Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

OCCHI DI GHIACCIO

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Serpe89
view post Posted on 26/11/2010, 01:32 by: Serpe89




Ecco un altro capitoletto....
Spero vi piaccia...c'è molto Sev in questo capitolo (o meglio, molto della mia immagine personale di Sev)
Buona lettura e grazie romi, per il tuo commento!!! :felix:

Per romi:questa sera ho aggiornato io! :lol: Comunque mi ero dimenticata di scrivere nel commento alla tua fic che mi gusta molto la tua firma!Lucius in versione "trasandato" è molyo sexy!!!! :uhuh:


Capitolo 16

Semplicemente un uomo


“Dove sono? Cosa ci fai tu qui?” domandò Carol guardandosi attorno spaesata, volgendo gli occhi a destra e sinistra. Il suo sguardo non mentiva: era spaventata e disorientata e Severus capì che non ricordava nulla degli ultimi avvenimenti.
“Devi stare calma…”
Lei lo interruppe. “Come faccio a stare calma? Non ho la minima idea di come sono arrivata qui…e soprattutto del motivo per cui tu ti trovi davanti a me!”
“Se mi lascerai parlare, ti spiegherò tutto.” Sapeva che era frustrata e arrabbiata per quello che stava succedendo. Avrebbe voluto avvicinarsi a lei, carezzarle il viso, stringerle una mano e rassicurarla, ma sapeva che non poteva. Non era così vicino a lei da molto, molto tempo: pochi metri d’aria li separavano, ma Severus sapeva che tra loro si ergeva un muro, un grande e invalicabile muro invisibile, che gli anni di lontananza avevano inesorabilmente costruito, mattone dopo mattone.
Rimase seduto sulla poltrona in cui si era addormentato e rivolgendosi a Carol, disse: “Allora? Guardati bene attorno…sicura di non capire dove ti trovi?” E accompagnò le sue parole, con un gesto delle mani, volto ad indicare la stanza nella sua interezza.
“Sembra un’infermeria…” disse titubante.
“Esatto! Ma non è un’infermeria qualunque…”
Carol osservò la stanza ancora qualche istante, poi esclamò: “Sono ad Hogwarts!” E si lasciò sfuggire un sorriso, mentre Severus annuiva alla sua risposta.
“Come sono arrivata qui? Come è possibile che io non ricordi nulla?”
“Non so rispondere a tutto…ma spero che insieme riusciremo a giungere ad una conclusione accettabile. Tu cosa ricordi? Cerca di sforzarti…è molto importante che tu mi dica qual è l’ultima cosa che ricordi.”
Carol ci pensò un po’ su. “Mhhh…dovevo parlare a Corin perché le avevo mandato un gufo da una settimana e non mi aveva ancora risposto…dovevo parlare con Karkaroff…gli avevo chiesto un appuntamento, perché via gufo la sua risposta era stata molto vaga.”
“E poi? Cosa è accaduto…”
“Niente…tutto nero…”
“Cerca di pensarci bene! Non ricordi proprio nulla?”
Lei si mise a pensare con estrema concentrazione, cercando di ricordare. Dopo alcuni minuti che era completamente assorta nei suoi pensieri, Severus vide nei suoi occhi accendersi una sorta di scintilla. La conosceva bene e sapeva esattamente quali fossero le sue reazioni.
“Avanti…dimmi tutto!” disse sporgendosi un po’ verso di lei, come ad invitarla a parlare.
“Era sera…stavo uscendo di casa…un uomo vestito di nero si è avvicinato e…”
“E?” incalzò lui.
“Niente” rispose lei affranta. “Poi non ricordo più nulla.”
“Sapresti riconoscere l’uomo?”
“No…aveva il volto coperto.”
“Accidenti…” imprecò Severus a bassa voce. “Purtroppo non abbiamo risolto granché….”
“Ora tocca a te spiegarmi il resto della storia…” disse Carol, sistemandosi più comodamente sul letto ed incrociando le braccia.
“Sei qui perché eri sotto incantesimo! Non eri assolutamente in te stessa…mi hai aggredito e ho dovuto schiantarti. Poi ti abbiamo sedato perché eri piuttosto aggressiva con tutti.”
“Sei ferito?” chiese lei.
“Una bella nuova cicatrice non me la eviterà nessuno. Hai usato un brutto incantesimo di Magia Oscura a quanto pare…Comunque ora sto bene.”
“Fammi vedere.”
“Non è importante…”
“Severus! FAMMI VEDERE!” disse scandendo bene le parole e alzando la voce.
“Sei di nuovo sotto incantesimo, Carol?” chiese Piton con tono ironico, iniziando a sbottonarsi il polsino sinistro della camicia.
Lei fece una smorfia di disappunto. “Mi prendi in giro?” Poi guardò Severus negli occhi. Aveva stampata in volto quella sua espressione sarcastica che, fin da quando era ragazzina, adorava. Le sue labbra si incurvarono appena all’insù: non era riuscita ad evitarlo.
