Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Leave a Scar, naaaaa è solo un miraggio *-*

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kikyo91
view post Posted on 23/3/2010, 22:11 by: kikyo91




ma buonasssssera bimbe mie <3 *-*
ebbe yes, la Mimi is back again ù.ù fra pc con scheda madre bruciata, windows malato e gite scolastiche sono riuscita a finire il capitolo *-* un regalo per voi piccole mie, uniche ragioni di scrittura ù.ù 11 pagine di word come piacciono a voi : * (o almeno spero che vi piacciano xD).
Avvertenze: inquietudini, OCCtudine e finale alquanto poeticamente diabetico *-*" i sacchetti per il vomito saranno forniti al banco 3 insieme agli occhiali in omaggio ù.ù
In questo capitolo troviamo La Mia Evangeline *-* (eccola --> www.youtube.com/watch?v=JuDtv7sckkY dalla Principessa e il Ranocchio ** la Disney mi chiederà il copyright xD), Lost in You (dei Three Days Grace <3) e Bella (dalla Notre Dame De Paris OST ** www.youtube.com/watch?v=AzvvjahSnGg).
Spero che il capitolo vi piaccia ^__^ prometto che mi metterò subito a sfornare il quint_o ù.ù lov u all girls *.* <3
Buona lettura ^__^

Quarto Capitolo
Il sole stava oramai tramontando. Le famiglie erano quasi tutte riunite intorno al tavolo. Davanti ad una deliziosa cenetta. Eppure qualcuno correva ancora per strada. Anna non si era fermata nemmeno un minuto. Era così ansiosa di raccontare quello che era successo all’amica. Senza esitazione bussò a casa Wyspet. Fu Mary ad aprirle. “Oh Anna ciao…tutto bene?” le chiese. Vedendola mezza accasciata sullo stipite della porta. La castana annuì. “C’è Giulia? Stavate cenando?” rispose affannata. La donna si voltò verso le scale. “Si sta facendo una doccia…ma forse si sta già cambiando…prova a vedere in camera sua…” precisò. Anna annuì ed entrò. “Vuoi rimanere a cena? Abbiamo pollo con ripieno di funghi…” propose gentilmente Mary. La ragazza abbassò di poco lo sguardo. “Devo solo parlare un attimo con Giulia…non rimango…non voglio disturbare…” disse solo. Per poi salire le scale. La donna annuì intenerita. Senza troppi complimenti Anna entrò subito nella stanza dell’amica. Era vuota. Doveva essere ancora in bagno. Piano la castana si sedette sul letto. Billy Joe dormicchiava come al solito in un angolino. Era tutto così tranquillo in quella camera. Anche se non era proprio in ordine. I vestiti buttati alla rinfusa sul pavimento. L’mp3 con la cuffie aggrovigliate sul comodino. Il computer spento sulla scrivania. Con il monitor pieno di post it. Anna sospirò. La frenesia che aveva avuto fino a poco prima si era attenuata. D’improvviso la porta della stanza si aprì. Rivelando la proprietaria. Ancora avvolta nell’accappatoio lilla. Dapprima non si accorse dell’amica. Appena la vide sobbalzò. “Scusa…non volevo spaventarti…” si scusò la castana. Giulia sorrise rincuorata. Si richiuse la porta alle spalle e si chinò per prendere la camicia da notte. Piegata sopra il cuscino. Sopra di questa aveva già preparato la biancheria pulita. Anna alzò lo sguardo al soffitto per permettere alla ragazza di vestirsi. Quest’ultima prima si incespicò sulle ciabatte di spugna. Stufa le lanciò lontano e si infilò la biancheria. Lasciando l’accappatoio giacere a terra. “Come mai sei tornata? Hai lasciato qualcosa nella mia borsa?” le chiese divertita. La castana abbassò lo sguardo verso di lei. Notò subito la grossa cicatrice sul braccio dell’amica. Quella che risaliva a un anno prima. Giulia si infilò la vaporosa camicia da notte viola. Tirando fuori i capelli. Per lasciarli ricadere liberi sulla schiena. Anna sospirò. “Ho visto Draco…” rispose. L’altra si bloccò all’improvviso. “Hai…hai visto Draco?” boccheggiò. Poi si sedette vicino a lei. La castana congiunse le mani in grembo. “Sono tornata a casa…sono andata in camera mia per cambiarmi prima di scendere a cena…ho iniziato a sentire dei rumori…la portafinestra si è aperta…credevo fosse il vento…sono uscita per chiuderla…però ho trovato lui…” raccontò. Con tono atono. Giulia la guardò stupita. “Ma…come…come ha fatto? È scappato?” chiese. Anna si portò una mano alla fronte. Poi si tolse gli occhiali e posò due dita in cima al setto nasale. “Si…quello sconsiderato si è smaterializzato da me…e ora non so come sta…se Voldemort l’ha beccato…se sta bene…stupido...imbecille…” soffiò. La ragazza scosse la testa divertita. Allungò una mano e le fece una carezza sulla testa. “Credevo di essere tornata normale Giulia…credevo di poter superare questa cosa…credevo di poter evitare di pensare a lui per almeno un giorno…poi tutto mi si è sbriciolato davanti…ed ora che l’ho rivisto mi manca più di prima…” singhiozzò la castana. L’amica sorrise comprensiva. Senza pensarci nemmeno la avvolse in un abbraccio e la tirò a se. Anna tremò di poco. Immergendo il viso in quel gesto d’affetto. “Sei ancora scossa…è normale che tu reagisca così…è successo pochi minuti fa…ma perché è andato via così presto?” le chiese. La castana si liberò e si rimise gli occhiali. “Il Marchio gli bruciava…ha dovuto…prima di smaterializzarsi però mi ha lasciato una cosa…” spiegò. Tirando fuori la palla dalla tasca della gonna. La fece rotolare piano nelle mani di Giulia. Che la guardò dubbiosa. “Dice che con questa potremmo rimanere in contatto…ma come? È una semplice palla natalizia! E pure pacchiana…” ragionò Anna. La ragazza la osservò attentamente. “Potrebbe essere una Passaporta…oppure…potrebbe aver fatto come facevano le nostre mamme con le carte…una sorta di cellulare con ologramma improvvisato…” ipotizzò. La castana sospirò. Poteva essere. Anche se Draco non era mai stato portato molto per Incantesimi. Dopotutto c’era Mark con lui. L’amica le porse l’oggetto. Lei lo appoggiò sul comodino. Stavolta toccò a Giulia fermarsi a riflettere. “Sai...io non sarei così pessimista Anna…” osservò. “Quando mai tu sei pessimista Giulia…” rimbeccò pronta la castana. L’altra sorrise. “A parte questo…pensa che hai visto Draco…hai un ragazzo che rischia la vita pur di poterti vedere…” precisò. Anna appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Poi il mento sulle mani. “E tu ne hai uno che è così prudente da trovare qualche altro modo per soddisfare la sua bramosia di vederti…” la corresse. Giulia la guardò dubbiosa. “Fino a prova contraria Severus non si è ancora fatto sentire…” ammise riluttante. La castana ghignò. “Giulia Wyspet, sbaglio o avverto dell’acido nella tua voce?” gongolò. La ragazza arrossì e distolse lo sguardo. “Non dire cretinerie Anna…non è acido…è solo…tu sei fortunata…certo non vorrei che Sev facesse una cosa così pericolosa…però vorrei tanto vederlo…parlargli…sapere come sta…” spiegò. Anna sorrise sorniona. Poi drizzò la schiena e allungò una mano. Fu la sua volta di farle una carezza sulla testa. “Non sei un angelo Giulia…puoi anche provare dei sentimenti di odio qualche volta…ti prometto che se mai sentirò ancora Draco lo obbligherò a fare un discorsetto a Piton…anche se mi sa che dopo oggi il nostro gufaccio lo vorrà uccidere il mio Schiopodo…” disse. Giulia sorrise timida. Un rumore interruppe la conversazione. Stavano bussando alla porta. “Avanti…” esordì la ragazza. Come previsto