Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

OCCHI DI GHIACCIO

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Serpe89
view post Posted on 3/5/2011, 00:04 by: Serpe89




Salve!
Torno fuori a distanza di secoli con un nuovo capitolo.
Purtroppo in questo periodo sono super impegnata tra università, giochi di ruolo, la mia rubrica qui sul forum...insomma, sono incasinatissima e non ho più molta ispirazione.
Conto sul fatto che prima o poi mi tornerà...ma non disperate! Prima o poi finirò questa fic!
Ringrazio Sivretta che ha letto tutta la fic e Laura che mi commenta sempre... *fa occhi dolci* (e sì, hai ragione, è inquietante Silente che estrae cose dalla veste! XD).
Comunque...bando alle ciance...ecco il nuovo capitolo...

Capitolo 17

Le solite idee di Silente


“Corin! Tesoro mio!” esclamò Carol colma di gioia, seduta sul letto, le braccia allargate in attesa di abbracciare la figlia e stringerla a sé.
Corin non la fece attendere: era felice che sua madre stesse di nuovo bene e che fosse tornata del tutto in lei. Era una ragazza forte, ma, sebbene non l’avesse dato a vedere, si era preoccupata molto per le condizioni della donna.
“Sono contenta di vedere che stai di nuovo bene, mamma!” Sorrise, facendo un piccolo passo indietro e sciogliendosi dall’abbarccio.
“Lo sai che non saresti dovuta venire qui, vero?” disse Carol. Eppure il suo tono non era eccessivamente severo.
“Volevo conoscerlo…lo sai quanto mi ossessionasse questa cosa. Avresti dovuto immaginarlo che prima o poi avrei fatto la follia di andare fino ad Hogwarts per incontrarlo.”
La donna annuì, un cenno pronunciato che concedeva ragione alle parole della figlia. “Credevo inconsciamente di proteggerti…”
Fu interrotta da Corin: “Pensavi che mio padre mi mangiasse?”
“Non essere sciocca! Stavo parlando con estrema serietà…”
“Scusa…” Abbassò appena gli occhi.
“Come dicevo, credevo di proteggerti,di evitarti sofferenze…non mi sono resa conto di quanto ormai tu fossi grande e matura per fare le tue scelte.”
Corin rimase in silenzio, colpita dalle parole della madre.
“Con questo non voglio dire che sono d’accordo con te…tra me e tuo padre non è cambiato nulla.” La voce di Carol si fece più fredda a quelle parole. “Però lascerò a te la scelta: decidere se Severus merita o meno di essere chiamato padre…”
Corin annuì, incapace di rispondere: un groppo le serrava la gola. Le dispiaceva avere una famiglia così distrutta. Sia sua madre che sua nonna non avevano avuto fortuna con gli uomini. Suo nonno non sapeva neppure chi fosse e aveva conosciuto suo padre solo da qualche settimana.
Sebbene Piton fosse un tipo decisamente strano, non riusciva ad odiarlo. In quei giorni aveva iniziato a conoscerlo e ad apprezzarlo per quello che era. Era pur sempre suo padre e per quello lo amava.
“Io e papà abbiamo instaurato un bel rapporto in queste due settimane…ho visto del buono in lui. Credo che sia davvero cambiato…”
“Sarà anche cambiato, ma io non posso dimenticare quello che ha fatto…” La voce di Carol si fece spenta e volse lo sguardo verso la finestra, perdendosi nei suoi pensieri.
Albus Silente aveva ascoltato un po’ in disparte la breve discussione tra le due, decisamente affranto per quella situazione. La conversazione tra madre e figlia sembrava aver raggiunto un punto morto, per cui il vecchio preside decise di inserirsi opportunamente, vertendo l’argomento su questioni differenti, ma comunque importanti.
“Sono contenta che ti sia ripresa del tutto, Carol! Eppure ora temo per la tua incolumità. Chiunque abbia usato nei tuoi confronti tale magia oscura non è certamente da sottovalutare…” Lo sguardo di Silente era sinceramente preoccupato, mentre incontrava gli occhi color del ghiaccio della donna.
