Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Leave a Scar, naaaaa è solo un miraggio *-*

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kikyo91
view post Posted on 20/4/2012, 19:30 by: kikyo91




Buonsalve bimbe *-* sono cattiva perchè il capitolo l'ho pronto da due giorni e aggiorno solo oggi ._. le fruste al banco tre u.u (ire aiutamiii D:)
Anyway, ecco un capitolo da 10 pagine di word *w* stile vecchi tempi u.u
Avvertenze: sto cercando di rendere più leggero il campeggio perchè anche nel libro quando l'ho letto mi ha annoiato da morire ._. *è talmente esagitata che straparla*
In questo capitolo troviamo Remember When (di Avril Lavigne **) e A Thousend Years (di Christina Perri u.u)
Detto ciò vi lascio all'aggiornamento *w*
Buona lettura <3

Ventiquattresimo Capitolo
Anna era decisa a trascorrere tutta la notte fuori dalla tenda. Le gambe incrociate e l’mp3 fra le mani. Gli unici esseri viventi che vedeva passare erano dei pipistrelli. Si lanciavano da un albero all’altro. Probabilmente a caccia di cibo. Oppure erano esagitati dalla presenza della barriera. Questa li fissava divertita. Non le facevano paura per nulla. Ricordava che oltre all’averle proibito di parlare con i serpenti da piccola, i suoi le avevano vietato espressamente di addomesticare i pipistrelli che vedeva passare davanti alla sua finestra. Sua madre era una donna molto impressionabile. La castana pensava che avesse addirittura una fobia per tutti gli animali portatori di pregiudizi oscuri. L’unica cosa che condividevano loro due era l’orrore per i ragni. Nonostante Anna amasse gironzolare per i sotterranei, dal primo anno appena vedeva otto zampe sgambettare nella sua stessa direzione cambiava immediatamente senso di marcia. Era più forte di lei. Non sapeva perché però si ricordava che era una fobia che aveva da molto piccola. Forse legata a qualche scherzo che le aveva fatto Christian. Sua madre invece nutriva tutte quelle paure verso gli animali probabilmente perché tramandate dalla tradizione di famiglia. Ilary era stata cresciuta come fiera Grifondoro. Diffidente verso la casata opposta alle sue convinzioni. E quando aveva portato a casa Andrew come innamorato non era stato tanto il fatto che fosse Mezzosangue a fare scalpore, quanto che avesse come madre una ex Serpeverde. Era brutto come le persone venissero giudicate in base alla Casata di appartenenza. Lei l’aveva capito sulla sua pelle. Quante domande si era fatta prima di mettere piede per la prima volta al Malfoy Manor. Si ricordava ancora della paura di vedere i volti di Lucius e Narcissa contratti nel disgusto una volta che si fosse presentata. La castana sobbalzò. Mentre il vento le frustava il viso. Così si strinse nel suo chiodo. Senza saperlo era stata lei stessa fautrice di pregiudizi infondo. Pensava che i Malfoy fossero una coppia di snob spocchiosi che per nessun motivo al mondo avrebbero concesso al loro unico rampollo di stare con una Mezzosangue. Invece si era dovuta ricredere. Oramai scherzava con Narcissa come fosse sua parente. E con Lucius riusciva a intrattenere conversazioni che potevano durare per ore. Libri, cultura generale. Quell’uomo aveva un’intelligenza sopraffina. Peccato che l’avesse ignorata buttando in pasto il suo unico figlio a Voldemort. Anna scosse la testa per far cadere le cuffie. Spense l’mp3 e continuò a guardarsi in giro. Intorno a lei vedeva solo buio. E i rumori che facevano i pipistrelli. Chiaramente intenti nel procacciarsi la cena. D’improvviso sentì qualcosa di diverso dal solito stridio a bassissime frequenze. La castana sobbalzò e prese la bacchetta. Poi si alzò e si avvicinò al luogo dove aveva sentito il rumore. Era a filo della barriera. Allungò la mano con la bacchetta puntandola verso il punto. Strizzò gli occhi per vedere meglio. E quando si abituò finalmente all’oscurità si diede della stupida. Abbassò la bacchetta e la inforcò nella cintura. Fra le foglie c’era una piccola pallina nerastra. La si distingueva dal terreno soltanto perché si muoveva. Anna si chinò curiosa e la prese fra le mani. Piano si ritrovò puntati addosso gli occhietti di un pipistrellino. E sembravano alquanto spaventati. Probabilmente aveva visto la castana apparire dal nulla. “Hei piccoletto! E tu che ci fai qui?” gli chiese. Si sentiva un po’ scema. Era Giulia quella che faceva le scenette da cartone animato, cinguettando con ogni essere vivente incontrasse. Il pipistrello tentò di tirarsi su. Era grande quando metà dei palmi congiunti della castana. Quest’ultima lo tenne in una mano e con l’altra prese la bacchetta per fare un po’ di luce. L’animaletto aveva un’ala inclinata in una strana angolazione. “Stavi volando e hai sbattuto da qualche parte? Ma tu non dovresti vedere al buio?” ghignò Anna. Il pipistrello smise di muoversi e ricadde inerme nelle sue mani. La castana scosse la testa esasperata. “Il trucco dell’animale morto con me non funziona sai? Non sono un alligatore…sono un essere umano! E se non collabori io non posso capire come curarti…” gli disse. Il pipistrello sembrò capire perché si rimise nella posizione di prima. Senza fare complimenti Anna tornò a sedersi al suo posto. Conficcò la bacchetta nel terreno in modo da illuminare la sua postazione. Provò a tastare l’ala con una mano. Non era abituata a salvare creaturine ferite in realtà. Quindi non sapeva bene come fare. Una volta aveva tentato di farsi amico un pipistrello. Andava sempre a cacciare le mosche davanti alla finestra della sua camera nelle tardi notti estive. La castana si svegliava apposta per sorprenderlo. E lui sembrava capire che volesse diventare suo amico. Poi come succedeva sempre Ilary lo scoprì. In realtà fu Christian a fare la spia. Per pararsi il sedere del fatto che rimanesse a leggere fino a tarda ora. E che puntualmente i suoi lo scoprissero. Stranamente nella vita della famiglia Haliwell quelle scene accadevano fin troppo spesso. Anna trovava qualcosa di divertente e il fratello glielo levava dalle mani facendo rapporto ai genitori. La castana sospirò. Non era il momento per tornare ai dolci ricordi famigliari. Doveva risolvere il problema del pipistrellino. Poteva provare a fare una magia. Dopotutto frequentare Cura delle Creature Magiche doveva esserle servito a qualcosa. Poi osservò l’animaletto