi al cielo.

-Conosci Bellatrix. - rispose semplicemente.

Liz rabbrividì.

Snape osservò l’elfo domestico che accompagnava Neville: in effetti, appariva un po’ diverso dalla maggior parte dei suoi simili.

Nonostante la piccola stazza sembrava piuttosto solido, persino muscoloso; probabilmente l’effetto era enfatizzato dal suo portamento, che era eretto e marziale, a differenza di quello di tutti gli elfi che aveva visto fin a quel momento, che apparivano sempre dimessi e un po’ ingobbiti.

-Vedo che hai fatto la conoscenza del nostro infiltrato ad Hogwarts!- disse Neville, evidentemente fiero dell’operazione di spionaggio.

-I servizi segreti inglesi sono riusciti a mettere una spia nella dimora stessa del Signore Oscuro?- domandò Snape incredulo.

-Esatto!- esclamò Longbottom –Credevi che in vent’anni non avessimo fatto nessun progresso?-

L’elfo si schiarì la voce – Ehm, ehm…-

Longbottom apparve lievemente imbarazzato:- In effetti, non sono proprio i nostri servizi segreti…-

-Shamir Tal, Mossad – si presentò l’elfo, porgendogli la mano.

Snape la strinse meccanicamente, interdetto.

Anche Liz si affrettò a stringere la piccola mano, evidentemente deliziata all’idea di fare la conoscenza di un elfo, per di più appartenente ai servizi segreti israeliani.

-Fatemi capire- disse Snape – il Mossad assume elfi domestici?-

-Certo!- si indignò Shamir – Comunque noi preferiamo l’espressione “maghi di origine elfica”.- precisò.

-Ma… non siete vincolati al vostro padrone?- interloquì Snape, notando troppo tardi l’espressione di Longbottom, che gli lanciava occhiatacce.

-Padrone…?!- si offese l’elfo –Noi serviamo soltanto la patria!-

-Sono statalizzati – spiegò Longbottom – i contribuenti israeliani pagano il loro stipendio con le tasse, e in questo modo loro sono legati solo allo Stato. La battaglia per i diritti degli elfi è un tema piuttosto delicato in molte parti del mondo – aggiunse, in tono significativo.

-Merlino, ma… sono l’esercito perfetto!- esclamò Snape.

Mentre Shamir parlava con Liz, sinceramente interessata, spiegandole come funzionava il sistema tributario israeliano e come mai fosse, secondo lui, di gran lunga superiore a quello inglese, Snape si rivolse a Neville.

-Credevo che i governi degli altri paesi non ci potessero aiutare- disse.

Neville annuì: -In effetti, nessun altro l’ha fatto. Ma loro hanno i migliori servizi segreti del mondo, e per qualche motivo vogliono tenere d’occhio Voldemort. – raccontò –Infiltrare Shamir è stata un’operazione molto delicata e, ovviamente, segretissima. Soltanto io ne ero al corrente.-

-E come sapeva che avrebbe dovuto salvarmi?- domandò Snape.

Neville ebbe il buon gusto di mostrarsi a disagio: - Gli avevo chiesto di tenerti d’occhio, e controllare che non trovassi il modo di passare informazioni a Voldemort… sai com’è. -

Snape si limitò a guardarlo male, in fondo non poteva dargli torto.

-Ma può andare e venire da Hogwarts in qualsiasi momento?- chiese.

-Per adesso sì, a quanto pare gli incantesimi di Voldemort non tengono conto della magia degli elfi. Naturalmente esce solo in situazioni di emergenza, come questa, non si sa mai!-

-Voldemort non considera gli elfi, e questo è un vantaggio per noi. – disse Shamir, che aveva finito con la complicata spiegazione – Anche i quadri parlano tra di loro e nessuno nota un elfo che fa le pulizie- scosse la testa, indignato -Dicono che attaccheranno i babbani. Presto, tra poche settimane. Voldemort riunirà tutti, maghi, lupi mannari, giganti e attaccherà in forze Londra. Vogliono spazzarvi via una volta per tutte.-

-Oddio…- mormorò Liz, terrificata.

-Non credo che potremmo resistere a un attacco del genere – commentò amaramente Snape.

-No, infatti. – concordò Longbottom –E’ per questo che dobbiamo attaccare noi per primi. –

Snape si voltò, stupito: -Che cosa?-

Neville alzò lo sguardo: - Non abbiamo scelta. Possiamo solo puntare sull’effetto sorpresa. Dobbiamo organizzarci e, il più presto possibile, attaccare Hogwarts.-

CAPITOLO 13

Snape ricontrollò l’ultimo calderone di pozione rimpolpa-sangue che aveva preparato per gli infermieri che si sarebbero appostati fuori Hogwarts per soccorrere i feriti.

Liz, dopo aver dichiarato che sicuramente non sarebbe riuscita a chiudere occhio, aveva finito con l’appisolarsi esausta sulla sedia, in attesa che la sua pozione si raffreddasse.

Era l’ultima notte prima della partenza per la Scozia dove, la notte successiva, avrebbero attaccato Voldemort nel suo castello.

Poco più di una settimana e mezza era passata da quando era sfuggito a Voldemort, e in quei pochi giorni Longbottom aveva organizzato un attacco in piena regola, cercando di immaginare gli incantesimi protettivi di Hogwarts e il modo di eluderli.

Ci sarebbero state varie offensive: un piccolo gruppo sarebbe penetrato per primo all’interno del castello, grazie a Shamir, e avrebbe aperto il cancello per gli altri. Ai tempi della scuola, infatti, era sul cancello che si concentravano gli incantesimi di difesa, e Snape era abbastanza sicuro che Voldemort non avesse cambiato questa impostazione.

Altri avrebbero attaccato via aria e altri ancora dall’acqua, risalendo il fiume sotterraneo che alimentava il Lago Nero.

Anche se Hogwarts era invisibile e indisegnabile, avevano a disposizione delle dettagliate cartine militari dei dintorni, e questo fiume sembrava scomparire proprio in corrispondenza del castello.

Per evitare il tilt delle apparecchiature elettroniche in presenza della forte aura magica della zona, era stato recuperato nel museo navale un vecchio sottomarino risalente alla prima guerra mondiale, quasi completamente meccanico.

L’idea, piuttosto ingegnosa in effetti, era stata di Cillian Archer, l’amico di Liz, che avrebbe guidato la spedizione via fiume.

Ogni truppa babbana doveva essere accompagnata da almeno una Sentinella, che li guidasse attraverso gli incantesimi repelli-babbano.

Il primo gruppo invece, quello che avrebbe aperto il cancello, sarebbe stato composto di soli maghi e lui, naturalmente, ne avrebbe fatto parte, così come Liz.

Quella ragazza si stava comportando in modo strano ultimamente.

Secondo lui non avrebbe dovuto trovarsi lì in quel momento, per esempio.

Per quanto apprezzasse il suo aiuto e fosse felice della sua presenza, non voleva che stesse lì tutta la notte a preparare pozioni.

Il giorno dopo ci sarebbe stata una battaglia terribile: era il genere di serata da passare con gli amici, i familiari, le persone che le volevano bene.

Quando l’aveva esortata a farlo, lei si era limitata a scoccargli un’occhiata molto offesa, e a rispondere gelidamente che stava bene dov’era.

Ah be’, contenta lei. Lui voleva soltanto essere gentile.

Probabilmente era un po’ scombussolata: quella sera aveva chiamato i suoi genitori al telefono, per salutarli, ma non aveva avuto il coraggio di dire loro del pericolo mortale in cui si sarebbe trovata il giorno seguente.

A che scopo farli preoccupare, dopotutto.

Snape andò verso il muro, dove era appeso un ritratto.

-Ciao, mamma- disse.

-Severus.- lo salutò il dipinto.

-Domani mattina attaccheremo Hogwarts.- la informò.

La strega nel quadro lo osservò perplessa: - E perché mai dovresti attaccare la scuola dove lavori?- obiettò.

-No, io non lavoro più lì da molti anni- rispose Snape. Non era la prima volta che il ritratto di sua madre faceva confusione con le date. Lui immaginava che fosse normale, quando si passava tutta l’eternità appesi a un muro.

-Adesso è la dimora di Lord Voldemort. Potremmo morire tutti, domani notte. -

-Ah, ma non dire sciocchezze!- sbottò il dipinto.

Snape si accigliò: -Non è affatto una sciocchezza, Voldemort è un pericoloso mago oscuro e…-

-Sono anni che mi parli di questo Voldemort che potrebbe ucciderti- lo interruppe il ritratto – Però sei ancora qui, no?-

Snape sospirò. Parlare con sua madre era impossibile.



Cillian si avvicinò a Chandra Sharma, che era da sola nel cortile con una delle lattine di birra che erano state gentilmente offerta a tutti come conforto pre-battaglia.

L’aveva intravista nei mesi precedenti perché era nella stessa unità di Liz, ma nel corso dell’ultima settimana l’aveva frequentata un po’ di più perché era una delle Sentinelle che avrebbe raggiunto Hogwarts via fiume con la sua unità.

Era una ragazza molto bella, non poté fare a meno di pensare Cillian, ed era anche simpatica; era rimasta piuttosto sconvolta dalla notizia del tradimento di Robert Garreth, perché i due erano nella stessa unità da diversi anni e lei l’aveva sempre considerato un amico.

-Ciao- la salutò –Pronta per partire?-

Il gruppo che avrebbe attaccato via sottomarino doveva partire qualche ora prima degli altri, in quanto avrebbero dovuto raggiungere il fiume alla foce, nel mare del Nord.

-Eh, insomma…- rispose Chandra, non molto entusiasta.

-Sai dov’è Liz?- domandò Cillian – Volevo salutarla prima di andare. -

Chandra si strinse nelle spalle:- Non l’ho vista in giro. Prova a guardare nel laboratorio, ho visto il professor Snape da quelle parti. - suggerì.

Nonostante non sembrasse il momento più adatto, Cillian si sedette accanto a lei e decise di porle una domanda che lo incuriosiva da un po’ di tempo.

-Senti – esordì, un po’ imbarazzato –ma tu sai… ehm, ma Liz e Snape… sono… una –rabbrividì – coppia?-

Chandra sembrò divertita:- Ah, ma è la domanda da un milione di sterline, no? Ce lo chiediamo tutti. Gary Townshend aveva perfino iniziato a raccogliere delle scommesse. –sorrise malinconicamente – Nessuno lo sa… secondo me neanche loro. -

-E’ solo che sembra così assurdo. Insomma, lui è… vecchio!- esclamò Cillian, scandalizzato.

-Non è così vecchio come sembra. Ho sentito dire da Longbottom che ha cinquantasei anni, mal portati. E poi i maghi hanno un’aspettativa di vita più alta rispetto ai babbani. -

-Sì ma… l’hai visto bene?- Cillian fece una smorfia disgustata -Almeno i capelli potrebbe lavarseli!-

-In effetti!- rise Chandra – Però è a Liz che deve piacere, mica a me. Se non si fosse capito, io avevo puntato sul sì. -

-Sai, credevo che magari con te ne avesse parlato… sei sua amica. -

Chandra si strinse nelle spalle:- Be’, conosci Liz. Non è che proprio parli con nessuno dei fatti suoi. A te ha forse detto qualcosa?-

Cillian scosse la testa:- No, no…-sospirò- Davvero, conosco quella ragazza da tanti anni, e le voglio bene come se fosse mia sorella, ma il più delle volte proprio non la capisco!- affermò rassegnato.