apparve Mary. “Ragazze è pronto…ho apparecchiato anche per te tesoro…” annunciò. Anna scosse la testa divertita. Succedeva sempre così. La madre di Giulia la viziava sempre. Le due si alzarono. La ragazza prese per mano la castana e scesero. Il racconto della giornata fu l’argomento principale della cena. Mary volle sapere ogni minimo dettaglio. Sebastian non proferì parola. Anche perché nemmeno la figlia sembrava tendente a fare pace. Appena la tavola venne sparecchiata le ragazze tornarono in camera. “Giulia…posso venire a vivere con te?” chiese tranquilla Anna. Sedendosi sulla sedia della scrivania. L’amica scosse la testa divertita. “Hai una bella famiglia…mi piace…tua madre è affettuosa e poi si sta bene figli unici…” osservò. Giulia si stiracchiò. “Però se venissi a vivere qui non saresti figlia unica…e non lo sarei più nemmeno io…” puntualizzò. “Saremmo sorelle…il che è ancora meglio…” commentò pronta la castana. Giocando con la leva di abbassamento della sedia. “In quel caso non ci vorremmo più bene come ora…e io non voglio…preferisco che tu sia la mia migliore amica che mia sorella…” ragionò la ragazza. Anna la guardò. In effetti lei non si risparmiava ad insulti contro Mary Kate. Non avrebbe mai voluto fare lo stesso con Giulia. “E comunque a casa mia non è tutto rose e fiori…ci sono anche i cactus…” precisò ancora quest’ultima. La castana scosse la testa. “Una litigata con tuo padre non è una tragedia…io litigo quasi sempre con mia madre…e con mio padre non è che abbia tutto questo gran dialogo…tu sei fortunata…hai tua madre che ti spalleggia sempre…essendo poi io la sorella di mezzo non ho giustificazioni…” spiegò. La ragazza sorrise. “Devo dedurre quindi che rimarrai a dormire qui stasera?” propose. Le due si guardarono. E bastò questo. “Ti va di andare in giardino sul dondolo? Prendo il resto delle torta al limone e la finiamo assieme…” esordì ancora Giulia. La castana si alzò di scatto dalla sedia. “Fai conto che io sia già in giardino…” ghignò. L’amica rise. Le due si trasferirono sul dondolo in giardino. Pian piano il cielo divenne scuro. E le stelle fecero la loro comparsa. Insieme ad una splendida luna. Erano solo le undici quando entrambe iniziarono a sbadigliare senza sosta. Era stata una giornata movimentata. Così optarono per tornare in camera. Giulia prestò la sua maglietta nuova dei Green Day ad Anna come camicia da notte. Mentre lei si mise quella vecchia. Poco dopo le due si infilarono nel lettone a due piazze della prima. Con il lenzuolo tirato sopra la testa. “Hey Anna…ti ricordi di quando Harry ha beccato te e Draco nel dormitorio?” esordì Giulia. La castana la fulminò con lo sguardo. L’amica ridacchiò. “Pensa se fosse successo a te e a Piton…non credo che rideresti…” la rimproverò Anna. La ragazza si irrigidì al sol pensiero. “Probabilmente Harry avrebbe avuto la crescita bloccata fino alla fine dell’anno…” ipotizzò. Stavolta fu la castana a ridere. “Nemmeno a me farebbe piacere sorprendere un professore a fare certe cose…è come se scoprissi mio fratello! No grazie…l’ottica sessuale la voglio riservare solo a Draco…ah e a Manson ovvio…” sentenziò. Giulia annuì. “E io solo a Sev…e a Billy Joe…” concordò. Poi si guardarono. E risero ancora. “Sai Anna…sembriamo le sorelle Bennett…Elizabeth e Jane…quando nel film stanno sotto le coperte e la seconda confida che le piace Bingley…” osservò dopo la ragazza. Anna sorrise intenerita. “Però abbiamo deciso di non essere sorelle…” precisò. Giulia sorrise a sua volta. Poi fece sprofondare la testa nel cuscino. La stanchezza stava prendendo il sopravvento. La castana fece lo stesso. Pian piano i loro occhi si chiusero. Senza nemmeno dargli il tempo di darsi la buonanotte. Però la serata non era finita. dopo innumerevoli tentativi di prendere sonno Anna si era arresa. Nonostante la compagnia di Giulia l’avesse calmata un po’ era tornata ad agitarsi. Non sapeva per cosa. Preoccupazione per cosa fosse successo a Draco. Dispiacere che se ne fosse andato così presto. Irritazione per il modo in cui stavano andando le cose. All’ennesimo rigiramento sotto al lenzuolo la castana sbuffò. Lentamente si alzò. In silenzio. Per evitare di svegliare l’amica. Poi si andò a sedere sul davanzale della finestra. E fissò le iridi scure fuori. Anche i lampioni della strada si erano spenti. Doveva essere quasi l’una. Anna sospirò. Faceva così anche ad Hogwarts. Quando non riusciva a dormire. Era per questo che le piaceva avere la camera nella Torre. Nel dormitorio di Serpeverde non c’erano finestre. Solo un sacco di umidità che minacciava i suoi capelli lisci. La castana tirò le gambe al petto. La testa appoggiata al freddo muro. Lo sguardo rivolto in su. Nel letto invece anche Giulia si rigirava. Piano aprì gli occhi. All’inizio non capì. Poi vide il posto vuoto accanto a se si guardò in giro dubbiosa. Appena vide Anna si immobilizzò. Sembrava davvero un fantasma. Sotto la fioca luce della luna. Senza farsi sentire la ragazza si alzò. L’amica era talmente concentrata che non se ne accorse. “Qualcosa non va?” sussurrò Giulia. La castana sobbalzò. “Santo Manson! Mi hai fatto venire un colpo! Non volevo svegliarti…” esclamò. La ragazza sorrise. Si sedette infondo al davanzale. “Sei ancora in ansia per Draco?” le chiese. Anna alzò le spalle. “Quello sempre oramai…” sorrise ironica. Giulia abbassò lo sguardo. Le dispiaceva che lei stesse così male. Forse era un bene che Severus non si fosse fatto vivo nemmeno per un fugace momento. Le sarebbe mancato il doppio. E poi era una vera piagnona quando si trattava di addii. “Hai visto quante stelle ci sono stasera Anna?” esordì. La castana alzò lo sguardo al cielo. “Le solite…” rispose piatta. Giulia scosse la testa. “Però non sono tutte uguali…cen’è una…la più speciale…quella che brilla più di tutte…è la stella dei desideri…” spiegò. Anna la guardò dubbiosa. L’amica le indicò un punto in alto. In effetti qualcosa c’era. Una stella che si faceva notare di più delle altre. Sembrava davvero splendere di più. “Se hai un desiderio che vuoi realizzare ad ogni costo e lo esprimi a quella stella lei lo esaudirà…però devi darle una mano…io ho già espresso il mio così tante volte che Evangeline sarà stufa di ascoltarmi…” continuò Giulia. “Evangeline?” ripetè la castana. “È il suo nome…quella stella si chiama Evangeline…ascolta i desideri di tutti…e cerca di realizzarli…è davvero molto impegnata…però vedi come brilla? E poi c’è anche una storia su di lei…una storia d’amore…la vuoi sentire?” rispose la ragazza. Anna scosse la testa divertita. “Mi hai già farcito di melassa con tutto quello che mi hai detto fino ad ora…tanto vale continuare...” acconsentì. Giulia si alzò. “Devi sapere che c’è qualcuno innamorato di Evangeline…è una lucciola…Ray la lucciola…quando ha visto per la prima volta Evangeline non ha potuto fare a meno di innamorarsi di lei…perché ha visto subito che è una stella speciale…” iniziò a raccontare. La castana guardò per un secondo l’astro nel cielo. “Ma Ray è una lucciola…come possono lui ed Evangeline essere innamorati? È impossibile…non si contreranno mai!” osservò realista. La ragazza scosse la testa. “Ray le dedica