che ancora arrancava fra le sue mani. Peccato che fosse un comunissimo animale babbano. Indecisa sul da farsi Anna sbuffò. Poco dopo finalmente prese la bacchetta e cercò di farsi venire in mente qualche incantesimo utile. Provò a tornare alle memorie delle lezioni di Incantesimi sulla cura e l’aiuto. Ci mise dieci minuti per scucire dal suo cervellino bacato cinque incantesimi. Erano una buona media. “Spero di non farti male bestiolina…” si scusò subito la castana. Poi puntò la bacchetta sull’ala e pregò che il primo incantesimo andasse a segno. Era specifico per gli animali con le ali. Passarono dei secondi e non successe nulla. Il pipistrello sembrava che la guardasse come per chiederle cosa diamine stesse facendo. Nello stesso modo Anna provò anche gli altri quattro. Solo con l’ultimo si videro dei leggeri miglioramenti. Il pipistrello riuscì a muovere l’ala senza fare strani stridii. “Sono un genio! Hai visto Ville?” esclamò soddisfatta la castana. L’animaletto inclinò di poco la testa nel sentire il suo nuovo nome. “Hei Anna che fai? Stai parlando con la tua coscienza?” commentò d’improvviso Giulia. Apparendo da dentro la tenda. Anna sobbalzò e per poco fece rotolare giù il pipistrello. “Scusate! Non volevo spaventarvi!” esclamò l’amica divertita. La castana si ricompose. E scosse la testa esasperata. Il pipistrello, vedendo la nuova arrivata, aveva tentato il trucco del morto. Giulia lo guardò dubbiosa. “Ville piantala! Lei è una mia amica…Giulia, ti presento Ville…sembra scemo ma secondo me è ancora rintronato dalla caduta…” li presentò Anna. Avvicinando le mani alla ragazza. Quest’ultima gli fece ciao ciao con una mano. Il pipistrello la guardò curioso. Poi tornò placidamente a fare il morto. Giulia rise. “Ho pensato che siccome fra un’oretta uscirà l’alba magari volevi dormire un po’…” spiegò poi. La castana alzò gli occhi al cielo. In effetti non era più buio come l’ultima volta che aveva scrutato intorno a se. Anche l’animaletto doveva essersene accorto perché aveva iniziato ad agitarsi. “Hai ragione…devi tornare a dormire…ma ce la fai a volare?” gli chiese scettica. Giulia sorrise. Era la prima volta dalla loro fuga che vedeva l’amica con così tanto entusiasmo per qualcosa. Il pipistrello intanto provò a sbattere le ali. Anna annuì anche se ancora un po’ incerta. Si avvicinò al punto dove lo aveva trovato ed alzò le mani al cielo. Così il pipistrello si librò in volo. Andava un po’ a zig zag ma nulla di tremendamente pericoloso. La castana sorrise. “Mi raccomando, attento agli alberi Ville! Buonanotte!” lo salutò. Giulia gli fece un cenno con la testa. Poi Anna si stiracchiò. “Hai dormito un po’?” le chiese. L’amica alzò le spalle. Era solo grazie alla musica se aveva dimenticato momentaneamente i problemi e aveva iniziato a sonnecchiare. Però era rimasta raggomitolata contro la testiera del letto. Quindi la schiena scricchiolava più del solito. “Il giusto…ora torna dentro infermiera dei pipistrelli…” rispose. La castana ghignò e si tolse il chiodo. Poi glielo porse. Ma Giulia rifiutò. Ed indicò la sua felpa viola della Converse. Anna capì e le diede la buonanotte. Per poi trascinarsi fino al suo letto. Sali le scale di malavoglia e si buttò sul suo letto a pancia in giù. Senza togliersi gli anfibi. La bacchetta poggiata accanto. Affondò la faccia nel cuscino e pochi minuti dopo già ronfava. Con un braccio a penzoloni. Focalizzando l’ultimo pensiero su quel pipistrello. Che sperava avesse evitato eventuali alberi e fosse arrivato alla sua tana sano a salvo.
Fuori Giulia si stava accomodando al posto dell’amica. Il cielo stava iniziando a schiarirsi e il venticello gelido di fine settembre si stava calmando. Nonostante ciò la ragazza si strinse nella felpa viola. Mettendo le mani nelle tasche davanti. Era strano essere tornata in quella foresta. La Coppa del Mondo se la ricordava bene. Tutto il quarto anno se lo ricordava bene. Nitido come marchiato fuoco nella sua mente. E nel suo cuore. Piano Giulia tirò la catenina d’argento. E si rigirò il ciondolo a G fra le mani. Era stato un regalo dei suoi genitori. Insieme alla felpa che indossava in quello stesso momento. Quando Mary l’aveva salutata per la prima volta. Per lasciarla andare sull’Espresso per Hogwarts. Aveva pianto. L’aveva abbracciata forte. Suo padre la guardava fiero. Le dava i soliti consigli di sopravvivenza. “Vedrai che ti divertirai piccola…” le aveva assicurato. E anche se era spaventata dal rimanere sola lei gli credeva. Perché infondo era il suo papà e i papà avevano sempre ragione. La ragazza sentì gli occhi bruciare. Quando aveva smesso di credere che suo padre avesse sempre ragione? Quando aveva iniziato a litigarci, a essere su un piano diverso? Voleva un bene infinito ai suoi genitori. A ricordarsi le discussioni avute qualche mese prima Giulia si vergognava quasi. Non aveva pensato che il tempo con loro fosse prezioso. Infondo c’erano sempre stati per lei. Da piccola, se aveva un incubo la notte ed andava nella loro camera, l’accoglievano nel loro lettone senza dire nulla. E se la sorprendevano in piena notte a rubare biscotti e a bere the caldo non la rimproveravano. Si univano a lei. Quante notti di confidenze aveva scambiato con sua madre. In cucina. Sedute vicine. Quante volte aveva spazzolato i suoi capelli per 100 volte. Giulia sospirò. Suo padre non era stupido. La voce che il gruppetto dell’Indesiderabile si era introdotto nel Ministero si era già sparsa. Ci poteva scommettere le sue Converse. Sebastian avrebbe capito che quella ragazza con cui si era scontrato quella stessa mattina era lei. Sua figlia, che come una codarda era scappata senza confessargli della sua folle missione. E che come una codarda aveva distolto lo sguardo per non far riconoscere i suoi occhi nocciola. La ragazza lascò andare il ciondolo. Che ricadde più pesante di quanto se lo ricordasse. Avrebbe voluto inviare il suo Patronus anche ai suoi genitori. Chissà se erano tornati a casa. Oppure erano ancora dai Weasley. Giulia sbuffò. Doveva smettere di pensare. Trovare qualcosa di futile che la distraesse. Ed intorno a lei non accadeva proprio nulla. Iniziò a rigirarsi la bacchetta fra le mani. In effetti doveva ancora dare un nome al suo Patronus. Anna l’aveva dato al suo. Forse anche Severus