Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

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Natalie_S
view post Posted on 21/3/2011, 11:27 by: Natalie_S




Ah che bello che siamo in pari, anche io ti posso rispondere in contemporanea! :D

Davvero hai paura degli aerei? Ma no dai! A me fanno molta più paura le auto, specialmente di notte, con la nebbia e il ghiaccio per strada.
Sono contenta che Snape ti sia sembrato IC! Avevo paura di esagerare con la melassa, in effetti non è un genere in cui mi trovo molto a mio agio!
Snape sciupafemmine… seee, come no! Non me lo vedo proprio!
Sei pronta a tutto per il finale? Davvero a tutto tutto? :P
Vedrai!! Ahhaha come mi diverto a fare la sadica!
E poi devo “vendicarmi” delle lacrime che mi hai fatto versare per “incatenato alla morte”!
Alla prossima, ciaooo!!


CAPITOLO 14

Neville Longbottom osservò l’entrata del castello, preoccupato: perché ci mettevano così tanto?

Dietro di lui, i soldati fremevano: stavano faticando a resistere agli incantesimi anti-babbano.

Nonostante i suoi ordini fossero molto chiari (“Non muovetevi per nessun motivo!”), molti si agitavano impazienti, voltandosi continuamente come se desiderassero soltanto andarsene. Ogni tanto, qualche ufficiale tentava di convincerlo a tornare indietro, sicuro che il posto fosse sbagliato e che avessero dimenticato qualcosa di cruciale per la battaglia.

Neville si stava innervosendo: sapeva che non era colpa loro, ma di certo non aiutavano a sopportare la tensione del momento.

Le Sentinelle erano più disciplinate, per quanto visibilmente terrorizzate: loro riuscivano a vedere il castello in tutta la sua cupa maestosità.

-Signore- disse Knight, accanto a lui, esitante – Se Snape non dovesse riuscire ad aprire il cancello…-

-Certo che ci riuscirà. - lo interruppe Neville. Non voleva neanche considerare l’ipotesi contraria.

-Ma generale, sono dentro da molto tempo e…-

Venne interrotto da un fragoroso stridere metallico.

Neville vide Snape e Mc Diarmid che aprivano faticosamente il grande cancello di ferro, mentre Wilson appariva poco distante, intento a tenere a bada qualcosa alle loro spalle.

-Avanti! Knight, dai l’ordine a tutti di avanzare!- ordinò Neville.

L’esercito iniziò a fluire attraverso i cancelli: Neville osservò le jeep, i carri armati e molti soldati a piedi avanzare nel cortile verso l’entrata del castello.

Ogni veicolo era provvisto di incantesimi protettivi e le armi caricate a proiettili anti-scudo.

Venne raggiunto da Snape:- Voldemort aveva aumentato i controlli, siamo stati rallentati. Ora dobbiamo entrare il prima possibile! - spiegò questi.

L’insegnante appariva visibilmente preoccupato.

-Dove sono i Mangiamorte?- chiese Neville.

-Bloccati all’ingresso da uno scudo. Non reggerà ancora per molto. -

Neville cercò di pensare in fretta:-Togliamolo subito, e attacchiamo per primi. Cerchiamo di raggiungere il terzo piano. -

Tutto intorno a lui venivano impartiti ordini concitati: gran parte dei soldati si diresse verso le porte lignee della Sala di Ingresso, mentre le unità sui carri armati e sulle auto si disposero lungo il perimetro del cortile.

Carri armati a Hogwarts… sarebbe stato un pensiero orribile, se dentro quei mostri metallici non ci fossero stati i suoi uomini.

Per un istante si chiese che cosa diavolo stesse facendo: poi i Mangiamorte iniziarono a riversarsi contro di loro, e le maledizioni fioccarono tutto intorno.



Charles Monk era in attesa su uno degli aerei che sorvolavano Hogwarts, in attesa del segnale per paracadutarsi sul castello.

Nessuno doveva lanciarsi prima di aver ricevuto il via libera: altrimenti non sarebbero atterrati sul castello, ma avrebbero incontrato un blocco dato dagli incantesimi protettivi.