ogni sera una canzone…una dolce dedica d’amore…ed Evangeline la ascolta…e guarda il suo Ray cantare per lei…” aggiunse. Anna la guardò. Inclinando di poco la testa. “Guarda che luce che ha la mia Evangeline…” iniziò a cantare sottovoce Giulia. L’amica rivolse il suo sguardo alla stella. “Brilla lontana ma sa che il suo Ray l'aspetta sempre qui…” continuò la ragazza. L’altra sospirò. Giulia si sporse verso il davanzale. “Je t'adore, Je t'ame, Evangeline…so che splendi per me, io vivo per te…” proseguì. Anna sorrise di poco. Chiuse gli occhi. Poteva vedere la stella brillare. Sentire il suo calore. “Ti amo ogni giorno un po' di più, la mia metà sei tu! Il cuore palpita perché, io ti adoro Evangeline…” cantilenò ancora la ragazza. Per poi avvicinarsi. E aprire la finestra. La castana sentì la brezza serale accarezzarle il viso. “Siamo anime che si cercano…è fantastico, non è così? Mais uoi!!” esclamò Giulia. Anna aprì gli occhi e alzò lo sguardo. Piano portò le mani al petto. “Guarda che luce che hai! Ti amo Evangeline!” concluse la ragazza. La castana muoveva piano le labbra. Talmente sottovoce che nemmeno l’amica vicina poteva sentirla. Ci fu qualche minuto di silenzio. Poi le due si guardarono. “Ora è meglio tornare a dormire…” propose Anna. Giulia annuì. Così tornarono sotto le coperte. “Anna…sai…è da tanto che non dormo con qualcuno…” esordì la seconda. La castana si avvicinò. “È una brutta sensazione svegliarsi in mezzo alla notte e non trovare nessuno vicino…vero?” concordò. La ragazza annuì. “Non sarò al pari di Piton…però sono qui…ci sarò per sempre…” precisò Anna. Giulia sorrise. Senza dire nulla l’abbracciò. “Hey…che ne dici se stasera usciamo?” propose ancora la castana. L’amica la guardò dubbiosa. “Chiamiamo Herm ed andiamo in qualche locale a Londra…tanto possiamo smaterializzarci…” spiegò. Giulia scosse la testa divertita. “E sentiamo, come mai proprio tu, che odi la musica tutta tunz tunz, vuoi intrufolarti in un locale pieno di tamarri con gli ormoni in defibrillio?” le chiese. Anna fece una smorfia di disgusto. “Mica ci vado per i tamarri…andiamo solo a ballare…tanto siamo occupate tutte e tre no? E poi mi manca tanto il mio amico alcol…” sospirò finta drammatica. La ragazza si passò una mano sugli occhi. “Anna Alvis Haliwell…stai conducendo sulla cattiva strada sia me che Herm, lo sai vero?” la accusò finta severa. “Ma guarda, non men’ero proprio accorta…signora Piton…sei uguale a lui!” la prese in giro la castana. Giulia le fece la linguaccia. “Però si può fare…” sentenziò infine. Anna ghignò vittoriosa. “Ora è meglio andare a dormire…” osservò la ragazza. L’amica annuì. Aggiungendo un finto sbadiglio. “Dici che Hermione si arrabbierà quando saprà che sono venuta qui senza dirle nulla?” chiese ancora quest’ultima. Giulia scosse di poco la testa. “Domani le racconteremo tutto con calma…sai che assorbe l’agitazione come una spugna...” commentò. La castana sistemò la testa nel cuscino. “Anche tu comunque, vedi di stare tranquilla…non credo che Draco vorrebbe che ti facessi venire una crisi respiratoria così dal nulla…” aggiunse ancora l’altra. Quasi a mo di rimprovero. “E tu stai attenta a non farti barricare in casa da tuo padre…metti che Piton ti viene a trovare e trova lui invece che te…” le fece il verso Anna. L’amica rabbrividì. “Oppure metti che tu e Piton vi state baciando e lui entra nella stanza…mica gli puoi dire che ti stava dando ripetizioni di Pozioni…” optò ancora la castana. Giulia sospirò affranta. “Non farmici pensare…e comunque, al massimo, Severus potrebbe darmi ripetizioni di Difesa Contro le Arti Oscure…” la corresse. Anna le fece la linguaccia. “Si certo Giulia…difesa…difesa contro i tentacoli di polpo…” ghignò. L’amica la spintonò di poco. Poi si guardarono. Per scoppiare in dei risolini contenuti. “Buonanotte Anna…” decretò infine Giulia. La castana sorrise. Stavolta rimasero così. Abbracciate. Per cercare entrambe di nascondere quel vuoto che si trovavano accanto ogni sera. Per aiutarsi a vicenda. Come due vere amiche. Quasi sorelle.
La mattina fu impiegata per la maggior parte a dormire. Mary lasciò sonnecchiare le ragazze fino all’ora di pranzo. Appena richiamate le due si erano vestite ed erano scese a mangiare. Finita anche l’ultima briciola di torta nel piatto Anna aveva preso le sue cose e sen’era tornata a casa. Non aveva nemmeno avvertito sua madre che rimaneva fuori a dormire. Giulia invece mise mano alla cornetta del telefono e avvertì Hermione per l’uscita della sera. Non le disse nulla di quanto era accaduto la sera prima all’amica. Voleva che fosse la castana stessa a spiegare. Anche lei però non era a conoscenza di qualcosa. Quando era squillato il telefono, il prefetto era in camera sua. Seduta sul letto. Fra le mani una lettera dalla grafia alquanto famigliare. Le si era stretto il cuore solo a leggere l’intestazione. La conversazione fra Giulia ed Hermione non durò molto. Giusto la precisazione di alcuni dettagli. E un immancabile consulto sull’abbigliamento. Poi le due si erano salutate. Ed ognuna era tornata ai propri affari. Giulia era tornata trotterellando in camera sua. Quel giorno era allegra più del solito. Non solo perché aveva avuto la compagnia di Anna la sera prima. E nemmeno perché la sera sarebbero uscite come ai vecchi tempi. Solo. Non poteva negare che fosse nato qualcosa in lei. Una certa speranza. I always knew that you'd come back to get me and you always knew that it wouldn't be easy. La ragazza si richiuse la porta alle spalle e tornò alla finestra. Era aperta. Come oramai era di consuetudine. La proprietaria si avvicinò piano. Un venticello leggero faceva muovere le tendine. Quanto avrebbe dato per vedere apparire da quella finestra Severus. Anche sotto forma di gufo. L’avrebbe riconosciuto in ogni sua forma. A Giulia scappò una risata. L’immagine di Piton gufo era abbastanza buffa. Magari con i soliti capelli lunghi ai lati della testa. To go back to the start, to see where it all began or end up at the bottom, to watch how it all ends. Alla fin fine non c’era molto da fare. Solo sperare. E in quanto a speranze lei era la specialista di turno. Magari era già passato a trovarla durante la notte. Mentre dormiva. Lo conosceva troppo bene il suo arcigno professore. Aveva capito che se i loro sguardi si fossero incontrati non si sarebbero staccati più. You tried to lie and say I was everything. La ragazza si sporse verso il giardino. Gli occhi rivolti al cielo. Era un pensiero al contempo triste. immaginare che Severus fosse venuto a trovarla senza nemmeno aver detto una parola. Senza averle rivolto una carezza. Eppure da quando non poteva più fare a meno di simili gesti? Da quando riservava tanta importanza a certe cose? Forse si era talmente abituata all’idea che non avrebbe mai avuto nemmeno uno sguardo da Piton che una volta assaggiato uno sprazzo di relazione era stato come entrare in una dipendenza. Ed ora quella dipendenza la stava spingendo sull’orlo dell’isteria interiore. I remember when I said I'm nothing without you. Il viso di Giulia venne colpito dalla brezza pomeridiana. Che le fece ondeggiare i lunghi capelli. E ripercorrere