l’aveva dato alla sua cerva. Come un flash il nome Lily le attraversò la mente. La ragazza scosse veloce la testa. “Giulia, questo non è un buon modo di distrarsi…” si rimproverò. Così iniziò a canticchiare. A bassa voce. Per non disturbare gli altri. E non farsi sentire nel caso ci fosse qualcuno nei dintorni. Anche se le uniche forme di vita erano loro cinque. All’interno della tenda Ron, Anna e Harry dormivano ancora. Hermione invece guardava in su. Con gli occhi gonfi e l’aria di chi invece di dormire era stata inseguita da un Ungaro Spinato tutta la notte. Aveva avuto attimi di sonno profondo intervallati da momenti di lucidità. Che erano nettamente più lunghi e superiori ai primi. Il prefetto lo sapeva. Non riusciva mai a dormire se aveva qualcosa in sospeso. Gli ingranaggi del suo cervellino si muovevano troppo rumorosamente per farla dormire. E così lei aveva pensato. Aveva rievocato tutta la giornata appena trascorsa. Da quando aveva bevuto la Polisucco che l’aveva trasformata in Mafalda. A quando in preda al panico aveva portato lei, Ron ed Harry in mezzo alla foresta. Da quando si erano riuniti al tavolo per parlare della giornata a quando aveva deciso di andare a dormire. E non aveva trovato più la collana di Mark. Da quel momento si ricordava pezzetti sparsi. Lei che blaterava in modo sconnesso. Le amiche preoccupate. Harry che inveiva. Loro che lo zittivano. Mentre lei se ne stava immobile a frignare. Hermione si rigirò finendo a pancia in giù. Il viso immerso nel cuscino troppo morbido. “Ho perso la collana di Mark…” sussurrò. Per poi iniziare a ripeterlo. La voce soffocata dal cuscino. E più cercava di farselo entrare in testa più le parole mutavano. “Ho preso Mark…” ne uscì alla fine. Appena lo disse il prefetto poté sentire il cuore più pesante di quando non lo fosse già. Voleva alzarsi e prepararsi per andare a lezione. Voleva mettere in riga Anna e Giulia in modo che la smettessero di fare chiasso e si cambiassero. Voleva uscire con loro dalla Torre e andare in Sala Comune. Per sedersi al tavolo Grifondoro. Scambiare quattro chiacchiere con gli altri. E sentirsi scompigliare i capelli. Per poi voltarsi e trovare Mark a farle il suo solito sorriso sghembo. La verità era che le mancava il suo migliore amico. Le mancavano le sue vecchie abitudini. Le mancava essere una normale studentessa. Le mancavano perfino gli urli concitati del fan club dei Tre Uragani. Ma quello che le mancava di più era la certezza di riuscire a cavarsela in ogni modo. Studiando infondo poteva superare ogni difficoltà. Non c’era mai stata prova fra le interrogazioni ed i compiti che non avesse superato brillantemente. Nonostante fosse una Mezzosangue. Nonostante fosse la semplice figlia di due dentisti. Ora invece stava apatica sul letto. Il viso premuto sul cuscino. Il prefetto trattenne il respiro. “Per quanto vuoi continuare così eh? Avanti, muovi quel culone che ti ritrovi e fai qualcosa!” esplose poi. Mettendosi a sedere. Scosse veloce la testa e si guardò intorno. Harry dormiva. Era ancora voltato di schiena. Anna aveva le stringe degli anfibi e un braccio che ciondolavano giù dal letto a castello. Hermione si alzò e si passò una mano sugli occhi. Nonostante non ne andasse pazza ci voleva una bella tazza di caffè. Ancora una goccia di the e avrebbe dato di matto. Piano si avvicinò al letto di Ron. Quest’ultimo riposava con il braccio malandato fermo accanto al corpo. Il petto andava ritmicamente su e giù. Il prefetto sorrise. Sembrava un bambino. Infondo era contenta che almeno lui fosse riuscito a dormire. Gli posò una mano sulla fronte per controllare che non avesse la febbre. Era tutto apposto. Così decise di dirigersi nell’angolo cucina per preparare la colazione. Appena si voltò però si sentì tirare un braccio. “Mione…” la chiamò Ron. Hermione si girò e si lasciò guidare dalla mano di lui. Che la fece sedere li accanto. “Come stai Ron?” gli chiese dolce. Il rosso storse il naso. “Meglio di ieri di sicuro…” rispose. “Hai dormito?” gli chiese ancora il prefetto. Ron annuì ed incrociò le sue dita con quelle di lei. “Che cos’era quel casino ieri sera? Cos’è successo?” chiese poi. Hermione sobbalzò di poco. Cercò di non mutare espressione. Però il rosso si accorse delle sue occhiaie e degli occhi gonfi. “Nulla Ron…sai come sono Anna e Giulia…” lo liquidò. Lo sguardo però era ancora triste. Il prefetto era pessimo a confermare le bugie se colta in fallo. “Non hai dormito?” le chiese ancora Ron. Hermione alzò le spalle. “Succede…ora faccio il caffè e passa tutto…” rispose solo. Il rosso la guardò dispiaciuto. Infondo sapeva che si incolpava del fatto che lui fosse ridotto così. Invece lui non era arrabbiato. Anzi. Era lui che si sentiva in colpa. Hermione si alzò d’improvviso. Ma Ron si rifiutò di lasciarle la mano. “Mione…” la chiamò. Il prefetto lo guardò dubbioso. Il rosso esitò. “Non andare via Mione…resta con me…” la pregò poi. Hermione lo guardò intenerita. “Vado a fare colazione e torno Ron…promesso…” sorrise. Per poi chinarsi e dargli un bacio sulla fronte. Ron le lasciò la mano. E la seguì con lo sguardo mentre se ne andava nell’angolo cucina. Il prefetto iniziò ad armeggiare con moka e caffè. Avrebbero dovuto discutere anche di come razionare il cibo. Non ne avevano portato abbastanza. Però era sicura che di the e caffè non ne avrebbero avuto mai abbastanza. Appena fu pronto Hermione lo versò in due tazze. Nella sua mise tre cucchiai di zucchero. Mentre nell’altra quattro abbondanti. Prese le due tazze e uscì dalla tenda. Remember when I cried to you a thousand times, I told you everything, you know my feelings. Appoggiata a qualche centimetro dall’entrata stava Giulia. Le dava la schiena. Stava gambe incrociate e si dondolava. “When I was just a little girl I asked my mother what will I be…” canticchiava. Il prefetto sorrise. Perché trovare la sua amica a cantare Doris Day non la sorprendeva più di tanto? “Will I be pretty? Will I be rich? Here's what she said to me…” continuò la ragazza. Hermione si avvicinò senza far rumore. Quando le mancava sentirla cantare. “Que sera, sera! Whatever will be, will be…the future's not ours to see…” aggiunse ancora Giulia. La bacchetta nascosta nelle tasche davanti della felpa. “Que sera, sera! What will be, will be…” concluse