Guardò i soldati accanto a lui: sembravano tutti tremendamente giovani, pensò.

Uno di loro, magro e pallido sotto il casco, non dimostrava più di quindici anni, e dal colorito sembrava stesse per vomitare.

Sentiva il rumore dei molti velivoli, aerei e elicotteri, che sorvolavano l’area attorno a loro. Gran parte dell’esercito britannico era lì, quel giorno.

Se avessero fallito… meglio non pensarci.

I suoi pensieri vennero interrotti dal gracchiare della ricetrasmittente.

“Incantesimi spezzati… Dovete lanciarvi, adesso!” fece la voce di Knight.

Monk fece un cenno al pilota e il portellone si aprì: uno dopo l’altro, i soldati si lanciarono di sotto.

Infine, si buttò anche Monk.

L’impatto con il vento gelido lo fece sussultare: per qualche istante video soltanto un blocco compatto di nuvole, poi si delinearono i profili di guglie, mura e torri.

Perfetto: era quello il loro obiettivo. Dovevamo posizionarsi sulle quattro torri del castello.

Sotto di lui, vide molti paracaduti bianchi aprirsi; aprì anche il proprio e sentì il familiare strattone che rallentava la caduta.

Stava direzionandosi verso la torre nord quando un urlo lo fece voltare bruscamente: una creatura spaventosa, simile a un grande cavallo scheletrico con ali da pipistrello, aveva attaccato uno dei soldati, e stava strappando brandelli di stoffa e carne dal suo torace.

Che razza di mostro era quello?

Tirò fuori la pistola anti-scudo e sparò qualche colpo verso la creatura, che mollò la presa sul malcapitato paracadutista.

Troppo tardi, probabilmente: Monk vide che la testa gli ricadeva sul petto con un angolo innaturale mentre precipitava a terra come una bambola di pezza.

Intanto, altri cavalli scheletrici stavano attaccando i soldati, strappando i paracadute e mordendo tutto ciò che trovavano.

Molti spari gli sibilarono accanto alle orecchie, mentre cercava di tenere a bada gli assalitori a colpi di pistola e schiantesimo. Gli incantesimi però sembravano soltanto scalfire la loro corazza, senza provocare grossi danni.

Guardò giù: la torre non era più molto lontana… solo pochi metri e l’avrebbe raggiunta…

Accanto a lui, si trovava il soldato quindicenne che si era lanciato dal suo aereo: sembrava disorientato e sotto shock, si guardava intorno senza capire.

Fece per dirgli di atterrare sulla torre nord, ma uno dei cavalli lo attaccò alle spalle, artigliandolo alla schiena e distruggendo il paracadute.

La pistola gli cadde; il cavallo lo azzannò al braccio, impedendogli di raggiungere la bacchetta.

-Sparagli!- ordinò al soldato.

-Qui non c’è niente!- strillò il ragazzo, sempre più pallido e tremante- Io… non… non lo vedo!-

Come era possibile che non vedesse un enorme cavallo alato?

-Quello sopra di me!- gridò Monk, esasperato e in preda al dolore per i colpi della creatura.

-Che cosa..?- il ragazzo si voltò qua e là freneticamente – Io non capisco, qui non c’è niente!!!- urlò.

O il ragazzo era disturbato, o davvero non riusciva a vedere il mostro: Monk decise di affidarsi alla seconda ipotesi.

Con la mano sinistra fece scattare i fermargli che lo ancoravano al paracadute: la stoffa si staccò dalla sua schiena e andò a colpire il cavallo, delineando la sua silhouette attraverso la stoffa.

Il soldato sgranò gli occhi: evidentemente ora riusciva a vederlo!

Prese la mira e sparò tre colpi che presero il cavallo al centro del muso, tra gli occhi.

La creatura mollò la presa sul braccio di Monk che, privo del paracadute, cadde a peso morto sul tetto della torre: scivolò verso il basso non riuscendo ad afferrare né una tegola né un qualsiasi spuntone.

Quando cadde giù dal tetto, un braccio lo afferrò e lo aiutò ad issarsi all’interno della torre.

Una volta al sicuro, vide che un gruppo di soldati, tra cui il quindicenne, erano riusciti ad entrare e stavano sistemando le mitragliatrici.