altre idee. Possibile che si fosse inacidita solo per aver saputo che Draco era venuto a trovare Anna? Eppure era contenta per l’amica. Solo. Anche lei voleva vedere Severus. Non pretendeva che rimanesse con lei per un pomeriggio intero. Bastava un’ora. Mezzora. Dieci minuti. Anche solo una visuale fugace di quelle iridi nere. Quanto avrebbe dato per lasciare quella guerra imminente e scappare via. Somehow I found a way to get lost in you. Per la prima volta lei. Giulia Wyspet. La prima a voler sempre combattere. Voleva mollare tutto e nascondersi in un posto sicuro. Era già stufa di continue pressioni dall’esterno. Di vedere la gente stressata. In lacrime. Ma il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare. E se fosse successo qualcosa? Non era un gioco. Qualcuno avrebbe potuto morire. Al sol pensiero il cuore le tremò nel petto. La ragazza scosse veloce la testa. Non doveva buttarsi giù così. Non era da lei fare certe supposizioni. Let me inside, let me get close to you. Eppure si sentiva così bambina. Così fragile. Non voleva perdere nessuno a lei caro. Non voleva dover combattere contro quelli che una volta erano stati i suoi amici. Voleva smettere di pensare solo a disgrazie. Voleva tornare ad immaginarsi il futuro che tanto aveva progettato. Solo lei, Severus, Eveline e le sue amiche. In un mondo di pace e tranquillità. Change your mind I'll get lost if you want me to. Era da quando era piccolo che se lo chiedeva. Come mai gli uomini fossero così deboli di fronte al potere. A lei non sembrava un gran che comandare gli altri. Farsi rispettare con la paura. Secondo Giulia il rispetto si poteva ottenere solo con fiducia e rispetto. Non sguainando fruste e Maledizioni. Somehow I found a way to get lost in you. Piano la ragazza si allontanò dalla finestra. Per raggiungere placida l’armadio. Lo aprì senza troppo entusiasmo. Diede una veloce occhiata ai suoi vestiti. Seppure fosse dovuta ripartire di li a un mese per la Tana, la madre aveva insistito per appendere e piegare tutto il suo vestiario. Così uno di quei pomeriggi lei si era trovata ad arrampicarsi su una sedia per poter sistemare sugli appendini maggior parte della sua vita. Ogni vestito le ricordava qualcosa. You always thought that I left myself open but you didn't know I was already broken. Giulia allungò una mano ed iniziò ad accarezzare i vari capi. I vestiti da sera erano stati messi in sacchetti di plastica per non farli rovinare. Senza accorgersene uno di questi attirò la sua attenzione. Facendo fermare la mano a mezz’aria. Veloce si alzò in punta di piedi e lo prese. Togliendolo poi dall’involucro. Che finì mollemente sul pavimento. I told myself that It wouldn't be so bad pulling away you took everything that I had. Con delicatezza la ragazza sovrappose il vestito alla sua figura. Poi si voltò verso l’anta dell’armadio. Che aveva su di se uno specchio lungo. Per potersi vedere interamente. Fece una piccola piroetta. La gonna leggera le ricadde sulle gambe. Le spalline fini ondeggiarono. Ed uno strano calore le si infiltrò nel cuore. You tried to lie and say I was everything. Era praticamente nuovo quel vestito. L’aveva messo solo una volta. Quella volta. In cui sen’era disfatta lasciandolo cadere sul pavimento. Sul pavimento di quella camera. Che ora stava vuota e solitaria ad Hogwarts. Giulia chiuse gli occhi e lo strinse a se. Ricordi. Ed ancora ricordi. Ogni singolo attimo come un film perennemente in proiezione. Quanto avrebbe dato per poter premere il pulsante di stop. O anche solo quello di pausa. Aveva bisogno di respirare e lasciarsi scivolare addosso tutti quei ricordi che stavano venendo inghiottiti da odiosa malinconia. I remember when I said I'm nothing without you. D’improvviso bussarono alla porta. La ragazza sobbalzò presa di sorpresa. Senza aspettare una risposta la porta si aprì. “Giulia…” la chiamò Sebastian. Lei rimase con quell’espressione fra il sognante e lo stupito. “Esci anche oggi?” le chiese. Era la prima volta che le parlava dopo il litigio. Giulia annuì piano. “Stasera…vado a Londra con le ragazze…” rispose. Dimenticandosi completamente di non volergli parlare. L’uomo la osservò. Quello che vide gli fece sussultare il cuore. Somehow I found a way to get lost in you. Davanti a lui non c’era più quella bambina che aveva sempre creduto di vedere. C’era una giovane donna. Perfino qualcosa nei suoi occhi era cambiato. Anche se i suoi atteggiamenti erano rimasti quelli della solita Giulia. Ora assomigliava incredibilmente a sua madre. A quei tempi in cui avevano iniziato ad uscire insieme. Era per questo che aveva chiesto a Mary di vedersi. I suoi occhi così puri l’avevo guidato lontano da Lily. Rapendogli il cuore nel giro di poco tempo. E lo stesso era successo a qualche altro ragazzo nei confronti di sua figlia. Questo pensiero lo innervosiva però. Let me inside, let me get close to you. Pensare che qualche maschio da due soldi pensasse le stesse cose che lui stesso aveva pensato nei confronti di Mary. Pensare a vedere la sua piccola fra le braccia di un bellimbusto dalle parole facili. Sopratutto pensare a Giulia andarsene per vivere altrove. Anche se era abituato a non averla in casa non poteva sopportare che lei lo abbandonasse per un altro uomo. Lui era stato quello che l’aveva cresciuta. Quello che le faceva mangiare dolci anche la sera tardi. Che le preparava la bull dell’acqua calda perché le era venuto mal di stomaco. Quello che la abbracciava per farle passare gli incubi. Nonostante avesse la prova concreta davanti a lui che Giulia non fosse più una bambina. Sebastian rinnegava l’idea. Alzando le sue difese di papà geloso. Change your mind I'll get lost if you want me to. “Non ti sembra di uscire troppo?” si lasciò sfuggire. La ragazza lo guardò sbigottita. “Ieri sera sono rimasta a casa…” puntualizzò. Sebastian sbuffò. Internamente si stava prendendo a schiaffi. Non riusciva a impedire al suo cervello di trovare ogni motivo buono per riprendere la figlia. Stupida possessività paterna. “Non avrai intenzione di uscire così spero…” commentò ancora. Giulia rimase un attimo stranita. “Papà…non ti sei mai lamentato di cosa mi mettevo…” osservò preoccupata. Somehow I found a way to get lost in you. “Non ho mai visto quel vestito…quindi non mi sono mai lamentato…” sbottò quasi ovvio l’uomo. La ragazza strabuzzò gli occhi. “Non sarà che mi stai raccontando una bugia?” esclamò di punto in bianco Sebastian. Giulia alzò un sopracciglio. Nemmeno apposta. Un riflesso oramai acquisito. “E che bugia ti starei raccontando papà?” rispose. Sebastian indugiò con lo sguardo sulla camera. Si sentiva incredibilmente stupido. “Magari stasera invece di uscire con le tue amiche devi uscire con quel ragazzino di cui parli sempre con tua madre…sai che non ti darei il permesso, quindi inventi scuse…” spiegò quasi convinto. La ragazza arrossì. “Io…io non parlo sempre con la mamma di nessuno!” rimbeccò imbarazzata. Il padre la guardò scettico. “E comunque esco veramente con Anna ed Herm…non capisco perché ultimamente tu ti stia facendo così tante paranoie papà…mi hai cresciuto tu, sai perfettamente che non direi mai una bugia a