Neville Longbottom osservò la vetrina di Purge and Dowse, Ltd, dove un tempo si trovava l’ospedale St. Mungo.

I suoi rilevatori non segnalavano la presenza di attività magica nei dintorni: probabilmente l’ospedale, ammesso che esistesse ancora, era stato spostato.

Non sapeva cosa fosse successo ai suoi genitori, se erano ancora ricoverati, o addirittura se fossero morti.

Eppure, spesso si ritrovava a riflettere davanti alla vecchia vetrina, pur non avendo mai provato ad entrare. Era l’unico posto che per lui avesse qualche legame con la sua famiglia.

Di sua nonna, purtroppo, non aveva più avuto notizie.

Sarebbe stata fiera di lui?, si chiese.

Ne aveva fatta di strada da quando era un ragazzino grassottello e troppo insicuro, anche se alle volte si sentiva ancora così.

Infilò la mano nella tasca interna della giacca, e al tatto sentì un mucchietto di incarti di caramelle, quelle che sua madre era solita regalargli: li portava sempre con sé.

L’indomani avrebbe reso fiera la sua famiglia, si disse, dovunque fossero.

Si fermò ad osservare la vetrina per qualche minuto ancora; poi si voltò e se ne andò.





Hogwarts. Di nuovo lì, davanti a lui.

Quello era il posto dove per la prima volta Severus Snape si era sentito a casa, e del resto aveva vissuto lì per molto tempo, prima come studente e poi come insegnante.

Ne era persino stato preside, per due anni, anche se non si era mai sentito tale: si era considerato un sostituto, un rimpiazzo temporaneo.

E invece era stato l’ultimo preside di Hogwarts, perché Voldemort aveva presto deciso che il potenziale magico del castello era sprecato in balia di studentelli adolescenti, e l’aveva reso la sua dimora.

Se non avesse avuto già abbastanza ragioni per odiare Voldemort, sarebbe bastato lo scempio che aveva fatto alla scuola.

Ora appariva un luogo grottesco, spaventoso, intimamente malvagio.

Il sole tramontava sul Lago Nero, ma la scena non aveva nulla della bellezza che ricordava; anzi, l’imminente arrivo della notte sembrava rendere il tutto ancora più inquietante.

I suoi compagni osservavano anch’essi il castello dalla collina poco lontana, vedendolo per la prima volta. Liz, Kieran Wilson e McDiarmid si sarebbero introdotti con lui all’interno di Hogwarts e l’avrebbero aiutato a dissolvere dall’interno gli incantesimi di protezione sul cancello, o perlomeno gli avrebbero coperto le spalle mentre lui se ne occupava.

Quasi tutto l’esercito babbano avrebbe fatto parte di quest’offensiva: dalla notte precedente si erano spostati per tutto il paese, arrivando via treno, elicottero, e persino via mare.

Tuttavia il paesaggio appariva innaturalmente tranquillo a un osservatore ignaro: Longbottom aveva studiato bene i suoi incantesimi di disillusione.

Il generale avrebbe coordinato l’arrivo delle varie truppe, e avrebbe fatto parte del primo gruppo che sarebbe entrato dal cancello.

Snape si chiese se anche lui si sentisse così a disagio all’idea di attaccare Hogwarts, l’adorata scuola.

Pensò a quanto, da piccolo, avesse atteso con impazienza di frequentarla e come gli era apparsa maestosa e invincibile quando l’aveva vista per la prima volta, dalla piccola barca condotta da Hagrid.

Mai avrebbe pensato di trovarsi lì in quel momento, neanche quando era un Mangiamorte.

Il suo ruolo, oltretutto, era sempre stato nell’ombra, discreto, infido, senza poter mai svelare i suoi veri colori.

Questa volta, invece, affrontava Voldemort a viso aperto. Non c’era più spazio per inganni o doppi giochi: quella battaglia avrebbe decretato la fine di uno o dell’altro. O di entrambi, pensò amaramente.

Stava rischiando più di quanto avesse mai fatto nella sua vita, eppure questo lo rendeva stranamente euforico.

Gli sembrava fosse passata una vita da quando Longbottom l’aveva praticamente costretto a addestrare i nati babbani. Credeva che sarebbe stata una condanna per lui, una fastidiosa punizione, e invece, si rese conto, aveva ricominciato a vivere.

Dopo aver passato anni indifferente alle sorti del mondo, aveva di nuovo respirato, desiderato e soprattutto sperato.

Si voltò verso Liz, che ora osservava il castello con le sopracciglia aggrottate, evidentemente nervosa.

Era stata lei la prima scintilla che aveva causato tutto questo: nel momento in cui aveva deciso di intervenire per salvarle la vita, la sua sorte era cambiata.

Guardandola meglio, si chiese come avesse fatto, al loro primo incontro, a giudicarla poco attraente: in quel momento il suo volto, anche con i suoi evidenti difetti, gli sembrò bellissimo e così… fragile.

Di lì a pochi minuti sarebbe entrata nel luogo più pieno di magia oscura di tutta l’Inghilterra (e, sospettava, del mondo intero), armata soltanto di una bacchetta da quattro soldi.

Il pensiero che stesse per correre un rischio così grande, che di lì a poco avrebbe potuto finire uccisa… perduta per sempre… gli fece girare la testa. Era un’idea che non voleva neanche considerare.

Shamir si materializzò sulla collina, con un mucchietto di mantelli neri che distribuì ai quattro.

-Ci sono molti Mangiamorte in giro per il castello- spiegò – così vi mimetizzerete meglio, e potrete avere qualche secondo di vantaggio. -

Snape prese un mantello e lo indossò.

Di colpo ricordò Lily, a cui per anni non aveva parlato e che non aveva mai saputo nulla di lui, di quello che aveva provato per lei e di quanto l’avesse devastato la sola idea della sua morte.

Questa volta non avrebbe commesso lo stesso errore, decise.

-Liz, c’è una cosa che vorrei dirti…- esordì.

La ragazza alzò gli occhi dalla chiusura del mantello con cui stava difficoltosamente armeggiando.

-Dimmi!- rispose.

-Ecco…- disse Snape. Maledizione, non riusciva a trovare le parole.

-Io vorrei dirti che… sai… sarebbe veramente molto triste se tu morissi. Dovresti proprio evitarlo. - fece infine.

Non era uscita come immaginava.

Liz lo guardò perplessa:- Ehm… certo. – rispose, la voce carica di ironia- Non ci avevo pensato ma, ehi, ora che me lo dici ci farò davvero attenzione. -

-No, quello che io volevo dire…- iniziò Snape, ma venne interrotto da Shamir.

-Coraggio, è ora. - li esortò l’elfo – Adesso vi porterò all’interno delle cucine. Gli altri elfi non daranno l’allarme, quindi non schiantateli o cose del genere -

Wilson e McDiarmid si avvicinarono all’elfo, pronti a farsi materializzare.

Anche Liz fece per andare, ma Snape la trattenne.

-Senti… non sono molto bravo con queste cose…- disse, pensando fugacemente a quanto sarebbe stato più semplice farle un incantesimo di memoria- ma, davvero, per me è importante che tu capisca. Devi essere prudente! Se ti succedesse qualcosa… sarebbe… io sarei…-

-Dai, sta’ tranquillo- lo interruppe lei, vagamente divertita –Ho capito. –

-Ragazzi, mi dispiace interrompere ma dobbiamo proprio andare- disse Shamir perentorio.

Snape si avvicinò a Wilson e McDiarmid.

-Formate un cerchio- ordinò Shamir- prendetevi per mano.-

Liz intrecciò la sua mano con quella di Snape.

Shamir si unì al cerchio: -Tre, due, uno…Via!-.

Snape sentì la familiare sensazione di oppressione al petto e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, era nelle cucine di Hogwarts.

Era molto tempo che non entrava in quelle stanze; anche quando viveva lì era raro che dovesse capitare in quell’ala del castello, dove di solito si recavano solo gli elfi domestici.

Un gruppo di elfi era infatti in un angolo a scrutare i nuovi arrivati con espressione terrorizzata.

Liz si avvicinò loro:- Salve! – li salutò cordiale – Vorrei ringraziarvi a nome di tutti noi per il vostro aiuto. Vi siamo davvero grati. -

Gli elfi squittirono terrificati: uno di loro scoppiò a piangere, e un altro prese a darsi padellate sulla testa.

-Ma… cos’ho detto?- esclamò Liz, sconvolta – Shamir, che hanno quelli…?-

-Lascia perdere – tagliò corto Shamir, spiccio–Da quella parte.-

I quattro uscirono dalle cucine, e Snape li condusse verso l’uscita del sotterraneo, che spuntava nella Sala di Ingresso.

Salito l’ultimo gradino videro un gruppo di maghi correre verso di loro.

-Sono qui! Stanno risalendo!- urlò uno.

-Impedimenta!- lanciò Snape, bloccando un paio di loro.

-Che succede? Come fanno a sapere che siamo qui?- chiese McDiarmid, schiantandone un altro con un incantesimo non verbale.

Snape cercò di riflettere velocemente:- Voldemort deve aver capito come sono scappato l’altra volta, e ha aumentato il livello di protezione-

Altri Mangiamorte arrivarono dalle scale: raggiungere il cancello era diventato molto più difficile del previsto.

-Professore, da questa parte!- lo incitò Wilson, tirandolo per la manica.

Lui e McDiarmid erano riusciti ad aprire le grandi porte che davano sul cortile.

-Non lasciate che si richiudano!- gridò Snape.

Mentre Wilson teneva lontani i Mangiamorte, McDiarmid creò una barriera nella Sala d’Ingresso, poco prima delle porte, che bloccò i Mangiamorte all’interno.

Snape si voltò e rimase gelato:- Dov’è Liz?- chiese.

Non c’erano segni della ragazza: era rimasta indietro, dall’altra parte della barriera.

-Dobbiamo andare al cancello- disse Wilson- Andiamo, da questa parte…-

-Ma… non possiamo lasciarla lì da sola!- protestò Snape, facendo per tornare indietro.

-Se facciamo entrare gli altri non sarà più da sola!- disse McDiarmid, animato- Deve aprire il cancello, professore, lei è l’unico che può farlo!-

Snape si voltò ancora una volta indietro, verso la barriera che i Mangiamorte stavano tentando di abbattere, poi corse verso il cancello.