“Per quanto mi riguarda non ritengo opportuno che tu lasci Hogwarts per il momento…e neppure tu!” disse guardando prima Carol, poi Corin. “Potrebbero essere seguaci di Voldemort…e saprebbero certamente rintracciarvi…Hogwarts è il luogo più sicuro in cui restare al momento…”
“E tu pretendi che io resti qui? Sotto lo stesso tetto del mio ex-marito?” Era allibita. “Piuttosto preferisco affrontare tutti i Mangiamorte di questo mondo!”
“Immaginavo che l’idea non ti avrebbe allettato…” disse Silente con un sorrisetto, scrutandola dagli occhiali a mezzaluna, “ma non posso fare altrimenti. La vita tua e di tua figlia e più importante di qualche screzio con Severus…”
“Qualche screzio, Albus? Forse non ti ricordi bene cosa è accaduto…”
“Lo so perfettamente cara, ma a mio vedere la vostra salvezza ha un valore più grande. E ciò che ti chiedo è solo un po’ di discrezione e sopportazione. Ed Hogwarts è così grande che non vi incontrerete spesso, a meno che non lo vogliate. Inoltre manderò al più presto qualche fidato ad indagare su quanto accaduto…”
“Immagino che dovrò per forza acconsentire” disse Carol con scarso convincimento.
Il Preside annuì vigorosamente: gli si leggeva in volto la soddisfazione.
“Tu, Corin, potrai seguire le lezioni qui ad Hogwarts. Quest’anno è l’anno dei G.U.F.O. e non è auspicabile che tu perda ulteriori lezioni…”
Corin, a differenza della madre, sembrava entusiasta. “Ha perfettamente ragione, signore. Direi che è un’ottima idea!” Un ampio sorriso le illuminò il volto. Aveva più tempo per poter stare con Harry e con suo padre.
“Invece, tu, Carol…potresti darmi una mano con…”
“Ecco! Lo sapevo, Albus! C’è sempre un inghippo nelle tue proposte!” esclamò, la donna interrompendolo.
L’uomo fece un sorrisetto furbo. “Mi conosci bene, ormai…comunque questa volta non c’è nulla di pericoloso o strano…e capirai presto il perché. Il nostro guardiacaccia, Hagrid, è in missione per mio conto e sarà assente per diverso tempo. Potresti fare da supplente nella sua materia, Cura delle Creature Magiche? Così sarà anche molto più semplice spiegare a tutti il perché della tua permanenza ad Hogwarts…e non sorgerà alcun dubbio o sospetto nei tuoi confronti.”
“Non credo che io possa in qualche modo rifiutare…” disse la donna con tono seccato.
“No, infatti…” rispose il preside, soddisfatto del suo ingegnoso piano. Tutto si incastrava alla perfezione.
Corin invece non stentava a credere alle sue orecchie. Dopo unna vita intera la sua famiglia era finalmente riunita. Certo non per loro volere: quello strambo di Silente li aveva indotti ad una convivenza forzata. Che fosse un suo trucco per cercare di tenerli uniti? Oppure quel pericolo da lui millantato era reale?
Le domande della giovane non avevano risposta, sebbene si arrovellasse su ogni questione.
“Molto bene…se non avete altro da chiedermi, io andrei. Ho parecchie questioni di vitale importanza di cui occuparmi…” Fece un leggero inchino verso il letto dove era seduta Carol per poi uscire silenziosamente dall’infermeria, richiudendo con delicatezza la porta alle sue spalle.
“Papà sarà anche strano…ma Silente lo batte di sicuro!” disse Corin con gli occhi rivolti all’uscio appena chiuso.
Carol non poté fare a meno di annuire, gli occhi ancora sgranati di muto stupore.
**
Severus aveva passato un pomeriggio schifoso. Definirlo con qualsiasi altra parola avrebbe sminuito la realtà di quelle ore tremende. Era rimasto sotto la pioggia del parco del castello per un tempo indefinito, immerso nei suoi tristi pensieri, con uno stato d’animo che si adattava perfettamente a quel clima piovoso.
Solo quando il cielo si era scurito del tutto, si era deciso a rientrare al castello, ancora gocciolante di pioggia, i capelli fradici appiccicati al volto, i vestiti appesantiti dall’acqua.