te e alla mamma…è come se non mi conoscessi più…” lo richiamò Giulia. Un tono dispiaciuto nella voce. Sebastian tossì di poco. Ecco. Ora si sentiva incredibilmente in colpa. Aveva ragione lei. The pain of it all, the rise and the fall I see it all in you. “Devi ammettere che sei strano papà…lo so che sei sotto pressione con il lavoro, però ciò non ti autorizza a sfogarti su di me…” aggiunse ancora la ragazza. Era così strano dover fare certi discorsi. Non aveva mai avuto litigi grossi con i suoi genitori. Però tutte quelle storie che suo padre si inventava per riprenderla le stavano iniziando a dare fastidio. “Bada a ciò che dici signorina…ancora una parola e stasera non uscirai, intesi?” sbottò Sebastian. Giulia lo guardò perplessa. Aveva perso il filo logico della conversazione. “Ora metti apposto la camera e poi stasera scendi a cena...non voglio discutere ancora…” concluse l’uomo. La ragazza scosse la testa. “Anche se ti costa ammetterlo papà, ricorda che sono cresciuta…non puoi costringermi a rimanere bambina per sempre…” esclamò. Sebastian la guardò ancora. Poi si richiuse la porta alle spalle senza rispondere. Now everyday I find myself sayin' I want to get lost in you. Giulia sospirò stufa e si buttò sul letto. Il vestito ancora fra le braccia. Certe volte suo padre le dava proprio ai nervi. Eppure non capiva cosa non andasse. È vero avevano litigato. Però lei aveva ceduto e gli aveva parlato. In un primo momento credeva che fosse venuto per far pace. Invece questo suo continuo accanimento la sfiniva. I'm nothing without you. La ragazza chiuse gli occhi. Suo padre le ricordava Severus qualche volta. Quando cercava di ostentare il suo cipiglio severo. Però alla fin fine si scioglieva di fronte ai suoi occhi nocciola. Suo padre lo stesso. Come quando era bambina e le veniva voglia di dolci alla sera tardi. Sua madre non voleva che li mangiasse perché sapeva che sarebbe stata male. Eppure Sebastian le passava sempre di nascosto qualche sacchetto di biscotti o caramelle. E quando immancabilmente il mal di pancia si faceva sentire le stava accanto anche tutta la notte. Finché non le passava. Somehow I found a way to get lost in you. Lei non voleva essere dura con suo padre. Però doveva rendersi conto che non era più una bambina. In quanto suo genitore lei avrebbe sempre avuto bisogno di lui al suo fianco. Ma doveva anche ricordarsi che doveva lasciarla crescere. Tenerla sotto in una campana di vetro non sarebbe servito a nulla. Giulia nascose il viso fra la stoffa del vestito. Chissà che caos sarebbe venuto fuori quando lei avrebbe presentato Piton come “promesso sposo” ai suoi. Vedeva già suo padre cercare oggetti contundenti nelle vicinanze per sopprimere Severus. Perché ovviamente avrebbe dato a lui la colpa di tutto. Senza minimamente pensare che la sua bambina potesse innamorarsi di un uomo. Let me inside, let me get close to you. In certi momenti si che avrebbe voluto scappare via dalla finestra come faceva Anna. E correre fino ad arrivare alla casa del suo amato. Ma doveva solo rimanere immobile. Nella sua stanza. Ad aspettare qualcosa che forse non sarebbe mai arrivato. Giulia si diede una manata in testa. Tutti i discorsi senza senso di suo padre la stavano facendo impazzire. Change your mind I'll get lost if you want me to but. In verità tutto la stave facendo impazzire. Il pensiero di Severus che non la veniva nemmeno a trovare. Il pensiero della guerra oramai iniziata. I soffocamenti di suo padre. Aveva proprio bisogno di uscire e non pensare a nulla. Tutto ciò che le veniva in mente le faceva male. E lei era stufa di star male. Di piangere. Somehow I found (somehow I found). Doveva solo distrarsi. E quella sera ci sarebbe riuscita. Scacciando subito l’idea che magari Piton sarebbe potuto venire mentre lei non c’era. “Giulia smettila che diamine! Stai diventando ossessiva!” si rimproverò. Tirando una testata al cuscino. Poi sbuffò. E si lasciò andare sulla coperta. Sprofondata nel materasso. Continuando così, nel giro di un mese, l’avrebbero dovuta ricoverare in manicomio. Se lo sentiva. A way to get lost in you (a way to get lost in you).
Giulia rimase in camera sua fino all’ora di cena. Quando scese mangiò senza dire una parola e poi tornò di sopra a prepararsi. “La vuoi smettere di litigarci di continuo Sebastian?!” sbuffò sfinita Mary. Tirando una gomitata al marito. Che la guardò dubbioso. “Ti sembra che ci abbia litigato ancora? Non mi ha nemmeno rivolto una parola…” commentò irritato. Giocherellando con una patata al forno. La donna scosse la testa stufa. “Ti ho sentito prima sai? Da quando sei così paranoico eh?” lo rimproverò. L’uomo guardò altrove imbarazzato. “Smettila di trovare tutte le scuse del mondo per rimproverarla e facci pace…non ci vuole molto, sai benissimo che Giulia ti vuole bene e soffre per questa situazione…” aggiunse ancora Mary. Sebastian indirizzò gli occhi sul piatto davanti a se. “Si vede come soffre…esce con le sue amiche…” mugolò. La donna si lasciò sfuggire una risatina. “Ma ti senti Sebastian? Sembri un ragazzino geloso della ragazza che gli piace!” lo prese in giro. Il marito lasciò andare la forchetta sul tavolo ed incrociò le braccia al petto imbronciato. “Ascoltami…fai pace con lei...Giulia è in un momento triste della sua vita e noi dovremmo starle vicino…non pressarla in continuazione…tu sei il suo papà, invece di farle stupidi discorsetti sulle api e i fiori, vedi di darle un abbraccio e dirle solo “tesoro io sono qui”…non penso ci voglia una laurea in babbanologia no?” consigliò Mary. L’uomo la guardò sbigottito. Cercando qualche parola per replicare. Ma non ne trovò. Perché sua moglie aveva perfettamente ragione. Intanto di sopra la protagonista del discorso si era immersa nell’armadio. Aveva rimesso apposto il vestito e ne stava cercando uno meno elegante. Oramai conosceva il genere di posti in cui le portava Anna di solito. Hermione si rifiutava di entrare nei locali per alternativi. Così finivano immancabilmente in qualche posto pieno di palestrati e donnine facili. Ma a loro bastava ballare e divertirsi. E per quella sera magari anche lei si sarebbe concessa un bicchiere di alcool in più. Alla fine la ragazza optò per una gonna corta a balze viola. Ed un top a corpetto dalla fantasia scozzese nera e viola. Senza spalline. Forse era un po’ eccessivo ma non aveva trovato di meglio nel suo armadio. Veloce si pettinò e si truccò. Poi aprì il cassetto inferiore dell’armadio. Quello delle scarpe. Le sue Converse stavano come al solito ai piedi del letto. Tanto valeva metterle a posto se le usava praticamente sempre. Una delle prime paia erano le ballerine. Ma per quella sera Giulia aveva deciso di lasciarle li. Per passare a qualcosa di più. Con un gesto sicuro prese un paio di scarpe col tacco che le aveva regalato sua madre. Erano nere e lucide. Dalla punta. Non erano molto alte, abbastanza da farle rimpiangere le Converse. Le aveva messe un paio di sere ad uscire. Ricordandole tutti i pomeriggi in cui ci girava per casa nella speranza di abituarsi ai tacchi. Finalmente c’era riuscita. Sua madre si scioglieva sempre quando le vedeva mettere quelle scarpe. A