 
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Astry
view post Posted on 14/3/2011, 17:05




Ecco, ora che ti sei rimessa in pari posso postare i commenti in contemporanea, qui e su EFP

Commento al cap. 12
Come al solito sono in ritardo, ma ho avuto una settimana di battaglia anch’io. Ora recupero.
AAAHH!! Hai cercato di vendicarti per “Incatenato”, Brutta……! Ma nuuu, io non ci sono cascata, ecco! E’ vivo, è vivo, si, si, lo sapevo. L’avevo detto che aveva il giubbetto, eh, altrimenti perché inventarlo? Mica sei la Rowling che si inventa cose inutili come il velo solo per farci inciampare la gente e poi se lo dimentica, ecco.
Non ho ben capito come ha fatto l’elfo a portarlo via da sotto il naso di Voldemort senza farsi vedere, mmm! Però mi complimento per la fantasia, e mi inchino. Come ti è venuto in mente di tirar dentro gli elfi israeliani?
“Come va?!- la scimmiottò Snape, irritato –Be’, diciamo che andrebbe decisamente meglio se non avessi saputo della tua bravata…” Oh, quanto è lui in questa frase. Da saltargli al collo.
E poi ancora questo: “-Questo non spiega come mai fossi coperto di sangue!- obiettò Liz.
-Mills, sono io che faccio le domande!- la rimbrottò Longbottom, per poi tornare a rivolgersi a Snape –Comunque, questo non spiega come mai fossi coperto di sangue. -
Che pantomima, pensò Snape alzando gli occhi al cielo.
-Conosci Bellatrix. - rispose semplicemente.”
Meravigliosamente da lui.

Commento al cap. 13
Ed eccoci alla grande battaglia. Suspance… Bella come l’hai organizzata, l’esercito babbano che si posiziona. I pensieri di Snape, ma anche di Neville e gli altri prima dello scontro finale. Oddio da proprio la sensazione di qualcosa di definitivo. Quanti non torneranno? Ecco sembro io prima di mettere piede su un aereo. Ahahah! Per poco non faccio testamento, vabbè…
Tenero Snapino mio, sia quando parla con sua mamma, eh, si, il quadro sembra proprio non voler capire, ma lui ha bisogno di parlare con lei ugualmente. Era un “addio” o una sorta di “sto per raggiungerti”? Mmm, tenero anche con Liz, si, è proprio impacciato come me lo immagino. Ecco questo si è il vero Snape, altro che i Severus sciupa femmine che mi è capitato di trovare in certe ff.
Riguardo alle tue non troppo velate minacce di accopparlo, beh, ti dirò: sono pronta a tutto, in effetti sono più preparata a vederlo accoppato, che ad un finale con tanto di confetti. Si lo so, si è innamorato, ma finiranno davvero insieme quei due? Direi che, comunque vada, è una fortuna per Piton che a scrivere questa storia sia tu e non io, ahahah (ecco già lo vedo che fa gestacci poco eleganti) io lo avrei accoppato di sicuro con certe premesse. Ma visto che non ti chiami Astry, credo che lui abbia ancora una minima possibilità di salvarsi (Severus incrocia le dita e si appende una collana di cornetti antisfiga al collo) Ah, beh, certo, ovviamente sono anche preoccupata per Liz, mm, magari muore lei e Snape si salva? Naaa!




 
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Natalie_S
view post Posted on 21/3/2011, 11:27




Ah che bello che siamo in pari, anche io ti posso rispondere in contemporanea! :D

Davvero hai paura degli aerei? Ma no dai! A me fanno molta più paura le auto, specialmente di notte, con la nebbia e il ghiaccio per strada.
Sono contenta che Snape ti sia sembrato IC! Avevo paura di esagerare con la melassa, in effetti non è un genere in cui mi trovo molto a mio agio!
Snape sciupafemmine… seee, come no! Non me lo vedo proprio!
Sei pronta a tutto per il finale? Davvero a tutto tutto? :P
Vedrai!! Ahhaha come mi diverto a fare la sadica!
E poi devo “vendicarmi” delle lacrime che mi hai fatto versare per “incatenato alla morte”!
Alla prossima, ciaooo!!


CAPITOLO 14

Neville Longbottom osservò l’entrata del castello, preoccupato: perché ci mettevano così tanto?

Dietro di lui, i soldati fremevano: stavano faticando a resistere agli incantesimi anti-babbano.

Nonostante i suoi ordini fossero molto chiari (“Non muovetevi per nessun motivo!”), molti si agitavano impazienti, voltandosi continuamente come se desiderassero soltanto andarsene. Ogni tanto, qualche ufficiale tentava di convincerlo a tornare indietro, sicuro che il posto fosse sbagliato e che avessero dimenticato qualcosa di cruciale per la battaglia.

Neville si stava innervosendo: sapeva che non era colpa loro, ma di certo non aiutavano a sopportare la tensione del momento.

Le Sentinelle erano più disciplinate, per quanto visibilmente terrorizzate: loro riuscivano a vedere il castello in tutta la sua cupa maestosità.

-Signore- disse Knight, accanto a lui, esitante – Se Snape non dovesse riuscire ad aprire il cancello…-

-Certo che ci riuscirà. - lo interruppe Neville. Non voleva neanche considerare l’ipotesi contraria.

-Ma generale, sono dentro da molto tempo e…-

Venne interrotto da un fragoroso stridere metallico.

Neville vide Snape e Mc Diarmid che aprivano faticosamente il grande cancello di ferro, mentre Wilson appariva poco distante, intento a tenere a bada qualcosa alle loro spalle.

-Avanti! Knight, dai l’ordine a tutti di avanzare!- ordinò Neville.

L’esercito iniziò a fluire attraverso i cancelli: Neville osservò le jeep, i carri armati e molti soldati a piedi avanzare nel cortile verso l’entrata del castello.

Ogni veicolo era provvisto di incantesimi protettivi e le armi caricate a proiettili anti-scudo.

Venne raggiunto da Snape:- Voldemort aveva aumentato i controlli, siamo stati rallentati. Ora dobbiamo entrare il prima possibile! - spiegò questi.

L’insegnante appariva visibilmente preoccupato.

-Dove sono i Mangiamorte?- chiese Neville.

-Bloccati all’ingresso da uno scudo. Non reggerà ancora per molto. -

Neville cercò di pensare in fretta:-Togliamolo subito, e attacchiamo per primi. Cerchiamo di raggiungere il terzo piano. -

Tutto intorno a lui venivano impartiti ordini concitati: gran parte dei soldati si diresse verso le porte lignee della Sala di Ingresso, mentre le unità sui carri armati e sulle auto si disposero lungo il perimetro del cortile.

Carri armati a Hogwarts… sarebbe stato un pensiero orribile, se dentro quei mostri metallici non ci fossero stati i suoi uomini.

Per un istante si chiese che cosa diavolo stesse facendo: poi i Mangiamorte iniziarono a riversarsi contro di loro, e le maledizioni fioccarono tutto intorno.



Charles Monk era in attesa su uno degli aerei che sorvolavano Hogwarts, in attesa del segnale per paracadutarsi sul castello.

Nessuno doveva lanciarsi prima di aver ricevuto il via libera: altrimenti non sarebbero atterrati sul castello, ma avrebbero incontrato un blocco dato dagli incantesimi protettivi.

Guardò i soldati accanto a lui: sembravano tutti tremendamente giovani, pensò.

Uno di loro, magro e pallido sotto il casco, non dimostrava più di quindici anni, e dal colorito sembrava stesse per vomitare.

Sentiva il rumore dei molti velivoli, aerei e elicotteri, che sorvolavano l’area attorno a loro. Gran parte dell’esercito britannico era lì, quel giorno.

Se avessero fallito… meglio non pensarci.

I suoi pensieri vennero interrotti dal gracchiare della ricetrasmittente.

“Incantesimi spezzati… Dovete lanciarvi, adesso!” fece la voce di Knight.

Monk fece un cenno al pilota e il portellone si aprì: uno dopo l’altro, i soldati si lanciarono di sotto.

Infine, si buttò anche Monk.

L’impatto con il vento gelido lo fece sussultare: per qualche istante video soltanto un blocco compatto di nuvole, poi si delinearono i profili di guglie, mura e torri.

Perfetto: era quello il loro obiettivo. Dovevamo posizionarsi sulle quattro torri del castello.

Sotto di lui, vide molti paracaduti bianchi aprirsi; aprì anche il proprio e sentì il familiare strattone che rallentava la caduta.

Stava direzionandosi verso la torre nord quando un urlo lo fece voltare bruscamente: una creatura spaventosa, simile a un grande cavallo scheletrico con ali da pipistrello, aveva attaccato uno dei soldati, e stava strappando brandelli di stoffa e carne dal suo torace.

Che razza di mostro era quello?

Tirò fuori la pistola anti-scudo e sparò qualche colpo verso la creatura, che mollò la presa sul malcapitato paracadutista.

Troppo tardi, probabilmente: Monk vide che la testa gli ricadeva sul petto con un angolo innaturale mentre precipitava a terra come una bambola di pezza.

Intanto, altri cavalli scheletrici stavano attaccando i soldati, strappando i paracadute e mordendo tutto ciò che trovavano.

Molti spari gli sibilarono accanto alle orecchie, mentre cercava di tenere a bada gli assalitori a colpi di pistola e schiantesimo. Gli incantesimi però sembravano soltanto scalfire la loro corazza, senza provocare grossi danni.

Guardò giù: la torre non era più molto lontana… solo pochi metri e l’avrebbe raggiunta…

Accanto a lui, si trovava il soldato quindicenne che si era lanciato dal suo aereo: sembrava disorientato e sotto shock, si guardava intorno senza capire.

Fece per dirgli di atterrare sulla torre nord, ma uno dei cavalli lo attaccò alle spalle, artigliandolo alla schiena e distruggendo il paracadute.

La pistola gli cadde; il cavallo lo azzannò al braccio, impedendogli di raggiungere la bacchetta.

-Sparagli!- ordinò al soldato.

-Qui non c’è niente!- strillò il ragazzo, sempre più pallido e tremante- Io… non… non lo vedo!-

Come era possibile che non vedesse un enorme cavallo alato?

-Quello sopra di me!- gridò Monk, esasperato e in preda al dolore per i colpi della creatura.

-Che cosa..?- il ragazzo si voltò qua e là freneticamente – Io non capisco, qui non c’è niente!!!- urlò.

O il ragazzo era disturbato, o davvero non riusciva a vedere il mostro: Monk decise di affidarsi alla seconda ipotesi.

Con la mano sinistra fece scattare i fermargli che lo ancoravano al paracadute: la stoffa si staccò dalla sua schiena e andò a colpire il cavallo, delineando la sua silhouette attraverso la stoffa.

Il soldato sgranò gli occhi: evidentemente ora riusciva a vederlo!

Prese la mira e sparò tre colpi che presero il cavallo al centro del muso, tra gli occhi.

La creatura mollò la presa sul braccio di Monk che, privo del paracadute, cadde a peso morto sul tetto della torre: scivolò verso il basso non riuscendo ad afferrare né una tegola né un qualsiasi spuntone.

Quando cadde giù dal tetto, un braccio lo afferrò e lo aiutò ad issarsi all’interno della torre.

Una volta al sicuro, vide che un gruppo di soldati, tra cui il quindicenne, erano riusciti ad entrare e stavano sistemando le mitragliatrici.

Erano dentro.



Liz corse giù per il corridoio del sotterraneo.

Poco dopo l’arrivo dei Mangiamorte si era trovata separata dai suoi compagni, ed era stata spinta verso l’entrata dei sotterranei; purtroppo si rese presto conto che non era lo stesso corridoio dove si trovavano le cucine.

Vide diversi corridoi aprirsi davanti a lei: ne prese uno a caso, poi svoltò in un altro, poi in un altro ancora.

Sentì dei rumori di passi dietro di sé, e si acquattò dietro una colonna; il Mangiamorte la superò.

-Sectumsempra!- gridò lei da dietro la colonna: la fattura colpì l’avversario sulla mano, recidendo le dita che tenevano la bacchetta.

