| buonsalvesera *w* ebbene yesss dopo il ritorno della lovva Ely con Black Eyes posto pure io finalmente ù.ù è un capitolo corto *-* (per i miei standard ovvio xD). Avvertenze: placidità, diabetanza, OCCtà, un capitolo semplice semplice *-* state tranquille, vi farò svenare ancora per questo ed il prossimo, poi i fatti inizieranno ad essere un pò più vivi *-* Nell'aggiornamento troviamo Ave Maria Pagana (dal musical Notre Dame De Paris *_*) e Il Mio Inizio Sei Tu (del cartone Anastiasia *.*). Spero che anche se è un pò semplice come capitolo vi piaccia *-* I lov you girlz <3 grazie per i commenti ç*ç Ora vi lascio, buona letturaaa : *
Settimo Capitolo (o.o di già?! °-°") L’ennesimo afoso giorno estivo stava volgendo al termine. Un pallido tramonto stava scacciando il sole. Mentre un venticello contornava il tutto. Lo stesso venticello che faceva muovere le tende di una locanda. La finestra era aperta. Le coperte del letto scombinate. E avvolto nel soffice lenzuolo Draco dormiva beatamente. Come Anna immaginava pochi minuti dopo l’ultima parola si erano abbandonati. Ma stavolta non era come la castana pensava. Non era il loro solito sesso fatto a mo di gioco. Niente punzecchiarsi a parole. I due si erano sorpresi a cercarsi veramente. Con gesti passionali e naturali. Così genuini. Finendo dopo tanto per fare l’amore vero. Anna era in piedi accanto alla finestra. Indosso solo le mutandine e la camicia del biondo. Guardava fuori e rifletteva. Si sentiva come catapultata in un altro mondo. Ma come tutti i mondi anche quello sarebbe svanito di li a poco. La castana si voltò di poco verso Draco. Sonnecchiava beatamente. Quasi come un bambino. D’istinto puntò gli occhi al cielo di fuori. Si stava oscurando. Ed in mezzo al buio c’era ancora lei. Quella che Anna cercava. Una piccola stella brillava già lontana. Da quando Giulia gliene aveva parlato non poteva più fare a meno di lanciare almeno un’occhiata a lei. Evangeline. La castana chiuse gli occhi. Prese un profondo respiro. “Ave Maria, perdonami…non so che ho fatto ma tu lo sai…” iniziò a cantare piano. Non ci stava credendo nemmeno lei. Stava. Pregando. Lei che non credeva a nulla se non a se stessa. “Ave Maria, questa terra è una terra straniera…Ave Maria, io sono sola…se sei madre e conosci il dolore, qui c'è la tua bambina…” continuò. Non voleva svegliare Draco. Però sentiva che quello che stava facendo era necessario. “Ave Maria, questo è un mondo di pazzi e non l'amo…” aggiunse subito. Anche se era stata rincuorata dell’aver rivisto il biondo, c’era ancora qualcosa che non andava. Anna continuava ad aver paura. Paura di non poter più stare con lui. Paura che sarebbe finito tutto. Paura per quei graffi sulla sua schiena che potevano diventare punizioni peggiori. “Ave Maria, io non ho pace…fammi dolce e più caro l'amaro…è questa la mia preghiera…” esordì. Forse pregare era l’unica cosa che le era rimasta. Avrebbe smosso mari e monti pur di sapere che lui fosse al sicuro. Non si fidava molto di Lucius. Bastava vedere quello che aveva fatto a Draco. Non gliel’aveva ancora perdonato. Buttarlo così fra le braccia di un male grande più di tutto il mondo. Era un gesto ignobile. Lei con i suoi figli non l’avrebbe mai fatto. In quel momento la castana se lo ripromise. Scorpius non avrebbe mai avuto quell’orrendo segno addosso. Elizabeth tantomeno. “Ave Maria, parlo a te come amica pagana…” la chiamò ancora. Avrebbe voluto proteggere il biondo lei stessa. L’avrebbe rapito pur di non farlo tornare da quella marmaglia di feccia. Ed ancora non capiva. Come potessero Lucius e Narcissa non fare nulla. Lei che amava Draco più di ogni altra cosa. Possibile che la fierezza purosangue arrivasse a tanto? “Ave Maria, io amo un uomo...tu proteggilo come io l'amo…” chiese Anna. Aveva congiunto le mani al petto. Sopra l’iniziale marchiata sotto la pelle. Avrebbe voluto che quel giorno e mezzo insieme non finisse mai. Sapeva che l’addio sarebbe stato devastante. Perché lei sembrava forte. Ma tutta la sua volontà veniva meno quando stava con Draco. “Ave Maria…” sussurrò infine. D’improvviso si sentì abbracciare da dietro. “Era da tanto che non ti sentivo cantare…” commentò il biondo. Anna arrossì. “Non ti devi preoccupare tesoro…non commetterò altre stupidaggini…non ti metterò in pericolo…” la rassicurò Draco. Ma la castana scosse la testa. Si sciolse dall’abbraccio e si voltò. “Stupido di uno Schiopodo! Lo vuoi capire che non mi importa nulla di me?! Io voglio che tu non sia in pericolo!” rimbeccò sicura. Il biondo rimase a bocca aperta. “Io so come difendermi! Se fanno male a me so come curarmi! Ma se ne fanno a te…non potrei mai