per lei il prefetto. La ragazza sobbalzò e si voltò. It never crossed my mind, that there would be a time for us to say goodbye, what a big surprise. Subito Hermione le passò la tazza di caffè e si sedette vicino a lei. “Ho pensato che magari fossi stanca di stare qui fuori a vigilare…” esordì. Giulia si avvicinò la tazza alla bocca e soffiò. “In realtà io sono qui da un’ora…Anna è rimasta tutta la notte…ha anche fatto amicizia con un pipistrello…” raccontò. Il prefetto rabbrividì. Le due iniziarono a sorseggiare il caffè. Ci fu qualche minuto di silenzio. But I’m not lost, I’m not gone, I haven’t forgot. “Giulia…mi…mi dispiace per ieri sera…non volevo farvi preoccupare…” esordì Hermione d’improvviso. Giulia sorrise. “Figurati Herm…piuttosto come stai?” le chiese. Il prefetto alzò le spalle. “Normale…non ci posso fare più nulla dopotutto no? Mi dispiace solo di avervi messe nei guai…Harry ha sentito tutto immagino…” rispose. L’amica dondolò verso di lei e le diede una leggera spinta. Hermione tenne stretta fra le mani la tazzina per non rischiare di farla cadere. These feelings I can’t shake no more, these feelings are running out the door. “Grazie per essere state con me…” aggiunse. Giulia bevve un altro sorso di caffè. “È scritto nel contratto d’amicizia dei Tre Uragani no? Non lasciare che una si scuoi con le sue stesse mani…” recitò quasi seria. Il prefetto arrossì. E si passò una mano sul petto. I can feel it falling down and I’m not coming back around. “Non è stato un bello spettacolo…me ne vergogno davvero…” sussurrò. La ragazza scosse la testa. “Sembravi posseduta dalla Sindrome di Hinamizawa…” commentò. Giusto per far cadere l’imbarazzo dell’amica. Hermione si lasciò scappare un sorriso. Due estati fa si era lasciata convincere a guardare un anime a casa di Anna. Era composto da due serie ed i protagonisti abitavano in questo villaggio, Hinamizawa. La prima serie si divideva in più parti in cui ogni tre episodi la storia ricominciava da capo. Ogni volta finiva con la morte di tutti per mano di un personaggio di loro. Era fondamentalmente un anime splatter che il prefetto avrebbe fatto volentieri a meno di vedere. E in effetti si ricordava di quella ragazza che, una volta trasferitasi dal villaggio, aveva dato di matto nella nuova scuola continuando a grattarsi a sangue il collo. These feelings I can’t take no more, this emptiness in the bottom drawer. “Ero in stati così raccapriccianti?” chiese Hermione. Giulia sorrise. Aveva il labbro inferiore sporco di caffè. “Naaa…Rena-chan ti supera alla grande! Non si è vista nemmeno una goccia di sangue…” la rassicurò. Il prefetto non poté far altro che ricambiare il sorriso. “Giulia…ti sei sporcata il labbro…” le fece notare. La ragazza arrossì. E si pulì poco finemente con una mano. Hermione scosse la testa arresa. It’s getting harder to pretend and I’m not coming back around again, remember when. “Che cosa racconterai ad Harry della collana?” le chiese poi l’amica. Il prefetto alzò le spalle. “Non più di quanto gli ho detto ieri sera immagino…spero abbia la buona idea di parlarne quando Ron dorme…” rispose. Giulia annuì. Le due finirono di bere il caffè. Così si decretò la fine della veglia notturna per la prima notte di campeggio forzato. Rientrarono e disposero sulla tavola tazze e cereali. Il latte non era previsto. Hermione riempì la tazza più grande e prese anche del caffè. Poi portò tutto a Ron. E lo imboccò come una perfetta infermiera. “Sono tornati i piccioncini eh?” biascicò Anna. Trascinandosi verso il tavolo. Giulia sorrise. “Eddai…sono carini!” li difese. “Non se una si è appena svegliata…” soffiò la castana. Poi si sedette e si buttò sui cereali. Harry le raggiunse poco dopo. Quando tutti ebbero finito di mangiare e le stoviglie furono pulite il gruppo si riunì al tavolo. Era giunto il momento di parlare di cose serie. Il Prescelto mise in centro al tavolo il medaglione. Quell’oggetto per cui avevano fatto tanta fatica. Era grosso come un uovo di gallina. Un’elaborata S intarsiata con molte pietruzze verdi scintillava cupamente dalla luce che ormai filtrava dalle tenda. Il primo che prese coraggio e se lo rigirò fra le mani fu Ron. “Non è che qualcuno l’ha distrutto nel frattempo eh? Voglio dire…siamo sicuri che sia ancora un Horcrux?” provò a dire. Hermione scosse la testa. “Ho paura di si…se fosse stato neutralizzato con la magia ne sarebbe rimasta qualche traccia…” osservò saggia. Per poi farselo passare dal rosso. Mentre lo teneva fra le mani sentì una spiacevole sensazione dentro di se. Era all’altezza del cuore. I leggeri graffi che si era fatta la sera prima sembravano bruciare. “Credo che Kreacher abbia ragione…dobbiamo capire come fare ad aprirlo prima di poterlo eliminare…” esordì Harry. Era arrivato il suo turno. Tentò di aprirlo con qualche incantesimo ma non ci fu verso. E più lo teneva vicino a se più voleva sbarazzarsene. Così lo passò ad Anna. Appena lo ebbe fra le mani sentì una scossa a livello del cuore. Con una mano lo strinse forte. Così tanto da farsi venire le nocche bianche. Sentì una sensazione alquanto sgradevole. Salire dalla mano. Arrivare al gomito. E prima che arrivasse al cuore lo lanciò direttamente a Giulia. Che lo riprese al volo. Appena lo toccò ebbe la sensazione di avere qualcosa di vivo e pulsante fra le mani. Che in effetti era vero data la presenza di un pezzo dell’anima di Voldemort. Eppure nei visi dei suoi amici leggeva inquietudine. In quello di Anna addirittura paura. Però lei non sentiva nulla. Solo un piccolo cuore che pulsava. Chiuso in quell’involucro di metallo. “Ora che ne facciamo?” chiese Ron. Harry alzò le spalle. “Lo teniamo con noi il più possibile…dobbiamo fare dei turni per portarlo…” propose. La castana sentì un brivido alla schiena. “E se lo nascondessimo invece?” provò. Ma il moro scosse la testa. “È troppo pericoloso…e se ce lo rubassero? Abbiamo fatto così tanta fatica per ottenerlo…” rispose. Anna non obbiettò. Si limitò a tirare su le gambe sulla sedia e appiattirsi sullo schienale. Affrontato l’argomento scottante le decisioni di gruppo si spostarono sul come muoversi. Letteralmente. Decisero che tempo due giorni in cui Ron si sarebbe ristabilizzato un po’ si sarebbero accampati da un’altra parte. La giornata passò esaminando