Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Silent Screams – Sotto il velo

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LadySeveraPendergast
view post Posted on 22/1/2009, 23:47




Che dire..intanto che scrivi davvero molto bene!!!
Secondo sta storia m'incuriosisce terribilmente...cosa è successo dopo??? Chi ha ucciso sua mamma?? Suo padre?? Ma Liliam??? Mah, mi sento molto come Sev devo dire..confusa, piena di dubbi e assetata di risposte XDD!
 
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view post Posted on 23/1/2009, 14:33
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Erede Universale del prof. Snape

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Molto bella questa storia, sono curiosa di conoscere il seguito ... continua così image
 
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StregattaMatta
view post Posted on 23/1/2009, 17:52




Più avanti vado in questa storia e più le cose si complicano...mi piace!!
Solo che adesso voglio capire pure ioo..!!
Brava

Irene
 
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sar3tta89
view post Posted on 26/1/2009, 13:05




[Nota:]Legata al Passato è un capitolo che scopre il lati del passato, non proprio tutti (se no che gusto c’è a scoprire qual è la verità?). Fa luce su la sorella Liliam, anche se a mio parere mette ancor di più ombra agli occhi di Severus che non si spiega cosa ci sia dietro al mistero della sorella maggiore.. per ora non mi è possibile dirvi altro.. vi dico solo di stare attenti perché la parte in corsivo è un sogno. Il capitolo tra l’altro inizia con un ricordo del passato, presumibilmente legato al sogno che fa successivamente Sarah, comunque sia il ricordo è legato a ciò che è accaduto nel suo passato, quindi non confondete il sogno con il ricordo ora vi lascio sperando che il capitolo sei vi piaccia ;) Bacione Sara










6. Legata al Passato







Un luogo pieno di luce, un luogo dove avevo sempre amato stare.

L’acquario della città, un posto dove la pace era assicurata. Mi piaceva starmene lì a fissare i pesci che boccheggiavano tra una vasca e l’altra.

In particolar modo amavo i delfini, quegli splendidi mammiferi erano veramente affettuosi e le loro voci erano sempre state melodiose alle mie orecchie.

Per una come me, l’acquario era il posto più tranquillo e mia sorella Liliam lo sapeva.

Liliam era più grande di me di dieci anni esatti, e in confronto a me era sempre stata molto diversa.

Lei aveva i capelli castano chiaro(io invece castano scurissimo tendente al nero corvino), i suoi occhi alternavano da un castano ad un color miele veramente meraviglioso – e tutto a seconda della luce, avevo sempre desiderato averli come i suoi e non castano chiaro tendente ad uno strano rosso ramato come lo erano i miei; Liliam era un ragazza veramente in gamba per i suoi vent’anni e si prendeva molto cura di me. Una donna forte e allo stesso tempo fragile. La sua vita era sempre stata modesta – si accontentava di ciò che aveva, e da quando aveva dovuto mantenere pure me, la sua vita aveva preso tutt’altra piega.

La sua vita era associata alla parola difficile, e alla morte della mamma, in un primo tempo non era mai riuscita a mantenermi come sperava. Ma non per questo cambiò il mio rapporto con lei. Papà era scomparso molto tempo prima della morte della mamma, e l’unico parente stretto era proprio lei. Liliam si sposò giovane con l’unico fidanzato che aveva da una vita: Jerard Constantine. Jerard era molto più grande di lei, una quindicina d’anni di più, ma tutto sommato era sempre stato un bravo uomo e quello che lei definiva l’uomo giusto.

A Jerard dovevo il mio tenore di vita – che cambiò radicalmente dopo il matrimonio, a lui dovevo i miei successi negli studi. Mi aveva sempre aiutata con i compiti e istruita a dovere in ogni materia. Mi aveva sempre spinto ad essere testarda per ciò che volevo ottenere, e ogni volta che seguivo il suo consiglio ottenevo ciò che volevo.. anche se.. non ottenevo proprio tutto!

Solo ciò che era indispensabile.

Jerard era un mago, impiegato al Ministero della Magia nell’Ufficio di uso improprio delle Arti Magiche, un mancato Auror per i suoi scarsi voti nelle materie specifiche per quel tipo di ruolo.

