Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

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Natalie_S
view post Posted on 14/3/2011, 09:58 by: Natalie_S




CAPITOLO 12

Liz si trovava nel laboratorio dell’Accademia, intenta nel tentare la preparazione di una pozione che rigenerava i tessuti della pelle. Era un articolo di cui c’era sempre un estremo bisogno, e i farmacisti non facevano altro che produrne.

Questa volta, voleva tentare l’aggiunta di un conservante, e vedere per quanto tempo sarebbe durata.

Versò nel composto qualche granello di acido sorbico. La pozione diede uno sbuffo viola e cominciò a ribollire violentemente.

Liz fece prudentemente un passo indietro: non si aspettava quella reazione.

Probabilmente avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo… merda!

In quel momento Longbottom entrò nella stanza.

-Hai visto Snape?- chiese.

-E’ uscito qualche ora fa.- rispose Liz- Vuole lasciar detto a me?-

-No, no, aspetterò che domani… -

Longbottom non fece in tempo a finire la frase, perché fu interrotto da un acuto “Crack!”

Al centro della stanza apparvero due figure: una di queste era un essere alto circa un metro, con grandi occhi scuri e orecchie simili a quelle di un pipistrello.

Liz lo guardò meravigliata. Che diavolo era?

Poi si rese conto che accanto alla creature c’era un uomo: colpita da un cattivo presentimento, si inginocchiò e lo voltò per vederne il viso.

Era Snape.

Liz urlò, terrorizzata: la parte anteriore della sua veste era completamente zuppa di sangue, che sgorgava dal volto, il collo, e le braccia. Sembrava incosciente.

“No, ti prego, ti prego, no…” pensò la ragazza, non riuscendo ad articolare un pensiero più definito.

-E’ vivo?- chiese Longbottom, ansioso – Respira?-

-Non…. Non lo so! Io… - balbettò Liz, in preda allo shock.

-Controllo io- la interruppe risoluta la strana creatura che era apparsa insieme al mago, facendola spostare con uno spintone.

Appoggiò una piccola mano sul collo di Snape e si chinò per ascoltarne il respiro.

-C’è battito, ma non sta respirando- sentenziò – Generale, io credo che è stato colpito da un’Avada di una maga…-

L’essere aveva uno strano accento, simile a quello mediorientale.

Liz aprì la veste di Snape sul davanti, e riconobbe l’oggetto pulsante che ricopriva il suo petto: -Ha il giubbetto! – esclamò – Dobbiamo toglierglielo.-

Armeggiò con le chiusure e i ganci, e finalmente, dopo qualche secondo che le parve interminabile, riuscì ad aprirlo: non appena ebbe allentato la pressione sul suo petto, Snape ebbe un sussultò, tossì e finalmente ricominciò a respirare normalmente.

Liz sospirò di sollievo, e si rese conto che Longbottom aveva fatto lo stesso.

-Shamir- disse questi, rivolto all’essere – Ti ha visto qualcuno, a Hogwarts?-

La creatura scosse la testa:- No, l’ho portato via prima che potessero notarmi. Sono stato prudente.-

Il generale annuì, sollevato:-Va’ a chiamare Donaldson, dobbiamo farlo medicare subito- ordinò.

-Sissignore- rispose l’altro, e sparì con un sonoro “Crack!”.

-Che è successo…?- domandò Liz, sorreggendo la testa del ferito –Ti hanno attaccato, erano a casa tua…?-

Snape tentò di parlare senza successo e tossì ancora.

-No… Voldemort… Hogwarts…- articolò con fatica –Ascolta… c’è una spia, qui dentro…-

-Cosa?!- esclamò Longbottom.

Liz aprì la bocca, senza riuscire a emettere alcun suono.

-E’ Garreth… Robert Garreth… è un Mangiamorte…- disse Snape – dovete… fermarlo, subito…-

In quel momento arrivò Donaldson, seguito da due infermieri che portavano una barella:- Dobbiamo portarlo in infermeria… togliti, largo… Generale, devo chiedere anche a lei di spostarsi.- aggiunse, rivolto a Longbottom.

Non poteva crederci… Garreth? Quel Garreth? Il ragazzo che sembrava imbarazzato persino dalla sua stessa ombra?

Eppure doveva essere così. Snape non avrebbe formulato un’accusa del genere se non ne fosse stato più che sicuro.

Allora era tutta colpa di Robert, pensò Liz, era tutta colpa sua se Snape era ridotto così… se aveva rischiato di essere ucciso da Voldemort… quel ragazzino infame li aveva traditi tutti…

Vide Donaldson che applicava la mascherina dell’ossigeno sul viso di Snape: osservò i tagli sulle sue guance e si sentì invadere da una rabbia incontrollabile.