sopportalo…” sussurrò. Per poi tornare a voltarsi verso la finestra. Dando la schiena al ragazzo. Per non farsi vedere. Gli occhi lucidi. Odiava farsi vedere così debole. Così persa. Draco si avvicinò piano. Le schioccò un dolce bacio sul collo. “Prometto che non farò più nulla di sconsiderato che possa mettermi in pericolo…così va meglio?” si corresse. Anna annuì. Il biondo le cinse i fianchi con le braccia. “Non avrei mai creduto di dirlo ma…mi manca la scuola…e mi manca Silente…” disse all’improvviso la castana. Draco si irrigidì. In verità pensava le stesse cose. “Chissà che ne sarà di Hogwarts…” sospirò ancora lei. Il biondo appoggiò la fronte sulla sua schiena. Si sentiva incredibilmente in colpa per tutto. Quello che stava per fare. Quello che aveva scatenato. “È tutta colpa mia…” esordì triste. Anna scosse la testa. “Sono io che ho fatto entrare i Mangiamorte…sono io che ho messo in pericolo la vita di tutti voi…non meriterei nemmeno di essere ancora vivo…Silente dovrebbe esserlo al posto mio…” commentò ancora Draco. La castana si staccò da lui e si girò. Per guardalo negli occhi. In quei glaciali occhi grigi. “Malfoy smettila di lagnarti…quello che è fatto è fatto e di certo non servirà a nulla piangerci su…cerca invece di fare del tuo meglio per non farti uccidere veramente…” sbottò secca. Il biondo incatenò il suo sguardo a quello di lei. Eccole. Le solite parole di conforto di Anna. Dure ma efficaci. Che riuscivano sempre a dargli quella scossa di razionalità che gli ci voleva. “…anche perché lo sai…se muori tu muoio anche io…” concluse tragica la castana. Draco scosse la testa. La prese per un braccio e la tirò a se. Per baciarla. Un brontolio ruppe il momento di patos. “Dovevo immaginarlo che il momento serio sarebbe durato poco…” commentò il biondo divertito. La castana gonfiò le guance imbarazzata. “Hai fare eh?” la prese ancora in giro lui. Anna lo spinse in la e incrociò le braccia al petto. “Si, e pretendo di avere una montagna di cibo…” sbottò. Draco scosse la testa. “Nessun problema signorina…possiamo farci portare la cena in camera…” esordì a mo di gentiluomo. Senza farselo ripetere la castana si buttò sul letto e allungò una mano per prendere il menù sul comodino. Si mise a pancia in giù. L’amante la raggiunse poco dopo. “Sono parecchie costose le cose qui eh…” osservò interessata. Scorrendo gli occhi sulle pagine. Il biondo alzò le spalle arreso. “Non preoccuparti…ordina pure tutto quello che vuoi…” precisò. Anna lo guardò quasi ovvia. “Certo, e chi si preoccupa! Non serve che me lo dici…tanto lo avrei fatto lo stesso…” rimbeccò spavalda. Draco scosse la testa. “A proposito…da quando sei diventato così ricco da poterti permettere una camera con servizio in un posto del genere?” chiese ancora la castana. Visibilmente interessata a un paio di pietanze. “Lo sono sempre stato…” rimbeccò il biondo. Anna lo guardò scettica. “Senza le risorse del papino intendevo…” precisò. Il ragazzo si alzò a sedere. “Con il compimento della maggiore età sono diventato legittimo proprietario della mia cassaforte alla Gringott cara…se ti dicessi quanti sono i risparmi che i miei ci hanno ficcato dentro in questi diciassette anni impallidiresti…” ghignò soddisfatto. La castana tornò con lo sguardo al menù. “Beato te…i miei per il compleanno non mi hanno nemmeno comprato una torta…” osservò acida. Draco rise. “Quindi sei consapevole di stare con uno degli uomini più ricchi del mondo magico?” gongolò. Anna sospirò esasperata. “Che bellezza…” rispose ironica. Il biondo si chinò verso di lei. “Immagino tu non abbia collegato il fatto che, in quanto tu sia la mia futura moglie, tutto quello che c’è nella cassa forte sarà anche tuo…” le sussurrò nell’orecchio. Anna spalancò gli occhi. L’idea non l’aveva nemmeno sfiorata. D’improvviso lasciò andare il menù e per poco gli saltò in braccio. “Quanto amo il mio futuro maritino!” cinguettò. Draco la guardò poco convinto. “Ruffiana…” soffiò. La castana ghignò. “Non dovrò mai più lavorare allora…” ragionò ancora lei. “Quando mai hai lavorato? E soprattutto, dove?!” esclamò stupito il biondo. Stavolta fu Anna a gongolare. “Ho fatto un servizio fotografico come modella per il catalogo di vestiti di Armony settimana scorsa…” spiegò. Sul viso di Draco si aprì un sorrisetto. “Sto con una modella…” disse soddisfatto. La castana scosse la testa. “Era solo un servizio per un catalogo…non sono una modella…” lo corresse. Il biondo sbuffò. “Vedrai che appena ti vedranno avrai un sacco di chiamate da altri fotografi…” commentò. Anna sorrise divertita. “Calmati Malfoy…sembri una teenager esagitata…” lo prese in giro. Draco le diede una spinta. “Però…eri