Il mago fece per avventarsi su Liz, ma lei gli tirò una ginocchiata nello stomaco e, estratta la pistola, con il calcio dell’arma lo colpì sulla nuca: l’uomo si accasciò esanime.

-Incarcerous!- disse e, dopo che le funi invisibili ebbero immobilizzato il Mangiamorte, aprì una porta a caso e lo spinse dentro una stanza vuota. Per buona misura, con un veloce incantesimo gli cicatrizzò i moncherini delle dita: meglio che non si dissanguasse e riempisse la stanza di sangue, rivelando la propria presenza.

Raccolse la bacchetta del Mangiamorte e se la infilò in tasca.

Si guardò intorno: non aveva idea di dove si trovasse né come tornare all’ingresso. Soprattutto, non sapeva dove si trovavano Snape e gli altri, e se fossero riusciti ad aprire il cancello.

Si incamminò per un corridoio, cercando di ripercorrere la strada che aveva fatto all’inizio, ma presto si rese conto che, anziché uscire dai sotterranei, stava addentrandovisi ancora più in profondità.

Voltò infine in un corridoio dove si aprivano una serie di celle con delle sbarre: decisamente non era passata di lì prima.

Era completamente persa.

-Merda!- esclamò, tirando un calcio contro una sbarra per la frustrazione.

-Chi c’è lì?!- chiamò una voce, con un’evidente sfumatura di panico. Veniva da una delle celle.

Liz si avvicinò circospetta, con la bacchetta spianata, e dal buio vide emergere un uomo biondo, piuttosto alto, con la fronte stempiata.

-Chi sei?- le domandò, andando più vicino alle sbarre. Aveva l’accento strascicato della Upper Class.

-Non ti avvicinare!- gli intimò Liz, facendo un passo indietro.

Lo sconosciuto le mostrò le mani:-Calma, calma, non ho neanche la bacchetta!-

Liz lo osservò meglio: era vestito in modo elegante, notò, ma era pallido e emaciato, e aveva l’aria di essere stato lasciato nella cella per molto tempo. Una parte del suo viso era completamente pesta.

Si udì un rumore lontano di passi, oggetti che cadevano, scoppi, molti piani al di sopra di dove si trovavano.

-Sei una di loro, vero? Una mudblood. Avete davvero attaccato Hogwarts!- il mago scosse la testa – Incredibile. -

-Tu che ci fai qui sotto?- domandò Liz –Perché non sei a difendere il castello come tutti gli altri maghi?-

-Be’, come puoi immaginare non sono nelle grazie del Signore Oscuro in questo momento. Sono in attesa che decida cosa fare di me, e non credo che sia qualcosa di piacevole. –

Liz non lo invidiava.

-E tu perché sei tutta sola?- interloquì ancora lo sconosciuto –Ti sei persa nei sotterranei, vero?-

-Ora devo andare- rispose lei, nervosa. Non era il caso che il tizio capisse che era in difficoltà.

Il mago allungò una mano oltre le sbarre e le afferrò il braccio:- Aspetta! Fammi uscire! Se rimango qui sono spacciato, chiunque arrivi!-

Liz si divincolò e gli puntò contro la bacchetta:- Giù le mani!-

-Ti prego!- la implorò il tizio – Non lasciarmi qui a morire. Ho un figlio piccolo- aggiunse, cercando qualcosa nelle tasche-… ho una sua foto, guarda…-

-Senti, mi dispiace, davvero, ma io…- iniziò Liz, a disagio.

Santo cielo, che situazione!

-Se mi fai uscire di qui ti guiderò fuori dai sotterranei – propose lui, febbrile – e ti mostrerò un’uscita dal castello che nessun altro conosce.-

Liz esitò.

Quei sotterranei erano un labirinto, e dubitava di riuscire a trovare l’uscita da sola in tempi brevi. Inoltre un’uscita di emergenza poteva fare veramente comodo a tutti.

D’altra parte non si fidava di quel tipo. Avrebbe potuto approfittare di un suo momento di distrazione, attaccarla e rubarle la bacchetta.

Lo squadrò ancora una volta: non era ridotto tanto bene. Sembrava debole e provato… forse non era così pericoloso.

-Pensaci un attimo- la esortò il mago –in questo momento non ho più interesse di te nell’aiutare il Signore Oscuro. Voglio solo mettere al sicuro la mia famiglia… non mi importa di nient’altro. -

Liz prese la sua decisione:- Ok. Ti faccio uscire. - disse – Ma dal momento in cui apro questa cella, tu fai esattamente quello che ti dico, chiaro? Se fai una mossa falsa ti sparo. –

Il mago annuì:-Chiarissimo!-

La ragazza estrasse la bacchetta:- Alohomora!- .

La porta non si aprì.

-Dovresti cercare il controincantesimo. - suggerì il tizio –prova con “Finite” o “Finitus incantatem” o…-

-Sta’ indietro!- gli intimò Liz.

Estrasse la pistola e fece fuoco due volte contro il lucchetto, che si infranse aprendo la porta.

-Be’, anche questo è un buon metodo. - concesse il mago, in tono ragionevole.



Voldemort sedeva alla scrivania nell’ex ufficio del Preside, dove da anni aveva stabilito le sue stanze personali.

Era stato un bel momento, quando per la prima volta aveva preso possesso dell’ufficio: la pesante scrivania lignea, i delicati strumenti d’argento che erano stati di Dumbledore (inutili, aveva presto scoperto. Tipico del vecchio, tanta scena e poca sostanza!), i raffinati alloggi riservati al preside.

Snape sembrava non aver toccato quasi nulla in quelle stanze nel periodo in cui aveva diretto la scuola: in ogni dettaglio si vedeva lo stile di Albus Dumbledore.

Voldemort aveva persino avuto il dubbio che il suo seguace avesse dormito per anni nel suo ex alloggio nei sotterranei.

Severus Snape era uno sciocco, pensò.

Ma uno sciocco che gli stava dando più problemi del previsto.

Aveva guidato i suoi patetici bambocci babbani fin dentro al castello… che impudenza! Davvero, non credeva che si sarebbe spinto a tanto. Lo aveva sottovalutato.

Era ora di finirla con questa pantomima, pensò Voldemort, avvicinandosi a uno degli armadi che un tempo aveva contenuto il pensatoio di Dumbledore.

Ora, aprendo lo sportello, rivelò un modellino di Hogwarts, preciso in ogni minimo dettaglio, dal più piccolo dei quadri alla più insignificante delle armature.

L’idea gli era venuta dalla “Mappa del Malandrino” che aveva trovato addosso a Potter, tanto tempo prima.

L’idea di conoscere il castello nei suoi più intimi anfratti l’aveva affascinato: voleva conoscere tutti i suoi segreti, la sua potente magia nascosta, i suoi astuti trabocchetti.

Ma conoscere, per il solo amore della conoscenza, non faceva certo per lui: a che gli serviva osservare e basta?

Il castello era suo. Voleva il controllo.

E così era nato il suo modellino: al suo interno, ora vedeva muoversi diverse luci pulsanti, con un piccolo nome scritto alla base, che rappresentavano le persone all’interno di Hogwarts.

Ogni tanto qualche luce si spegneva: un caduto.

Si concentrò sul terzo piano, dove vide una piccola luce verdastra con il nome “Severus Snape”.

Ora, doppiogiochista da strapazzo… A proposito del controllo.
 
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Astry
view post Posted on 21/3/2011, 11:58




Noooooo!!!! Insomma, ok, battaglia interessante, tutto bello, sembra di vedere un film. Precisa e dettagliata in ogni particolare. Immagino che il prigioniero trovato da Liz sia Draco. Farà bene a fidarsi? Chi lo sa?
Ma poi? Tu vuoi fregarmi. Cos'è quella frase finale??? "A proposito del controllo". Oddio, no, non farai quello che penso, cioè Voldemort non farà quello che penso... vero? Vero???? Adesso mi morderò le unghie fino al prossimo aggiornamento.
Credo che tu ti stia vendicando abbastanza per "incatenato", ecco.
 
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Natalie_S
view post Posted on 29/3/2011, 10:15




Snape era faticosamente riuscito ad arrivare al terzo piano, in quello che una volta era il corridoio di Incantesimi.

Avevano deciso di occupare quella zona perché era centrale e garantiva un’ottima visuale sul cortile e l’entrata.

Quando era abitato da Flitwick, era una zona del castello ariosa e piena di luce: ora aveva un aspetto a dir poco tetro.

In particolare, i muri avevano un aspetto terribilmente sporco e putrescente.

Alcuni soldati portarono dentro delle armi, e le sistemarono accanto alle finestre e alle entrate.

Un comandante sbraitava degli ordini concitati, e presto l’ex aula venne trasformata in una base di fortuna.

Snape si guardò intorno: avrebbe finito per il soffrire di claustrofobia. La stanza gli sembrava più piccola e soffocante ora che era piena di soldati e armi.

Dove era finita Liz? D’istinto avrebbe voluto precipitarsi a cercarla, ma non aveva la più pallida idea di dove fosse, e in più molti uomini attendevano i suoi ordini.

In quel momento, poteva solo sperare che fosse lei a trovarlo.

-Wilson, dove hai messo le pozioni di primo soccorso?- domandò McDiarmid, accanto a lui.

-Le avevo lasciate lì, proprio accanto a quella parete…- rispose Kieran confuso.

Merlino, non riusciva a concentrarsi.

Dove sarebbe stato Voldemort? Nell’ufficio del preside, probabilmente.

Di solito il Signore Oscuro non interveniva in prima persona nelle grandi battaglie, se non quando era strettamente necessario.

Gli piaceva tenere le fila, controllare ogni mossa dall’alto… era sempre stato così.

Ora, se soltanto avesse avuto una mappa del castello, avrebbe potuto stabilire come si dovevano muovere per raggiungere il settimo piano e l’ex ufficio di Dumbledore.

Doveva anche ricordarsi di chiudere il passaggio segreto dietro la statua della strega gobba lì al terzo piano; non poteva rischiare che venisse usato come via di ingresso per altri Mangiamorte e…

Un urlo interruppe le sue riflessioni: alzò la testa e vide un soldato che sembrava stesse passando attraverso un muro.

-Che cosa..?-

Ma poi comprese: non era lui ad attraversare il muro, era la parete che si stava stringendo intorno a lui, inglobandolo.

Un gruppetto di altri soldati si strinse intorno a lui, cercando di tirarlo via.

Era inutile: nonostante gli sforzi, il muro continuava ad avanzare, portandosi dietro lo sfortunato soldato, che ora urlava e si contorceva in preda al panico.

Snape guardò la stanza: si stava decisamente restringendo!

L’aspetto dei muri ora ricordava quello di una superficie liquida: ribollivano e tremolavano come se fossero vivi, portandosi dietro ogni oggetto che toccavano.

Uno di quelli che stava aiutando il prigioniero cacciò un urlo: il muro stava iniziando ad avvilupparsi intorno alla manica della sua casacca.

-Presto, levati la giacca, levala!- ordinò Snape.

Il soldato si divincolò, mentre la giacca veniva assorbita dal tocco della parete. Dell’altro, ormai non rimaneva che la punta dello scarpone.

-Tutti fuori, via! Non toccate le pareti!- gridò.