-Io lo ammazzo- disse, piano – Io quello lo ammazzo…- ripeté, dirigendosi fuori dalla porta del laboratorio.

-Mills, dove vai?- la chiamò Longbottom, ma lei lo ignorò.

-Resta qui, è un ordine- disse, afferrandola per un braccio: Liz si divincolò con uno strattone e corse fuori.

Percorse il corridoio e uscì nel cortile: Robert era lì, che parlava con Wilson.

Alzò lo sguardo su di lei: gli bastò un’occhiata per capire che sapeva. Indietreggiò e portò la mano alla tasca, dove teneva la bacchetta.

Liz gli si avventò contro, a testa bassa, cercando di buttarlo a terra.

Non pensò neanche a un modo più efficace di combatterlo: in quel momento riusciva solo a percepire il desiderio di fargli del male fisico.

-Liz, ma che fai?- esclamò Wilson, sorpreso.

Longbottom arrivò nel cortile e ordinò: -Divideteli! Prendete Garreth, non lasciatelo scappare!-

In quel momento, Robert si liberò dalla presa di Liz dandole una ginocchiata nello stomaco: estrasse la bacchetta e, vedendo alcuni soldati che gli si avvicinavano, gridò: -Protego!-

Una bolla traslucida, simile a quella usata nei duelli, lo avvolse: per un istante apparve sollevato, ma poi si rese conto di aver involontariamente incluso anche Liz nella sfera protettiva.

Non poteva andarsene prima di averla eliminata.

-Stupeficium!- esclamò, ma la ragazza schivò l’incantesimo, e indietreggiò.

-Sectumsempra!- gridò lei, ma la fattura venne parata.

Passata la prima, bruciante ondata di rabbia, Liz si rese conto che aveva sottovaluto Garreth: si era gettata contro di lui dando per scontato che non avrebbe avuto grandi difficoltà a farlo fuori, ma ora capiva che, nonostante la giovane età, lui con ogni probabilità aveva ricevuto una vera educazione magica da parte dei seguaci di Voldemort.

Ecco perché era così bravo, pensò.

Come se le avesse letto nel pensiero, Robert fece un sorriso più simile a una smorfia, e scagliò un incantesimo che lei riuscì a evitare.

Fece qualche ulteriore passo all’indietro. Presto avrebbe raggiunto il muro del cortile.

Doveva evitare il contatto visivo, pensò: sicuramente lui stava usando la Legilimanzia per prevedere i suoi colpi. Distolse lo sguardo.

-Ah, ma che brava, ci sei arrivata finalmente!- la derise Garreth.

Dio, quanto odiava quella voce! Ma doveva cercare di controllarsi, o non ne sarebbe uscita viva.

Da fuori, sentì Longbottom ordinare di distruggere la sfera protettiva.

-Non ci riesco signore!- esclamò qualcuno, Wilson, forse.

-Diffindo!- disse lui: questa volta Liz non fu così veloce a spostarsi, e la fattura la colpì alla gamba, aprendole un profondo taglio.

Al di fuori della bolla, Neville tirò fuori la pistola anti-scudo e mirò verso Garreth: era troppo vicino a Liz, e l’effetto traslucido gli impediva di vedere bene il bersaglio. Avrebbe rischiato di sparare alla ragazza.

Liz urlò: - Confringo!- ma Robert parò l’incantesimo.

-Sai, sono quasi contento che mi abbiate scoperto. - disse -Almeno non dovrò più vivere in mezzo a questa feccia. Certo, il Signore Oscuro mi ha dato un compito di grande importanza… ma non uno dei più piacevoli. E’ stato disgustoso, in effetti…-

Liz si disse di stare calma: faceva solo il suo gioco se si lasciava irritare.

-Impedimenta!- provò, ma anche questo incantesimo venne facilmente parato.

Era molto difficile cercare di colpire l’avversario senza poterlo guardare.

-Il piccolo genietto delle pozioni è in difficoltà eh? – la derise Garreth – Ora non c’è il professor Snape a difenderti.- fece un passo in avanti, e Liz uno indietro -A quest’ora il Signore Oscuro l’avrà ucciso. A proposito, mi sono sempre chiesto cosa tu abbia fatto per convincerlo ad aiutarvi. Te lo sei scopato? E’ quello che dicono tutti. Che coraggio!- sogghignò.

Stava solo cercando di provocarla, pensò Liz. Ma doveva cercare di non guardarlo, e di mantenere il controllo.

-Expulso!- tentò, ma anche questa volta Garreth schivò l’incantesimo.

Questi lanciò un incantesimo non verbale che produsse una violenta fiammata: Liz si gettò di lato, ma venne colpita alla mano sinistra. Si lasciò sfuggire un lamento.