vestita a sufficienza vero?” chiese ancora. Stavolta la castana rise. “Ma certo che ero vestita stupido!” rimbeccò. Il biondo la guardò scettico. “Sempre il solito geloso…” lo sbeffeggiò Anna. Dandogli un pizzicotto su un braccio. Draco alzò gli occhi al soffitto. “Lo sai che non sopporto che gli altri ti guardino…” sbottò convinto. La castana trattenne ancora una risata. Quando faceva così somigliava ad incredibilmente ad un bambino capriccioso. E stranamente la inteneriva. Piano si avvicinò e lo abbracciò. “Non farò altri servizi fotografici…a parte che non credo mi chiameranno…sono troppo bassa per diventare una modella…non sono perfetta come quelle stangone…” commentò. Quasi con una vena dispiaciuta nella voce. Draco scosse la testa. “Tu per me sei perfetta…” sussurrò. Anna si bloccò. Era arrossita. “Il…il tuo è un parere soggettivo! Non vale!” commentò a disagio. Il biondo sorrise. “Se ti chiamano però accetta…se ti diverti sarebbe uno spreco perdere certe occasioni…” le consigliò. La castana sospirò. “Non mi chiamerà nessuno…” ripetè. Draco si alzò di poco e le diede un bacio sulla fronte. “Mangiamo ora…ho una fame!” esclamò ancora Anna. Il biondo rise. Sul comodino stava posato un telefono. Prese la cornetta e schiacciò un tasto. La castana gli elencò l’ordinazione e lui la ripetè appena la linea fu presa alla reception. “Certo…lo champagne è perfetto…ok…per le otto e mezza…grazie mille…” concluse Draco. Anna battè le mani contenta. Poi però guardò l’orologio da parete sulla specchiera. “Ma ora sono le sette…io ho già fame…potevi dirgli un’ora più vicina…” si lamentò. Il biondo sorrise malizioso. “Fino alle otto e mezza abbiamo altro da fare mia cara…mi hai fatto spendere un capitale solo in cibo…” osservò. La castana scosse la testa. “Sei uno sporco approfittatore Malfoy…” sbuffò. Draco fece il finto innocente. Anna spazientita lo spinse sui cuscini. Ridendo. Non si sentiva così leggera da molti giorni. “Ti ricordo che mi devi un regalo di compleanno…” le ricordò ancora lui. “La tua sensibilità fa pena Malfoy…tel’hanno mai detto?” sbottò la castana. Draco la prese per i fianchi e la ribaltò. Cambiando la situazione. “E tu sei incredibilmente bella quanto ti arrabbi Haliwell…tel’hanno mai detto?” le fece il verso. Anna arrossì. E il biondo ghignò. “Solo io so come farti stare zitta…ammettilo…” commentò vittorioso. La castana si trattenne dal tirargli un calcio nello stomaco. “Ti odio…” soffiò. Draco si chinò su di lei. “Tanto lo so benissimo che non è vero…e comunque ho ragione io…dicendo che sei bella ho solo detto la verità…” precisò. Ancora una volta Anna rimase senza parole. Riusciva sempre a spiazzarla. Piano gli avvolse le braccia al collo. Congiungendovi dietro le mani. E lo tirò a se. Per poi baciarlo. Per quella giornata non le sarebbe costato nulla farsi prendere un po’ in giro. A lei bastava stare con lui. Doveva approfittare di ogni minimo momento. Perché poi non avrebbe più avuto il suo personale Edward Cullen. In un’altra stanza la situazione era progredita decisamente meno. Giulia aveva preso a trotterellare curiosa per tutta la casa. Severus la guardava divertito. Pian piano aveva esplorato la cucina. Gironzolato per il salotto. E letto ogni titolo possibile della libreria. Perfino guardato da tutte le finestre. Quando arrivò alla porticina che conduceva di sopra si fermò. Come una bambina che rimane improvvisamente intimidita da un nuovo luogo. “Posso salire?” chiese insicura. Piton sorrise. “Se proprio devi…” acconsentì. Era davvero una delizia starla a guardare. La ragazza spinse la porta e salì i piccoli gradini di legno a due a due. Così per divertimento. Fino ad arrivare in cima. Dove appariva un corridoio. Giulia continuò a guardarsi in giro quasi meravigliata. Le sembrava di essere capitata in un altro mondo. Si sentiva molto Alice nel Paese delle Meraviglie. Ma li non c’era nessun Bianconiglio o Cappellaio Matto. Al massimo un Brucaliffo. La ragazza ridacchiò al pensiero del professore vestito da bruco blu con la pipa in mano. Quello che contava però era che li aveva tutto ciò di cui aveva bisogno. Era un mondo parallelo solo per loro. A qualche passo dietro di lei Piton la seguiva ancora. Giulia fece scorrere una mano sulla parete. Nella casetta era tutto scuro. Talmente scuro che quasi sembrava emanare calore. Niente a che vedere con le fredde pareti bianche di casa sua. La ragazza si fermò arrivata ad un quadro. Si scostò di poco per vederne il soggetto. Era il ritratto di una giovane donna. Doveva avere trent’anni circa. Lunghi capelli corvini. Due occhi neri che Giulia riconobbe subito. Allora rimase senza fiato. Severus rimase immobile