Mia sorella invece era una normalissima babbana e nonostante questo vedeva la magia nell’ottica giusta. Era fiera di essere moglie di Jerard.

E spesso sognavano di trasferirsi insieme in qualche cittadina del tutto magica, ma restando con i piedi per terra vissero a lungo nella casa dei nostri genitori a Londra.

Mi guardai intorno vedendo due vasche grandissime dove vi erano almeno una dozzina di delfini che mi attrassero molto. Mi avvicinai sorridente e accarezzai appena il dorso del mammifero. Una ragazza che calzava una tuta da sub mi si avvicinò sciogliendo i capelli biondi dalla coda.

“Sono meravigliosi, vero?” mi disse, accarezzando anche lei lo stesso delfino.

“Bellissimi” mormorai. Ricordo che a quel tempo avevo 15 anni, ed ero meno curiosa di quanto potessi esserlo stata tra gli 11 e i 13. La mia vita era cambiata moltissimo in quel lasso di tempo, e forse era questo il motivo della mia mancata curiosità. Prima la scomparsa di mio padre e le ingiustificate ragioni che mi venivano rifilate quando chiedevo di lui, poi successivamente la morte di mamma.. e insomma, tutti quei fatti avvenuti prima che avevano cambiato inesorabilmente la mia vita.

Il delfino sfilò per un po’ vicino a noi, finché non raggiunse gli altri che stavano in gruppo più lontani dal pubblico.

Liliam arrivò da dietro appoggiandomi le mani sulle spalle, e sfiorandomi in un bacio. “Andiamo?”

Annuii e la presi per mano, per uscire fuori dall’acquario dove ci aspettava Jerard in macchina.

Salimmo e percorremmo il ponte che passava sul Tamigi. Sentivo mia sorella discutere con Jerard per qualcosa riguardante l’omicidio di mia madre avvenuto due anni prima e Liliam voltandosi verso di me accertandosi che stessi dormendo – finsi di dormire non appena si voltò a guardarmi - proseguì:

“Sarebbe meglio parlarne a casa Jerard. Non mi sembra davvero il caso.” mormorò preoccupata.

“D’accordo.” assentì lui fissando lo specchietto retrovisore in mia direzione. Aprii gli occhi e incontrai il suo sguardo, i suoi occhi azzurri – come il ghiaccio – mi trafissero come lame.

Una volta arrivati alla nostra abitazione, aprii la portiera e mi divincolai verso l’interno della casa per sfuggire ad altri sguardi indagatori.

Adoravo Jerard e temevo spesso di deluderlo o farlo arrabbiare, e lui sapeva che la conversazione m’interessava parecchio perciò non mi fermò quando mi vide fuggire in camera mia.

Nessuno conosceva le mie facoltà, ma per qualche ragione sapevo che Jerard sospettasse qualcosa. Forse erano solo supposizioni le mie..

Da sopra sentii le voci attraversare il salotto, Jerard diceva che forse avevano trovato nuovi indizi e che finalmente ero stata tagliata fuori dalle indagini perché il mio alibi era stato confermato dalla mia amica Jenna.

“Sei sicuro?” chiese con una certa nota di preoccupazione Liliam.

“Sì tesoro” mormorò Jerard.

Sospirai e mi lasciai andare sul mio letto, mentre fissavo il mio riflesso sulla parete opposta. In due anni avevo temuto di fissare il mio riflesso per troppo tempo, per la sola paura di scorgere in me un mostro.

Sciolsi i capelli dalla treccia e pettinandoli continuai a fissare il mio riflesso. Gli occhi sussultavano di gioia. Non ero un mostro.

Quella notte dormii serena, mentre la pioggia scrosciava contro la finestra della mia stanza finalmente convinta di essere innocente.


*




Tre anni della mia vita scorsero veloci e passarono più in fretta di quanto pensai. Conclusi i miei studi a Beauxbatons, la scuola dov’ero stata ammessa sette anni prima - con notevole sorpresa da parte di Jerard e felicità da parte di mia madre (finché era ancora in vita) - nonostante fossi di Londra.

“Bentornata!” mi aveva detto al mio ritorno Jerard stringendomi forte. “Congratulazioni, Sarah! Sapevo ce l’avresti fatta.”