-Ahi, poverina – esclamò Robert, facendole il verso – ma questo è niente. Il Signore Oscuro ha dei supplizi che neanche ti immagini. Ha anche una Mangiamorte specializzata in torture… conosce tutti i modi per provocare le sofferenze più atroci… sai, credo che sarà stata lei a occuparsi del tuo prezioso Snape e…-

-Crucio!- lo interruppe Liz, furiosa, scagliando l’incantesimo con tutte le sue forze.

Questa volta lo prese in pieno: Robert cadde a terra, si contorse e gridò come in preda a un dolore indicibile.

Una Cruciatus da manuale.

Liz ne approfittò per colpire la mano destra dell’avversario con un calcio, facendogli perdere la bacchetta e mandandola lontano.

Prima che potesse colpirlo con un incantesimo, però, Robert la afferrò all’altezza delle ginocchia, e la fece cadere violentemente contro una vetrata che separava il cortile dall’interno dell’edificio.

La vetrata si ruppe sotto il suo peso, e Liz cadde a terra e perse la bacchetta, mentre alcune schegge le si conficcavano dolorosamente nella schiena.

In un attimo Robert fu sopra di lei, stringendole la gola e tentando di soffocarla.

Il braccio sinistro di Liz era immobilizzato, ma mosse a tentoni il destro, cercando la bacchetta. Niente: al tatto sentiva soltanto schegge di vetro.

Robert continuava a stringerla alla gola, impedendole di respirare.

Doveva ritrovare la bacchetta… non avrebbe resistito ancora a lungo… la sua mano trovò un pezzo di vetro lungo e affilato.

Il viso di Garreth era paonazzo e i suoi occhi animati da una luce febbrile: - Dai, muori, che aspetti…- sussurrò ferocemente- così potrò tornare a casa… muori…-

Liz afferrò il pezzo di vetro e, con tutta la forza della disperazione, lo conficcò tra le scapole di Robert.

Questi spalancò gli occhi: per un attimo rimase immobile, continuando a stringerla. Poi dalla sua bocca uscì un rivolo di sangue e la presa sulla gola di Liz si allentò. La bolla che li avvolgeva si dissolse: dopo pochi secondi sentì che il peso del corpo di Robert veniva spostato e udì il rumore di uno sparo. Era finita.



Snape osservò il proprio petto nello specchio del bagno dell’infermeria: aveva un grosso livido violaceo che gli copriva la cassa toracica, e un taglio che il dittamo aveva già fatto rimarginare, ma per il resto stava piuttosto bene.

Il suo giubbetto anti-kedavra, uno prototipo a cui aveva apportato della significative migliorie, aveva funzionato anche meglio di quanto si sarebbe aspettato. Peccato che fosse andato quasi completamente distrutto… evidentemente era un prodotto usa e getta. Che spreco!

Abbassò la maglietta (che gli era stata data insieme ad altri vestiti babbani, visto lo stato non recuperabile della sua veste) ed uscì dal bagno.

Quando il dottor Donaldson gli aveva detto che Liz aveva aggredito Robert Garreth da sola e aveva rischiato di essere uccisa da lui, si era molto arrabbiato: Merlino, ma si poteva essere più sconsiderati?

Aveva avuto una breve visione di lei che entrava nella stanza adiacente alla sua per farsi medicare le ferite che aveva riportato nel duello.

Secondo Donaldson, l’aver dovuto farsi estrarre decine di frammenti di vetro che le si erano piantati nella schiena era una punizione sufficiente per la sua indisciplina.

Anche Longbottom doveva essere dello stesso avviso, visto che non aveva preso provvedimenti nei suoi confronti.

Il dottore aprì la porta e fece entrare Liz: aveva entrambe le mani bendate, e qualche cerotto sulla nuca e sulle braccia, ma non sembrava aver riportato gravi ferite.

-Come va?- lo salutò imbarazzata, alzando una mano fasciata e andandosi a sedere a gambe incrociate su una delle brande libere.

-Come va?!- la scimmiottò Snape, irritato –Be’, diciamo che andrebbe decisamente meglio se non avessi saputo della tua bravata…-

-Senti, ero sconvolta! Tu non immagini cosa è stato…-

-Ma certo che lo immagino!- la interruppe Snape –Capisco che gli hai addossato la colpa delle morti di tutti i tuoi compagni in questi anni, visto che il suo tradimento li ha praticamente consegnati ai Mangiamorte in molte occasioni, ma tuttavia…-

Liz sembrò interdetta, come se quel pensiero non l’avesse neanche sfiorata, ma prima che potesse rispondere la porta si riaprì e entrò Longbottom, seguito da un elfo domestico.

Ma certo, comprese Snape: ecco come si era smaterializzato fuori da Hogwarts. La magia degli elfi era diversa da quella dei maghi e quindi non erano soggetti agli incantesimi anti-materializzazione.

