Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

2015- The Muggle War

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Natalie_S
view post Posted on 8/3/2011, 12:21 by: Natalie_S




Ciao Astry!
Eh sì hai ragione dovrei rimettermi in pari!
Tra l'altro qui all'inizio ho messo insieme due capitoli rispetto a EFP, così i numeri sono diversi... insomma, ho fatto un bel casino.
Adesso metto due capitoli così per la prossima settimana dovrei tornare "giusta".
Grazie, ciaoo!!

CAPITOLO 10

La mattina dopo, l’Accademia fremeva di un misto di tristezza e euforia.

Per la prima volta avevano attaccato e vinto: è vero, non si erano scontrati direttamente con nessun mago, ma aver eliminato tutti quegli Inferi e scacciato i Dissennatori era un traguardo non indifferente.

D’altra parte c’erano state alcune perdite: non molte, paragonate a quelle che abitualmente avvenivano contro i maghi, ma molte unità avevano perso uno o due uomini.

C’erano stati anche molti feriti: Liz e il gruppo di pozionisti fu impegnato per tutta la notte nella preparazione di Pozioni rimpolpa-sangue e cicatrizzanti.

Era davvero un problema che molte delle pozioni dovessero essere utilizzate immediatamente dopo la preparazione, pensava Liz: sarebbe stato interessante trovare un modo per conservarle mantenendo inalterati i principi attivi. Doveva parlarne con Snape, forse avrebbero potuto trovare una soluzione. Probabilmente i conservanti alimentari babbani potevano essere un buon un punto di partenza. Chissà se era possibile liofilizzare alcuni preparati, oppure solidificarli in comode pastiglie, sarebbe stato molto più pratico.

Uscì dalla sala adibita a laboratorio quando era già mattina inoltrata, stropicciandosi gli occhi arrossati. Avrebbe avuto bisogno di almeno dodici ore di sonno, pensò, ma dubitava che sarebbe stato possibile.

-Liz!- la sorprese una voce alle sue spalle. Era Cillian che, inaspettatamente, la abbracciò con trasporto.

-Mi hanno detto che qualcuno della tua unità era stato… preso da quegli zombie e ho pensato… insomma, volevo controllare…- spiegò lui, una volta che si furono staccati.

-Io sto bene. E’ Townshend che….- la voce le morì in gola, al pensiero di Gary che veniva trascinato via dagli Inferi, senza che potessero fare nulla per fermarli.

Nella concitazione che era seguita alla battaglia era riuscita a non pensarci, ma ora sentiva un groppo in gola e pensò stupidamente che Gary non avrebbe mai saputo chi avrebbe vinto la Champions League. Sentì gli occhi pizzicarle e le sfuggì un singhiozzo.

-Dai Liz… coraggio…- disse Cillian – non piangere…ti ricordi quella volta a Leeds che siamo dovuti scappare dalle fogne ed era pieno di topi?-

Lei annuì, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

-Ti ricordi Skinner che saltava su ad ogni fruscio come una femminuccia?-

A Liz sfuggì una risata, tra le lacrime: era stato un momento bizzarramente spassoso, e il povero Skinner era stato preso in giro per mesi.

-Secondo me avrebbe preferito trovarsi gli zombie…- osservò.

Cillian annuì: -Anche secondo me.- sorrise.

-Mi sei mancata Liz- aggiunse, dopo un momento –mi dispiace che tu ci sia stata male per quello che è successo qualche anno fa.-

-Anche tu mi sei mancato.- disse Liz, rendendosi conto in quel momento di quanto fosse vero –Amici come prima?- propose, tendendogli la mano.

-Amici- accettò Cillian, stringendola.



-Insomma, vuoi stare fermo?- esclamò Liz, intenta a picchiettare un pezzo di cotone idrofilo imbevuto di dittamo sulla ferita al collo di Snape. Il taglio si era già rimarginato, ma la sostanza lo avrebbe guarito in breve tempo e senza lasciare segni di cicatrici.

Il paziente, tuttavia, non era molto collaborativo.