ancora il medaglione e stabilendo i turni per la notte. Siccome Giulia ed Anna avevano già fatto il loro turno sarebbe toccato prima ad Hermione poi ad Harry. Quest’ultimo non accennò alla faccenda delle collane fino a dopo cena. Quando oramai Ron ronfava nel lettone. Hermione gli aveva dato il bacio della buonanotte nemmeno dieci minuti prima. Gli altri tre erano seduti al tavolo. Come previsto la castana sorseggiava altro the. “Bhe quando il cibo finirà possiamo sempre nutrirci di the…Anna, quanto si può sopravvivere alimentati solo da teina?” le chiese divertito Harry. Anna gli fece la linguaccia. Giulia scosse la testa arresa. Il prefetto tornò da loro e si stiracchiò. “È giunta l’ora di iniziare il turno…” annunciò. Il moro però le fece cenno di sedersi. Hermione ubbidì dubbiosa. “Ho aspettato apposta che qualcuno dormisse…sbaglio o abbiamo un argomento di cui discutere?” osservò il Prescelto. “Non ti sfugge niente eh Potter?” sbottò acida la castana. Giulia sospirò. E il prefetto lanciò uno sguardo a Ron. Dormiva già profondamente. Non c’era proprio via di scampo. “Non c’è nulla da discutere Harry…prima avevo quella collana…ora non ce l’ho più…” spiegò spiccia. Il moro la guardò quasi offeso. “Fin li c’ero arrivato Hermione…il punto è…perché ce l’avevi?” chiese subito. Hermione cercò di stare calma. Dopotutto non aveva nulla da nascondere. A parte un bacio. A parte che aveva visto Mark in clandestinità. A parte che aveva con se anche il libro di poesie che le aveva dato. Cavolo, da quanto aveva così tante cose da coprire?! Infondo non si era mai trovata in certe situazioni! “Ce l’avevo dalla sera della Torre di Astronomia…Mark me l’ha data come pegno d’amicizia…era la collana della Casata Wright, dentro al ciondolo c’erano lacrime della madre di Mark…è una mezza Veela e sperava potesse proteggermi…anche se in realtà erano destinate al figlio…” raccontò effettivamente sincera. Harry fu preso quasi alla sprovvista. Pensava di sentire una storia intricata come quella che di solito gli rifilavano le altre due amiche. Però infondo doveva immaginarlo. Il prefetto non sapeva dire le bugie. “Sai…suo padre è un pallone gonfiato…è stato lui a buttare Mark fra le braccia di Tu-Sai-Chi esattamente come Lucius ha fatto con Draco…la sua intelligenza è stata sfruttata nel modo sbagliato…” aggiunse poi quest’ultima. Il moro rimase zitto. Non si era mai veramente premurato di comprendere il perché l’amica più intelligente e saggia che avesse fosse diventata anche la migliore amica di un Serpeverde. “Tutto qui…lui mi ha aiutato molto quando Ron…ecco quando Ron stava con Lavanda…Mark si è dichiarato nelle vacanze di Natale perché gli piacevo…eppure io l’ho rifiutato ma ha voluto lo stesso essere mio amico…ora abbiamo qualcosa che pensavo di non poter mai provare nei confronti di un ragazzo, senza offesa…è come Fred per Giulia e Bill per Anna…” concluse Hermione. Harry annuì. Giulia e Anna si guardarono soddisfatte. L’allieva superava le maestre. “Mark non lo sa che fuggivi con noi?” le chiese poi il moro. Il prefetto iniziò a giocherellare con il bracciale di sua madre. E scosse la testa. In realtà stava ancora ragionando sulle parole dette. E dopo averle pronunciate si era convinta più che mai che doveva darsi una mossa. Voleva che finisse tutto in modo da tornare alla vita normale. Quella in cui il suo migliore amico non era dalla parte sbagliata della situazione. “Perfetto…in quanto a voi due…” ricominciò Harry. Voltandosi verso le altre due. Anna alzò la collana con la croce. “Alt! Questa l’hai già vista e hai già tentato di prendertela…se vuoi posso pure togliermela e fartela analizzare se prometti che poi non la lancerai in mezzo agli alberi…” esordì. Stavolta il moro rimase a bocca aperta. Conoscendo l’amica pensava gli sarebbe saltato alla giugulare per sbranarlo. La castana ghignò. “Ah dimenticavo…c’è anche questo…anello di fidanzamento con pietra nera…ma questo non lo posso togliere…sarà la mia futura fede di nozze…” gongolò ancora. Sventolando la mano sinistra con l’anulare occupato. Harry scosse la testa divertito. Non capiva il perché di quell’eccesso di sincerità nei suoi confronti. Però non era male risolvere i conflitti così velocemente. Anche Giulia sorrise e fece vedere la collana con il ciondolo a cerchio. In cui si distingueva solo un piccolo serpente che si teneva per la coda. “È un regalo che mi sono scambiata con Sev ancora al quinto anno…è stata questa che mi ha protetta da Josh…Piton ne ha una uguale…e…e quando si pronuncia il nome della persona che si ama mentre si è vicini i serpenti delle due collane si uniscono e formano un solo ciondolo a cuore…” spiegò arrossendo. Il moro sospirò. Tipico di lei. Si meravigliava perfino che Piton avesse accettato di indossare una cosa dal significato così mieloso. “Bhe ragazze…mi avete stupito…per la prima volta abbiamo risolto qualcosa senza drammi inutili…” ammise. Hermione annuì fiera e si alzò. “Semplicemente perché non c’era niente da risolvere…” precisò Anna. “E soprattutto ci hai ascoltate…” aggiunse fiera Giulia. Harry si sentì sollevato. “Facciamo così…il primo turno lo faccio io…tu stai ancora un po’ qui Hermione…magari voi tre insieme riuscite a scoprire qualcosa…” propose. Il prefetto non ebbe nemmeno il tempo di ribattere che il moro era già diretto all’entrata. I Tre Uragani rimasero così al tavolo da soli. “Incredibile…un discorso sensato…senza accuse e battibecchi inutili…il mondo sta per finire davvero…” sussurrò la castana. Giulia le diede uno spintone. “Diciamo pure che non abbiamo detto tutta la verità…” fece notare amara Hermione. Anna ghignò. “Voi non l’avete detta…io si!” la corresse. Le amiche si guardarono. Stavolta aveva ragione lei! “Anna Alvis Haliwell che non dice le bugie…bene, questo si che è un segno d’apocalisse!” esordì il prefetto. Giulia rise. Mentre la castana la guardò truce. Le tre rimasero a conversare fino a che Hermione non trovò opportuno andare a dare il cambio ad Harry. Lo trovò accasciato a terra. Chiaramente in preda a uno dei suoi collegamenti tramite cicatrice. Lo rimproverò e lo spedì a dormire. Così il prefetto trascorse la notte con la bacchetta fra le mani. Stretta nella felpa e a gambe incrociate. A sorvegliare la tenda. Cercando di non rimuginare più del dovuto.