Ma perché un elfo domestico di Hogwarts avrebbe dovuto salvarlo?

Liz fissò il nuovo arrivato apertamente: evidentemente non ne aveva mai visto uno in vita sua ed era molto incuriosita.

Longbottom prese una sedia e si accomodò davanti alla branda di Snape.

-Allora- esordì – vuoi fare rapporto su quello che è successo a Hogwarts?-

Snape si stizzì:-No, non ho alcuna intenzione di “fare rapporto”, come dite voi, perché, fino a prova contraria, non sono uno dei tuoi soldatini. –

Neville sospirò:- Saresti così gentile, per favore, da raccontarci cosa è successo durante il tuo incontro con Voldemort?- domandò, in tono paziente.

-Il Signore Oscuro ha destituito Malfoy dalla carica di Ministro della Difesa, assegnandola a Travers. Poi ha annunciato che aveva scoperto che ero coinvolto con la nuova abilità nella magia dei nati babbani, e ha ordinato a Bellatrix di uccidermi. Lei mi ha lanciato l’anatema che uccide, che è stato brillantemente parato dal mio giubbetto, poi mi sono ritrovato qui.- riassunse Snape.

-Questo non spiega come mai fossi coperto di sangue!- obiettò Liz.

-Mills, sono io che faccio le domande!- la rimbrottò Longbottom, per poi tornare a rivolgersi a Snape –Comunque, questo non spiega come mai fossi coperto di sangue. -

Che pantomima, pensò Snape alzando gli occhi al cielo.

-Conosci Bellatrix. - rispose semplicemente.

Liz rabbrividì.

Snape osservò l’elfo domestico che accompagnava Neville: in effetti, appariva un po’ diverso dalla maggior parte dei suoi simili.

Nonostante la piccola stazza sembrava piuttosto solido, persino muscoloso; probabilmente l’effetto era enfatizzato dal suo portamento, che era eretto e marziale, a differenza di quello di tutti gli elfi che aveva visto fin a quel momento, che apparivano sempre dimessi e un po’ ingobbiti.

-Vedo che hai fatto la conoscenza del nostro infiltrato ad Hogwarts!- disse Neville, evidentemente fiero dell’operazione di spionaggio.

-I servizi segreti inglesi sono riusciti a mettere una spia nella dimora stessa del Signore Oscuro?- domandò Snape incredulo.

-Esatto!- esclamò Longbottom –Credevi che in vent’anni non avessimo fatto nessun progresso?-

L’elfo si schiarì la voce – Ehm, ehm…-

Longbottom apparve lievemente imbarazzato:- In effetti, non sono proprio i nostri servizi segreti…-

-Shamir Tal, Mossad – si presentò l’elfo, porgendogli la mano.

Snape la strinse meccanicamente, interdetto.

Anche Liz si affrettò a stringere la piccola mano, evidentemente deliziata all’idea di fare la conoscenza di un elfo, per di più appartenente ai servizi segreti israeliani.

-Fatemi capire- disse Snape – il Mossad assume elfi domestici?-

-Certo!- si indignò Shamir – Comunque noi preferiamo l’espressione “maghi di origine elfica”.- precisò.

-Ma… non siete vincolati al vostro padrone?- interloquì Snape, notando troppo tardi l’espressione di Longbottom, che gli lanciava occhiatacce.

-Padrone…?!- si offese l’elfo –Noi serviamo soltanto la patria!-

-Sono statalizzati – spiegò Longbottom – i contribuenti israeliani pagano il loro stipendio con le tasse, e in questo modo loro sono legati solo allo Stato. La battaglia per i diritti degli elfi è un tema piuttosto delicato in molte parti del mondo – aggiunse, in tono significativo.

-Merlino, ma… sono l’esercito perfetto!- esclamò Snape.

Mentre Shamir parlava con Liz, sinceramente interessata, spiegandole come funzionava il sistema tributario israeliano e come mai fosse, secondo lui, di gran lunga superiore a quello inglese, Snape si rivolse a Neville.

-Credevo che i governi degli altri paesi non ci potessero aiutare- disse.

Neville annuì: -In effetti, nessun altro l’ha fatto. Ma loro hanno i migliori servizi segreti del mondo, e per qualche motivo vogliono tenere d’occhio Voldemort. – raccontò –Infiltrare Shamir è stata un’operazione molto delicata e, ovviamente, segretissima. Soltanto io ne ero al corrente.-

-E come sapeva che avrebbe dovuto salvarmi?- domandò Snape.

Neville ebbe il buon gusto di mostrarsi a disagio: - Gli avevo chiesto di tenerti d’occhio, e controllare che non trovassi il modo di passare informazioni a Voldemort… sai com’è. -

Snape si limitò a guardarlo male, in fondo non poteva dargli torto.