I soldati iniziarono a sciamare fuori dall’aula; Snape tornò indietro fino al punto in cui il soldato era stato attirato dentro il muro. Ora rimaneva solo una macchia più scuro sulla vernice.

Che razza di incantesimo aveva escogitato Voldemort?

Prima che la stanza si restringesse troppo, uscì anche lui.

I soldati stavano percorrendo il corridoio ma, nonostante fosse deserto, dalle pareti fioccavano maledizioni e incantesimi.

Alcuni caddero, non sapendo neanche da che parte proteggersi. Era un incubo.

-State lontani dai muri!- disse Snape - Andate verso le scale! Scendete giù verso le Sale d’Ingresso!-

Lui creò uno scudo intorno a sé e si avviò verso il passaggio segreto nascosto dietro la statua. Doveva chiuderlo prima che venisse utilizzato.

Il castello ora obbediva a Voldemort, rifletté. Era completamente impregnato di magia oscura.

Intorno a lui continuavano a cadere incantesimi, che si infrangevano contro il suo scudo.

Superò un corridoio in cui dei soldati stavano lottando contro delle armature e imboccò la svolta che portava alla statua.

Improvvisamente si trovò davanti due figure incappucciate, che si voltarono: Malfoy e Avery, riconobbe.

Lucius aveva il volto stanco e tirato e sembrava sconvolto dal trovarsi davanti il vecchio amico. Avery fece saettare lo sguardo dall’uno all’altro, come se non sapesse che fare.

I tre si limitarono a guardarsi per qualche istante, tutti con la bacchetta spianata.

Snape non voleva attaccare Lucius e Avery: erano stati dei suoi cari amici, fin dal tempo della scuola. Erano delle brave persone.

Eppure non poteva permettere che si mettessero sul suo cammino: aveva un lavoro da svolgere. Non sapeva che fare.

Una simile esitazione era visibile anche sui loro volti.

Infine, Lucius abbassò la bacchetta e fece segno ad Avery di fare lo stesso.

-Noi non ti abbiamo visto, Severus. - disse con voce atona.

Snape annuì e, ancora esitante, si avviò per il corridoio.

-Severus!- lo chiamò Lucius. Snape si voltò.

-Fa’ attenzione alle piante.- disse, per poi sparire nella direzione opposta.

-Cosa…?- domandò Snape, ma Lucius ed Avery erano già lontani.



-Lumos!- disse Liz, accendendo la bacchetta per illuminare il cunicolo.

Il mago che aveva liberato le aveva mostrato un passaggio segreto che portava fuori dai sotterranei: aveva spostato un arazzo e aveva rivelato una lunga scala a chiocciola.

-Come fai a conoscere questo posto così bene?- gli chiese.

-Una volta era la mia scuola. Ho vissuto qui per sette anni.- rispose il tizio.

Chissà se era stato allievo di Snape, si chiese Liz. Probabilmente sì, a giudicare dall’età.

-Prima tu- ordinò.

Si inerpicarono su per la scala per molti metri.

Liz guardò giù: aveva l’impressione che stessero oltrepassando di gran lunga il pian terreno… possibile che i sotterranei fossero così profondi?

Raggiunsero infine una specie di pianerottolo scavato nel muro di pietra, da cui partiva un’altra scala a chiocciola.

-Fermiamoci un attimo, per favore- disse il mago –Mi gira la testa…-

Liz sbuffò, ma acconsentì:- Va bene… un minuto, non di più!-

Il mago si sedette per terra e chiuse gli occhi: in effetti, non aveva una bella cera.

-Stai male?- gli chiese.

-Sono un po’ debole. L’ospitalità che il Signore Oscuro riserva ai suoi prigionieri lascia molto a desiderare. - rispose quello.

Doveva avere un calo degli zuccheri, pensò Liz. Si frugò nelle tasche della casacca: delle barrette di cioccolata erano state eccezionalmente distribuite nel caso qualcuno si fosse trovato in difficoltà con gli effetti dei Dissennatori.

-To’, mangia questa- disse, lanciandogli la sua barretta –Sia chiaro che non te la offro per gentilezza, ma perché non ho particolare desiderio di trascinare il tuo corpo esanime su per la scala. - puntualizzò.

-Che cos’è?- domandò il mago, osservando il dolce con sospetto.

-E’ un Mars. -

Il tizio inarcò un sopracciglio: -E si mangia?-

-Guarda che se non lo vuoi…- iniziò Liz, un po’ seccata, ma lui la interruppe:- Non ho detto questo. - borbottò, scartando lo snack e addentandolo.

Seguì qualche istante di silenzio, in cui sentì soltanto il vorace masticare del suo compagno di viaggio.

Una volta terminato il Mars il tipo sembrava star meglio, quindi si incamminarono e salirono la scala fino a trovare una piccola porta.

Dall’esterno giungevano, ovattati, i rumori di uno scontro.

-Siamo dietro un quadro del sesto piano. – spiegò il mago – quando usciremo, dovremo girare a destra e salire le scale…-

-Sesto piano?!- lo interruppe Liz, incredula –Credevo che stessimo andando verso un’uscita!-

-Infatti, l’uscita è al settimo piano. -

-L’uscita sarebbe forse costituita da una finestra da cui lanciarsi?-

Il mago sbuffò, impaziente:- Merlino, questi mudblood ignoranti… Non potresti fidarti di quello che ti dico e basta?-

-No. – rispose Liz perentoria –Dimmi dove stiamo andando. –

-Al settimo piano c’è una stanza, con un oggetto che permette di uscire dal castello, una specie di passaggio. Capito?-

Liz non aveva mai sentito di magie di questo genere, ma in effetti non aveva mai visto molti oggetti magici, se non i pochi che erano a casa di Snape. Magari erano piuttosto comuni.

-Va bene, andiamo. -

Uscirono da dietro il quadro (che rappresentava degli alberi le cui cime ondeggiavano come mosse dal vento) con circospezione: il corridoio sembrava deserto.

Era la prima volta che Liz aveva il tempo di osservare con una certa calma l’interno della scuola, e rimase quasi incantata di fronte ai muri di pietra, le colonne intagliate, e i soffitti con archi a sesto acuto.

C’erano anche alcuni quadri che rappresentavano per lo più paesaggi vuoti, come se mancasse il soggetto principale: anche così le scene parevano stranamente vive.

Sarebbe stato bellissimo potersi fermare a osservare tutta quella magia sconosciuta, ma purtroppo non ce n’era il tempo.

Liz fece camminare il mago davanti a sé, tenendolo per un braccio; una volta arrivati alle scale, sentì un colpo al braccio destro che le fece cadere la bacchetta.

Un Mangiamorte stava arrivando dal piano di sotto: istintivamente, la mano di Liz le corse alla tasca, da cui estrasse una bacchetta.

Lanciò uno schiantesimo contro il nuovo arrivato, colpendolo con forza inaspettata e facendolo rotolare giù dalle scale

Avvertì un piacevole calore diffondersi per il braccio e guardò la bacchetta. Era quella che aveva preso al Mangiamorte nei sotterranei: sembrava decisamente più potente della sua.

-Wow…- esclamò, osservandola meglio e soppesandola.

-Sbrigati, dobbiamo raggiungere il settimo piano!- le ricordò il mago biondo, con tono d’urgenza.

Corsero verso le scale, ma prima che potessero raggiungerle Liz si sentì colpita da un forte dolore alla schiena e cadde a terra.

Da un altro corridoio era emerso un mago alto e innaturalmente corpulento, con luridi capelli grigi e una barba cespugliosa: aveva un aspetto feroce e lacero, più simile a quello di un animale che a quello di un uomo.

-Sangue fresco, che meraviglia!- ghignò la creatura con voce rasposa –Vai pure, Malfoy, ci penso io…-

Il mago sembrò indeciso; poi corse via dalla visuale di Liz.

Merda, pensò, cercando di raggiungere la bacchetta che le era scivolata di mano ed era rotolata poco lontano.

Intanto la creatura si avvicinò a lei, osservandola come un succulento banchetto dopo giorni di fame.

Voleva sbranarla, pensò Liz, pietrificata per l’orrore.

Indietreggiò trascinandosi fin quasi contro a un muro, per poi rendersi conto che era ormai in trappola.

Il Mangiamorte le si avventò contro; ma prima che riuscisse a morderla venne colpito da uno schiantesimo e rotolò a terra.

Liz alzò gli occhi sul proprio benefattore: era Malfoy, che reggeva la bacchetta di plastica che le era caduta poco prima.

-Grazie…- gli disse, stupita.

-Lascia perdere- minimizzò lui –Erano anni che volevo farlo. Quel tizio è disgustoso. - arricciò il naso in un’espressione di disapprovazione –Adesso andiamocene da qui- aggiunse, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.



Ad appena un piano di distanza, Lord Voldemort osservò le due lucine etichettate come Draco Malfoy ed Elizabeth Mills che arrancavano su per un corridoio del sesto piano.

Quel buono a nulla di Malfoy stava collaborando o si era fatto prendere come ostaggio da una babbana?

Difficile da capire, ma non era la sua principale preoccupazione in quel momento: Voldemort si concentrò su un gruppetto di soldati che stava prendendo possesso della Sala Grande.

Uno di loro aveva un nome decisamente familiare…



Neville Longbottom ordinò ai suoi di disporsi lungo le finestre della Sala Grande e controllare l’area circostante.

Avevano superato la prima linea di Mangiamorte, e voleva mantenere il controllo del piano terra.

I soldati entrarono circospetti, osservando il soffitto, che aveva l’aspetto del cielo nuvoloso e carico di pioggia.

Alcuni fulmini squarciarono le nuvole minacciosamente.

-Non vi preoccupate- disse Neville –E’ solo un soffitto. E’ incantato per rispecchiare il cielo all’esterno. -

E’ scritto in “Storia Di Hogwarts”, pensò, ricordando per uno straziante istante una piccola Hermione Granger che trotterellava nervosamente verso il Cappello Parlante, molti anni prima.

Troppi ricordi in quella Sala, pensò scuotendo la testa.

Un fulmine particolarmente rumoroso lo riscosse dai propri pensieri. Come facevano a fare colazione e cenare quando pioveva, con quel trambusto? Non ricordava di aver mai fatto caso ai temporali, quando studiava ad Hogwarts.

Ma forse, il chiacchiericcio di tutti gli studenti copriva tutti i rumori circostanti.

Un’occhiata fuori gli permise di appurare che i Mangiamorte erano in notevole difficoltà contro le armi babbane. Bene.

Doveva sapere se Monk e gli altri erano riusciti a prendere possesso delle torri: afferrò la ricetrasmittente ma, in quel momento, udì un orribile rumore secco, seguito da un urlo.

Si voltò e corse verso il fondo della Sala, dove si era formato un piccolo gruppetto di soldati che fissava con orrore il corpo di un proprio compagno, carbonizzato.

-Signore…. Dicono che è stato un fulmine- spiegò Knight, lanciando un’occhiata preoccupata al soffitto.

-Non è possibile. E’ solo un’illusione, che non….-

Non fece in tempo a terminare la frase: un fulmine cadde dal soffitto, colpendo Knight sotto i suoi occhi.

Il suo corpo, già nero per l’ustione, stette un attimo in piedi, poi ricadde all’indietro.