La mattina la prima a svegliarsi fu Giulia. Si stiracchiò e si trascinò verso il cucinino. Con un insieme di gesti automatici iniziò a preparare un’abbondante dose di caffè. Nel mentre accese la radiolina a basso volume. Giusto per avere un risveglio migliore per tutti. Appena pronto versò il caffè nella tazza più grande ed uscì. Hermione aveva il viso affondato nella felpa fino al naso. Gli occhi stanchi fissi davanti a se. L’amica annunciò il cambio di guardia e il prefetto si trascinò dentro. Fino al suo letto. Accompagnata dal sussurro della radio. Giulia alzò gli occhi al cielo e prese un profondo respiro. L’aria era limpida. E l’umidità notturna aveva lasciato spazio al tempore dei primi raggi di sole. Non era un brutto spettacolo dopotutto. Era fermamente convinta che ci fossero solo loro nelle vicinanze. A parte i pipistrelli amici di Anna. Così iniziò a camminare davanti all’entrata della tenda. Sorseggiando il caffè ancora caldo. Nel mentre qualcun’altra si rigirava nel letto a castello. Anna si stropicciò gli occhi e si ritrovò pericolosamente vicina al bordo. Con un sonoro sbadiglio si alzò a sedere. Decidendo di alzarsi. Come and take a walk on the wild side, let me kiss you hard in the pouring rain. La castana scese dal letto e si stiracchiò. Vide il letto sotto al suo vuoto e capì che Giulia aveva sostituito da poco Hermione. Si poteva sentire ancora il profumo di caffè sprigionarsi dal cucinino. You like your girls insane, choose your last words. Anna si infilò i pesanti anfibi e senza nemmeno allacciarli si diresse al tavolo. Guardando storto la radio. Non era di certo una canzone che invogliava a svegliarsi! Avrebbe preferito una delle care e vecchie canzoni del suo Manson. In effetti non lo ascoltava da un po’. Così decise che quella sera, durante il suo turno, avrebbe usato l’mp3 a tutto volume. Come quando correva in Guferia e si sedeva sul bordo del cornicione ad osservare il giardino. This is the last time, cause you and I, we were born to die. La castana si voltò schifata. “Ma anche no! Puoi andare a quel paese?! Santo Manson che pesantezza d’animo già di mattina presto!” soffiò. Vicino a lei si sentì una risata soffocata. “Canzoni allegre già di prima mattina?” osservò Harry. La castana cambiò stazione radio e si diresse al caffè. Indicò una tazza ed il moro annuì. Si era appena seduta quando un’altra voce si aggiunse. “Mione! Mione!” iniziò a chiamare Ron. I due al tavolo si guardarono poco convinti. Anna si alzò di malavoglia e si diresse dal’amico. “Ssst! Smettila di fare casino Ron! Herm sta dormendo…” lo zittì acida. Il rosso la guardò dubbioso. “Ha fatto anche il turno di Harry stanotte…ed è stremata…quindi lasciala dormire in pace…” sbottò ancora la castana. Ma Ron scosse la testa. “Non è venuta nemmeno a darmi il bacio del buongiorno…” commentò offeso. Anna lo guardò allibita. “Senti bradipo ingrato che non sei altro…Herm si prende cura di tutti noi ed è quella che si da sempre da fare il doppio, si merita un po’ di riposo…” lo ammonì. Il rosso la guardò con occhi da cucciolo bastonato. La castana però non si faceva di certo intenerire per così poco. “Allora, che vuoi?” sbuffò. Lo stomaco di Ron brontolò. “Se ti aspetti che io ti porti la colazione e ti imbocchi te lo scordi…aspetta che Herm si alzi oppure tenti di alzare quel sederone e mangi da solo…” lo rimproverò subito Anna. Harry, che si gustava la scena da lontano, cercò di non ridere. In effetti passare dalle cure amorevoli di Hermione alle sfuriate della castana non sarebbe piaciuto nemmeno a lui. Il rosso non rispose ma si limitò a stare immobile. Il viso in una smorfia di disappunto. Anna scosse la testa esasperata e tornò al tavolo. Buttandosi sul caffè. “Mi sembra di essere all’asilo…” soffiò. Il moro sorrise. “Non possiamo usare Ron per tenere l’Horcrux? Così almeno sta fermo e si rende anche utile…” propose ancora la castana. Harry alzò le spalle. “Meglio di no…è già abbastanza nervoso…” osservò. Anna si scolò un’altra buona dose di caffè. “E vedrai quando sarà finito il cibo…” ghignò. L’amico si limitò a sospirare. Dopo un’oretta Giulia tornò dentro. E anche Hermione si svegliò. Una volta che fu stabilito che Ron potesse muoversi decisero che il giorno dopo si sarebbero spostati. Non era prudente rimanere nello stesso posto per molto tempo. Per pranzo finirono l’ultima bustina di minestrone già preparato. “Dobbiamo andare a raccogliere qualche legno e magari frutti o bacche qua intorno…” osservò il prefetto. Anna cacciò fuori la lingua. Aveva assaggiato solo due cucchiai di minestrone e le erano bastati. “Inutile che fai quella faccia Anna, dobbiamo mangiare ciò che troviamo…” la ammonì subito Hermione. La castana alzò le spalle. “Posso fare arrosto qualche scoiattolo…” ghignò. Il prefetto la guardò indignata. Mentre Giulia le dava una piccola spinta. “Che dici di renderti utile ed andare a prendere le bacche? Nei dintorni è pieno…” commentò poi Hermione. Anna la guardò dubbiosa. “Perché non ci vai tu?” rispose solo. Il prefetto richiamò tutto il suo autocontrollo per non tirarle una forchettata in fronte. Poi aprì la bocca per replicare ma venne stroncata sul nascere. “Mione! Mione!” chiamò sofferente Ron. Hermione sospirò. “Arrivo Ron! Ora capisci perché?” rispose solo. Con tono più esasperato che acido. Anna guardò truce il rosso. “Ma io non mi intendo di queste cose…ero una mezza sega ad Erbologia!” ricordò poi. Giulia scosse la testa divertita. “Ci vado io Herm…tranquilla…” si propose. Il prefetto la guardò piena di gratitudine. Poi si alzò ed andò dal suo innamorato. La castana storse il naso. “Non possiamo ficcargli un calzino in bocca? Non lo sopporto più…” sbottò. Giulia allungò una mano e le fece una carezza sulla testa. Poi prese una borsa e si stiracchiò. “Vado a procacciare cibo…voi non vi scannate a vicenda, mi raccomando…” la salutò. Poi uscì. Ritrovandosi investita dai raggi solari. Le chiome degli alberi non erano così fitte da impedirne l’entrata. La ragazza iniziò a camminare guardandosi in giro. In effetti le bacche non attraevano molto nemmeno lei. In questo lei ed Anna si assomigliavano molto. Non mangiavano ne frutta ne verdura. Però la castana rifiutava tutto a priori. Giulia si adattava. O almeno cercava di prendere le cose che le sembravano più buone. Pian piano si addentrò fra gli alberi. L’mp3 scalpitava nella tasca della felpa. Non vedeva l’ora di mettersi le cuffie e approfittare per fare anche una bella passeggiata. Odiava stare tanto al chiuso in uno spazio così ristretto. In più sembrava che quel medaglione avesse portato frustrazione non solo a chi lo indossava, ma anche appesantito l’atmosfera in generale. Sperava davvero che gli altri quattro non si scannassero in sua assenza. La ragazza si fermò e prese qualche bacca di un rosso brillante fra i cespugli. Cercava di ricordarsi almeno le nozioni base di Erbologia. Anche se la professoressa Sprite non aveva mai insegnato come sopravvivere in un bosco. Giulia buttò una manciata di bacche nella borsa a tracolla. Cen’erano perfino di azzurre. Ma non erano molto