-Ma può andare e venire da Hogwarts in qualsiasi momento?- chiese.

-Per adesso sì, a quanto pare gli incantesimi di Voldemort non tengono conto della magia degli elfi. Naturalmente esce solo in situazioni di emergenza, come questa, non si sa mai!-

-Voldemort non considera gli elfi, e questo è un vantaggio per noi. – disse Shamir, che aveva finito con la complicata spiegazione – Anche i quadri parlano tra di loro e nessuno nota un elfo che fa le pulizie- scosse la testa, indignato -Dicono che attaccheranno i babbani. Presto, tra poche settimane. Voldemort riunirà tutti, maghi, lupi mannari, giganti e attaccherà in forze Londra. Vogliono spazzarvi via una volta per tutte.-

-Oddio…- mormorò Liz, terrificata.

-Non credo che potremmo resistere a un attacco del genere – commentò amaramente Snape.

-No, infatti. – concordò Longbottom –E’ per questo che dobbiamo attaccare noi per primi. –

Snape si voltò, stupito: -Che cosa?-

Neville alzò lo sguardo: - Non abbiamo scelta. Possiamo solo puntare sull’effetto sorpresa. Dobbiamo organizzarci e, il più presto possibile, attaccare Hogwarts.-

CAPITOLO 13

Snape ricontrollò l’ultimo calderone di pozione rimpolpa-sangue che aveva preparato per gli infermieri che si sarebbero appostati fuori Hogwarts per soccorrere i feriti.

Liz, dopo aver dichiarato che sicuramente non sarebbe riuscita a chiudere occhio, aveva finito con l’appisolarsi esausta sulla sedia, in attesa che la sua pozione si raffreddasse.

Era l’ultima notte prima della partenza per la Scozia dove, la notte successiva, avrebbero attaccato Voldemort nel suo castello.

Poco più di una settimana e mezza era passata da quando era sfuggito a Voldemort, e in quei pochi giorni Longbottom aveva organizzato un attacco in piena regola, cercando di immaginare gli incantesimi protettivi di Hogwarts e il modo di eluderli.

Ci sarebbero state varie offensive: un piccolo gruppo sarebbe penetrato per primo all’interno del castello, grazie a Shamir, e avrebbe aperto il cancello per gli altri. Ai tempi della scuola, infatti, era sul cancello che si concentravano gli incantesimi di difesa, e Snape era abbastanza sicuro che Voldemort non avesse cambiato questa impostazione.

Altri avrebbero attaccato via aria e altri ancora dall’acqua, risalendo il fiume sotterraneo che alimentava il Lago Nero.

Anche se Hogwarts era invisibile e indisegnabile, avevano a disposizione delle dettagliate cartine militari dei dintorni, e questo fiume sembrava scomparire proprio in corrispondenza del castello.

Per evitare il tilt delle apparecchiature elettroniche in presenza della forte aura magica della zona, era stato recuperato nel museo navale un vecchio sottomarino risalente alla prima guerra mondiale, quasi completamente meccanico.

L’idea, piuttosto ingegnosa in effetti, era stata di Cillian Archer, l’amico di Liz, che avrebbe guidato la spedizione via fiume.

Ogni truppa babbana doveva essere accompagnata da almeno una Sentinella, che li guidasse attraverso gli incantesimi repelli-babbano.

Il primo gruppo invece, quello che avrebbe aperto il cancello, sarebbe stato composto di soli maghi e lui, naturalmente, ne avrebbe fatto parte, così come Liz.

Quella ragazza si stava comportando in modo strano ultimamente.

Secondo lui non avrebbe dovuto trovarsi lì in quel momento, per esempio.

Per quanto apprezzasse il suo aiuto e fosse felice della sua presenza, non voleva che stesse lì tutta la notte a preparare pozioni.

Il giorno dopo ci sarebbe stata una battaglia terribile: era il genere di serata da passare con gli amici, i familiari, le persone che le volevano bene.

Quando l’aveva esortata a farlo, lei si era limitata a scoccargli un’occhiata molto offesa, e a rispondere gelidamente che stava bene dov’era.

Ah be’, contenta lei. Lui voleva soltanto essere gentile.

Probabilmente era un po’ scombussolata: quella sera aveva chiamato i suoi genitori al telefono, per salutarli, ma non aveva avuto il coraggio di dire loro del pericolo mortale in cui si sarebbe trovata il giorno seguente.

A che scopo farli preoccupare, dopotutto.

Snape andò verso il muro, dove era appeso un ritratto.

-Ciao, mamma- disse.

-Severus.- lo salutò il dipinto.

-Domani mattina attaccheremo Hogwarts.- la informò.