Mi baciò sulla fronte e mi prese per mano guidandomi nella vecchia cucina di casa mia. Avevo sempre apprezzato la sua vicinanza e al mio ritorno fui contenta di poter passare un po’ di tempo con lui a Londra.

Beauxbatons mi aveva istruita molto bene in quei sette anni, e finalmente pronta per la carriera sognavo grandi cose davanti a me.

Jerard quando gli parlai dei miei grandi progetti mi parlò di intraprendere la carriera di insegnante, poiché pensava fossi perfetta per un ruolo come quello. Liliam d’altro canto pensavi fossi perfetta per un ruolo d’ufficio al Ministero e mi vedeva già all’opera in qualche ufficio del Ministero della Magia.

Ah.. in mia assenza Liliam e Jerard avevano divorziato, e forse era quella la causa del loro disaccordo comune. Entrambi dicevano di saper loro cos’era la cosa giusta per me.

Ma nessuno si chiedeva cosa ne pensassi io? Non credo proprio.
Jerard ormai sull’onda dei quaranta esibiva la fronte stempiata e i capelli scuri avevano assunto un colore brizzolato, portava la barba - cosa che Liliam avrebbe di certo detestato, e il suo modo di vestire era diventato più trasandato. Nonostante ciò, i suoi occhi non erano cambiati di una virgola, sempre meravigliosamente azzurri come li preferivo io.

Quella settimana l’avrei passata a Londra da lui, dato che la settimana precedente non appena finii la scuola passai la prima settimana di vacanza con Liliam che viveva stabilmente in Francia da qualche tempo, dove aveva già conosciuto un raffinato chef francese. Un uomo che non sopportavo, poiché il paragone con Jerard non teneva proprio a mio parere. Ma Liliam preferiva ignorare i miei pareri in fatto di uomini, in quanto pensava fossi ancora troppo giovane.

Ero felice di poter stare nella mia vecchia casa, e felice ancor di più di stare con Jerard.

La penultima sera che passavo lì a Londra, Jerard aveva provveduto a prepararmi il mio dessert preferito la Teacle Tart(torta di melassa, panna e fragole), durante la cena – poco prima di passare al dessert – avevamo conversato sul suo lavoro.

“Insomma, è proprio stancante” aveva finito per dire mentre addentava un boccone “ capirai non appena avrai iniziato a lavorare anche tu.”
Sorrisi e mandai giù un po’ del succo d’arancia rossa.

“Jerard, potrei sapere perché tu e mia sorella vi siete separati? L’ho chiesto più volte a lei, ma ogni volta evita il discorso.”

Lui alzò gli occhi dal piatto e disse semplicemente: “Non mi amava più.”
Deglutii a fatica per mandar giù uno sguardo tanto sincero come il suo. Era proprio uno sguardo ammaliatore.

“E tu la ami ancora?” per una volta tanto mi sentii abbastanza gelosa di quella risposta, perché se avesse detto sì, avrei finito con l’invidiare mia sorella. Ma non perché provassi qualcosa per Jerard, anzi lui era sempre stato l’uomo della mia vita dalla prospettiva di una figlia. Jerard era il padre che non avevo mai avuto.

Liliam si era sempre rifiutata di parlarmi del mio vero padre, poiché per lei non era nulla.. non era suo padre. Sì, Liliam e io avevamo due padri diversi. Mia madre aveva avuto Liliam molto giovane con il suo primo marito e poi, non so per quale ragione lo lasciò per mio padre che a sua volta una volta che nacqui lasciò entrambe. Liliam non era fiera della mamma ne tanto meno del suo terzo marito per cui non provò altro che odio.

La mia nascita rovinò il primo matrimonio di mia madre, in poche parole ero colei che aveva portato disgrazia nella nostra famiglia.

Fortunatamente Liliam non la pensava così, aveva sempre detto fosse stata nostra madre l’irresponsabile e crudelmente aveva aggiunto una volta: “E la sua irresponsabilità è stata pagata di conseguenza con la sua stessa vita.”

All’epoca avevo dato molto peso a quelle parole e avevo anche provato a pensarla alla stessa maniera, ma successivamente mi ricredetti. Il vero significato di quelle parole era l’odio sconsiderato di mia sorella per nostra madre.