accanto a lei. Nell’attesa che dicesse qualcosa. Perfino lui era sorpreso di se stesso. Non sapeva perché ma non era mai riuscito a disfarsi di quel quadro. Come al contrario aveva fatto con quello di suo padre. Che aveva bruciato appena sua madre era morta. “Sev…questa è…” boccheggiò ammirata la ragazza. Piano si chinò verso la scritta incisa sulla cornice. “Eileen Prince…” lesse. Il professore annuì con un movimento impercettibile della testa. “Era davvero una bella donna…” si lasciò sfuggire ancora Giulia. Piton si morse la lingua per non puntualizzare che infatti lui aveva preso tutto dal padre. La ragazza analizzò le altre pareti per vedere se ci fosse qualche altro ricordo. Però era tutto vuoto. Ne capiva perfettamente il motivo. Le uniche cose a cui teneva Severus del passato erano quell’unico quadro e la medaglietta che portava al collo. Aveva abbandonato perfino il suo libro di Pozioni, così curato e corretto. Con un sorriso dolce Giulia proseguì. Passando davanti al bagno. Su questo si soffermò poco. Notando che c’era una vasca come quella che stava nell’ufficio ad Hogwarts. A quel pensiero arrossì. Poi andò avanti. C’erano delle porte chiuse. Che lei non si azzardò a cercare di aprire. Raggiunse facilmente l’unica aperta. Era l’ultima infondo al corridoio. La ragazza si sporse dallo stipite della porta curiosa. Al centro della stanza stava un grande lettone matrimoniale. Severus incrociò le braccia al petto. Mentre vedeva gli occhi di lei luccicare. Giulia continuò a guardarsi in giro come se ogni cosa fosse nuova. Uno specchio era appeso alla parete alla destra del letto. Vicino a questo era posizionata una scrivania con una sedia. Di fronte al letto, appoggiato alla parete un miniarmadio. Non copriva nemmeno fino al soffitto. Poi alla sinistra stava una finestra. Le tende erano tirate. La ragazza la raggiunse e sbirciò fuori. La vista dava sulla ciminiera ed un parco si intravedeva in lontananza. “Non è il massimo lo so..” la precedette Piton. Giulia però scosse la testa. Senza perdere tempo si sedette sul letto con un balzo. “È morbidissimo!” esclamò contenta. Severus sospirò. Stentava a credere di essere di fronte alla sua futura moglie. E non direttamente a sua figlia. “Ora che l’hai constatato cosa pensi di fare?” commentò quasi esasperato. La ragazza gongolò. L’abbraccio fra loro era durato un sacco. Senza contare il discorso sulla cena, che non avevano nemmeno concluso. Alla fine si erano ridotti a baciarsi in cucina. Poi lei aveva iniziato a ispezionare quel suo nuovo mondo. Così erano arrivate le sei. Giulia increspò le labbra in una smorfia a mo di bocca di polipo. A pensarci non c’era nulla da fare. A parte una cosa. Però cercò di evitare di arrossire per mantenere un minimo di serietà. Dopotutto erano due maghi. Di sotto non c’era nulla da mangiare e anche se avesse voluto cucinare non ci sarebbe stata la materia prima. Il suo stomaco estraniò i suoi pensieri con un gorgoglio decisamente poco fine. Severus aprì la bocca per puntualizzare. Ma Giulia lo precedette. “Ma certo! Pronto Cibo!” esclamò all’improvviso. Il professore la guardò dubbioso. La ragazza sorrise. “Ho letto che c’è un servizio a domicilio di ristorazione per maghi! Come si fa nei ristoranti in America!” spiegò. Severus la guardò inarcando un sopracciglio. “E questa idea geniale dove l’avresti sentita?” commentò acido. Giulia alzò gli occhi al soffitto. “L’ho letto su Strega Oggi…” confessò. Quasi facendo finta di nulla. Piton trattenne una risata. “Vedo che le letture acculturate non mancano…” esordì ancora ironico. La ragazza tossicchiò. “Mia madre l’aveva lasciato in cucina e ho dato un’occhiata…non mi sembra male come soluzione, vero Sev? Basta che scriviamo l’ordine su in bigliettino e diciamo le parole magiche…” spiegò. Il professore si appoggiò allo stipite della porta. “…e poi apparirà Maga Magò per caso? O Mago Merlino? Anzi no, la Fata Turchina!” la prese in giro. Giulia sbuffò. “La Fata Turchina appare solo se ordini cibo turco…” rimbeccò. Severus rise. Il tono serio che usava era troppo anche per lui. La ragazza continuò a fare la finta imbronciata. “Se hai una proposta migliore io sono sempre qui eh…” sbottò. Piton scosse la testa e si avvicinò. “E sentiamo…quali sono le parole magiche? Supercalifragilistichespiralidoso?” la punzecchiò. Giulia incrociò le braccia al petto. “Spiritoso…tu e il dottor Cox andreste molto d’accordo…” rispose sempre più corrucciata. Severus evitò di chiedere chi fosse l’altra persona di paragone. Probabilmente era l’ennesimo personaggio di un telefilm babbano. “Se ne è così tanto sicura, mi meravigli signorina Wyspet…avanti…” la invitò