lei facevano un effetto strano. Non si sentiva molto se stessa. Però un po’ di cambiamento qualche volta ci voleva. Così se le sistemò ai piedi. Prese la pochette viola e le allungò il cordino per metterla a tracolla. Poi prese anche il copri spalle. Anche se fossero tornate tardi si sarebbero smaterializzate. Avrebbe preferito fare la strada a piedi che immergersi in quel freddo. Infine prese le chiavi di casa ed uscì dalla stanza. Il picchiettio dei tacchi sul parquet la rallegrava. Le piaceva quel tic tac. Piano scese le scale. Sentiva la tv accesa in salotto. “Io vado…” annunciò. I suoi si voltarono e come previsto Mary si illuminò nel vedere le scarpe. “Non tornate tanto tardi mi raccomando…” sorrise. La ragazza annuì divertita. Fece per voltarsi ma la madre la fermò. “Bhe, cos’è, non mi dai nemmeno più il bacio sulla guancia?” si lagnò. Giulia la guardò truce. “Sai che con questi trampoli rischierei la vita a venire fino a li…” precisò. Mary rise e le fece segno di andare. La ragazza le fece la linguaccia ed uscì. Dopo qualche minuto una figura la raggiunse. Era fasciata in un vestito azzurro dalle spalline fini. Ai piedi delle scarpe-sandali con tacco maggiore di quello di Giulia blu. Portate con molta più disinvoltura. “Che schianto Herm!” fischiò la ragazza. Il prefetto arrossì smisuratamente. Per strada già due macchine le avevano suonato il clacson come apprezzamento. “È opera di mia madre…mi ha comprato questo vestito e ha insistito perché lo mettessi…” biascicò. La ragazza sorrise. “Tua madre ha buon gusto…ti sta benissimo…” commentò. Hermione non ebbe il tempo di negare che davanti a loro apparve la terza. “Anna! Quante volte ti ho detto che non devi smaterializzarti in mezzo alla strada!” la rimproverò subito il prefetto. La castana si stiracchiò finta innocente. Indossava un vestito con il busto lucido e la gonna in tulle corta. Ai piedi le classiche Mary Jane da Gothic Lolita. Che la alzavano di molti centimetri. “Vedo che vi siete messe bene in tiro ragazze mie…” si complimentò. Giulia ed il prefetto arrossirono. “Andiamo?” cercò di cambiare argomento la seconda. Anna annuì. Senza dire nulla levò la bacchetta e sparì. Hermione sbuffò esasperata poi si attaccò al braccio della ragazza. In un secondo anche loro sparirono. Per riapparire qualche minuto dopo in un vicolo. “Dove andiamo ora?” esclamò esagitata Anna. Giulia si sporse verso la strada. “Possiamo andare al solito locale che dite?” propose. Il prefetto storse il naso. “Se proprio dobbiamo…” commentò. La castana gongolò. “Non potremmo andare in quel bar che vi ho fatto vedere l’ultima volta?” provò. Hermione scosse la testa subito. Anna sbuffò stizzita. “Allora Blue Bar?” ripeté la terza. Le amiche alzarono le spalle arrese. Così uscirono dal vicolo e si misero in marcia. Il Blue Bar era un locale che avevano scoperto alla ultima uscita in giro per Londra. Era un posto abbastanza frequentato. C’era gente di tutte le età e la musica variava. Vecchi successi anni sessanta, hardcore, commerciale perfettamente ballabile. Anna c’era abituata oramai a non sentire nemmeno una nota del suo rock. Ma d’altronde se voleva ballare non aveva molta scelta. Qualche minuto dopo arrivarono finalmente a destinazione. Le tre si misero in fila ed iniziarono a frugare nelle rispettive borse per prendere i soldi per l’entrata. “Sbaglio o c’è sempre più gente ogni volta che veniamo?” sbottò infastidita Hermione. “Non hai tutti i torti Herm…speriamo che liberino la pista…” le diede ragione Giulia. Anna stava per replicare. Però si bloccò. Poi con uno scatto si nascose dietro al prefetto. “La tua imitazione di James Bond non è divertente Anna…” rimbeccò ironica quest’ultima. La castana la zittì. “Non dire il mio nome ad alta voce!” sussurrò. Giulia scosse la testa divertita. Alzò lo sguardo per vedere chi potesse essere il diretto interessato che l’amica stava evitando. “Ma si può sapere chi c’è?!” sbottò irritato il prefetto. Stavolta Anna uscì dal suo nascondiglio. Sempre guardandosi in giro con circospezione. “Ma è possibile che con tutte le sere in cui può uscire quell’idiota esce stasera?!” ringhiò spazientita. Hermione cercò di seguire i suoi occhi per vedere il soggetto dell’odio. Ma non vide nessuno di particolare. “Giulia tu hai capito?” chiese. La castana però la anticipò. “Greg è qui…l’ho visto entrare con dei suoi amici tamarri…” spiegò. Il prefetto sospirò sollevata. “E io che pensavo che avessi visto chissà cosa…” commentò. “Certo Herm…fra i suoi amici c’era anche Voldemort in borghese…” aggiunse stizzita Anna. Hermione rabbrividì. Giulia trattenne una risata. Qualcuno le picchiettò sulla spalla. “Avete intenzione di entrare o trasferirvi qui davanti?” tuonò un omone alto e dalle spalle larghe. In un secondo le tre gli porsero i soldi ed entrarono. Si diressero subito infondo al locale. Nell’angolo in cui c’erano dei tavoli accerchiati da divanetti di pelle. “Sicuramente quell’allampanato starà nel privè…” soffiò con odio la castana. Sedendosi e accavallando le gambe. Le amiche si sedettero subito dopo. “Io non capisco poverello…che ti ha fatto di male per meritare tutto questo odio?” rimbeccò il prefetto. Anna la fulminò con lo sguardo. “Esiste…basta questo…” rispose pacata. Giulia rise. “Se si avvicina gli lanci una lozione abbronzante…vedrai come corre a riprenderla…così te ne liberi…” propose. La castana sbuffò e prese subito il menù sul tavolo. “Ho bisogno di alcool…” esalò già sfinita. Hermione scosse la testa esasperata. “Iniziamo con un buon Martini?” sorrise la ragazza. Anna la guardò scettica. “Tesoro a me serve di più che un Martini…Assenzio a manetta…” la corresse. Il prefetto guardò entrambe allibita. “Siamo arrivate da nemmeno dieci minuti e già volete bere?” squittì. Giulia e la castana si scambiarono uno sguardo innocente. “Calmati suor Geralda, ho solo bisogno di un integratore per il mio umore…” commentò la seconda. “Herm prendi qualcosa anche tu…la prima consumazione è anche gratis…” fece pubblicità la prima. Hermione sospirò e si arrese. Stava martoriando il suo povero cervello da tutto il giorno. Un po’ di alcool non le avrebbe fatto male infondo. “Ah dimenticavo, ho delle novità!” esordì ancora Anna. La ragazza rimase a giocherellare col menù. Mentre il prefetto si voltò. “Draco è venuto da me ieri…” iniziò a dire. “Co…cosa?!” boccheggiò Hermione. “Appena sono tornata a casa l’ho trovato in camera mia…mi ha lasciato un oggetto che credo userà come telefono…come facevano le nostre madri per contattarci quando eravamo a scuola…” continuò ancora la castana. L’interlocutrice si voltò verso Giulia. “Tu lo sapevi?” chiese. Quest’ultima alzò le spalle. “È scappata da me appena lui sen’è andato…” spiegò. Hermione le guardò incredula. “E…e lui ti ha più detto nulla? Cioè…ti ha contattato?” chiese. Anna scosse la testa. “Non so se è stato beccato…non so se sta bene…non so se ritornerà…” disse loro. Il prefetto abbassò lo sguardo. Ci fu qualche minuto di silenzio fra le tre. Che fu rotto da quest’ultima. “Anche io vi devo dire una cosa…” sospirò. Le amiche la osservarono curiose. In quel mentre arrivò la cameriera a prendere gli