Lui lo notò, ma abbassò subito lo sguardo, facendo finta di non essersene accorto e continuò ad arrotolarsi con fervore la manica della camicia, fino a che non raggiunse quasi la spalla.
“Ecco qui!” disse indicando il suo braccio, all’altezza del bicipite, dove era ben visibile una grossa fasciatura.
“Vieni qui!” disse Carol indicando il letto. Severus si sedette, celando una crescente emozione.
“Posso?” chiese lei scostando pian piano le bende e lui le fece un lieve cenno d’assenso.
Iniziò a srotolare lentamente la fasciatura, fin quando non si trovò di fronte la brutta ferita, che pian piano stava iniziando a rimarginarsi.
“Mi dispiace” disse con un sussurro e sfiorando appena la pelle vicina al taglio.
Severus sussultò a quel contatto, per lui meraviglioso e inaspettato. Ma Carol non ne capì il vero motivo, infatti esclamò: “Scusa! Non volevo farti male!”
“Non…non ti preoccupare!” rispose Severus.
“Ti aiuto io a sistemare la benda e la camicia” si offrì lei ed iniziò a riposizionare le garze e a riportare giù la camicia, con movimenti delicati e precisi, evitando di fargli del male.
Severus la guardò, mentre le sue mani lo toccavano appena: avrebbe tanto voluto che quella dannata camicia gliela strappasse di dosso, anziché rimettergliela a posto!
Quei pensieri così poco consoni alla situazione lo fecero imprecare. “Dannazione!” sussurrò.
“Cosa hai detto?”
“Niente! Hai finito?”
“Quasi…” Fu a quel punto che gli girò l’avambraccio per chiudergli meglio il polsino e lo vide: il Marchio Nero si stagliava inevitabilmente lì…macabro e crudele. Non l’aveva mai visto su di lui, perché Severus l’aveva sempre nascosto alla sua vista con complicati incantesimi di Magia Oscura. Ed ora…eccolo lì! Un tatuaggio all’apparenza semplice ed esteticamente neppure così brutto, che però nascondeva tutta la cattiveria di questo mondo.
Lo guardò per qualche istante, poi con i suoi occhi chiarissimi penetrò quelli scuri e bui di Severus, che stava osservando la scena come se quel braccio non fosse realmente il suo. Solo allora si riscosse e ritrasse violentemente il braccio, chiudendosi da solo il polsino.
Carol lo guardò con sguardo triste e solo dopo un po’ gli domandò: “Allora Severus…non mi hai ancora detto perché sono venuta fin qui ad Hogwarts…per ucciderti, forse?”
“Non so quale fosse la tua intenzione…se uccidermi o farmi solo del male…la tua priorità era…” Si bloccò. Non sapeva come dirgli la verità, ossia che Corin era lì.
“Allora?”
Tacque ancora qualche istante. “Sei venuta a riprendere Corin…” Terminò a bassa voce.
“Cosa? Corin è qui? Ecco perché non mi rispondeva. Non era più a Durmstrang.”
Severus rimase in silenzio, non sapendo assolutamente cosa dire.
“E’ venuta di sua spontanea volontà?” La domanda di Carol lo colpì positivamente. Sembrava disposta al dialogo, più di quanto lo era stata in tutti gli anni passati.
“Sì…mi ha contattato lei. Mi ha scritto che voleva conoscermi e che sarebbe venuta qui di nascosto perché tu non le avresti mai dato il permesso.”
“Non dovevi farla venire…Mi sembrava di essere stata chiara su questo punto.”
“Mi sembra che sia abbastanza grande per fare le sue scelte. Non è più una bambina:”
“Ma tu non glielo hai impedito!”
“Come potevo impedirglielo, Carol? Volevo vederla! Lei…lei…è anche mia figlia, cazzo!”
Carol tacque a lungo, visibilmente consapevole che Severus le aveva detto la semplice verità . “Voglio vederla…vai a chiamarla.” disse, evitando così di prolungare quella difficile conversazione.
Severus annuì e parlò così, avviandosi verso la porta. “Sono felice di essere riuscito a discutere con te piuttosto civilmente. Spero che un giorno riuscirai a renderti conto che ora sono un uomo diverso.”
“Lo so che sei diverso, Severus…”
Lui la guardò negli occhi, felice di sentire quelle parole. Stava quasi per abbozzare un sorriso, quando lei aggiunse: “Ma ormai è passato troppo tempo…” E così dicendo, abbassò lo sguardo, mentre i suoi occhi chiari si incupivano, incapaci di nascondere l’immane tristezza che si stava impossessando di lei.
Piton non rispose. Uscì dall’infermeria, chiudendo l’uscio alle sue spalle. Voleva piangere, gridare, urlare, strapparsi le unghie contro il legno della porta. Ma niente di tutto ciò si addiceva a lui. Rimase impassibile, come se, invece di ciò che aveva appena udito, gli avessero detto le previsioni del tempo. Seduti poco distanti, là fuori, c’erano Corin e Silente che discutevano tranquillamente, gustandosi qualche Ape Frizzola, che sicuramente il preside aveva tirato fuori dalla sua veste.