-Sei approssimativa. Non lo stai distribuendo correttamente! Devi metterlo anche lì… verso l’orecchio…- protestò Snape, contorcendosi per indicare il punto esatto.

-Ma sì che ce l’ho messo… adesso sta’ un po’ fermo oppure te lo spalmi da solo.- concluse Liz.

Snape tacque.

Non avevano parlato di quello che era successo a Westminster, dello zombie – Inferius, si corresse Liz mentalmente- che li aveva attaccati e da cui Snape era stato incapace di difendersi.

La ragazza aveva immaginato che questa misteriosa Lily fosse la donna coi capelli rossi di cui il mago teneva la foto incorniciata sul caminetto: era l’unica decorazione della stanza, quindi era difficile non notarla.

Liz si sentiva in dovere di parlare con Snape a riguardo: aveva l’impressione che la cosa lo tormentasse e che gli avrebbe fatto bene non tenersi tutto dentro.

-Insomma, questa Lily- esordì infine, dopo un lungo silenzio impacciato – era tua moglie?-

Snape sussultò: -No!- rispose seccamente.

Una lunga pausa silenziosa.

-Tua sorella?-

-No.-

-Tua cug…-

-Non era mia parente.- la interruppe Snape.

Un’altra pausa di silenzio.

Be’, forse dopotutto non aveva tanta voglia di parlarne, rifletté Liz, continuando a picchiettare il dittamo sul taglio, che ora somigliava ad una vecchia cicatrice.

-Era mia amica- fece infine Snape –la mia più cara amica.-

Liz era un po’ sorpresa ma cercò di non darlo a vedere, e continuò la sua opera di cicatrizzazione. Aveva l’impressione che “amica” fosse una definizione un po’ riduttiva per qualsiasi cosa questa persona fosse stata per Severus Snape.

-E’ morta molti anni fa, prima della guerra tra Voldemort e i babbani.- continuò il mago – Era un po’ di tempo che non pensavo a lei, ma quando ho visto quella… cosa… quella donna…- sospirò- Insomma, sembrava proprio lei, aveva i suoi capelli…- la sua voce si spense in un borbottio indistinto.

-Sai- disse Liz dopo qualche istante- che oltre il 10% della popolazione delle isole britanniche ha i capelli rossi?-

-Sì?- rispose Snape, apparendo un po’ confuso.

Liz annuì:- E pare che oltre il 40% degli inglesi e degli irlandesi abbia il gene in forma recessiva.-

-Ah, però.-

-Quindi molte persone probabilmente hanno esattamente lo stesso colore di capelli di questa tua amica. E considerato che è… come dire… scomparsa molti anni fa, credo che sia piuttosto improbabile che qualche mago oscuro seguace di Voldemort sia andato a recuperarne il… ecco.. le spoglie.- era difficile parlare di zombie assetati di sangue cercando di essere rispettosi, pensò Liz- Probabilmente metà degli Inferi lì dentro è composta da persone che lavoravano nel Parlamento quando Voldemort ha attaccato, e l’altra metà dai turisti. Un sacco di gente visitava quella zona, sai, ogni giorno. Avevano già tutti i cadaveri di cui avevano bisogno.-

Snape non rispose: sembrava che stesse riflettendo sulla cosa.

-E poi – continuò lei- anche nel caso più che remoto che davvero fosse il suo corpo, non era davvero lei, no? Hai detto che sono controllati da qualcuno, sono come dei pupazzi. Non c’entra con… sai… il suo spirito. Sono sicura che la tua amica non avrebbe mai voluto attaccarti.-

-Non ne sarei tanto sicuro.- borbottò Snape.

Liz si stupì: -E perché?-

Snape evitò di incrociare il suo sguardo:-E’ morta per colpa mia- spiegò, asciutto, anche se la ragazza intuiva che pronunciare quelle parole dovesse costargli uno sforzo enorme – Voldemort l’ha uccisa a causa mia.-

Liz tacque, non sapendo bene cosa dire.

Era proprio una brutta situazione: anche se non conosceva i dettagli, incominciava a capire cosa avesse portato Snape a isolarsi per tanti anni, a non voler aver nulla a che fare con i suoi simili.