“Le voglio molto bene, ma non la amavo da tanto tempo. E questo valeva per entrambi.” disse mentre sparecchiava la tavola e portava i piatti da dessert.

“Come mai?” chiesi improvvisamente, più tardi, a metà della mia fetta di torta.

Lui mi gettò un’occhiata perplessa e scuotendo la testa confuso domandò: “Cosa?”

“Come mai..” iniziai non sapendo bene come porgli la domanda “.. tu e Liliam vi siete sposati, se il vostro amore non era forte abbastanza?”
Rise, e mi fece sentire vagamente un’idiota.

“Sarai anche più grande della tua età Sarah, ma sei ancora inesperta per quanto riguarda l’amore.”

Sbuffai fingendomi offesa, e lui si divertiva parecchio a prendermi in giro.

“A volte quando si è stati troppo a lungo insieme.. si crede di poter fare un passo ancora più grande.. e quel passo Sarah, è il matrimonio. Non ci si aspetta che condividendo la stessa casa nascano problemi e si scoprano cose che non si conoscevano dell’altro. Noi abbiamo capito che siamo stati tanto insieme solo per una motivazione.. e quella sei stata tu. E ora che sei cresciuta era venuto il momento di ammettere la verità.”

Lo guardai di sottecchi e vidi che sorrideva tranquillo. “Capisco” mormorai dopo un po’.

Più tardi mi alzai per andare a lavare i piatti e lui mi seguì. Era tradizione per noi – da quando si era separato da mia sorella, lavare i piatti una volta a testa mentre l’altro parlava di ciò che voleva. Quel giorno toccava a Jerard.

“Bene” sorrise sedendosi su una sedia affianco alla porta “di cosa possiamo parlare?”

Senza guardarlo concentrandomi sulla pentola dissi: “Chi ha ucciso mia madre, Jerard?”

“Sarah” disse preoccupato, mi voltai a guardarlo con le lacrime agli occhi.

“Ti prego” lo implorai.

Sospirò e acconsentì. “Che vorresti sapere?”

“Chi è il colpevole?”

“Non è stato trovato.”

“Sono stati impiegati anche gli Auror del Ministero?”

“Non era una strega, Sarah” disse spossato, appoggiando la testa alla parete.

“E quindi?” chiesi con una punta di rabbia.

“Sai benissimo come funzionano le cose.” Continuò tranquillo Jerard gettandomi un’occhiata di rimprovero.

“Liliam cosa ne pensa?” chiesi, pur sapendo che avrebbe potuto dirmi ben poco dato che erano due anni che non si parlavano.

“L’ultima volta che ne abbiamo parlato pensava che tu dovessi star fuori da questa storia, e saperne meno del meno. Anche se ho sempre pensato fosse sbagliato..”

Gli fui grata per la sincerità che mi riservava.

“Qualcos’altro?” chiesi mentre asciugavo un piatto con uno strofinaccio.

“Ma non doveva essere la mia giornata?” chiese Jerard ammiccando un sorriso.

Sospirai. “E che ho bisogno di sapere”







Questa frase mi risvegliò. Anche Severus aveva detto le stesse parole. Improvvisamente capii il suo senso di confusione e un po’ mi seccò essere dispiaciuta per lui.
Dispiaciuta per cosa poi? Perché non gli avevo dato delle risposte?
Alzai gli occhi insonnoliti per vedere di fronte a me la Sala Grande ancora vuota e alzai gli occhi verso il soffitto magico che mostrava una luce flebile, doveva essere mattino presto.
Accidenti!
Mi alzai di scatto quasi perdendo l’equilibrio e corsi in direzione della mia stanza. Non appena la raggiunsi notai con rammarico che erano le sette in punto. Mi sarei dovuta preparare in fretta per riscendere a far colazione e correre poi a lezione.
Richiudendomi la porta alle spalle sentii un rumore provenire dalla mia stanza, e con circospezione mi avvicinai a quest’ultima lentamente. Molto lentamente. Quando la aprii, vidi Jerard e con mio stupore balzò giù dal letto per abbracciarmi forte.
“Piccola” mi sorrise.
Quel sorriso splendente, quel piccolo sole che aveva reso la mia vita veramente piena di affetto e calore. Non credevo avrei desiderato così ardentemente rivederlo. Ma invece era proprio così.
“J-Jerard?” balbettai incredula, “che ci fai?”
Non lo vedevo da circa sei anni, e mi lasciò confusa rivederlo.
“Non sei contenta di vedermi?” mi sorrise e mi prese il viso tra le mani, mentre io continuavo a fissarlo come un’ebete. Mi accarezzò lentamente il volto.
Infine scrollai il capo e dissi: “Sì”
Lui sorrise e continuò ad accarezzarmi il viso affettuosamente.