invitanti. Così la ragazza passò alle successive. Era abbastanza lontana dalla tenda quando vide qualcosa muoversi fra i cespugli. D’istinto avvicinò una mano alla bacchetta e la puntò dove le fogli si erano mosse. Poi iniziò ad avvicinarsi piano. Vide uno strano colore argenteo. E si tuffò fra i cespugli. Giulia poté giusto vedere qualche secondo la cerva. Che poi si dissolse. Aveva aspettato troppo. La ragazza si guardò in giro veloce. Lei non aveva evocato il suo Patronus. Quindi quella doveva essere senza dubbio quella di Piton. Eppure li con lei non c’era nessuno. Giulia si avvicinò. Dopo qualche passò affondò il piede in qualcosa che fece rumore. Solo allora abbassò lo sguardo. Sotto la sua Converse destra spuntava un foglio di carta. La ragazza si chinò e lo prese fra le mani. Cercando poi di pulirlo. Era scritto solo da un lato. Solo poche semplici parole. “Stasera, sul limitare del bosco alle 21.00” lesse d’un fiato. Nessuna firma. Però la calligrafia era inequivocabile. Il cuore di Giulia vacillò. Era quello il segno che Severus voleva che aspettasse? Così improvviso. Inaspettato. Talmente tanto che la ragazza rimase addirittura in dubbio sulla provenienza del messaggio. Ripiegò il foglio e se lo mise in tasca. Per poi correre alla volta della tenda. Appena entrata Hermione la guardò stranita. “Che c’è? Che è successo?” chiese in panico. Giulia riprese fiato e si sedette. Poggiando sul tavolo la borsa con le bacche. “Nulla Herm…io…io volevo solo fare jogging…” disse solo. Sperava che l’amica capisse che c’era qualcosa ma che non poteva dirgliela fintanto che anche Harry e Ron erano fra i piedi. Il prefetto la guardò ancora dubbiosa. Poi tornò da Ron. Anna sbirciò il contenuto della borsa. “Spero che qualcuna di queste bacche sia al gusto di carne…perché altrimenti io passo…” soffiò. Alzandosi ed uscendo. Giulia captò il suo sguardo. Così ne approfittò e la seguì. “Quanto vorrei una sigaretta in questo momento…” sospirò la castana. Alzando gli occhi al cielo. L’amica scosse la testa divertita. “Dunque? Cos’hai visto di così sconvolgente da farti correre fino a qui?” le chiese poi Anna. Giulia rimase con la schiena rivolta verso l’entrata della tenda. E veloce le porse il foglietto. “E quello cos’è?” si introdusse subito Hermione. La castana le fece segno di abbassare la voce. “L’ha portato un Patronus…era una cerva…” disse solo la ragazza. Le amiche si guardarono. “Tu credi veramente che sia Piton?” sussurrò il prefetto. Giulia si morse il labbro inferiore. “Se andiamo ad esclusione penso proprio di si…” rispose per lei Anna. Hermione scosse subito la testa. “Non avrai intenzione di andarci Giulia!” esclamò. La ragazza si fece piccola piccola. “Al limitare della foresta…quindi sarai lontana da qui…sola…ti sembra davvero un’idea da Piton?” chiese la castana. Giulia si passò una mano sugli occhi. “Non lo so ragazze…davvero non l’ho avuto nemmeno mezzora fa…sono confusa…” commentò. Il prefetto esaminò il foglio incriminato. “E comunque tu ed Anna siete di turno stasera…se tu non ci sei Harry se ne accorgerà…” osservò ancora. La ragazza iniziò a tormentare l’orlo della felpa con le dita. “In realtà tu sai già cosa fare…ci andrai, lo sai da quando hai visto la calligrafia di Piton…” la liquidò la castana. Giulia alzò le spalle. “Se non vado non posso sapere che cosa succede…magari vuole solo vedermi…o parlarmi di qualcosa…non lo so…” rispose. Hermione la guardò preoccupata. “Seriamente Giulia…è da incoscienti andarci da sola…” commentò ancora. La ragazza sorrise. “Herm…io sono incosciente…” precisò. Anna ghignò. “Lo siamo tutte e tre…” aggiunse. Il prefetto abbassò lo sguardo. Non la convincevano proprio quelle poche parole. “Avanti Herm, se succede qualcosa avrò la bacchetta…” tentò di tranquillizzarla Giulia. Hermione incrociò le braccia al petto. “Certo, se si presenta Tu-Sai-Chi all’incontro…” sbuffò. La castana ridacchiò. “Non lo sai Herm? Per avere un appuntamento con lui bisogna prenotare mesi e mesi! Harry è il primo in lista d’attesa, noi dobbiamo aspettare ancora un po’…” esordì. Il prefetto trasalì. E la spintonò. “Non sono divertenti queste due battute macabre Anna!” la rimproverò. Anna le fece la linguaccia. Giulia sorrise. “Avanti, fidati di me Herm…starò attenta…” cercò di convincerla. Ma Hermione non era pienamente convinta. La castana le batté una mano sulla spalla. “Tranquilla mamma Herm, la copro io!” si offrì. Il prefetto si limitò a guardarle nervosa. Subito ripassò il foglio all’amica. Dall’interno della tenta di sentì chiamare. “Mione! Mione!!! Mionee!” ripetè Ron. Anna si mise le mani sulle orecchie. Hermione alzò gli occhi al cielo esasperata. “Altro che mamma Herm…badante Herm…” commentò acida. Rientrando di malavoglia. Le due rimase si guardarono. Poi la seguirono nella tenda. Il pomeriggio finì in un baleno. Per cena mangiarono delle bacche. Mentre Anna si tuffò nel the. Hermione non evitò i rimproveri. Harry passò in consegna l’Horcrux a quest’ultima. Alle 20.30 erano ancora tutti intorno al tavolo. Ron si era messo a letto ed il prefetto lo coccolava. Come fosse un bambino malato. “Qui qualcuno fa il viziato…” soffiò Anna. Guardando truce il rosso. Harry scosse la testa. “Sai com’è Molly…ha sempre coccolato i figli e fra la guarigione e il cambiamento di ambiente Ron è un po’ provato…” lo giustificò. La castana sbuffò. “Anche i miei nervi lo sono…e presto lo saranno anche quelli di Herm…” commentò. Giulia guardò nervosamente l’ora. “Direi di iniziare il turno…meglio che io prenda aria, non sto molto bene…” mentì spudoratamente. Anna la guardò di sottecchi. A sentirla Hermione drizzò la schiena, ma non disse nulla. “Tutto ok Giulia? Se vuoi ti sostituisco io…” si propose il moro. La ragazza scosse la testa. “Avrai mangiato troppe bacche…sembravate tutti così entusiasti di mangiarle…magari erano velenose…” osservò divertita la castana. Giulia sorrise ed alzò le spalle. “In caso fra una mezzora vieni a farmi compagnia Anna…e se proprio non mi sento meglio andrò a fare una passeggiata…” rispose solo. Anna ghignò. “Fai un fischio e accorriamo…intanto qui continuiamo a fissare il medaglione cercando di capire come funziona…” esordì Harry. Il prefetto sospirò e si voltò di poco verso l’amica. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente che era preoccupata. Giulia le sorrise. Per cercare di rincuorarla almeno un poco. Poi uscì. Dapprima si sedette al solito posto. Poco dopo la raggiunse Anna. “Le chiacchiere di Harry mi hanno già stufato…e quel coso non si apre con nulla…e tu devi andare all’appuntamento, quindi fila…” esordì. Pronunciando l’ultima frase sottovoce. La ragazza annuì. Si allontanò di qualche passo. Poi tornò indietro veloce. Incespicando e traballando. Per abbracciare la castana. Quest’ultima rimase stupita. “Qualunque cosa lui ti dica…Giulia…tornerai vero?” chiese d’improvviso. Dopo qualche minuto nell’abbraccio. Giulia le sorrise ed annuì. Per poi staccarsi e correre verso la meta. Lasciando Anna con gli occhi fissi nella sua direzione. Anche dopo che l’amica fu inghiottita dal buio.