-Be’…- disse infine- adesso ci stai aiutando. Se abbiamo uno straccio di speranza di far fuori Voldemort e tutti i suoi amichetti, è grazie a te. Penso che questo Lily lo apprezzerebbe, no?-

Snape le rivolse un sorriso triste: -Sì- rispose –immagino di sì.-

Liz non disse nulla, ma continuò a picchiettare il dittamo sulla ferita, in silenzio, mentre la cicatrice incominciava a sparire.



Il punto di vista di Liz, cioè che il suo contributo alla guerra riscattasse ogni sua azione passata, sembrava essere condiviso dalla maggior parte dei soldati, che, dopo gli eventi del Parlamento, trattavano Snape con un calore che sconfinava nell’adorazione.

Anche durante le precedenti lezioni si erano dimostrati attenti e rispettosi, ma sempre mantenendo un’istintiva diffidenza di fondo verso il mago, troppo simile a quelli che li tormentavano quotidianamente.

Dopo che la buona fede di Snape era stata provata sul campo, e aveva permesso loro di riconquistare il Parlamento, un simbolo della loro libertà, guadagnandosi oltretutto una brutta ferita, avevano abbandonato ogni remora nei suoi confronti.

Con grande sconcerto di Snape, al suo rientro in classe era stato accolto con applausi e persino, da parte dei più coraggiosi, delle affettuose pacche sulle spalle che gli avevano quasi fatto perdere l’equilibrio.

Ad Hogwarts non era stato uno degli insegnanti più amati, lo sapeva. A parte la costante opera di captatio benevolentiae portata avanti dai Serpeverde (di cui comunque aveva sempre attribuito la causa ai favoritismi e al loro interesse, piuttosto che ad un sincero affetto nei suoi confronti), gli altri studenti si erano limitati a detestarlo più o meno cordialmente.

In ogni caso, niente l’aveva preparato a questo: studenti che lo fermavano continuamente dopo le lezioni, che gli chiedevano particolari sul mondo magico e sulla sua vita ad Hogwarts, e persino, con sua immensa perplessità, una Sentinella di sesso femminile che sembrava sbattere le ciglia con eccessivo entusiasmo in sua presenza.

In queste condizioni si sentiva a disagio e quasi in colpa quando sibilava le sue battutine sarcastiche e pungenti, anche perché alcuni allievi sembravano rimanerci davvero male, cosa che lo portava a ritrattare imbarazzato.

Merlino, che fatica.

Uscì dall’Accademia e si materializzò a casa, pregustando le ore di riposo che lo separavano dalla giornata successiva.

Forse avrebbe letto un po’ del manuale di informatica che McDiarmid gli aveva prestato: gli piaceva l’informatica, gli sembrava che le stringhe dei comandi non fossero così diverse dagli incantesimi. E poi era utile, portava l’elettronica a un livello superiore, molto più avanzato.

Immerso in tali pensieri, all’inizio, quando lo sentì, credette di essersi rovesciato qualcosa sul braccio, i resti di una pozione corrosiva, forse.

Poi capì: incredulo, sollevò la manica sinistra e osservò il serpente e il teschio pulsare sulla sua pelle. Il Signore Oscuro, dopo diciotto anni, lo stava nuovamente chiamando.






CAPITOLO 11

Il castello di Hogwarts era cambiato profondamente da quando il Signore Oscuro, qualche anno prima, aveva deciso di spostare la celebre scuola per renderlo la sua dimora. Hogwarts era come un’ossessione per Voldemort: voleva conoscerla in ogni suo singolo anfratto, e scoprire tutta la magia di cui era impregnata.

Snape si materializzò davanti al cancello e guardò verso il luogo che per tanti anni aveva considerato la sua casa.

Il castello appariva più scuro e sinistro che mai: molti Dissennatori volteggiavano attorno al perimetro esterno, mentre alcuni Thestral dall’aria minacciosa erano appollaiati sulle guglie delle torri.

Il cielo era perennemente coperto da uno strato di nuvole scure cariche di pioggia e, nonostante fosse ancora giorno, era buio come se fosse notte inoltrata: effetto dei Dissennatori, pensò Snape.