Quella sera di sei anni prima, dopo aver concluso il mio botta e risposta con Jerard, proseguimmo la serata con la visione di un film scelto a caso come facevamo ormai ogni volta che terminavamo una cena.

Ricordavo ancora quel buon profumo di dopobarba che sentivo ogni volta che mi accoccolavo sul suo petto, stretta a lui come una bambina.

“E’ possibile che non possa mai iniziare con una famiglia felice?” dissi dando voce ai miei pensieri, Jerard di tutta risposta mi zittì posandomi una mano sulla bocca e io feci finta di morderla.

Lui rise e insieme ironizzammo quel momento di urla stridule. Quando il film finì, era molto tardi e il dover raggiungere la mia stanza per poi la mattina dopo andarmene e tornare in Francia da mia sorella, non era più molto allettante. Guardai Jerard alzarsi per spegnere la tv, e infine darmi la buonanotte.

Quando raggiunse le scale corsi dietro a lui, facendolo voltare nuovamente.

“Che c’è Sarah?”

“Non ho sonno” dissi avanzando di un passo.

“Leggi qualcosa, al piano di sotto dovrebbero esserci dei libri che potrebbero interessarti..”

“Domani torno in Francia da Liliam, e tu mi consigli di leggermi un libro?” dissi.

Lui evidentemente perplesso annuì.
“Non voglio leggere”

Jerard se ne stava impalato a metà della rampa di scala che portava al piano superiore, la maglietta nera attillata in cotone risaltava il suo vigoroso fisico e i pantaloni grigi ricadevano larghi sui piedi scalzi.
“Jerard” iniziai salendo il primo scalino.

“Sarah, io penso che tu dovresti riposarti.. domani devi essere fresca per il viaggio..” non ebbe tempo di finire che gli fui davanti, pronta a fronteggiarlo.

“Liliam ha sempre detto che eri un uomo meraviglioso, ma non quanto lo sei stato con me in tutti questi anni. Volevo dirti grazie..”
“Sarah” iniziò Jerard “tu sei..” fece una pausa e mi sorrise “.. stata la peste più carina che abbia visto crescere” e mi sorrise accarezzandomi una guancia.

“Mi mancherai” dissi in un mezzo singhiozzo, sapevo che una volta tornata in Francia lui sarebbe partito – così aveva detto – per affari che lo avrebbero portato via da Londra per un tempo indeterminato.

“Vorrei dirti che il tempo che ci dividerà non sarà infinito.. ma, non sarebbe la verità Sarah.” Vidi i suoi occhi azzurri incupirsi. Per qualche ragione che non mi spiegavo sentivo crescere un muro tra noi, sapevo che c’era qualcosa che non voleva dirmi e che mai mi avrebbe detto.

Lo abbracciai stringendolo forte. “Mi chiamerai?” bofonchiai tra un singhiozzo e l’altro.

“Lo farò ogni volta che potrò.” Affermò e mi sussurrò “Ti voglio bene Sarah. Ora vai a dormire.”

La mattina seguente, quando mi alzai scesi per le scale e Jerard con molta probabilità se n’era già andato via. Al piano di sotto mi aspettava Liliam, che mi preparava la colazione più sbrigativa che avessi mai avuto in tutta la mia esistenza. Era affaccendata tra i fornelli e l’odore di bruciato mi sollecitava a saltare la colazione. Quando arrivai era con le lacrime agli occhi.

“Liliam?”

Mi guardò appena prima di strofinarsi un braccio sugli occhi.

“Oh, sbrigati! Non ho tempo da perdere!” mi rifilò sbattendomi il piatto sotto il naso.

Mangiai con molta riluttanza e non chiesi niente su cosa succedesse nella sua testa.