Neville fece un passo indietro: non era possibile… il soffitto era incantato… era solo un’illusione…

Ma evidentemente non era più così: altri fulmini si abbatterono nella Sala, e un paio di altri soldati fu colpito.

-Fuori!- ordinò Neville – Usciamo subito da qui!-

Si avviò verso l’uscita, ma scoprì che tutto intorno alle porte della Sala Grande vi era un fitto muro di piante.

Uno dei soldati si avvicinò: una foglia balzò in avanti e lo colpì al volto.

Il soldato tossì: sembrava stesse soffocando.

-Che succede? Che hai?- domandò qualcuno.

-Non... respiro…- rantolò quello.

Il suo volto si fece cianotico. Neville si guardò intorno: cosa poteva fare?

Ad un tratto Wilson si staccò dal gruppo e corse verso il soldato colpito: -Prova questo!- esclamò, tirando fuori un inalatore.

Il soldato fece due spruzzi e, dopo qualche istante, il suo respiro si stabilizzò.

-Che cos’è?- domandò Neville, indicando l’inalatore.

Wilson si strinse nelle spalle: -Ventolin. Soffro d’asma, ce l’ho sempre dietro!-

Intanto, altri fulmini saettarono nella stanza.

Neville osservò le foglie della pianta: picciolate, a lamina ovale, base asimmetrica… la pianta agiva sul sistema respiratorio…

La conosceva… l’aveva studiata, tanti anni prima, ad Erbologia.

-Signore – lo riscosse uno dei soldati, un tizio ben piantanto sulla quarantina – Lei può creare… delle aste di metallo, con la magia?-

Neville sbatté le palpebre:- Che cosa?-

-Per i fulmini, signore. Possiamo tentare di attirarli e disperderli. - spiegò quello.

-Buona idea! Wilson, trasfigura quello che trovi. – ordinò.

Si guardò intorno e afferrò una borraccia, pensando che poteva essere facilmente trasfigurata.

Ma i soldati ruppero alcune delle finestre e strapparono via parte dell’intelaiatura in metallo, che Wilson modellò in forma di asta, un’operazione molto più semplice e veloce.

-Deve avere un filo che scarica a terra e la punta in metallo nobile, tipo oro!- spiegò il soldato che aveva avuto l’idea (evidentemente si intendeva di elettricità).

Wilson lo guardò smarrito:- Non posso trasfigurare le cose in oro… è complicatissimo, una magia davvero avanzata e…-

L’altro soldato sospirò: si levò la fede dalla mano sinistra e la porse a Wilson.

-Mia moglie mi ucciderà…- affermò cupamente.

In un altro momento, Neville avrebbe trovato la scena vagamente comica.

Ma doveva pensare alla pianta, che continuava a estendere pericolosamente i suoi rami all’interno della stanza.

Osservò le radici: erano a fittone, fusiformi… no, questo non lo aiutava.

In un angolo in basso, finalmente, vide un fiore a forma di calice, e lo riconobbe.

Datura Stramonium Inversa!

Una varietà magica più pericolosa e potente dello stramonio comune, molto aggressiva e velenosa.

Inversa… quella parte del nome era importante, ricordò. Ma perché?

Intanto, i soldati avevano piazzato alcuni parafulmini rudimentali in giro per la stanza, e sembravano funzionare.

All’improvviso, un ramo vicino alla porta si avventò verso di lui, e Neville, istintivamente, gli tirò la borraccia che ancora teneva in mano.

Quella colpì il ramo e si aprì, bagnando la pianta: al contatto con l’acqua, il ramo si ritrasse e sembrò rimpicciolire.

Ma certo, pensò Neville, Inversa! La Datura Stramonium Inversa, regrediva al contatto diretto con l’acqua, anziché crescere.

-Aguamenti!- gridò, colpendo la pianta con un getto d’acqua.

I rami si ritrassero e si assottigliarono, le foglie diventarono piccole e di un verde pallido; tutto il fusto della pianta si contorse e rimpicciolì davanti ai suoi occhi.

Le altre Sentinelle, vedendo che l’espediente funzionava, si unirono a lui nell’annaffiare la Datura, che presto fu ridotta a un mucchietto di semi pulsanti.

Al di là del muro di piante, vide arrivare un gruppo di Mangiamorte, tra cui Dolohov, Travers e la temibile Bellatrix Lestrange.

La vecchia guardia al completo.

Neville sospirò: ora iniziava veramente la battaglia.





Ciao Astry, ti rispondo anche qui!

Come hai visto, il “misterioso” prigioniero è proprio Draco… come dicevo, io credo che lui non sia un tipo da grandi ideali, però ho sempre pensato che fosse abbastanza corretto. Non con Potter, chiaro, ma in generale… non è come, non so, Dolohov o Travers, di cui non mi fiderei mai (spero che Emily non legga questo commento, altrimenti mi crucia!XD ).

No, tranquilla, Voldemort non può fare tutte quelle cose cattivissime che faceva in “Incatenato” :P

Qui può soltanto agire a distanza sui componenti del castello, non direttamente sulle persone.

Ciao, alla prossima settimana!!
 
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Astry
view post Posted on 3/4/2011, 16:48




Eccomi qui, ho divorato immediatamente il capitolo appena pubblicato, sai, ero troppo curiosa e l’avrei letto anche a testa in giù, ma poi non riesco mai a commentare, ecco quello a testa in giù non riesco a farlo. Allora, partiamo dalle pareti di Hogwarts: era questo che intendeva Voldemort parlando di controllo? O ci saranno altre sorprese? Le mura che inglobano le persone mi ricordano molto una puntata di star trek, non è che per caso ti piace star trek? Bella anche la scena di Malfoy che abbassa la bacchetta, si, questo è il Lucius che mi piace. Sempre in bilico tra l’amore per la sua famiglia, l’amicizia e la paura di Voldemort. Porello, mi fa pena a volte, come si fa a non farsi venire la voglia di fargli un po’ di coccole? Tenero anche Dracuccio che scopre lo snack babbano e quando uccide il mangiamorte per salvare la ragazza. Per non parlare poi di Neville che ricorda il passato. Sai, a volte sono tanto presa da Piton da dimenticare che in questa storia hai fatto fuori quasi tutti i personaggi principali. Ma i pensieri di Neville mi hanno fatto provare un po’ di nostalgia per quella secchiona di Hermione. Ricordarla bambina, quasi quasi mi strappava una lacrimuccia. Accidenti, sto diventando vecchia e sentimentale. Per il resto sei una fonte inesauribile di genialate: come quella del parafulmine. Complimenti e ancora complimenti. Ed ora? Mi preparo per la battaglia. Visto le premesse mi aspetto qualcosa di grandioso, e ovviamente un Piton da stupro.

 
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Natalie_S
view post Posted on 4/4/2011, 10:55




Cillian Archer aveva scoperto di odiare i sottomarini.

O meglio: quelli normali non gli creavano problemi.

Quel relitto della prima guerra mondiale che cigolava orribilmente e non rispondeva adeguatamente ai comandi, invece, lo metteva decisamente a disagio.

Erano sott’acqua, e sottoterra, da ore: avrebbero dovuto raggiungere il castello di Hogwarts molto tempo prima, ma aveva la netta impressione che si fossero persi.

Forse c’erano più fiumi sotterranei, e avevano imboccato quello sbagliato.

Difficile a dirsi, in mancanza di una vera cartina da seguire e persino del radar.

Per fortuna, Chandra aveva usato un incantesimo Supersensor, che le permetteva di identificare gli ostacoli e i tornanti del fiume in tempo per far virare quel catorcio.

Stava quindi al periscopio a dare istruzioni al pilota e al macchinista.

Cillian si sentiva sempre più ansioso e fastidiosamente inutile.

-C’è un’apertura più avanti… il tunnel è finito!- esclamò Chandra ad un tratto. L’equipaggio si riscosse.

Il sottomarino uscì dal tunnel sotterraneo per sbucare nel Lago Nero.

Cillian prese brevemente il posto di Chandra al periscopio: il fondale del lago sembrava tranquillo, ma ai margini della propria visuale percepiva dei movimenti furtivi e veloci.

Gli parve anche di vedere una specie di agglomerato di capanne sotterranee… ma chi mai avrebbe potuto vivere lì sotto?

Ad un tratto, udì un rumore secco su un lato del sottomarino, e un allarme iniziò a suonare.

-Che sta succedendo?- chiese al macchinista, un soldato di nome Clarke.

-Sembra…. sembra che qualcosa abbia bucato lo scafo!- rispose quello, armeggiando con vari comandi nel tentativo di isolare la zona colpita.

-Chandra, fa’ quella roba Supersensor!- ordinò alla Sentinella.

Chandra mormorò nuovamente l’ incantesimo e osservò fuori dal periscopio.

-E’ un animaletto verde… ha delle zampe lunghe con cui sta bucando lo scafo!- spiegò.

Cillian e Clarke si guardarono confusi. Che diavolo era?

-E ne stanno arrivando altri! Mio dio, sono tantissimi!- continuò Chandra.

In effetti il sottomarino risuonò di altri orribili rumori di metallo spezzato: sembravano provenire da tutto intorno a loro.

-Risali in superficie, vai!- ordinò Cillian.

Dei soldati iniziarono a sciamare verso la sala comandi: ogni altro ambiente si stava riempiendo d’acqua.

Cillian guardò fuori dal periscopio: non c’era più bisogno di un incantesimo per vedere che l’intero scafo era completamente ricoperto di creature pallide e pulsanti.

Nel frattempo, l’acqua stava filtrando attraverso la porta e dentro la stanza.

-Ci stanno trattenendo giù!- disse Clarke –Sono molto forti!-

-Dobbiamo mandare qualcuno fuori…- disse Cillian, cercando di pensare razionalmente - Chiama quel tizio, Hutcheson, è uno dei sommozzatori…-

Chandra lo interruppe:- Veramente, credo che dovrei andare io!-

-Non se ne parla neanche, sei l’unica Sentinella del sottomarino e…-

-Appunto! Quelle sono creature magiche, chi altro dovrebbe occuparsene?-

Cillian si stava innervosendo:- Senti. Non puoi andare tu. Ci deve essere una Sentinella per ogni unità e noi…-

Chandra incrociò le braccia sul petto: -E che cosa potrebbe fare lì fuori Hutcheson? Sparare a quei cosi verdi? E magari colpire lo scafo?- esclamò, in tono di sfida.

Cillian stava iniziando a capire come mai lei e Liz andassero tanto d’accordo.

L’acqua, a quel punto, stava lambendo le loro caviglie.

Il capitano aprì la bocca per replicare, ma in quel momento un orribile rumore cigolante interruppe il battibecco.

Il sottomarino ondeggiò come se fosse stato colpito da un forte colpo.

Cillian afferrò il periscopio: il sottomarino era avvolto da un enorme viscido tentacolo che lo stava scuotendo.

La scossa era talmente violenta che le creature verdi si stavano staccando dallo scafo.

All’interno della sala comandi, non era più possibile stare in equilibrio.

-E’ un calamaro gigante!- fece, cercando di tenersi aggrappato ad una superficie stabile.

-Una piovra, direi!- lo corresse Chandra, guardando nel periscopio.

-Come in Ventimila Leghe sotto i Mari!- esclamò Clarke, improvvisamente ispirato.