La strega nel quadro lo osservò perplessa: - E perché mai dovresti attaccare la scuola dove lavori?- obiettò.

-No, io non lavoro più lì da molti anni- rispose Snape. Non era la prima volta che il ritratto di sua madre faceva confusione con le date. Lui immaginava che fosse normale, quando si passava tutta l’eternità appesi a un muro.

-Adesso è la dimora di Lord Voldemort. Potremmo morire tutti, domani notte. -

-Ah, ma non dire sciocchezze!- sbottò il dipinto.

Snape si accigliò: -Non è affatto una sciocchezza, Voldemort è un pericoloso mago oscuro e…-

-Sono anni che mi parli di questo Voldemort che potrebbe ucciderti- lo interruppe il ritratto – Però sei ancora qui, no?-

Snape sospirò. Parlare con sua madre era impossibile.



Cillian si avvicinò a Chandra Sharma, che era da sola nel cortile con una delle lattine di birra che erano state gentilmente offerta a tutti come conforto pre-battaglia.

L’aveva intravista nei mesi precedenti perché era nella stessa unità di Liz, ma nel corso dell’ultima settimana l’aveva frequentata un po’ di più perché era una delle Sentinelle che avrebbe raggiunto Hogwarts via fiume con la sua unità.

Era una ragazza molto bella, non poté fare a meno di pensare Cillian, ed era anche simpatica; era rimasta piuttosto sconvolta dalla notizia del tradimento di Robert Garreth, perché i due erano nella stessa unità da diversi anni e lei l’aveva sempre considerato un amico.

-Ciao- la salutò –Pronta per partire?-

Il gruppo che avrebbe attaccato via sottomarino doveva partire qualche ora prima degli altri, in quanto avrebbero dovuto raggiungere il fiume alla foce, nel mare del Nord.

-Eh, insomma…- rispose Chandra, non molto entusiasta.

-Sai dov’è Liz?- domandò Cillian – Volevo salutarla prima di andare. -

Chandra si strinse nelle spalle:- Non l’ho vista in giro. Prova a guardare nel laboratorio, ho visto il professor Snape da quelle parti. - suggerì.

Nonostante non sembrasse il momento più adatto, Cillian si sedette accanto a lei e decise di porle una domanda che lo incuriosiva da un po’ di tempo.

-Senti – esordì, un po’ imbarazzato –ma tu sai… ehm, ma Liz e Snape… sono… una –rabbrividì – coppia?-

Chandra sembrò divertita:- Ah, ma è la domanda da un milione di sterline, no? Ce lo chiediamo tutti. Gary Townshend aveva perfino iniziato a raccogliere delle scommesse. –sorrise malinconicamente – Nessuno lo sa… secondo me neanche loro. -

-E’ solo che sembra così assurdo. Insomma, lui è… vecchio!- esclamò Cillian, scandalizzato.

-Non è così vecchio come sembra. Ho sentito dire da Longbottom che ha cinquantasei anni, mal portati. E poi i maghi hanno un’aspettativa di vita più alta rispetto ai babbani. -

-Sì ma… l’hai visto bene?- Cillian fece una smorfia disgustata -Almeno i capelli potrebbe lavarseli!-

-In effetti!- rise Chandra – Però è a Liz che deve piacere, mica a me. Se non si fosse capito, io avevo puntato sul sì. -

-Sai, credevo che magari con te ne avesse parlato… sei sua amica. -

Chandra si strinse nelle spalle:- Be’, conosci Liz. Non è che proprio parli con nessuno dei fatti suoi. A te ha forse detto qualcosa?-

Cillian scosse la testa:- No, no…-sospirò- Davvero, conosco quella ragazza da tanti anni, e le voglio bene come se fosse mia sorella, ma il più delle volte proprio non la capisco!- affermò rassegnato.



Neville Longbottom osservò la vetrina di Purge and Dowse, Ltd, dove un tempo si trovava l’ospedale St. Mungo.

I suoi rilevatori non segnalavano la presenza di attività magica nei dintorni: probabilmente l’ospedale, ammesso che esistesse ancora, era stato spostato.

Non sapeva cosa fosse successo ai suoi genitori, se erano ancora ricoverati, o addirittura se fossero morti.

Eppure, spesso si ritrovava a riflettere davanti alla vecchia vetrina, pur non avendo mai provato ad entrare. Era l’unico posto che per lui avesse qualche legame con la sua famiglia.

Di sua nonna, purtroppo, non aveva più avuto notizie.

Sarebbe stata fiera di lui?, si chiese.

Ne aveva fatta di strada da quando era un ragazzino grassottello e troppo insicuro, anche se alle volte si sentiva ancora così.

Infilò la mano nella tasca interna della giacca, e al tatto sentì un mucchietto di incarti di caramelle, quelle che sua madre era solita regalargli: li portava sempre con sé.