Non so cosa accadde quel giorno, poiché il resto era solo ombra ai miei ricordi. Ma di Jerard non ebbi più notizie, non una chiamata.. non una lettera. Niente di niente.

Inizialmente ricordo di averne sofferto, ma via via che il tempo passava il dolore si attenuava. Non dico che sia sparito, ma era.. meno difficile parlare di lui con Liliam, che invece a differenza di me non era mai riuscita a superare la cosa.







“Sei morto?” chiesi confusa guardando Jerard davanti a me.
“Troverai le risposte dentro di te.” rispose tralasciando la mia affermazione.
“Cosa troverò dentro di me?” chiesi.
Una nuvole di luce sovrastò Jerard e ci divise in quella che non sembrava più essere la mia camera, ma un posto familiare.. un posto che però non ricordavo quale fosse.
“Lo scoprirai presto. Ciò che cerchi è la risposta a tutto ciò a cui sei legata. Ha a che fare con il passato stesso. Devi solo porti la domanda giusta, Sarah.”
La luce riempì il posto e Jerard scomparve, nonostante ciò, continuai a chiamare il suo nome.







Quando mi svegliai la luce penetrava tra le vecchie tende della mia stanza. Mi alzai e con un braccio tentai di scostarle, riuscendoci per metà. I caldi raggi del sole penetrarono nella stanca timidamente, guardai per un attimo il soffitto lasciando scorrere i pensieri verso il mio strano sogno. Che voleva dire Jerard?

Continuavo a ripensare alle sue parole: Lo scoprirai presto. Ciò che cerchi è la risposta a tutto ciò a cui sei legata. Ha a che fare con il passato stesso. Devi solo porti la domanda giusta, Sarah.

Ciò a cui ero legata.. ciò che aveva a che fare con il mio passato.. era possibile che fosse solo un sogno?

Stiracchiandomi mi alzai ed entrai nell’ufficio trovandoci con mia sorpresa Severus.

Irritata e sulla difensiva chiesi senza delicatezza: “Che ci fai qui?”

“Ben svegliata.” disse con noncuranza sfoderando un sorriso mellifluo.

“Ti ho fatto una domanda” insistetti con fermezza con le labbra contratte.

“Anche io te ne ho poste parecchie di domande, ma non per questo mi rispondi.” disse tranquillamente, sedendosi più comodamente – e accavallando le gambe rilassato - sulla mia sedia dietro la scrivania.

“Oh santo cielo..” mormorai scuotendo la testa e voltandomi per tornarmene nella mia stanza.

“Prima o poi dovrai dare delle risposte, Sarah.” disse in tono piatto.

Gli risposi dalla mia stanza mentre ero impegnata a cambiarmi.

“Piantala di chiamarmi per nome! Non siamo amici!” feci stizzita alterando appena il tono della voce in uno stridulo urlo.

“Credo tu abbia perfettamente ragione” concordò Severus con tono pensieroso. Scossi la testa infastidita e guardandomi allo specchio vidi i miei occhi cerchiati da sfumature bluastre.

Sospirai e mi avvicinai all’armadio per rovistare tra le mie cose. Con poca speranza cercai il mio beauty case, ma l’interno dell’armadio era sommerso da una confusione caotica. L’ordine non era sicuramente una mia abitudine.

Sentendo il silenzio non me ne preoccupai – anzi sentii i nervi sciogliersi e rilassarsi, sicuramente Severus si era arreso e se n’era andato via come al suo solito e quando ritornai nel mio ufficio per cercare la bacchetta lo vidi e mi sorpresi vederlo ancora lì in attesa. Mi guardò con finta indifferenza e attese, ma io lo ignorai completamente continuando a cercare nel cassetto. Quando trovai la mia bacchetta tornai nella mia stanza spedita, sapendo benissimo che lui seguiva ogni mio movimento e con un po’ d’irritazione spinsi la porta facendola sbattere.

Perché voleva insistentemente sapere di Liliam? E perché io durante la notte avevo sognato Jerard? E che diavolo significava quella sotto specie di indovinello?


Me lo chiedevo proprio. Una volta che trovai il beauty grazie all’uso della magia, riuscii a coprire le occhiaia e non m’importava nulla se Severus fosse l’unico ad averle viste.