-E come ne uscivano lì?- domandò Cillian, illuminandosi di speranza.

Clarke ci penso su un attimo, poi il suo entusiasmo sembrò afflosciarsi:-Mi sa che morivano tutti. - affermò cupamente.

-Ehi! Non è vero!- protestò un soldato – Io l’ho letto il libro e non finiva affatto così! C’era una specie di gorgo che risucchiava il Nautilus e…-

-Ah be’, meglio allora!- commentò un altro sarcasticamente.

-Be’, no, ma la piovra era l’ultimo dei loro problemi!- rispose il primo soldato.

-Io ho visto il film, ma probabilmente dormivo a quel punto. - commentò un terzo, stringendosi nelle spalle.

Prima che Cillian potesse intervenire, si sentirono scagliati verso l’alto: la piovra li stava tirando fuori dal lago.

-Ci vuole schiacciare contro il fondale!- urlò qualcuno, angosciato.

-No, ci vuole mangiare!!!- gridò un altro.

-State calmi, state calmi! Le piovre non mangiano i sottomarini!- intimò Cillian, anche se, in cuor suo, non ne era tanto sicuro e soprattutto pensava che quello fosse un momento assolutamente adatto per farsi prendere dal panico.

Chandra strinse gli occhi (era ancora sotto l’effetto dell’incantesimo): -E se invece volesse solo…?-

In quel momento, la piovra lasciò la presa e il sottomarino fu scagliato attraverso il lago.

“Se sopravvivo a questo… se sopravvivo a questo, io…” pensò Cillian, orribilmente sicuro di essere in punto di morte.

Invece, il sottomarino atterrò in modo sorprendentemente delicato su un terreno solido, slittando fino a fermarsi contro un ostacolo.

Dopo l’impatto, non ci fu più alcun rumore.

I soldati all’interno del sottomarino si guardarono tra loro, stupefatti di essere ancora vivi e incolumi.

Cillian ordinò a tutti di uscire: finalmente si ritrovò di nuovo all’aria aperta.

Fece un respiro profondo, assaporando l’aria fresca sulla pelle. Si trovava in un largo cortile, vicinissimo a un’entrata della scuola.

Si voltò verso il Lago, appena in tempo per vedere un tentacolo inabissarsi nelle acque: da quella distanza sembrava ondeggiare, come in un gesto di… saluto?

Sbatté le palpebre: non poteva essere.



Nel frattempo, Chandra giunse davanti all’entrata della scuola.

Alzò lo sguardo verso le mura scure: man mano che si avvicinava, sentiva rafforzarsi una sensazione di abbattimento e di sfiducia.

Metteva davvero i brividi.

Cillian ordinò ai propri uomini di recuperare le armi non danneggiate e di disporsi sul perimetro dell’edificio, come da programmi, e la raggiunse.

-E’ veramente un posto orribile- commentò lei.

Cillian annuì: anche lui, per quanto babbano, poteva percepirlo chiaramente.

-Sono quasi contento che noi dobbiamo rimanere fuori- ammise.

-Ehi, guarda là!- esclamò Chandra, indicando un drappello di soldati che si stava avvicinando all’uscita.

Sembravano scappare da qualcosa.

Poi li vide: Dissennatori, almeno una ventina.

-Presto- disse a Cillian - voi babbani ritornate nel cortile, noi cercheremo di non farli uscire! –

Cillian sembrò incerto, poi decise di allontanarsi.

-Expecto Patronum!- gridò Chandra.

Il suo patronus, per quanto non molto potente, riuscì a far arretrare i Dissennatori abbastanza da permettere agli altri soldati di rinfrancarsi un po’.

-Grazie!- le disse uno di quelli –Abbiamo chiamato dei rinforzi, stanno arrivando dalla torre nord!-

Chandra annuì.

Voltandosi, vide una figura familiare accanto al muro.

-Peter!- esclamò, sollevata –Ehi, Peter ce l’abbiamo fatta, siamo qui anche noi e…-

Ma Tuffey non si voltò e non fece alcun cenno di averla sentita.

Dal fondo del corridoio, invece, sentì dei rumori di passi: dovevano essere i rinforzi provenienti dalla torre.

Chandra si avvicinò a Tuffey e lo afferrò per una spalla, costringendolo a voltarsi: infine lo vide in faccia.

Non sembrava ferito, eppure c’era qualcosa di profondamente sbagliato nel suo aspetto.

I suoi occhi chiari fissavano il vuoto ed aveva un’espressione completamente assente. Stava in piedi, ma sembrava riuscisse a farlo più per forza di inerzia che per una sua reale volontà.

-Peter? Che hai? Rispondimi!- disse Chandra, scuotendolo per un braccio.

Accanto a lei, il soldato con cui aveva parlato disse tristemente:-Mi dispiace… i Dissennatori… erano troppi e credo che lui sia rimasto indietro e… -sospirò -Mi dispiace tanto- ripeté.

-No, non può essere… ci deve essere qualcosa che…- singhiozzò Chandra, continuando a tenere il braccio di Tuffey, nella speranza di scatenare una qualche reazione.

Non Peter, l’unico che si era mai veramente preoccupato della propria anima… non poteva perderla così…

-Chandra… vieni via- mormorò qualcuno accanto a lei. Era Monk.

-No! Io non ci credo…- protestò Chandra.

-Lascialo. Dai, vieni via- ripeté Monk, costringendola dolcemente a lasciare la presa sul braccio di Peter.

Chandra singhiozzò ancora una volta, poi lo lasciò andare.



Liz e Malfoy raggiunsero il settimo piano senza ulteriori intoppi.

Imboccarono un corridoio e ad un certo punto il mago si fermò davanti a un arazzo (rappresentante delle enormi e goffe creature in tutù): quindi tornò indietro di qualche metro. Liz lo seguì.

Malfoy però fece di nuovo dietrofront e ritornò all’altezza dell’arazzo; poi si incamminò di nuovo nella direzione opposta.

-Che fai, ti sei perso?- domandò Liz, un po’ frastornata da questi continui cambiamenti di direzione.

-Sssh!- la zittì il mago, seccato.

Quando passarono per la terza volta nello stesso punto, sul muro opposto all’arazzo era apparsa una grande porta lignea.

-Ma come…?- iniziò Liz.

-Dai, entriamo, veloce!- la incitò Malfoy

Liz entrò e la prima cosa che percepì fu un vago odore di bruciato.

Si trovava in una stanza simile a una cattedrale, piena fino all’orlo di quelli che sembravano per lo più vecchi oggetti carbonizzati.

I muri erano anneriti e sembravano diroccati in più punti: all’interno della stanza c’erano stretti corridoi tra i cumuli di resti bruciati.

Malfoy si avviò verso il centro della stanza con sicurezza, come se conoscesse il posto piuttosto bene, spostando all’occorrenza mucchietti di oggetti fatiscenti.

-Dovrebbe essere ancora qui… ho controllato l’ultima volta un paio di anni fa…- borbottò.

-Ma… credevo che fossi almeno sicuro di questa uscita!- esclamò Liz contrariata.

Il mago spostò un ultimo cumulo di roba incenerita e rivelò quello che sembrava un vecchio armadietto scolastico dall’anta annerita dal fumo.

-Et voilà, donna di poca fede!- disse trionfante, indicando l’oggetto.

-Cosa c’è lì dentro?- domandò Liz, perplessa.

Malfoy alzò gli occhi al cielo:- Non c’è niente, l’uscita è l’armadietto!-

Dal momento che la ragazza non appariva in alcun modo delucidata, spiegò: -Ci sono due armadietti collegati. Uno è qui, l’altro in un luogo sicuro…. l’ho comprato proprio in previsione di una situazione di questo genere. Basta entrare dentro, chiudere la porta, e quando si riapre si esce dall’altro armadietto. Chiaro?-

Liz annuì.

- Un’altra cosa: per far riapparire l’entrata di questa stanza devi passarci davanti tre volte pensando intensamente “Stanza degli oggetti nascosti”. Ora vado- aggiunse, aprendo la porta dell’armadietto ed entrandovi.

Le fece un rapido cenno di saluto:- A buon rendere, mudblood!- disse, richiudendo la sportello dietro di sé.

Liz si aspettava che a quel punto sarebbe successo qualcosa: uno scoppio, un lampo di luce, un qualche segno.

Invece non accadde proprio nulla.

Riaprì cautamente la porta dell’armadietto: era vuoto. Evidentemente funzionava.

Si fece largo attraverso i cumuli bruciati e si avviò verso l’uscita, quando sentì delle voci concitate che sembravano provenire da un angolo della stanza.

-C’è qualcuno… sento dei passi!-

-Vi sembra Voldemort?-

-Non riesco a vedere… Armando, fammi spazio!-

Liz notò che in un angolo della sala, poco lontano dall’uscita, vi era un mucchietto di oggetti che non sembrava danneggiata dal fuoco o dal fumo: probabilmente erano stati portati nella stanza dopo l’incendio che evidentemente l’aveva devastata.

Le voci sembravano provenire da sotto una pesante tenda rossa. Incuriosita, Liz la sollevò e trovò delle cornici ammucchiate: gli abitanti dei quadri erano tutti stipati nei due o tre quadri in cima al mucchio. Erano quasi tutti uomini anziani.

-Chi è lei, signorina?- domandò un vecchietto calvo e magrolino.

-Ehm… io… ma piuttosto, chi siete voi e cosa ci fate qui?- domandò Liz, un po’ sorpresa.

Un mormorio scandalizzato si diffuse tra i ritratti.

-Noi siamo i presidi di Hogwarts!- la informò piccato un tizio con una barba a punta, vestito di verde e argento –Quel… Tu-Sai-Chi! Che mancanza di rispetto! Nessuno, nessuno si era mai permesso di togliere i ritratti dall’ufficio del Preside e…-

Gli altri ritratti assentirono con fervore:

-Ci ha rinchiusi qui, per anni…- affermò un tizio con un cornetto acustico.

-Dimenticati, come le ultime delle nature morte!- aggiunse sconsolata una donna con lunghi riccioli argentati.

Un tizio con una corta frangetta protestò veementemente:- E ha fatto un incantesimo per non farci muovere tra gli altri quadri di Hogwarts! E’ davvero una vergogna!-

Gli altri ritratti assentirono con un irato borbottio.

-Mi dispiace… credo che sia veramente… ehm, triste- disse Liz.

-E irrispettoso!- aggiunse quello con la barba a punta.

-Assolutamente, sì…- annuì Liz – Però noi stiamo attaccando Hogwarts, quindi, se tutto va bene, presto Voldemort sarà sconfitto e voi potrete tornare sul vostro…muro. – aggiunse, ottimisticamente -Ora se non vi dispiace dovrei andare. -

I ritratti ebbero un sussulto e iniziarono a chiacchierare concitatamente tra loro.

-Aspetta un attimo. - disse una voce pacata ma autorevole.

Gli altri occupanti della cornice si fecero da parte per lasciar passare un uomo con lunghi capelli bianchi e la barba argentata: penetranti occhi azzurri scintillavano dietro degli occhiali a mezzaluna. Aveva un aspetto energico e rassicurante.

-Chi sei? Chi è che sta attaccando Hogwarts?- chiese tranquillamente.

-Sono una Sentinella dell’esercito britannico- rispose lei, causando un ulteriore borbottio tra i ritratti.