Giulia correva a perdifiato. La bacchetta infilata nella cintura della gonna. Scivolò un paio di volte. Ma non cadde mai. Il cuore le batteva forte. Giunta finalmente al limitare della foresta prese un profondo respiro. La luna emanava una luce fioca fin troppo spettrale. Nebbia e qualche ululato sarebbero stato il colpo finale per finire in un perfetto scenario da film horror. La ragazza cercò di non pensarci e continuò a guardarsi in giro. Sperava che qualcuno la raggiungesse presto. Il realtà sperava che lui la raggiungesse presto, di certo vedere qualcun altro al suo posto non avrebbe dato nulla di buono. Giulia alzò gli occhi al cielo. Vicino alla luna c’era una miriade di stelle. Si vedevano benissimo. Subito lei cercò Evangeline. Ma cen’erano talmente tante che la prediletta si nascondeva benissimo. Poco dopo la ragazza chiuse gli occhi. Incrociò le mani dietro la schiena e iniziò a dondolare sulle punte delle Converse. Prendendo profondi respiri. L’aria era così buona. Non era mai stata così tanto a contatto con la natura da quando era piccola. Quando suo padre la portava sulla riva di qualche fiume per accendere i fuochi d’artificio. Con le lucciole che giravano curiose intorno a loro. doveva ammettere che come scenario non le dispiaceva così tanto. Se solo non fosse stata in fuga. Magari un campeggio fra amiche. Con Anna che scappava dalle zanzare ed Hermione che esaminava le piante trovate. “Heart beats fast…colors and promises…” iniziò a cantare. Piano. Per non disturbare gli abitanti della foresta. Oramai in procinto di andare a dormire. Una leggera brezza iniziò a soffiare. Facendo dondolare il ciuffo ribelle. “How to be brave, how can I love when I’m afraid…to fall…” continuò placida Giulia. Era curiosa. Agitata. Sentiva il cuore battere a mille. Non vedeva l’ora di rivedere il suo principe. Era felice che l’avesse contattata. Anche se la paura di brutte notizie rimaneva sempre. “But watching you stand alone, all of my doubt suddenly goes away somehow…one step closer…” proseguì. Sperava che una volta aperti gli occhi lui sarebbe stato li con lei. Sperava di rivederlo con un sorriso sulle labbra. Si sentiva enormemente in colpa per aver lasciato Severus al suo destino. Non era facile per lui continuare a fare la parte del cattivo, dell’assassino. E lei lo aveva lasciato solo ad affrontare tutto ciò. La ragazza strinse la stretta delle sue mani. “I have died everyday waiting for you…darling don’t be afraid I have loved you for a thousand years…” sussurrò ancora. Se ripensava a tutto ciò che era successo negli ultimi anni stentava a crederci. Pensava davvero che il rapporto con Piton avrebbe avuto diversi sviluppi. O almeno più lenti di certo. Eppure era immensamente felice ogni volta che trascorrevano il sabato sera insieme. Dimentichi di qualsiasi questione scolastica. “I’ll love you for a thousand more…” sospirò Giulia. Avrebbe tanto voluto potersi ricavare uno spazio così. Un momento in cui stare sola con Severus. Senza guerre, rivalità, rancori dal mondo esterno. Capiva che fosse egoistico nei confronti delle sue amiche e di ciò che stava succedendo. Però era ciò che realmente voleva. Nonostante ciò insisteva nell’idea di inseguire la pista degli Horcrux con Harry. Non poteva abbandonare le sue amiche. Avevano bisogno di lei. Anche se in primis era lei stessa ad aver bisogno di loro. “Time stands still beauty in all…she is…” cantilenò. Forse le serviva solo tempo per stare da sola. Avrebbe fatto bene a tutti un po’ di tempo per se stessi. Però non c’erano minuti da perdere. Nella situazione in cui erano lei si sentiva perfino in colpa per essere li. Sola nel buio. Ad attendere una delle persone a cui non avrebbe dovuto nemmeno pensare. In cuor suo sperava che anche Draco e Mark contattassero le sue amiche. Perché stavano davvero impazzendo. O forse solo per dividere quel segreto che la appesantiva appena Harry le rivolgeva un sorriso speranzoso. “I will be brave, I will not let anything take away…what’s standing in front of me…” si fece coraggio. Si sentiva una nullità in confronto a ciò che doveva sopportare Severus. Se ne rendeva conto. Ed in cambio lei non aveva nessun progresso da poter raccontare. La verità era che rantolavano nel buio. Stavano semplicemente fuggendo. Ma cosa sarebbe successo una volta commesso un passo falso? Si sarebbero rialzati, indubbiamente. Però non bastava la volontà per portare a termine la missione. Ci volevano fatti concreti. E Giulia sperava che Severus le avesse chiesto di parlare anche per questo. Anche se non era leale farsi aiutare dal nemico. Era come quando lei ed Anna giocavano ai videogiochi. Entrambe si spazientivano e cercavano le soluzioni su internet. “Every breath, every hour has come to this…one step closer…” sospirò. Il vento spirò ancora. Non portando solo uno spostamento lieve di foglie. Si sentì un rumore. E Giulia sobbalzò. Aprì gli occhi e si guardò intorno. La scena però era la stessa di qualche minuto prima. Continuò a scrutare riducendo gli occhi a fessure. Vide un movimento fra la boscaglia. Così iniziò ad avvicinarsi piano. “I have died everyday waiting for you…darling don’t be afraid I have loved you for a thousand years…” continuò a cantare. Dopotutto se fosse stato un nemico l’avrebbe già schiantata. Man mano che si avvicinava al buio sentiva il cuore accelerare. Chiuse gli occhi per qualche secondo. Ed inspirò. C’era un profumo famigliare. Fu questo che la convinse ad avvicinarsi ancora. Sempre più sicura. Nonostante non vedesse quasi nulla. “I’ll love you for a thousand more…” sorrise. Ritrovandosi davanti una figura alta. Dal mantello svolazzante per colpa del vento. E con gli occhi pece che la scrutavano severamente. “Davvero una difesa pessima signorina Wyspet…se fossi stato qualcun altro non sarebbe sopravvissuta…” la rimproverò. Ma Giulia continuava a sorridere. “Però è lei professore…e io lo sapevo…” gongolò quasi. Piton scosse la testa esasperato. “Quante volte le ho ripetuto che la bacchetta non è un accessorio di moda ma una possibile arma?” commentò. La ragazza si guardò la cintura. Poi alzò le spalle. I due rimasero qualche minuto in silenzio. “Io…io ero certa che fosse lei…” sussurrò poi Giulia. Severus sospirò arreso. “Anche io ero certo che fosse arrivata…il suo canto si sentiva da molto lontano…deve stare più attenta a ciò che fa…” sbottò ancora acido. La ragazza abbassò lo sguardo. “All along I believed I will find you…time has brought your heart to me, I have loved you for a thousand years…” aggiunse timida. Piton scosse la testa divertito. Nonostante fosse stata imprudente. Nonostante avesse avuto le difese praticamente raso terra. Non riusciva ad arrabbiarsi con lei. Non in quel momento almeno. Così piano si avvicinò. “One step closer…” sussurrò ancora Giulia. Seguendo il consiglio il professore arrivò davanti a lei. E senza nemmeno aspettare che finisse la canzone la portò a se. Nascondendola quasi con il mantello. La ragazza ricambiò subito l’abbraccio. Inspirando quel profumo che l’aveva rincuorata poco prima. “I’ll love you for a thousand more…” concluse. Con le guance rosse ed un enorme sorriso sul suo viso. Mentre entrambi venivano rapiti da un sensazione di freddo.

Edited by kikyo91 - 20/4/2012, 21:00
 
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