Nessuna finestra lasciava trasparire luce, notò: forse era per questo che sembrava così inquietante. Quando era una scuola, era difficile trovare una stanza in cui le luci non fossero accese.

Erano molti anni che non veniva chiamato dal Signore Oscuro: essendosi appropriato del potere nel mondo magico, Voldemort si era trovato a dirigere una grande quantità di persone, e l’uso del marchio non era più molto agevole. Era diventato un segno di onore, per aver sostenuto il Signore Oscuro fin dall’inizio, ma da molti anni nessuno veniva marchiato più.

Snape si chiese se Voldemort l’avesse tenuto sotto controllo in questi anni, e se sapesse del suo tradimento. Oppure, forse, qualcun’altro doveva essere punito; o magari doveva solo fare un annuncio; e se stesse cercando delle informazioni all’interno della sua cerchia più ristretta?

Impossibile sapere che cosa avesse in mente; era passato troppo tempo.

Notò che il cancello era chiuso: ma al suo avvicinarsi si aprì spontaneamente, per poi richiudersi bruscamente non appena lo ebbe attraversato.

Entrò all’interno del castello: la sala d’ingresso era vuota e gelida.

La sua attenzione venne attirata dall’ingresso della Sala Grande, dove le luci erano accese.

Era nel posto giusto: all’interno, non vi erano più i tavoli delle varie case, ma un unico tavolo al centro della stanza.

Snape si avvicinò al tavolo, che era già affollato dai vecchi Mangiamorte, molti dei quali indossavano il tradizionale mantello nero.

Riconobbe McNair, molto anziano e completamente incanutito; Avery, che lo salutò con un cenno del capo quasi calvo; Mulciber, ormai decisamente soprappeso; Travers, Yaxley e Rookwood, che esibivano altrettanto chiaramente i segni del tempo.

Snape pensò che probabilmente anche lui stesso sembrava più vecchio dei suoi cinquantasei anni.

Bellatrix Lestrange appariva molto invecchiata, anche più dei suoi…ormai sessantacinque anni, calcolò Snape. I suoi lunghi capelli, un tempo scuri e lucenti, erano grigi e stopposi, e contornavano il viso scarno dandole l’aria della classica strega delle fiabe babbane; i suoi occhi, però, erano ancora acuti e brillanti, e si guardavano attorno vagamente allucinati.

Lucius e Narcissa Malfoy erano, come sempre, pallidi ed eleganti, e nel gruppo sembravano quelli meno cambiati: ma, notò Snape, erano anche quelli che apparivano più terrorizzati.

Accanto a loro c’era un uomo biondo e pallido che, si rese conto, doveva essere Draco: assomigliava molto a Lucius e, come lui, sembrava molto spaventato. Non alzò lo sguardo ma si limitò a fissare il pavimento. La sua tempia sinistra era solcata da un grande livido scuro, e sul colletto della camicia bianca spiccavano alcune gocce di sangue rappreso.

Fece per salutarli, quando il Signore Oscuro fece il suo ingresso nella sala. Al suo arrivo tutti si alzarono in piedi: Bellatrix diede un piccolo gemito di gioia (o di terrore, difficile a dirsi) e si precipitò a baciargli l’orlo della veste.

Voldemort non era cambiato, osservò Snape: sembrava che negli ultimi anni non fosse invecchiato di un giorno. Come sempre, era seguito dalla fedele Nagini.

Aveva quasi dimenticato quando potessero essere terrificante il suo volto scheletrico illuminato dalle iridi rosso sangue: nel vederlo fu assalito da un fiotto di puro odio.

A causa di quest’uomo, se ancora poteva definirsi tale, Snape aveva perso tutto: prima Lily, poi Hogwarts e, in un certo senso, la fiducia in sé stesso.

-Severus, quanto tempo.- sibilò Voldemort, prendendo posto a capotavola, e rivolgendogli un pigro gesto con la mano pallida.

Snape chinò la testa rispettosamente, e si sedette. Si rese conto che, istintivamente, i tratti del suo viso si erano composti nell’espressione vuota e illeggibile associata all’Occlumanzia.