Albus guardò Severus negli occhi e capì che era successo qualcosa, ma non gli domandò nulla, per paura di essere invadente. Anche Piton si accorse che Silente aveva intuito il suo stato d’animo: era una delle poche persone che sapeva interpretare correttamente la sua personalità.
“Corin! Tua madre vuole vederti…” disse con voce apatica, poi si rivolse al preside: “Albus, saresti così gentile da accompagnarla tu?”
“Certamente!” esclamò Silente con un gran sorriso.
“Beh…io ora devo proprio andare! Mi sono trattenuto fin troppo a lungo!” disse e si dileguò lungo i corridoi, desideroso di allontanarsi il più possibile da lì. Si sentiva soffocare. Aveva bisogno di un po’ di aria fresca e di una passeggiata che gli schiarissero le idee.
Si voltò un’ultima volta in direzione dell’infermeria e vide Corin e Silente entrare nella stanza, poi girò dietro l’angolo ed iniziò a dirigersi sempre più rapidamente verso l’uscita della scuola, per andare nei giardini.
Camminava senza sosta, senza fermarsi e il suo passo sembrava accelerare sempre più. Non smise la sua forsennata passeggiata finché non si ritrovò in riva al lago, sotto le fronde del grande albero che si ergeva lì, solitario e maestoso.
Gli venne subito in mente che quel luogo aveva assistito al primo bacio tra Corin ed Harry, quello che aveva impunemente estratto dai pensieri del ragazzo. Ma sapeva che quel posto era stato la cornice di tante avventure e altrettante storie d’amore. E la sua non aveva fatto eccezione. Riaffiorarono prepotenti e nitidi i ricordi dei suoi pomeriggi passati con Carol, vissuti da giovane studente e con poche e inutili preoccupazioni che gli riempivano le giornate. Passavano ore insieme a parlare, studiare, ridere e…rubarsi qualche bacio.
Era incredibile come quei ricordi riemergessero proprio ora, dopo così tanto tempo che sembravano essersi sopiti. Aver rivisto lei, averle parlato, aver sentito le sue mani sfiorare la sua pelle…tutto aveva sortito l’effetto sbagliato su di lui.
Riecheggiarono ancora una volta nella sua testa le parole che lei aveva pronunciato poco prima:”Lo so che sei diverso Severus…ma ormai è passato troppo tempo.” Gli avevano provocato un dolore non indifferente, che superava di gran lunga la sofferenza fisica della ferita che gli aveva inflitto durante il loro ultimo scontro.
Sbatté con violenza i pugni contro la corteccia dell’albero, appoggiando la testa sulla superficie rugosa, avvolto nello sconforto più totale.
Chiuse gli occhi: non voleva vedere più nulla. Neppure la gioia di aver finalmente rivisto sua figlia, dopo quattordici lunghissimi anni, riusciva a risollevarlo in quel momento. Sentiva in bocca il sapore dei suoi fallimenti, un vago retrogusto amaro che non riusciva ad eliminare.
Era solo. Era abituato ad esserlo. E a nessuno voleva mostrare queste sue debolezze. Si malediceva con foga, continuando a picchiare i pugni sul grande tronco, perché detestava sapersi così fragile, in fondo alla sua anima. Si sentiva come un coccio di vetro sotto la furia degli elefanti, completamente in balia di sentimenti che ormai non poteva più nascondere a se stesso, ma che si sforzava a tutti i costi di celare agli altri.
Si scostò dall’albero, portandosi sulla riva del lago e si mise ad osservare la calma piatta di quella immensa distesa, che si perdeva in quella giornata uggiosa, confondendosi con la nebbiolina che serpeggiava bassa.
Solo allora, che era uscito dal riparo delle fronde, si rese conto che aveva iniziato a piovere: una pioggia fitta e insistente, che gli intrise subito il viso, i capelli e gli abiti.
Ma non se ne curò, rivolgendo attenzione solo ai suoi pensieri.
“Severus: impassibile, morigerato, sarcastico, crudele, imparziale, piatto, senza emozioni…”: così lo definivano gli altri, ma lui sapeva che non era vero, che tutto di lui era nascosto dietro ad una maschera.
Dietro di essa, però, si celava un uomo, un uomo come tutti gli altri, con dei sentimenti veri e puri. E in quel momento, tutto questo appariva di una estrema semplicità ai suoi occhi, tanto da lasciarlo attonito e sconcertato.
Nella sua solitudine, volse gli occhi al cielo e ancora una volta, il sapore delle sue lacrime si mescolò a quello della pioggia...

Edited by Serpe89 - 6/6/2011, 01:34
 
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