sornione. Usando apposta il tono formale. La ragazza si alzò e prese la bacchetta dalla borsa che ancora non si era tolta. Fece apparire un foglietto ed una penna. “Che cosa vogliamo mangiare?” chiese dubbiosa. Piton fece finta di pensarci. “Io avrei voglia di cibo giapponese…o di patatine fritte e pollo…” ragionò ancora Giulia. Severus la guardò alzando un sopracciglio. “Se mi vuoi uccidere facendomi rivoltare lo stomaco stavolta penso che ci riuscirai…” soffiò. La ragazza scosse la testa divertita. Scrisse sul foglio la cosa più semplice che le passava per la testa. Un’ora. E l’indirizzo. Poi iniziò a picchiettare la bacchetta sulle lettere. “Non ti ricordi l’incantesimo di richiamo eh…” indovinò ancora Piton. Giulia sbuffò. “Certo che me lo ricordo!” rimbeccò disinvolta. Dopo aver pregato la sua memoria per qualche secondo sobbalzò. E sorrise. Il professore la osservava non molto convinto. “Oketi poketi abra cabra da!” cantilenò la ragazza. Tenendo la bacchetta sul foglio. Severus si coprì gli occhi con una mano. Al massimo dell’esasperazione. Il foglio però sparì in un attimo. Giulia sorrise soddisfatta di se stessa. “La cena dovrebbe arrivare fra mezzora…” spiegò. Piton guardò il punto dove era scomparso il foglio. “Questo vuol dire essere una casalinga al giorno d’oggi suppongo…” commentò acido. La ragazza trotterellò da lui. “Se tu avessi fatto la spesa avrei cucinato io mio caro…” lo punzecchiò. Incrociando le mani dietro la schiena a mo di bambina innocente. Severus la guardò inarcando un sopracciglio. “Io non vado a fare la spesa…” soffiò. Giulia gli fece la linguaccia. In effetti non ce lo vedeva il professore al supermercato. Tutto concentrato in mezzo agli scaffali, per decidere quale marca di sugo fosse più conveniente. Magari anche con un cestino rosso appeso al braccio. Ad immaginarselo per poco scoppiò a ridere. Il professore, vedendo compromessa la sua credibilità, tossì. Per farla tornare al mondo reale. La ragazza fece finta di nulla. “Vorrà dire che andremo a fare la spesa assieme…” ipotizzò. Severus si scostò dallo stipite. “Ci sono molti modi in cui potrei dirti di no…potrei farti scegliere un numero da uno a venti, limitando le risposte ovviamente, e poi risponderti secondo il modo corrispondente…” propose. Giulia lo guardò dubbiosa. “Sedici…” esordì. Piton fece finta di pensare. “Dunque…sedici hai detto? Bene…no, assolutamente no, indubbiamente no, nemmeno se fosse la più alta autorità impostami ad ordinarlo lo farei…” recitò. La ragazza scosse la testa divertita. “Sei un vecchio gufo…” lo prese in giro. Severus la guardò scettico. “E tu una mocciosa insolente…abbi un po’ di rispetto…” sbottò. Lei non poté fare a meno che scoppiare a ridere. Era un concetto così strano di coppia il loro! Una via di mezzo fra formalità e acidità. Il continuo rimbeccarsi. Giulia amava tutta quell’ironia e sarcasmo. E forse anche se lui non lo era più, lo vedeva come un suo professore. Una certa autorità cel’aveva ancora e a lei piaceva punzecchiarlo. Senza dire nulla la ragazza tornò al letto e si guardò in giro. “Sev…non cel’hai proprio una tv? Anche piccola piccola…” chiese pensierosa. Severus scosse la testa. “A che dovrebbe servirmi? E poi fra poco mangiamo…” osservò. Giulia iniziò a rigirarsi la bacchetta fra le dita. Lei non era tipo da cene tradizionali. “Appunto..la tv sarebbe stata perfetta da mettere proprio qui…” rispose. Indicando lo spazio di fronte al letto. Piton la guardò poco convinto. “Io non mangerei mai davanti a quell’apparecchio…troppo chiasso…e poi ti ricordo che hanno inventato una cosa molto comoda per mangiare, chiamata tavolo…” le fece notare. La ragazza si dondolò sulle punte delle Converse. “Ma così è più divertente…” sorrise solo. Il professore sospirò rassegnato. Giulia però continuò ad analizzare il posto vuoto. Un’opzione le balenò in testa. Non si ricordava esattamente quanta potenza avesse l’incantesimo di appello. Però tanto valeva provare. “Accio televisione!” esclamò d’improvviso. Piton rimase fermo in attesa. La ragazza incrociò le dita speranzosa. Dopo qualche minuto un oggetto famigliare apparve nel punto prefissato. Giulia iniziò a saltare battendo le mani. “Dovevo immaginarmelo che ti saresti inventata qualcosa…” commentò secco Severus. Solo allora lei si fermò. “Ecco…io…volevo fare qualcosa di diverso…siccome…abbiamo l’occasione di starcene noi due soli ho pensato che sarebbe stato carino…in effetti non ti ho chiesto se eri d’accordo…scusa Sev…alla fine faccio sempre di testa mia…” si scusò. Il professore sorrise. Piano la raggiunse. “Sia chiaro, lo farò solo per questa volta…che io possa vestirmi di rosso e oro! Intesi?” si