Quanto tempo era passato da quando ne aveva avuto bisogno l’ultima volta! Si chiese se fosse stato ancora in grado di tenere fuori Voldemort dalla sua mente.

Il Signore Oscuro stette in silenzio per qualche istante, osservando il volto di ognuno dei presente, soffermandosi leggermente di più sui Malfoy.

Infine iniziò a parlare, con la sua voce fredda e acuta: -Miei fedeli e antichi seguaci… vi chiederete come mai ho deciso di convocarvi qui, dopo così tanto tempo.-

-Mio Signore…- squittì Bellatrix, sporgendosi sul tavolo come per cercare di avvicinarglisi - Io… quale gioia… sapeste per quanto ho atteso… una vostra parola, un cenno…-

Voldemort la zittì alzando una mano: -Non dovresti gioirne!- esclamò seccamente.

La Lestrange sembrò afflosciarsi sulla sedia come un sacco vuoto.

-Vi ho chiamati – continuò Voldemort – per comunicarvi il mio… disappunto. Sono molto, molto deluso.-

Un brivido attraversò la tavolata.

-Come certo saprete, non abbiamo ancora eliminato i babbani. Qualche mese fa mi era stato assicurato – lo sguardo del Signore Oscuro si soffermò ferocemente su Draco Malfoy, che continuò a fissare un punto imprecisato al di sotto del proprio mento – che presto ci sarebbe stata una svolta. Non sarebbero durati molto, mi si diceva, stiamo per vincere. E invece- Voldemort alzò la voce, consentendole di vibrare di collera repressa –non solo quelle sordide creature non sono ancora ridotte come meritano, ma sembrano anche meglio organizzate! Usano sofisticati incantesimi di protezione, quei sudici mudblood, ci bombardano con pozioni e producono Patronus che scacciano i nostri Dissennatori!-

Snape mantenne l’espressione impassibile, rendendosi conto di una goccia di sudore freddo che gli scorreva lungo la nuca.

-E io mi chiedo, come è possibile? Come è possibile che tutto questo accada proprio sotto i nostri occhi e il mio Ministro della Difesa non faccia nulla?!-

Draco tremò visibilmente, mentre Narcissa soffocava un singhiozzo.

-Mio signore, v-vi supplico- balbettò Lucius – Mio figlio ha tentato…-

-Tuo figlio ha tentato!- ripeté Voldemort, beffardo –I suoi tentativi sono stati maldestri e fallimentari, e non sono più graditi al suo Signore.-

Nagini scivolò sul tavolo accanto a Voldemort, che la carezzò distrattamente sulla testa; il serpente si avvicinò, minacciosamente, ai Malfoy.

-La punizione per chi suscita la mia ira in modo così… sconsiderato - continuò il Signore Oscuro – è la morte.-

Nagini spalancò le fauci davanti al viso di Draco, fermandosi a pochi millimetri dalla sua pelle. Narcissa gemette come un animale ferito.

-Tuttavia- riprese Voldemort – i Malfoy mi hanno servito fedelmente, per molti anni. Il Signore Oscuro è misericordioso, e apprezza la lealtà dei suoi servi sopra ogni altra cosa.-

Nagini scivolò lentamente verso di lui, che ricominciò ad accarezzarla.

-Travers! – chiamò –Da questo momento sei tu il nuovo Ministro. Domani mattina tornerai qui e discuteremo su come agire.-

-Grazie, mio Signore- mormorò Travers, chinando la testa.

-Quanto a Draco, rimarrà in mia custodia finché non avrò deciso cosa fare di lui… cercherò di trovargli un utilizzo alternativo alla cena di Nagini.-

-Vi ringrazio, mio Signore – disse Lucius con un filo di voce – Vi siamo infinitamente grati per la vostra misericordia…-

Voldemort annuì: -Potete andare.- fece, rivolto alla tavolata.

Snape, come gli altri, fece lentamente per alzarsi, trattenendo un sospiro di sollievo.