Tornando nell’ufficio lo vidi poggiato sui gomiti, che mi scrutava. Rivolsi la mia attenzione altrove e dissi esasperata: “E’ mia sorella. Perché tanto interesse?”

“Un tuo ricordo la distingueva vividamente, ma per qualche ragione il ricordo si è interrotto.. credo ci sia di più.” disse con voce bassa mentre fissava i miei occhi stringersi a fessure.

“Di più? In che senso?” chiesi evasiva. I suoi occhi neri mi scrutarono a fondo, e aggiunsi prontamente: “Forse non hai visto abbastanza quella sera.. non sai quanto mi dispiace!” dissi con tono di sfida. Non me ne importava proprio nulla di quello che credeva o no di sapere.

“Più di quello che vuoi far credere, Sarah. Non è vero?” ammiccò un sorriso mellifluo e alzandosi mi passò affianco, “Negare non semplifica le cose. E finché non verrò a capo di questo enigma(accentuando in maniera particolare questa parola) non avrò pace.” e alla soglia aggiunse: “Questo è giusto perché tu lo sappia.”

E sparì come al suo solito lasciandomi inquieta. Perché doveva rendermi la vita impossibile?

Trattenni un urlo di frustrazione, pur sapendo che se ne avessi lanciato uno per libero sfogo sarei stata certamente meglio.

Quel giorno avrei ripreso le lezioni, ed ero già particolarmente nervosa di dover riaffrontare tutti e tutto e la sola cosa che ci mancava e che qualcosa andasse storto proprio quel giorno. Non potevo permetterlo.

Sapevo che il ragazzo sopravvissuto all’attacco della “cosa”, era ancora in infermeria sotto shock, e mi promisi di andarci non appena avessi finito di fare lezione.





Più tardi, entrai nell’aula quando gli alunni stavano ancora prendendo posto e chiacchierando scherzosamente tra loro, quando mi sedetti la classe aveva preso posto e si era fatta silenziosa.

Porsi un sorriso compiaciuto e incominciai: “So che abbiamo perso una settimana buona di lezione ragazzi, perciò da ora dovremmo impegnarci molto. Ci siamo intesi?”

Tutti in un coro sonoro dissero “sì”. Annuii e alzandomi passeggiai fra i banchi.

“Tirate fuori il libro, tenete pure la bacchetta sul banco – ci servirà nella prossima ora. Prendete piuma e pergamena. Desidero che durante le mie ore vengano presi numerosi appunti.”

Un alunno dai capelli neri e ricciolini alzò la mano: “Che argomento pensa di svolgere durante l’anno?”

Lo guardai e gli domandai: “Nome e casa?”

“Martin Smith, Tassorosso.” disse con fierezza, alzandosi in piedi e mostrando la sua bassa statura e il suo corpo esile.

“Martin, se tu avessi dato anche solo un’occhiata al libro durante questa settimana sapresti che gli argomenti sono scritti proprio là.”

Passandogli accanto aggiunsi: “Comunque sia, il programma verrà deciso in seguito alla vostra preparazione. Se avrete lacune passeremo più tempo su certi argomenti che su altri.”

Non appena Smith tornò a sedersi evidentemente seccato, tornai alla cattedra per sedermi ignorandolo.

Lupi mannari sarà il nostro argomento di oggi. Quello che dai babbani viene meglio considerato uno stato mentale – detta pazzia in parole povere – dell’essere umano.
Ma noi sappiamo che ci sono rinomati uomini del nostro mondo che sono veri e propri lupi mannari. L’influsso della Luna agisce sull’uomo mutandolo nella sua forma guida. Il tutto risale a tempi antichissimi, seppur ignoti.”

Martin alzò nuovamente la mano: “Si può contrarre questa malattia?”

“Sì, purtroppo se un lupo mannaro vi ferisce è molto probabile che presto possiate accorgervi dei cambiamenti, naturalmente per i non contagiati si tratta del piccolo 5% che deve ritenersi fortunato per non aver contratto la malattia.”

Un’altra ragazzina alzò la mano: “E’ possibile che gli omicidi siano stati commessi da un lupo mannaro?”