arrese. Giulia spalancò gli occhi e lo abbracciò d’improvviso. “Grazie mille Severus! Mi vizi sempre…” lo ringraziò. Piton appoggiò il mento sulla testa della ragazza. “Ne sono consapevole...però preparati perché smetterò presto…” la avvertì. Lei sorrise divertita. Dopo qualche minuto si staccarono. Allora Giulia iniziò a sistemare la tv. Prese la scrivania e la posizionò davanti al letto. In modo che il suo televisore fosse ad un’altezza buona. Poi controllò il lettore dvd. Veniva diretto da casa sua ma non si ricordava cosa stesse guardando. Lo usava poche volte, perché preferiva scendere in salotto con i suoi. Quando capitava che Hermione ed Anna rimanessero per la notte però lo tirava fuori. E scattavano le maratone di telefilm. Quante notti passate in compagnia della equipe di medici del Sacro Cuore, fra i film mentali di JD, le paranoie di Elliott e lo spietato dottor Cox. Quante notti chiudevano gli occhi mentre dottor House curava l’ennesima malattia, oppure Grace cercava di convincersi di non essere innamorata dell’amico Will. Quando lo sportelletto si aprì la ragazza ne rimase delusa. Non aveva lasciato nessun dvd come di solito usava fare. Così le toccò appellare anche qualcuno di questi. Severus la osservava. Lui non avrebbe saputo come muoversi fra tutti quei dischi e pulsanti. Doveva proprio ammetterlo. Erano di due generazioni molto diverse. D’improvviso si sentì un rumore provenire dal piano di sotto. Giulia controllò l’orologio da parete. Poggiò i dvd sulla scrivania e quasi corse giù. Stavano bussando alla porta. La aprì e si trovò davanti un fattorino in tenuta rossa. “Buonasera, Pronto Cibo a rapporto! Servizio di consegna a domicilio per maghi e streghe…” recitò. La ragazza sorrise soddisfatta. Il ragazzo le passò il bigliettino con il prezzo e lei frugò nella borsetta. Gli porse i soldi e lui le diede l’ordinazione. Poi la salutò con un inchino. Per sparire. Giulia trotterellò di sopra con la cena. Cercando di non cadere. Mentre lo stomaco protestava. Severus era rimasto sulla porta. Quando vide le due scatole quadrate capì subito. “Vedo che mi hai risparmiato cibo dal nome incomprensibile…” commentò. Giulia sorrise. Però c’era anche una terza scatola. Più piccola. Piton non chiese spiegazioni. La ragazza poggiò i cartoni di pizza sul comodino e l’altro contenitore. Poi analizzò la stanza. “Dunque…prendi dei tovaglioli, posate e dell’acqua…qui ci penso io…” elencò. Piton alzò le spalle e senza commentare si diresse in cucina. Giulia si tolse le Converse e corse in bagno a lavarsi le mani. Poi si mise a gambe incrociate sul letto alla destra. Il cartone appoggiato sulle ginocchia. Il profumo della pizza alle patatine fritte la stava uccidendo. Aveva fatto direttamente colazione quindi doveva recuperare il pranzo. Il professore arrivò poco dopo. “Vedo che ti sei già messa comoda…” osservò. La ragazza arrossì. Lui le passò il tovagliolo. Poi prese la sua cena e fece il giro del letto. Sedendosi sul bordo. Avvicinò il comodino del lato e vi poggiò tutto. “Ora non resta che decidere cosa guardare…” sorrise Giulia. Piton lanciò un’occhiata ai dvd. “Che cosa propone il programma stasera?” chiese. “Dunque…abbiamo le avventure di un ospedale dal personale variegato oppure la storia di un amore travagliato fra una giornalista di New York e un imprenditore…” spiegò la ragazza. Severus riconobbe solo il secondo. Tanto sapeva che alla fine sarebbero finiti col vedere entrambi. Così optò come prima visione quella meno indolore. “Vada per l’ospedale…” decise. “Scrubs! Ottimo!” esclamò Giulia. Con un colpo di bacchetta inserì il primo dvd. Piton la guardò male. “Sbaglio o sta diventando sempre più pigra signorina Wyspet?” la richiamò. La ragazza arrossì. Ma non rispose. Si limitò a prendere le posate e ad iniziare a tagliare la propria pizza. Una sigla famigliare iniziò ad invadere la stanza. I due iniziarono a mangiare come se fosse normale routine. Severus doveva ammettere che l’idea di Giulia non era stata così malaccio. Nell’ultimo mese aveva potuto cenare solo frettolosamente. L’unica cosa positiva era che non doveva per forza vedere le brutte facce dei suoi “colleghi” ogni sera. Lui non era un tipo da dieci portate in compagnia. Però quella della ragazza non gli dispiaceva. Dopotutto era sempre stato così. Odiava le cose dolci. Eppure si tranquillizzava ogni volta che si immergeva in quel profumo allo zucchero filato. Preferiva la solitudine. Eppure non riusciva a negare compagnia a quel faccino di bambina. Ora il professore aveva preso a guardare Giulia. Di sottecchi. Mentre continuava a trafficare con forchetta e coltello. Lei ci aveva rinunciato e si era