-Anzi, ancora una cosa- disse Voldemort – Risedetevi, prego. Voglio raccontarvi un fatto singolare.-

I Mangiamorte si guardarono, confusi.

-Data l’incapacità dei miei seguaci- fece Voldemort in tono colloquiale – Ho deciso di interrogare io stesso la nostra fonte… una persona di mia grande fiducia che attualmente vive tra i babbani.-

Snape mascherò la propria sorpresa dietro una facciata indecifrabile: allora Knight e gi altri avevano ragione, c’era una spia.

-Ebbene, questa persona ha tentato di tutto per comunicarmi cosa stesse succedendo tra i mudblood, come mai di punto in bianco fossero diventati così versati nella magia: ma gli incantesimi che aveva addosso erano talmente potenti che non è riuscito a dire nulla al suo Signore. Davvero inusuale.-

Snape si congratulò con sé stesso. Ma chi poteva essere la spia?

-Ho tentato dunque con la legilimanzia.- il cuore di Snape mancò un battito – ma nulla. Era come se un muro coprisse le informazioni che dovevano rimanere celate. Ero molto… affascinato da questo problema. Quale mago poteva essersi beffato di me in tale modo?-

Voldemort si alzò, e iniziò a passeggiare attorno alla tavola.

-Tuttavia- continuò – i miei impegni sono molti e pressanti, e non posso perdere tutto il mio tempo in pedanti interrogatori. Dopo vari tentativi, ho quindi espresso il desiderio di richiedere ancora una volta i tuoi servigi, Severus.-

Snape si sentì gelare. Voldemort continuò a camminare, avvicinandosi al suo posto.

-Ed ecco, a questo punto è successa una cosa alquanto peculiare. – Voldemort fece una pausa carica di tensione, e quando parlò il suo tono era cambiato, lasciando trasparire tutta la sua ira -Non appena ho fatto il tuo nome, la mia fonte si è animata, comunicandomi ad ampi gesti che questa persona gli era familiare, e che in qualche modo c’entrava con l’oggetto della mia ricerca! Incarcerous!-

Snape si sentì imprigionare il busto da funi invisibili, e si dimenò inutilmente per liberarsi.

Voldemort tornò a sedersi a capotavola.

-Severus…- fece, il tono della voce nuovamente tranquillo e controllato – Non ti ho forse dato tutto quello che mi hai chiesto? Non sono forse stato oltremodo generoso nei tuoi confronti?-

-Mio Signore, io posso spiegarvi…- iniziò Snape, sforzandosi di non far tremare troppo la voce.

-Ti ho concesso il mio favore – continuò il Signore Oscuro –ti ho permesso di sospendere i tuoi servigi per tanti anni, per dedicarti a qualche futile attività di ricerca che tanto desideravi intraprendere. Ti ho dato tutte le ricchezze che potevi accumulare. Ed è così che vengo ripagato per la mia benevolenza??!- urlò, sporgendosi sul tavolo.

I suoi occhi rossi sembravano voler incenerire Snape.

-No! No, mio Signore, io….- balbettò questi.

-Taci!- disse Voldemort – non ho più intenzione di stare ad ascoltare le tue viscide chiacchiere. Sei un essere troppo meschino e spregevole per meritare ulteriormente la mia attenzione.-

Si appoggiò allo schienale della sedia.

-Bellatrix! – chiamò stancamente – occupatene tu. Spero che tu non abbia perso il tuo tocco.-

Bellatrix saltò in piedi, con un ghigno feroce dipinto sul volto.

Snape percepì la sua profonda soddisfazione: per anni aveva aspettato di vederlo sbugiardato.

Senza preoccuparsi neanche di usare la magia, lo afferrò per il colletto della veste e lo gettò in terra, poco lontano dalla tavola.

Snape cercò di alzarsi in piedi, senza successo: le funi invisibili gli avevano immobilizzato la parte superiore del corpo, e nonostante potesse muovere la gambe non riusciva a mantenere l’equilibrio.

La bacchetta si trovava nella tasca interna del mantello: impossibile afferrarla.