L’indomani avrebbe reso fiera la sua famiglia, si disse, dovunque fossero.

Si fermò ad osservare la vetrina per qualche minuto ancora; poi si voltò e se ne andò.





Hogwarts. Di nuovo lì, davanti a lui.

Quello era il posto dove per la prima volta Severus Snape si era sentito a casa, e del resto aveva vissuto lì per molto tempo, prima come studente e poi come insegnante.

Ne era persino stato preside, per due anni, anche se non si era mai sentito tale: si era considerato un sostituto, un rimpiazzo temporaneo.

E invece era stato l’ultimo preside di Hogwarts, perché Voldemort aveva presto deciso che il potenziale magico del castello era sprecato in balia di studentelli adolescenti, e l’aveva reso la sua dimora.

Se non avesse avuto già abbastanza ragioni per odiare Voldemort, sarebbe bastato lo scempio che aveva fatto alla scuola.

Ora appariva un luogo grottesco, spaventoso, intimamente malvagio.

Il sole tramontava sul Lago Nero, ma la scena non aveva nulla della bellezza che ricordava; anzi, l’imminente arrivo della notte sembrava rendere il tutto ancora più inquietante.

I suoi compagni osservavano anch’essi il castello dalla collina poco lontana, vedendolo per la prima volta. Liz, Kieran Wilson e McDiarmid si sarebbero introdotti con lui all’interno di Hogwarts e l’avrebbero aiutato a dissolvere dall’interno gli incantesimi di protezione sul cancello, o perlomeno gli avrebbero coperto le spalle mentre lui se ne occupava.

Quasi tutto l’esercito babbano avrebbe fatto parte di quest’offensiva: dalla notte precedente si erano spostati per tutto il paese, arrivando via treno, elicottero, e persino via mare.

Tuttavia il paesaggio appariva innaturalmente tranquillo a un osservatore ignaro: Longbottom aveva studiato bene i suoi incantesimi di disillusione.

Il generale avrebbe coordinato l’arrivo delle varie truppe, e avrebbe fatto parte del primo gruppo che sarebbe entrato dal cancello.

Snape si chiese se anche lui si sentisse così a disagio all’idea di attaccare Hogwarts, l’adorata scuola.

Pensò a quanto, da piccolo, avesse atteso con impazienza di frequentarla e come gli era apparsa maestosa e invincibile quando l’aveva vista per la prima volta, dalla piccola barca condotta da Hagrid.

Mai avrebbe pensato di trovarsi lì in quel momento, neanche quando era un Mangiamorte.

Il suo ruolo, oltretutto, era sempre stato nell’ombra, discreto, infido, senza poter mai svelare i suoi veri colori.

Questa volta, invece, affrontava Voldemort a viso aperto. Non c’era più spazio per inganni o doppi giochi: quella battaglia avrebbe decretato la fine di uno o dell’altro. O di entrambi, pensò amaramente.

Stava rischiando più di quanto avesse mai fatto nella sua vita, eppure questo lo rendeva stranamente euforico.

Gli sembrava fosse passata una vita da quando Longbottom l’aveva praticamente costretto a addestrare i nati babbani. Credeva che sarebbe stata una condanna per lui, una fastidiosa punizione, e invece, si rese conto, aveva ricominciato a vivere.

Dopo aver passato anni indifferente alle sorti del mondo, aveva di nuovo respirato, desiderato e soprattutto sperato.

Si voltò verso Liz, che ora osservava il castello con le sopracciglia aggrottate, evidentemente nervosa.

Era stata lei la prima scintilla che aveva causato tutto questo: nel momento in cui aveva deciso di intervenire per salvarle la vita, la sua sorte era cambiata.

Guardandola meglio, si chiese come avesse fatto, al loro primo incontro, a giudicarla poco attraente: in quel momento il suo volto, anche con i suoi evidenti difetti, gli sembrò bellissimo e così… fragile.

Di lì a pochi minuti sarebbe entrata nel luogo più pieno di magia oscura di tutta l’Inghilterra (e, sospettava, del mondo intero), armata soltanto di una bacchetta da quattro soldi.

Il pensiero che stesse per correre un rischio così grande, che di lì a poco avrebbe potuto finire uccisa… perduta per sempre… gli fece girare la testa. Era un’idea che non voleva neanche considerare.

Shamir si materializzò sulla collina, con un mucchietto di mantelli neri che distribuì ai quattro.

-Ci sono molti Mangiamorte in giro per il castello- spiegò – così vi mimetizzerete meglio, e potrete avere qualche secondo di vantaggio. -

Snape prese un mantello e lo indossò.

Di colpo ricordò Lily, a cui per anni non aveva parlato e che non aveva mai saputo nulla di lui, di quello che aveva provato per lei e di quanto l’avesse devastato la sola idea della sua morte.