Passando da un’entrata secondaria, per evitare la calca degli studenti nei pressi dell’ingresso e della Sala Grande, aveva raggiunto i sotterranei per tornare nel suo ufficio. Mentre procedeva lentamente, il mantello, nero e bagnato, lasciava una striscia umida sul pavimento.
Raggiunse la porta del suo ufficio con l’umore sotto le scarpe. Mentre infilava la chiave nella serratura, si accorse che seduto a terra, con la schiena appoggiata allo stipite, c’era Harry Potter. Istintivamente si ritrasse ed alcune gocce d’acqua si staccarono dalla sua manica fradicia per cadere sul volto sollevato del ragazzo, che lo fissava con aria stranita.
“Potter, cosa diamine ci fai qui?” domandò con cipiglio severo.
Il ragazzo si mise prontamente in piedi, asciugandosi il volto con la manica: “Emh….professore…la stavo aspettando…alle sei avevamo lezione di Occlumanzia.”
Piton guardò l’orologio. Le sei e un quarto. Non poteva crederci: si era completamente dimenticato delle lezioni private con Potter. Si maledisse mentalmente, ma non dimenticò di rivolgere alcuni improperi anche al ragazzo: non aveva alcuna voglia di far lezione, non dopo quello che era accaduto quel pomeriggio. Ma era il suo dovere: non aveva scuse.
“Certo che lo so, minorato di un Potter! Ma come puoi ben notare dal mio stato…” disse indicandosi gli abiti fradici “sono stato trattenuto da eventi ben più importanti di una misera lezione con te!”
“Questioni per l’Ordine?”
“Non credo sia affar tuo, Potter…” Un ghigno gli si dipinse sul volto. “Entriamo:”
Una volta aperto l’ufficio, il professore si asciugò le vesti con un colpo di bacchetta. Prese poi dall’armadio il solito Pensatoio, riponendovi i suoi segreti più profondi, proprio come durante la prima lezione.
Erano pronti per cominciare, l’uno di fronte all’altro, così nemici eppure così indissolubilmente legati da un comune destino.
“Al mio tre, Potter…”disse senza cercare di rendere un po’ più amichevole il suo tono di voce. “Uno, due, tre, Legilimens!”
Immediatamente la mente di Harry si spalancò come un libro aperto, dove Piton poteva curiosare a piacimento, sebbene non ne fosse più così convinto dopo ciò che vi aveva visto l’ultima volta.
Cercò di scacciare quell’immagine che tanto lo aveva fatto alterare, concentrandosi solamente sul forzare la mente del ragazzino. Ma Harry aveva ormai approfittato di quel momento di debolezza nella sua mente, per scacciarlo e stava tentando di erigere una barriera, che Piton cercava in tutti i modi di oltrepassare. Doveva ammetterlo: quel dannato ragazzino era portato per l’Occlumanzia, poiché già in poche lezioni presentava attitudine ad essa. Detestava sia doverlo ammettere sia dover fare lezione proprio a lui, quel bambinetto poco incline alle regole che tanto gli ricordava suo padre, il tanto odiato James.
“Non male Potter…devo dire che stai migliorando…” disse con tono che apparve falsamente gentile.
“Ma non pensare che i tuoi sforzi finiscano qui…”disse sollevando le labbra in un ghigno. “C’è ancora moltissimo lavoro da fare…Devi arrivare ad un punto tale che non mi permetterai neppure di leggerti nella mente: non dovrò penetrare in essa neppure per un istante. Solo allora sarai pronto per affrontare il Signore Oscuro…” Il suo tono di voce si fece più basso, quasi sinistro e lo sguardo di Harry si velò appena, facendo comparire sul suo volto una leggera nota di preoccupazione. Il giovane Grifondoro non poté fare a meno di annuire, senza ribattere nulla. La strada verso l’eccellenza era lunga e tortuosa, soprattutto con Piton come insegnante, ma Harry non voleva scoraggiarsi in partenza: sapeva che quelle lezioni avrebbero potuto salvargli la vita. E se non a lui, magari a qualcuno di caro.