Bellatrix diede una risata maniacale: -Snape!- esclamò –Finalmente ci rincontriamo!-

Snape cercò di trascinarsi il più possibile lontano da lei.

-Crucio!- gridò la Lestrange.

Snape sentì le ondate di dolore provocate dalla maledizione: no, pensò, Bellatrix non aveva perso il suo tocco.

Tuttavia tutti gli anni che aveva passato a studiare le Arti Oscure avevano avuto il loro frutto: Snape aveva scoperto che la Cruciatus non provocava un vero dolore fisico.

La fattura agiva sui nocicettori e sulla corteccia cerebrale, dando alla vittima la sensazione del dolore, ma in realtà era tutto nella mente.

Da esperto occlumante quale era, poteva mitigarne gli effetti, anche se non eliminarli completamente.

Voleva scoprire chi era la spia, fosse anche l’ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita. Voleva sapere chi era riuscito ad ingannarlo.

Bellatrix ripeté la maledizione più volte, ma evidentemente non stava ottenendo il risultato che sperava; si avvicinò lentamente, gustando la paura che provocava nella propria vittima.

Aveva gli occhi animati da un’eccitazione febbrile: il suo volto scavato era contorto e arrossato.

-Oh, sei tanto bravo nei giochetti mentali, vero?- sussurrò – Peccato, con questo non ti serviranno a molto… Diffindo!- aggiunse, aprendogli due tagli all’altezza degli zigomi, da cui iniziarono a sgorgare due rivoli di sangue.

Malfoy, pensò Snape. Draco Malfoy sicuramente sapeva chi era la spia.

Probabilmente era lui che aveva organizzato il modo di infiltrarlo.

Voldemort osservava la scena in silenzio.

Bellatrix era evidentemente ansiosa di ottenere la sua approvazione: brandendo la bacchetta come un pugnale, fece il gesto di conficcarlo nel braccio di Snape, che sentì come una lama invisibile perforargli la carne, provocandogli un lamento.

Ecco, contro questo l’Occlumanzia poteva fare ben poco.

Il Signore Oscuro annuì soddisfatto.

Doveva leggere la mente di Draco, capì Snape. Lo individuò, ancora seduto accanto a Lucius e Narcissa. Al contrario di tutti gli altri, che osservavano la scena con orrore, continuava a fissare il tavolo, come se non volesse assistere.

Questo era un problema: aveva bisogno di stabilire un contatto visivo per leggere i suoi pensieri.

Bellatrix, intanto, affondò allo stesso modo la bacchetta nell’altro suo braccio, girando la lama nella ferita ripetutamente.

Snape gemette: ma doveva rimanere lucido… doveva sapere… non sapeva neanche a che scopo.

Era finita, pensò: non avrebbe mai fatto ritorno all’Accademia.

Presto si sarebbe riunito a Lily: finalmente, dopo tutti quegli anni di tormento… Ma allora perché non si sentiva consolato a quel pensiero?

Dopo aver invocato la fine del suo dolore tanto a lungo, ora che arrivava non voleva morire.

Voleva tornare… voleva vivere…

Si rese conto di trovarsi ormai in una pozza del suo stesso sangue: Bellatrix, intanto, fece scivolare la bacchetta lungo la gola di Snape, provocandogli un lungo e doloroso taglio.

“Guardami, Malfoy, guardami!” pensò.

Sentì, molto lontana, la voce di Voldemort:- Falla finita con quello schifoso traditore, Bella!-

Bellatrix annuì:- Allora, Snape… quali sono le tue ultime parole?- domandò, con un sorriso beffardo.

Snape seppe che non avrebbe avuto un’altra occasione:- DRACO!- gridò.

Malfoy alzò lo sguardo su di lui, talmente sorpreso e sotto shock da non proteggere i propri pensieri con l’Occlumanzia.

Snape affondò gli occhi nei suoi… e finalmente vide.

“Non è possibile…” pensò.

Bellatrix urlò “Avada Kedavra!”, e Snape vide un lampo verde erompere dalla sua bacchetta.

Fece appena in tempo a udire un rumore simile a uno scoppio, poi la stanza scomparve davanti ai suoi occhi.
 
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