ordini. Appena questa se ne andò il prefetto riprese. “Oggi mi è arrivata una lettera…di Ron…” disse. Giulia la guardò dubbiosa. “Che c’è che non va Herm?” le chiese. Hermione portò una mano al ciondolo colpevole. Non aveva voluto toglierselo nemmeno per uscire. “Non gli risposto…mi ha scritto che non vede l’ora che io mi trasferisca la per il matrimonio di Bill e Fleur…dice che gli manco…io…io però non avevo mai nemmeno pensato a scrivergli…ho solo Mark in testa e non è normale…” spiegò. Si sentiva estremamente in colpa. “Ma Herm è normale che non pensi a lui…sai che Ron è al sicuro a casa sua, mentre Mark è da qualche parte in mezzo ai Mangiamorte…” la giustificò Giulia. Il prefetto scosse la testa. “Sono un essere orribile…ho voluto questo per anni e ora che dovrei essere finalmente felice mi sto rovinando tutto…” singhiozzò quasi. Anna si sporse verso di lei e le prese la testa fra le mani. “Hermione Granger ascoltami: tu non stai rovinando un bel niente! Ron sa perfettamente che è un periodo difficile per te…vedrai che quando staremo alla Tana ti starà vicino e tu starai bene in sua compagnia…è normale che provi preoccupazione per Mark…l’ultimo anno siete stati praticamente sempre insieme…” le disse con decisione. Hermione la guardò negli occhi. Ed annuì. Così l’amica la lasciò andare. “Ci stiamo complessando più di quanto non serva che diamine…” commentò poi quest’ultima. L’imprecazione fu interrotta dall’arrivo dei drink. Hermione e Giulia alzarono i loro bicchieri di Martini con oliva compresa, mentre Anna levò il suo vede acceso. Si guardarono negli occhi e fecero cin cin. Per poi bere. La castana bevve quasi tutto d’un fiato. “Sono stufa di pensare, pensare e pensare…” sbottò. Le amiche annuirono d’accordo. “Che dite se balliamo?” propose il prefetto. Anna sorrise e bevve anche l’ultimo sorso. Seguita da Hermione e la ragazza. Poi i tre uragani si spostarono sulla pista. C’era un sacco di gente. Anche se la maggior parte stava nel piano di sopra. L’ennesima canzone tonante riempì l’aria. “Manson mi esorcizzerebbe se mi vedesse ballare questo schifo…” sbuffò la castana. Nemmeno finita la frase che un uomo si avvicinò ed iniziò a ballare attaccato al prefetto. Che non poté fare altro che arrossire. Subito Giulia la corse a salvare. “Hey tu, mica ci starai provando con la mia ragazza spero…” commentò, con tono da finta spavalda. L’uomo rimase un po’ perplesso. La ragazza prese Hermione per un braccio e la tirò vicino a se. Il diretto interessato si allontanò senza molti complimenti. “Credevo di essere io la tua ragazza!” sbottò Anna divertita. Giulia tirò a se anche lei. “Ma lo siete tutte e due!” esclamò. Hermione scosse la testa. Ridendo. L’amica la fece piroettare. La castana ballava tranquillamente quando sentì qualcuno poggiare una mano sulla sua spalla. Era già pronta a rifiutare un altro essere inutile quando, appena visto chi fosse, si bloccò. “Anna! Non pensavo frequentassi questi posti…che casualità!” esclamò Greg. Anna si irrigidì. “Mi ci hanno trascinato le mie amiche…volevano ballare…” si giustificò. Il ragazzo si voltò e salutò le altre due. Che guardavano la scena curiose. “Noi stiamo andando nel privè…vi va di venire con noi?” propose il ragazzo. Dietro di lui c’erano altri tre tipi. Che sembravano fremere dalla voglia di stare in compagnia del trio. La castana scosse subito la testa. “No grazie…non siamo tipe da privè…” rifiutò. Hermione alzò le testa e diede una rapida occhiata di sopra. Doveva trattarsi di una specie di caos infernale. Greg alzò le spalle. “Peccato…allora ci si vede in giro…magari dopo si balla un po’…” provò. Anna però non demordeva. Lo guardò in modo abbastanza scettico. I tre amici si avviarono. Il ragazzo si sporse verso la castana. “Mi piacerebbe stare un po’ con te stasera…non abbiamo mai avuto occasione di parlare io e te…sarebbe bello…” le sussurrò. Anna era stata colpita in pieno dal forte profumo di lui. L’aveva quasi stordita. Al vedere che lei non rispondeva Greg salutò Giulia ed Hermione. Poi seguì i suoi amici. La seconda si avvicinò all’amica. “Tutto ok Anna?” le chiese. La castana fece una smorfia di disgusto. “Io odio i tamarri…” soffiò. Per poi guadare il bancone. “E va bene…secondo giro!” annunciò Giulia. Così le ragazze si spostarono per aiutare l’amica ad affondare le sue isterie in un altro bicchiere di Assenzio. Sperando che, almeno per quella serata, le sorprese fossero finite.
Nel mentre, in due posti differenti, i tre protagonisti delle preoccupazioni del trio si crogiolavano nei loro pensieri. Ognuno nella propria stanza faceva il resoconto del proprio stato. Piton era arrivato sull’orlo della sopportazione. Voleva vedere la sua Giulia. Perfino il fatto che Draco avesse potuto vedere Anna lo irritava. Lui che era molto più capace avrebbe potuto farlo in modo migliore e senza conseguenze. Il biondo invece si malediceva. Avendo visto la sua amata continuava a sentire il bisogno di averla ancora accanto a lui. Ed infine il terzo. Quello più lontano dei tre. Girava irrequieto. Ron voleva che Hermione gli rispondesse. Non l’aveva sentita da quando si erano separati alla stazione. Voleva sapere come stava. Anche se sapeva che stava pensando a tutt’altro che a lui. Severus si stanziò per la millesima volta davanti alla grande portafinestra della sua presunta stanza. Fuori il buio si stava appesantendo. Nemmeno le stelle avevano il coraggio di uscire. Bella, la parola bella è nata insieme a lei. L’uomo tirò le tende. Era stanco. Stanco della vita che era costretto a condurre. Stanco del fardello che Silente gli aveva posto sulle spalle. Stanco di dover sempre evitare di pensare a lei. Anche un minimo sgarro l’avrebbe pagato caro. E lui non se lo poteva permettere. Col suo corpo e con i piedi nudi, lei è un volo che afferrerei e stringerei, ma sale su l'inferno a stringere me. Il professore si sedette sul letto. La testa fra le mani. Non poteva credere di essere alla stregua di Draco. Sentiva che fra poco si sarebbe abbandonato agli impulsi. Che avrebbe preso la bacchetta. Sarebbe andato in qualche passaggio buio. E si sarebbe smaterializzato da Giulia. Eppure non era passato nemmeno un mese! Come poteva essere così debole? Ho visto sotto la sua gonna da gitana, con quale cuore prego ancora Notre Dame. Non era mai successo che abbandonasse la ragione in quel modo. Che razza di potere aveva quella ragazza su di lui? La sua mente non era mai stata così leggibile come ora. E Severus sapeva che era pericoloso. Eppure. Non riusciva a non vedere dovunque quei due occhioni nocciola. Non riusciva a non sperare di poter tornare presto da lei. Non riusciva a smettere di sentire il suo canto nella testa. Non ci credeva nemmeno. Lui. Severus Piton. Acido. Insensibile. Bastardo professore. Messo in ginocchio dall’amore. Quando mai! C'è qualcuno che le scaglierà la prima pietra? Sia cancellato dalla faccia della terra! L’uomo si passò una mano sugli occhi. Le giornate sarebbero diventate sempre più dure. Aveva un arduo compito da portare a termine. Ed in questo Giulia non doveva fare a sua comparsa. Però gli mancava. Ogni singolo gesto. Ogni singolo movimento. Stava impazzendo. Se