-Quindi siete… dei babbani?!- disse incredulo il vecchietto calvo.

Il mago autorevole con la barba argentata la osservò:-Hai una bacchetta, però. Sei una strega?-

-No!- rispose Liz, offesa –Certo che no!-

-Ma devo presumere che tu sia in grado di fare delle magie. - insistette quello, sempre calmissimo.

Liz si strinse nelle spalle:- Be’ sì, ma non sono nata tra i maghi e…-

-Allora sei una strega mudblood, ragazza. – la informò il ritratto con la barba a punta, rivolgendole uno sguardo vagamente schifato.

-Devi darmi delle informazioni, ora – ordinò il preside con la barba argentata –Nagini, il serpente di Voldemort, è ancora vivo?-

-Il serpente? Presumo di sì… a meno che nelle ultime ore qualcuno non l’abbia fatto fuori…-

-Sono certo che non è accaduto. Solo un oggetto profondamente magico può farlo. Ed è estremamente importante che muoia prima che tentiate di uccidere Voldemort. Hai capito bene?-

-Perché?- domandò Liz, confusa.

-Ti basti sapere che se l’animale non viene ucciso, Voldemort non sarà veramente sconfitto. Ora, per fare ciò…-

Liz lo interruppe:- Un attimo, un attimo… a me non basta sapere questo! Se devo andare a dire a tutti che la nostra priorità è uccidere un serpentone gigante, voglio almeno sapere perché!- protestò.

I ritratti trattennero il fiato, sorpresi: a quanto pareva, non capitava molto spesso che qualcuno contraddicesse quel mago.

-Molto bene. - replicò quello con il solito tono di voce tranquillo, che però a Liz sembrò velato di una nuova freddezza –Un pezzo dell’anima di Voldemort è racchiuso nel serpente. Se non verrà distrutto prima della sua morte, lo terrà ancorato alla vita, e potrebbe risorgere in futuro... è un incantesimo molto complicato che non credo ti interessi. Si tratta di magia molto oscura e avanzata che soltanto i maghi di eccezionale bravura e intelligenza, come me, sono in grado di riconoscere. –

“Tiratela di meno…” pensò Liz, vagamente irritata da quel tono accondiscendente, ma decise di non chiedere ulteriori delucidazioni.

-Per uccidere il serpente, io credo che la soluzione migliore sia usare una spada di metallo goblin, che è imbevuta di un potente veleno. –continuò il ritratto -Per fortuna esiste un modo molto semplice di recuperare questa spada. Se vuoi essere così gentile da cercare in quella catasta di oggetti, dovresti trovare un cappello parlante…-

-Cosa? Parlante?- ripeté Liz.

Udì una voce ovattata provenire dalla sua sinistra -Sono qui, Albus! Qui!-.

Liz spostò degli oggetti d’argento che caddero sul pavimento con un rumore secco di rottura.

-Ops!-

Il mago, che apparentemente si chiamava Albus, sospirò.

Alla fine, Liz riuscì a trovare un cappello a punta molto vecchio, sporco e sciupato che, effettivamente, parlava.

-Eccomi, Albus!- disse infatti, in tono adorante, rivolto al ritratto.

-Ah, molto bene… che piacere rivederti, amico mio. - commentò questi, tornando poi a rivolgersi a Liz - Ora, mia cara, se vuoi per cortesia infilare la mano nel cappello e estrarre la spada…-

-La spada è nel cappello?- domandò Liz, confusa.

-Diciamo così. – annuì serafico Albus.

Liz fece come il ritratto aveva suggerito, ma non trovò nulla. Continuò a frugare all’interno, nonostante le proteste del cappello (-Ehi! Ma che maniere!-), ma della spada non sembrava esserci traccia.

-Qui non c’è niente. - disse infine.

-Oh.- commentò il ritratto, interdetto –Cappello, come mai non le consegni la spada di Godric?- domandò poi freddamente.

-Mi dispiace!- esclamò il cappello, affranto –Non ci riesco! Vorrei, ma questa –Liz presunse si stesse riferendo a lei- non è una Grifondoro, proprio per niente!-

Grifondoro? Non era una delle case in cui venivano divisi gli studenti di Hogwarts?

Liz ricordò che Snape aveva menzionato qualche volta questa ripartizione, ma non aveva avuto l’impressione che essere un Grifondoro fosse una cosa particolarmente auspicabile.

-Capisco. – disse infine il ritratto – Questo complica le cose. Dovremo cercare la spada nel luogo in cui si trova fisicamente. –

-Io so dov’è!- saltò su il ritratto del preside con la barba a punta –Me l’ha raccontato il Barone Sanguinario l’anno scorso! Voi-sapete-chi l’ha messa nelle serre, protetta da pericolose piante, veramente malvagie… Ti ho mai parlato della mia lunga esperienza con le Arti Oscure…?-

-Sì sì, Phineas, sono al corrente dei tuoi interessi magici – tagliò corto Albus, in tono di disapprovazione –Ma non sarà con le Arti Oscure che combatteremo Voldemort. Noi abbiamo armi che lui neanche sospetta, armi potentissime… come l’amore. – affermò, in tono solenne.

Liz alzò un sopracciglio, scettica.

-Nel frattempo, sarà necessario andare nelle serre a prendere la spada. – proseguì il quadro.

Squadrò quindi Liz: –Non preoccuparti. - disse, in tono rassicurante -Credo che potrò assisterti in questa ricerca. E poi, anche se non saresti stata ammessa a Grifondoro, anche le altre case hanno prodotto maghi di prim’ordine, davvero! Ci sono anche qualità meno evidenti che possono tornare utili…-

-Veramente, non sono sicura che Grifondoro fosse una casa con chissà che grandi pregi – lo interruppe Liz gelidamente, pensando a Snape –A me risulta che la migliore fosse Serpeverde. –

I ritratti mormorarono scandalizzati, tranne Phineas che esclamò felice:- Mi piace questa ragazza! Mi piace davvero!-

-Anche se è una mudblood?- chiese la strega con i boccoli argentati, sarcastica.

Phineas fece spallucce:- Nessuno è perfetto. -

Il ritratto di Albus annuì con aria sofferta:- Immagino che sia stato Voldemort a diffondere quest’idea di presunta superiorità. Ha sempre avuto il bisogno di denigrare ciò che non riusciva a capire e…-

-No, a dire il vero l’ho saputo da un certo Severus Snape. – ribatté Liz, che stava iniziando a trovare Albus sempre più supponente.

Tutti i presidi si animarono:

-Snape? Proprio lui?-

-E’ vivo? E’ qui?-

-Un grande preside, davvero ottimo!- annuì Phineas, soddisfatto.

Il ritratto di Albus fece cenno agli altri di tacere.

-Posso sapere per quale motivo tu sia entrata in contatto con Severus Snape?- domandò, sembrando contrariato.

-Lui ci ha addestrati!- si animò Liz –Ce la stavamo vedendo veramente brutta con i maghi, ma poi è arrivato lui e…

-Quindi Voldemort sa che Severus non è più un Mangiamorte?- la interruppe Albus.

-Sì sì, l’ha quasi ucciso ma…-

-Ma questo è inaccettabile!- esclamò il defunto preside.

-Infatti! – concordò Liz –Ma per fortuna è andata bene. Snape è scappato e adesso…-

Anche questa volta non riuscì a finire la frase, perché il ritratto borbottò: -Severus non avrebbe dovuto lasciare il suo posto. Doveva continuare a fare la spia, fino all’ultimo, e lasciare il comando a persone più meritevoli! Questo è quello che gli avevo ordinato. -

Liz sgranò gli occhi:- Più meritevoli? Ma che stai dicendo?-

Albus sospirò: -Il suo ruolo era molto delicato, e doveva restare nell’ombra, in attesa. Quando ho sentito che si era ritirato a vita privata sono stato molto, molto deluso da lui… e ora questo! Ha deliberatamente ignorato le mie disposizioni. -

-Si dà il caso- replicò la ragazza, incrociando le braccia sul petto –che Severus Snape sia la persona più in gamba che abbia mai incontrato. E poi… ma non lo sai che le spie sono le prime a lasciarci la pelle?-

Il ritratto annuì:- Alle volte, dei sacrifici sono necessari per il bene superiore. –

A Liz sembrò di vedere un freddo lampo calcolatore nello sguardo del vecchio.

Di colpo, non le sembrava più tanto rassicurante, anzi, lo trovava decisamente inquietante.

-Ma… sacrificati tu!- esclamò.

-Io ho già fatto il mio dovere- rispose Albus –In ogni caso, sono certo che Severus sarebbe onorato di unirsi a noi stimati presidi quando si immolerà per la causa…-

Liz non ci vedeva più dall’indignazione:- Immolarsi? No, senti nonno, noi non ci siamo proprio capiti. Severus uscirà di qui sano e salvo e…-

-Ti rendi conto che questo è estremamente improbabile? Perché non cerchi invece di anticipare le mosse di Voldemort e sfruttare questo vantaggio a tuo favore? Sai, del resto l’amore…-

Liz non la prese bene: dopo che ebbe edotto il quadro su dove, esattamente, potesse infilarsi il suo amore, fece per andarsene.

-La tua capacità di giudizio è obnubilata!- protestò Albus –Non riuscirai neanche a recuperare la spada senza il mio aiuto. –

Liz si fermò un attimo. Era vero, aveva bisogno di aiuto per raggiungere quella fantomatica spada.

-Tu! – disse, rivolta al ritratto di Phineas –Hai voglia di fare un giro fino alle serre?-

-Certo!-esclamò quello, allegro.

-Dov’è la tua cornice…?- Liz frugò tra i quadri finché non ne vide uno con una targhetta che recitava “Phineas Nigellus”.

Con un veloce incantesimo lo ridusse fino a fargli raggiungere le dimensioni di una tazzina da caffè, e se lo appuntò alla giacca come una spilla.

-Ci vedi bene? Ok, andiamo!- disse, e corse fuori dalla stanza.

I ritratti si guardarono tra loro, ammutoliti.

Albus Dumbledore appariva ancora sconvolto: -Non ce la farà mai. Mai!- esclamò infine.




Ciao Astry!
Grazie, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto!

A dire la verità non sono una grande fan di Star Trek, anche se millenni fa avevo visto parecchi degli episodi della serie originale (nutrendo una strana cotta per Spock. Ehm. Vabe’), però quella dei muri non credo di averla vista!
Sono contenta che ti sia piaciuto Lucius… è troppo puccioso vero? Anche Avery mi piace tanto… l’uomo che riesce a dire sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato… be’ almeno qui se ne sta zitto e se la cava! ;)
Draco però non uccide Greyback (tutto sommato, un Malfoy secondo me non si sporcherebbe tanto le mani), si limita a schiantarlo… anche perché è un ibrido, non lo rispetta!
Lo so, anche io alle volte mi sento un mostro per aver bellamente fatto fuori quasi tutti i personaggi (la McGranitt! Come ho potuto?! :’( Lei mi piace tanto!)… ma volevo che Snape dovesse trovarsi degli alleati inaspettati.
Grazie per i complimenti! Per il Snape da stupro, be’, nel prossimo capitolo vedrai, spero di avergli reso giustizia!
Alla prossima!!
 
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34 replies since 26/12/2010, 16:04   322 views
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