Erano dentro.



Liz corse giù per il corridoio del sotterraneo.

Poco dopo l’arrivo dei Mangiamorte si era trovata separata dai suoi compagni, ed era stata spinta verso l’entrata dei sotterranei; purtroppo si rese presto conto che non era lo stesso corridoio dove si trovavano le cucine.

Vide diversi corridoi aprirsi davanti a lei: ne prese uno a caso, poi svoltò in un altro, poi in un altro ancora.

Sentì dei rumori di passi dietro di sé, e si acquattò dietro una colonna; il Mangiamorte la superò.

-Sectumsempra!- gridò lei da dietro la colonna: la fattura colpì l’avversario sulla mano, recidendo le dita che tenevano la bacchetta.

Il mago fece per avventarsi su Liz, ma lei gli tirò una ginocchiata nello stomaco e, estratta la pistola, con il calcio dell’arma lo colpì sulla nuca: l’uomo si accasciò esanime.

-Incarcerous!- disse e, dopo che le funi invisibili ebbero immobilizzato il Mangiamorte, aprì una porta a caso e lo spinse dentro una stanza vuota. Per buona misura, con un veloce incantesimo gli cicatrizzò i moncherini delle dita: meglio che non si dissanguasse e riempisse la stanza di sangue, rivelando la propria presenza.

Raccolse la bacchetta del Mangiamorte e se la infilò in tasca.

Si guardò intorno: non aveva idea di dove si trovasse né come tornare all’ingresso. Soprattutto, non sapeva dove si trovavano Snape e gli altri, e se fossero riusciti ad aprire il cancello.

Si incamminò per un corridoio, cercando di ripercorrere la strada che aveva fatto all’inizio, ma presto si rese conto che, anziché uscire dai sotterranei, stava addentrandovisi ancora più in profondità.

Voltò infine in un corridoio dove si aprivano una serie di celle con delle sbarre: decisamente non era passata di lì prima.

Era completamente persa.

-Merda!- esclamò, tirando un calcio contro una sbarra per la frustrazione.

-Chi c’è lì?!- chiamò una voce, con un’evidente sfumatura di panico. Veniva da una delle celle.

Liz si avvicinò circospetta, con la bacchetta spianata, e dal buio vide emergere un uomo biondo, piuttosto alto, con la fronte stempiata.

-Chi sei?- le domandò, andando più vicino alle sbarre. Aveva l’accento strascicato della Upper Class.

-Non ti avvicinare!- gli intimò Liz, facendo un passo indietro.

Lo sconosciuto le mostrò le mani:-Calma, calma, non ho neanche la bacchetta!-

Liz lo osservò meglio: era vestito in modo elegante, notò, ma era pallido e emaciato, e aveva l’aria di essere stato lasciato nella cella per molto tempo. Una parte del suo viso era completamente pesta.

Si udì un rumore lontano di passi, oggetti che cadevano, scoppi, molti piani al di sopra di dove si trovavano.

-Sei una di loro, vero? Una mudblood. Avete davvero attaccato Hogwarts!- il mago scosse la testa – Incredibile. -

-Tu che ci fai qui sotto?- domandò Liz –Perché non sei a difendere il castello come tutti gli altri maghi?-

-Be’, come puoi immaginare non sono nelle grazie del Signore Oscuro in questo momento. Sono in attesa che decida cosa fare di me, e non credo che sia qualcosa di piacevole. –

Liz non lo invidiava.

-E tu perché sei tutta sola?- interloquì ancora lo sconosciuto –Ti sei persa nei sotterranei, vero?-

-Ora devo andare- rispose lei, nervosa. Non era il caso che il tizio capisse che era in difficoltà.

Il mago allungò una mano oltre le sbarre e le afferrò il braccio:- Aspetta! Fammi uscire! Se rimango qui sono spacciato, chiunque arrivi!-

Liz si divincolò e gli puntò contro la bacchetta:- Giù le mani!-

-Ti prego!- la implorò il tizio – Non lasciarmi qui a morire. Ho un figlio piccolo- aggiunse, cercando qualcosa nelle tasche-… ho una sua foto, guarda…-

-Senti, mi dispiace, davvero, ma io…- iniziò Liz, a disagio.