Questa volta non avrebbe commesso lo stesso errore, decise.

-Liz, c’è una cosa che vorrei dirti…- esordì.

La ragazza alzò gli occhi dalla chiusura del mantello con cui stava difficoltosamente armeggiando.

-Dimmi!- rispose.

-Ecco…- disse Snape. Maledizione, non riusciva a trovare le parole.

-Io vorrei dirti che… sai… sarebbe veramente molto triste se tu morissi. Dovresti proprio evitarlo. - fece infine.

Non era uscita come immaginava.

Liz lo guardò perplessa:- Ehm… certo. – rispose, la voce carica di ironia- Non ci avevo pensato ma, ehi, ora che me lo dici ci farò davvero attenzione. -

-No, quello che io volevo dire…- iniziò Snape, ma venne interrotto da Shamir.

-Coraggio, è ora. - li esortò l’elfo – Adesso vi porterò all’interno delle cucine. Gli altri elfi non daranno l’allarme, quindi non schiantateli o cose del genere -

Wilson e McDiarmid si avvicinarono all’elfo, pronti a farsi materializzare.

Anche Liz fece per andare, ma Snape la trattenne.

-Senti… non sono molto bravo con queste cose…- disse, pensando fugacemente a quanto sarebbe stato più semplice farle un incantesimo di memoria- ma, davvero, per me è importante che tu capisca. Devi essere prudente! Se ti succedesse qualcosa… sarebbe… io sarei…-

-Dai, sta’ tranquillo- lo interruppe lei, vagamente divertita –Ho capito. –

-Ragazzi, mi dispiace interrompere ma dobbiamo proprio andare- disse Shamir perentorio.

Snape si avvicinò a Wilson e McDiarmid.

-Formate un cerchio- ordinò Shamir- prendetevi per mano.-

Liz intrecciò la sua mano con quella di Snape.

Shamir si unì al cerchio: -Tre, due, uno…Via!-.

Snape sentì la familiare sensazione di oppressione al petto e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, era nelle cucine di Hogwarts.

Era molto tempo che non entrava in quelle stanze; anche quando viveva lì era raro che dovesse capitare in quell’ala del castello, dove di solito si recavano solo gli elfi domestici.

Un gruppo di elfi era infatti in un angolo a scrutare i nuovi arrivati con espressione terrorizzata.

Liz si avvicinò loro:- Salve! – li salutò cordiale – Vorrei ringraziarvi a nome di tutti noi per il vostro aiuto. Vi siamo davvero grati. -

Gli elfi squittirono terrificati: uno di loro scoppiò a piangere, e un altro prese a darsi padellate sulla testa.

-Ma… cos’ho detto?- esclamò Liz, sconvolta – Shamir, che hanno quelli…?-

-Lascia perdere – tagliò corto Shamir, spiccio–Da quella parte.-

I quattro uscirono dalle cucine, e Snape li condusse verso l’uscita del sotterraneo, che spuntava nella Sala di Ingresso.

Salito l’ultimo gradino videro un gruppo di maghi correre verso di loro.

-Sono qui! Stanno risalendo!- urlò uno.

-Impedimenta!- lanciò Snape, bloccando un paio di loro.

-Che succede? Come fanno a sapere che siamo qui?- chiese McDiarmid, schiantandone un altro con un incantesimo non verbale.

Snape cercò di riflettere velocemente:- Voldemort deve aver capito come sono scappato l’altra volta, e ha aumentato il livello di protezione-

Altri Mangiamorte arrivarono dalle scale: raggiungere il cancello era diventato molto più difficile del previsto.

-Professore, da questa parte!- lo incitò Wilson, tirandolo per la manica.

Lui e McDiarmid erano riusciti ad aprire le grandi porte che davano sul cortile.

-Non lasciate che si richiudano!- gridò Snape.

Mentre Wilson teneva lontani i Mangiamorte, McDiarmid creò una barriera nella Sala d’Ingresso, poco prima delle porte, che bloccò i Mangiamorte all’interno.

Snape si voltò e rimase gelato:- Dov’è Liz?- chiese.

Non c’erano segni della ragazza: era rimasta indietro, dall’altra parte della barriera.

-Dobbiamo andare al cancello- disse Wilson- Andiamo, da questa parte…-

-Ma… non possiamo lasciarla lì da sola!- protestò Snape, facendo per tornare indietro.

-Se facciamo entrare gli altri non sarà più da sola!- disse McDiarmid, animato- Deve aprire il cancello, professore, lei è l’unico che può farlo!-

Snape si voltò ancora una volta indietro, verso la barriera che i Mangiamorte stavano tentando di abbattere, poi corse verso il cancello.

 
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