limitata a tagliare la pizza in spicchi. Affamata ne prendeva uno e lo divorava. Cercando di non far scivolare via le patatine. Il ciuffo fra gli occhi ondeggiava in modo quasi buffo. Gli occhi nocciola puntati prima sulla tv e poi sul pasto. Le gambe incrociate. Tipico da parte sua. Senza curarsi un minimo dell’eleganza. Nonostante avesse la gonna. E fu allora che Piton ebbe un brivido alla schiena. Si accorse che erano fin troppo lontani per i suoi gusti. L’aveva pensata così tanto. Aveva ripercorso tutti i loro ricordi ogni sera. In quella sfarzosa camera piena di stanchezza e nervosismo. Che avere Giulia a pochi centimetri da lui era ancora troppo. Avrebbe voluto allungare una mano e portarla a se. “Sev! Hey Sev?” lo chiamò la ragazza d’improvviso. Il professore venne sbalzato fuori dai suoi pensieri. “Si?” rispose. Lei sorrise. “Fai aaaa!” gli disse. Iniziando ad avvicinare una patatina fritta. Piton la guardò scettico. Giulia si fermò. Il labbro inferiore tremulo. L’uomo sbuffò e si sporse. Prendendo la patatina fra le labbra. La ragazza senza aspettare fece lo stesso. Così si baciarono. Dopo aver diviso la patatina rimasero incollati. Non riuscivano a staccarsi. Non volevano. Severus si sentiva incredibilmente sciocco. Uno sciocco trentanovenne adolescente. Giulia teneva gli occhi chiusi. Le guance rosse dall’imbarazzo. Venivamo da esperienze sbagliate, ben lontani dal vedersi mai più, ma siamo qua fabbricanti di sogni, il mio inizio sei tu. Era felice. Nessuna paura. Nessun incubo. Era sempre stato così per lei. Severus era il suo angelo. Quando aveva bisogno di lui c’era sempre. L’aveva sempre salvata. Aiutata. Protetta. Consolata. Come quando l’aveva stratta fra le braccia. Nella notte dopo l’attacco al Ministero. Mentre era presa dalle fitte della Cruciatus. E lui aveva preso coraggio. Tranquillizzandola. Cantandole Not while I’m Around. Nonostante fosse stata una notte dura. Giulia non se la sarebbe mai scordata. Non per il dolore provato. Ma per quel gesto oramai così caro. Ed ogni volta che lui le mancava. Ogni volta che guardava la cicatrice sul braccio. O i graffi sulle mani. Sentiva la voce di Piton cantare. E tutto tornava sereno. Sconosciuti tu non eri nei piani, stiam vivendo nuove complicità, ma era un po' che il cuore voleva…funzionerà. Il professore si sentiva confortato. Quella situazione gli appariva così impossibile che finché non avesse toccato ancora con mano la ragazza non ci avrebbe creduto. Aveva paura che lei potesse svanire fra le sue braccia da un momento all’altro. L’ennesimo scherzo della sua mente stanca. Ed invece no. Giulia era veramente li con lui. Per un giorno e mezzo. Però era li. Doveva assaporare ogni minuto. Ogni minimo gesto. Perché in realtà non sapeva quando si sarebbero potuti rivedere. Era come quando i babbani si arruolavano nell’esercito. I padri si allontanavano dalle mogli per partire per il fronte. Se li ricordava in tutte le famose scene d’addio strappalacrime dei film in bianco e nero. Dove i bambini salutavano il papà. E la moglie gli dava un lungo ed estenuante bacio. Senza sapere se il marito sarebbe sopravvissuto o no. Un po’ era la stessa cosa. Al di la del contesto ovvio. Solo che Piton se lo ricordava. Lui aveva fatto una promessa l’anno prima a Giulia. Aveva promesso di non morire. Probabilmente se glielo avesse chiesto qualcun altro non ci avrebbe dato importanza. Anzi, qualche anno prima avrebbe tanto voluto il contrario. Però ora era diverso. Aveva un motivo per rispettare quella promessa. Con te che io voglio riempire i miei giorni, te che io voglio far veri i miei sogni, te. I due si staccarono di malavoglia. Entrambi arrossiti. Giulia non poté fare a meno che sorridere. “Mi sei mancato un sacco Severus…” esordì. Piton non disse nulla. Guardò quegli occhioni nocciola. La ragazza spostò i cartoni oramai vuoti di pizza. “Ora c’è il dessert…” precisò. Il professore si voltò di poco verso la terza scatola. Ancora poggiata sul comodino. Giulia lo guardò dubbiosa. Poi però d’improvviso gli si avvicinò. E gli avvolse le braccia al collo. “E questo cosa sarebbe?” chiese Severus divertito. La ragazza arrossì. “È la mossa del koala!” rispose. Questo viaggio ha porti sicuri, chiari contorni. L’uomo sorrise. “Hai intenzione di mangiarmi quindi?” disse ancora. Giulia scosse subito la testa. “Ma no! I koala necessitano di…di coccole!” spiegò. Piton sospirò. “Beata gioventù…” commentò. La ragazza rise. “Altrimenti puoi sempre diventare anche tu un koala…così poi ci possiamo koalizzare…” propose. Il professore alzò un sopracciglio. “Dopo questa battuta scordati il dessert…” sbottò. Giulia lo guardò delusa. “Lo sai