Santo cielo, che situazione!

-Se mi fai uscire di qui ti guiderò fuori dai sotterranei – propose lui, febbrile – e ti mostrerò un’uscita dal castello che nessun altro conosce.-

Liz esitò.

Quei sotterranei erano un labirinto, e dubitava di riuscire a trovare l’uscita da sola in tempi brevi. Inoltre un’uscita di emergenza poteva fare veramente comodo a tutti.

D’altra parte non si fidava di quel tipo. Avrebbe potuto approfittare di un suo momento di distrazione, attaccarla e rubarle la bacchetta.

Lo squadrò ancora una volta: non era ridotto tanto bene. Sembrava debole e provato… forse non era così pericoloso.

-Pensaci un attimo- la esortò il mago –in questo momento non ho più interesse di te nell’aiutare il Signore Oscuro. Voglio solo mettere al sicuro la mia famiglia… non mi importa di nient’altro. -

Liz prese la sua decisione:- Ok. Ti faccio uscire. - disse – Ma dal momento in cui apro questa cella, tu fai esattamente quello che ti dico, chiaro? Se fai una mossa falsa ti sparo. –

Il mago annuì:-Chiarissimo!-

La ragazza estrasse la bacchetta:- Alohomora!- .

La porta non si aprì.

-Dovresti cercare il controincantesimo. - suggerì il tizio –prova con “Finite” o “Finitus incantatem” o…-

-Sta’ indietro!- gli intimò Liz.

Estrasse la pistola e fece fuoco due volte contro il lucchetto, che si infranse aprendo la porta.

-Be’, anche questo è un buon metodo. - concesse il mago, in tono ragionevole.



Voldemort sedeva alla scrivania nell’ex ufficio del Preside, dove da anni aveva stabilito le sue stanze personali.

Era stato un bel momento, quando per la prima volta aveva preso possesso dell’ufficio: la pesante scrivania lignea, i delicati strumenti d’argento che erano stati di Dumbledore (inutili, aveva presto scoperto. Tipico del vecchio, tanta scena e poca sostanza!), i raffinati alloggi riservati al preside.

Snape sembrava non aver toccato quasi nulla in quelle stanze nel periodo in cui aveva diretto la scuola: in ogni dettaglio si vedeva lo stile di Albus Dumbledore.

Voldemort aveva persino avuto il dubbio che il suo seguace avesse dormito per anni nel suo ex alloggio nei sotterranei.

Severus Snape era uno sciocco, pensò.

Ma uno sciocco che gli stava dando più problemi del previsto.

Aveva guidato i suoi patetici bambocci babbani fin dentro al castello… che impudenza! Davvero, non credeva che si sarebbe spinto a tanto. Lo aveva sottovalutato.

Era ora di finirla con questa pantomima, pensò Voldemort, avvicinandosi a uno degli armadi che un tempo aveva contenuto il pensatoio di Dumbledore.

Ora, aprendo lo sportello, rivelò un modellino di Hogwarts, preciso in ogni minimo dettaglio, dal più piccolo dei quadri alla più insignificante delle armature.

L’idea gli era venuta dalla “Mappa del Malandrino” che aveva trovato addosso a Potter, tanto tempo prima.

L’idea di conoscere il castello nei suoi più intimi anfratti l’aveva affascinato: voleva conoscere tutti i suoi segreti, la sua potente magia nascosta, i suoi astuti trabocchetti.

Ma conoscere, per il solo amore della conoscenza, non faceva certo per lui: a che gli serviva osservare e basta?

Il castello era suo. Voleva il controllo.

E così era nato il suo modellino: al suo interno, ora vedeva muoversi diverse luci pulsanti, con un piccolo nome scritto alla base, che rappresentavano le persone all’interno di Hogwarts.

Ogni tanto qualche luce si spegneva: un caduto.

Si concentrò sul terzo piano, dove vide una piccola luce verdastra con il nome “Severus Snape”.

Ora, doppiogiochista da strapazzo… A proposito del controllo.
 
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