Continuarono per gran parte dell’ora ad esercitarsi. Severus riusciva spesso ad intrufolarsi nella mente del giovane, ma il ragazzo, da parte sua, rispondeva bene ed i suoi progressi erano evidenti. Piton ovviamente non gliela dava vinta: i suoi complimenti erano sporadici, rari e mai sperticati, anzi, il più delle volte si limitavano ad uno striminzito “Va bene”, che Harry accoglieva come una manna dal cielo. Ma se malauguratamente sbagliava, gli insulti erano sempre abbondanti e non mancavano di ricordare al Grifondoro la sua incapacità. Era palese, per chi si fosse trovato nella stanza, l’odio reciproco che correva tra i due. Eppure entrambi stavano percorrendo la stessa via, quella che Silente aveva dipinto per loro, come ignobili marionette di un piano superiore, sebbene non lo sapessero. E questo li portava se non ad alleviare il loro odio, quanto meno a tentare di convivere nella stessa stanza.
Severus cercava di farlo soprattutto per sua figlia, ma anche in memoria della sua cara amica Lily.
Anche Harry aveva ora i suoi buoni motivi, tra cui spiccava per eccellenza la sua Corin.
Erano ormai giunte le sette e la pendola dietro la scrivania di Severus, ricordò ai due presenti, con i suoi rintocchi, lo scoccare dell’ora.
Severus alzò lo sguardo sul ragazzo, abbassando la bacchetta che ancora aveva puntata contro di lui.
“Ci vediamo nuovamente lunedì prossimo alle sei…”esordì con tono neutro. “Anche se presumo che dovrò sopportarti a lezione di Pozioni durante la settimana”continuò con tono acido.
Harry rimase qualche istante in silenzio, sebbene la sua bocca si storse leggermente nel sentire la seconda frase di Piton. Neppure a lui faceva piacere incontrare il docente a lezione di Pozioni! Ciò che invece non era venuto in mente al professore era che avrebbero potuto incontrarsi quando uno dei due era in compagnia di Corin, ma giustamente il Grifondoro non era così stupido da ricordarglielo. Rimase allora in silenzio, per poi decidere che era sicuramente meglio levare le tende e allontanarsi dall’ufficio di Piton.
“Beh…io vado…”disse con tono appena incerto. “Arrivederci, professore.”
Fece per dirigersi verso la porta, ma Severus lo bloccò all’uscio, quando la mano del ragazzo stava per far ruotare la maniglia.
“Dove stai andando, Potter?” domandò con tono minaccioso.
Harry si voltò, preoccupato. “Emh…io pensavo che avessimo finito…”
“Infatti abbiamo finito e se Merlino vuole te ne puoi anche andare dal mio ufficio…mi domandavo solo dove saresti andato adesso...dopo aver lasciato il mio ufficio…”
Harry deglutì. Doveva incontrarsi con Corin e Piton non sembrava intenzionato a lasciarlo andare senza prima avergli fatto il terzo grado.
Soppesò le parole con cura prima di rispondere:” Non credo che le farebbe piacere saperlo, signore…”
Il volto di Piton si contrasse appena. “Almeno sei stato sincero Potter…un tale atto eroico non me lo aspettavo da uno come te” disse beffardo.
Harry non rispose, continuando a fissarlo, immobile davanti alla porta.
Severus rimase qualche istante in silenzio anche lui, per poi parlare improvvisamente con tono quasi scocciato:”Sono in infermeria. Mia m…Carol” si corresse “si è da poco svegliata…”
Abbassò lo sguardo, portandolo sui compiti sulla sua scrivania.
Harry avvertì il suo disagio e decise che forse era ora di andarsene per davvero. “Grazie e arrivederci” disse riuscendo finalmente a sparire dietro alla porta, per poi dirigersi a passo svelto verso l’infermeria. Quell’indicazione di Piton si era rivelata molto utile.
Nel frattempo il docente di Pozioni correggeva svogliato i compiti del terzo anno, la mente che si perdeva spesso, rivolta alle persone che si trovavano in infermeria. Prima o poi non avrebbe più resistito e sarebbe andato a vedere cosa succedeva lassù.
 
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