fosse andato avanti così per ancora solo un’ora sarebbe andato da lei. Ne era sicuro. Volesse il diavolo, la vita passerei con le mie dita tra i capelli di Esmeralda. Sembrava che quelle ragazze fossero veramente fonte di una sorta di incantesimo d’amore. Draco stava iniziando a crederci veramente. Era passata quasi un’ora oramai. Stava seduto sul freddo pavimento. Rigirandosi una palla di vetro fra le mani. La neve che vi si agitava dentro era l’equivalente della sua mente. Troppi pensieri. Troppe idee. Troppe paure. Bella, è il demonio che si è incarnato in lei. Voleva tornare da Anna. Avido com’era quel fugace incontro della sera prima non era bastato. Quel lungo bacio che si erano dati l’aveva fatto peggiorare ancora. Perché lui era così. Un bambino viziato che voleva sempre di più. Per strapparmi gli occhi via da Dio, lei che ha messo la passione e il desiderio in me, la carne sa che paradiso è lei. Subito l’entusiasmo del biondo si spense. Stavolta sel’era cavato con qualche graffio. Però Piton aveva ragione. Se Voldemort si fosse accorto che lui sgattaiolava via per andare sempre nel solito posto. L’avrebbe ritracciato. Avrebbe preso Anna. Magari ucciso qualche suo famigliare. Era meglio evitare la tragedia. Oppure c’era un altro metodo. C'è in me il dolore di un amore che fa male e non m'importa se divento un criminale. Chiedere a Piton o a Mark un modo per non farsi scoprire. Questa volta aveva fatto tutto di sua iniziativa. Ma di certo loro sapevano come fare. Draco era già stupito del fatto che nessuno dei due fosse andato a trovare ne Giulia ne Hermione. Eppure erano capaci. Erano furbi. Molto più di lui era sicuro. Possibile che il loro autocontrollo fosse così grande? Lei, che passa come la bellezza più profana, lei porta il peso di un'atroce croce umana. Il biondo scosse la testa. Il suo non lo era. Solo a vederla la sera prima avrebbe voluto tenerla fra le braccia per tutta la sera. Tutta la notte. Tutto il giorno. Sempre. Tornare alla vecchia vita scolastica. Quando le giornate passavano spensierate fra le lezioni. E la peggiore delle ipotesi era il prendere un’insufficienza. Per poi aspettare con impazienza la sera. Trascorsa fra le lenzuola del dormitorio. Solo loro due. Così vicini da sincronizzare i loro respiri. E a questi ricordi Draco si maledì. Si maledì per aver rovinato tutto. Per essere stato così cocciuto da non aver preso posizione contro suo padre. Per essere costretto ad una vita che non avrebbe mai voluto. Lontano da Anna. O Notre Dame, per una volta io vorrei per la sua porta come in chiesa entrare in lei. E lo stesso pensiero fisso attorniava un altro cervello. Sempre fisso su di lei. Come una dolce litania che Ron non avrebbe mai voluto smettere di ascoltare. Hermione. Gli sembrava così incredibile di poter stare finalmente con lei. Lui era uno di vecchia maniera. Un romantico. Un passionale. Ed ora che aveva finalmente esternato i suoi sentimenti era ancora più difficile starle lontano. Però lo sapeva. Per lei non era così. Bella, lei mi porta via con gli occhi e la magia. Per quanto lo amasse. Per quanto il loro legame si fosse unito. Cen’era un altro che ora per Hermione contava di più. Ron lo sentiva. Non gli aveva mai scritto da quando si erano salutati. Perché lei era preoccupata. Scossa. Pensava solo a Mark. Per quanto gli costasse ammetterlo era geloso. E non so se sia vergine o non lo sia, c'è sotto Venere e la gonna sua lo sa, mi fa scoprire il monte e non l'al di là. Non sapeva cosa fosse successo fra quei due. Anche se si fidava di Hermione. E pure di Mark. C’era qualcosa di strano. Potevano essere due migliori amici così uniti? Forse dipendeva dal fatto che lui non aveva mai avuto una vera amica femmina. C’era sempre stato solo Harry. Da quando la sua Mione aveva trovato Anna e Giulia. Certe volte era stato geloso perfino della loro amicizia. Così complici. Sempre assieme. Complementari. Come l’incastro perfetto fra i pezzi di un puzzle. Mentre lui. Lui era solo una riserva. Un pezzo fra quelli d’avanzo che non si usano fino a che qualche altro pezzo di perde. Amore, adesso non vietarmi di tradire, di fare il passo a pochi passi dall'altare. Ron sapeva di aver fatto molti errori con Hermione. Già al quarto anno era stato così stupido da non invitarla al ballo. Poi l’anno dopo ancora non capiva. Non riusciva a comprendere quanto fosse importante per lui. Quanto lei cercasse di attirare la sua attenzione. Quanto lei fosse realmente bella. Ed ecco che era finito per fare la più grande cavolata. Si era messo con Lavanda. Aveva fatto soffrire la sua Mione come solo un deficiente avrebbe potuto fare. Ora si era sistemato tutto. Erano riusciti a ricucire un rapporto dolce e spontaneo. Fino a quando l’ennesima piaga si era abbattuta su di loro. Chi è l'uomo vivo che potrebbe rinunciare, sotto il castigo, poi, di tramutarsi in sale? Ron ebbe la tentazione di tirare una testa al muro. Sperava che la risposta di Hermione arrivasse presto. Anche se aveva spedito la lettera solo il giorno prima. Quanto avrebbe voluto avere un computer. Sapeva che lei ne aveva uno. E che così poteva rimanere sempre in contatto in tempo reale con le amiche. Che alla fin fine abitavano solo a pochi metri da lei. Lui invece si sentiva come se abitasse dall’altra parte del mondo. Non avendo nemmeno passato l’esame di smaterializzazione non poteva nemmeno andarla a trovare. E ciò lo faceva innervosire ancora di più. In attesa di un gufo che tardava ad arrivare. O Fiordaliso, vedi, non c'è fede in me, vedrò sul corpo di Esmeralda se ce n'è. Tre anime in trambusto. Logica che fermava il cuore. Sentimenti che ostacolano la ragione. Regole da dover rispettare. E da voler trasgredire. La mancanza come strumento di tortura. Intrisa da nostalgia dei tempi passati. In cui bastava un ufficio. Un dormitorio. Solo uno sguardo in più a cena. Un fugace saluto detto per automatismo. Ho visto sotto la sua gonna da gitana, con quale cuore prego ancora Notre Dame. Il dolce richiamo dello zucchero filato. Di un candido sorriso completato dagli occhi nocciola. Da una voce melodiosa. Da un semplice gesto d’affetto. Un abbraccio. Per poi bramare un bacio. Viola malinconia. Sempre nella testa di quel severo professore. C'è qualcuno che le scaglierà la prima pietra? Sia cancellato dalla faccia della terra! L’imperterrito richiamo della gianduia. Semplicemente passione condita da lussuria. Da puro sentimento. Da tutto ciò che labbra scure come il cioccolato fuso richiamano. Nella mente contorta di quel biondo malizioso. Incarcerato nella gabbia d’amore. Volesse il diavolo, la vita passerei, con le mie dita tra i capelli d'Esmeralda. Rapito dalla freschezza della menta. Dalla gioia di una parola in più. Dalle mani che si sfiorano. Ed intrecciano le loro dita. L’unica soddisfazione di sentire la sua voce. Che risuona nelle orecchie stanche del rosso. Impaziente. Intimorito. Nel poter perdere la sua saccente Musa. Di Esmeralda.

Edited by kikyo91 - 23/3/2010, 22:32
 
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124 replies since 15/12/2009, 19:27   4788 views
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