che se mangi cose dolci a quest’ora poi avrai mal di pancia per tutta la notte…e io non rimarrò qui a tenerti la mano mentre agonizzi…” la prese ancora in giro l’uomo. Ci sarò per la fine del mondo, ci sarò per amarti di più, e così se chiami rispondo…il mio vero inizio sei tu. La ragazza gonfiò le guance offesa. “Non sono una bambina!” rimbeccò convinta. Severus la guardò scettico. “Dillo senza fare l’imitazione di un pesce palla e ti crederò…” precisò. Giulia incrociò le braccia al petto. Poi si guardò in giro. Allungò una mano e prese un cuscino li accanto. Per iniziare a darlo in testa al professore. “Questo si che è un comportamento maturo…” commentò sarcastico quest’ultimo. La nostra vita passata cercando felicità, con te un futuro ce l'ho, lo aspettavo da un po'…niente ora ci cambierà. La ragazza continuò con la sua piccola vendetta. Però dopo cinque minuti buoni di cuscinate Severus raggiunse il suo limite. Fermò d’improvviso il cuscino e lo lanciò in un angolo della stanza. Giulia si fece piccola piccola. Mentre il professore ghignò. “Nessuno ti ha mai insegnato di non provocare le persone più grandi di te?” osservò. Lei alzò gli occhi finta innocente. “Io? Io…io non ho fatto nulla…” negò spudoratamente. Iniziando poi a disegnare nell’aria dei cerchi con un dito. Piton si avvicinò piano. Di riflesso la ragazza si allontanò. Con te che io voglio riempire i miei giorni, te che io voglio far veri i miei sogni, te. Il professore sorrise compiaciuto. “Gufo…” tossicchiò Giulia. Severus sospirò esasperato. “Devo avvertirti che, in quanto soggetto provocato, non posso che replicare…perciò non risponderò di ciò che compirò nelle prossime ore fino a domani mattina…” esordì. La ragazza lo guardò dubbiosa. Piton si avvicinò ancora. Poi d’improvviso allungò una mano e le diede una pacca leggera sulla spalla. Giulia, colta alla sprovvista, non replicò e finì per perdere l’equilibrio. “La forza fisica non è valida Severus!” sbottò. L’uomo la guardò come se nulla fosse. “Io non ho fatto nulla…sei tu che hai un equilibrio talmente precario che basta un soffio di vento a buttarti giù…” si giustificò. Per tutta risposta la ragazza si alzò si poco e gli prese un braccio. Per trascinarlo giù con lei. “Non solo io sono precaria a quanto pare…” gongolò soddisfatta. Questo viaggio ha porti sicuri, chiari contorni. “Sbaglio o oggi sei più pestifera del solito Giulia?” osservò Piton riluttante. Giulia scosse la testa convinta. “È l’adrenalina!” obbiettò. Severus la guardò scettico. “In questi giorni ho accumulato un sacco di energie negative…vedendoti si sono convertite in positive e quindi in adrenalina!” spiegò divertita lei. “E questo dove l’hai letto? Ancora Strega Oggi?” commentò ironico il professore. La ragazza gli fece la linguaccia. “No! In verità…ecco…l’ho inventato ora! Però è vero…mi fai sempre un effetto benefico Sev…sei come gli incensi profumati da accendere nelle stanze!” si lasciò sfuggire. Piton alzò un sopracciglio. “Quanta licenza poetica signorina Wyspet! Sono onorato di essere paragonato ad un incenso! E sentiamo, che profumo sarei?” la punzecchiò. Giulia si alzò sui gomiti e si tese verso il di lui. Inspirando il suo profumo. “Intenso…ma non troppo…di quelli che…che dopo un po’ che si ha intorno fanno girare la testa…” rispose. Arrossendo. Severus sorrise divertito. “Questa mi è nuova…praticamente sarei una fragranza che favorisce il mal di testa…” concluse. La ragazza scosse la testa. “Non è quello che intendevo! E comunque…è vero che…a me fai girare la testa…sono assuefatta da te Sev…” lo corresse. Arrossendo fino all’inverosimile. Il professore la guardò. Gli mancavano quelle sue uscite. Così dolci da far venire il diabete. Così candide da sembrare idee di fata. Ci sarò per la fine del mondo, ci sarò per amarti di più. Piano si chinò verso di lei. E senza dire nulla la baciò. Giulia chiuse gli occhi. Ed ecco che l’effetto iniziava. Sembrava davvero fosse come una dipendenza. Il baciò iniziò a diventare sempre più passionale. Severus la strinse a se. Poco dopo si staccarono. “Ma ora…dovremmo mangiare il dessert…” osservò la ragazza. Il professore la guardò intenerito. “Per il dessert c’è tempo tutta la notte…” rispose solo. Giulia sorrise. Per poi tornare a buttarsi sulle labbra di lui. Attorniata da una beatitudine magica. Che credeva quasi di essersi scordata. Tutto grazie a lui. L’uomo che la viziava. Che la accontentava sempre. Che la faceva sentire bene. E che aveva finalmente ritrovato. Il suo adorato professore. E così se chiami rispondo, il mio vero inizio sei tu.
Edited by kikyo91 - 22/5/2010, 19:15
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