“Ne dubito, un lupo mannaro tende a sbranare ma non si porta via gli organi(il cuore in questo caso).. o meglio non li fa sparire. Ma questo a noi non deve interessare, di questo se ne occupano già gli Auror assegnati dal Ministero.” Tornai a guardare il libro e ripresi l’argomento cercando di deviare altre possibili domande sugli omicidi. “Il restante 95% che avranno la sfortuna di contrarre questa malattia potranno accorgersi dei cambiamenti – e questo s’intende prima della luna piena – dalla carne, che preferiranno mangiar cruda invece che cotta.. dalla forza brutale che potrebbe sopraffarli, dall’udito e dalla vista. Nel momento della trasformazione tutte queste doti si ampliano, e si aggiungono altri particolari come gli artigli affilati e.. i denti aguzzi.

Inoltre il lupo mannaro è noto come un essere molto intelligente che agisce d’astuzia.” Mi fermai e sentii il rumore delle piume scrivere. “Aprite il libro ragazzi a pagina 457, paragrafo 2.”

Lo sfogliare delle pagine per un attimo sovrastò l’aula e io mi lasciai attrarre per la prima volta dalle immagini animate che mostravano uomini che si mutavano in lupi mannari, in un’altra un lupo mannaro sbranava e squartava una preda della sua stazza – un orso.

Pensai per un attimo al primo omicidio a cui avevo assistito, e mi chiesi se potesse essere stato veramente un lupo mannaro a commettere i due omicidi.

Scossi la testa risvegliata da un alunno che alzava insistentemente la mano per attirare la mia attenzione. Gli feci un cenno di parlare.

“Professoressa, qui dice che i lupi mannari squartano e non lasciano possibilità di sopravvivenza.. ma divorano l’interno delle loro prede?”

Un pò nauseata all’idea, mi venne un’idea. “Bene,” dissi senza rispondere all’alunno “dato che la lezione di oggi ha stimolato parecchio la vostra curiosità per la prossima volta fate una ricerca su pergamena di almeno 50 centimetri. Potrete dividervi in gruppi di tre o quattro per poter dividere il lavoro. Inoltre dalla prossima volta vi interrogherò sull’argomento e sulla relazione che mi porterete. Ci siamo intesi?”

Tutti annuirono. Molto felice di aver portato a termine la mia prima lezione teorica, passai alla parte pratica. L’ora successiva volò e mi ritrovai a fine lezione ad annunciare felicemente la fine di quella lezione. “Ragazzi ricordate, la relazione per la prossima volta. Chi non la porta, riceverà un bello zero e una relazione doppia sui Mollicci – di cui parleremo nella prossima lezione.”

Quando la classe fu finalmente vuota mi sedetti un attimo e sfogliai il registro cercando di allontanare l’idea del lupo mannaro, cercando di non pensare a nulla che non fosse il mio lavoro.

Poi un ricordo risalì a galla e sconvolse in miei pensieri. Il ragazzino di Corvonero sopravvissuto al terzo attentavo avvenuto dentro alle mura di Hogwarts, prima di svenire mi aveva detto qualcosa e nonostante avessi l’udito decisamente sviluppato non avevo comunque compreso ciò che aveva detto. Cosa aveva tentato di dire?

Forse lui avrebbe saputo qualcosa sul suo aggressore. Presi la mia roba e con l’idea di chiedergli cosa volesse dirmi, mi diressi all’infermeria.

Quando entrai vidi un uomo e una donna davanti al letto del giovane ragazzo. Mi avvicinai attirando l’attenzione di entrambi, che si presentarono educati. Prima la donna, dai capelli di un biondo spento e l’aria trasandata e successivamente un uomo dal bell’aspetto e l’aria di uno che ha molta importanza.

La donna si chiamava Elisabeth McColt e l’uomo Harold Fynnes, non erano altro che i genitori divorziati (l’avevo dedotto dal fatto che la moglie mi aveva dato il suo cognome da nubile, anziché quello di suo marito) del giovane Corvonero che stava sdraiato a letto addormentato.

“La professoressa McGranitt?” chiese il signor Fynnes, dopo essersi presentato.

Sorrisi e precisai immediatamente chi ero.

“Ah mi scusi, signorina Morgan. La professoressa McGranitt aveva detto che stasera sarebbe passata, per scambiare due parole. Non abbiamo ancora fatto la sua conoscenza. Un mio collega dice che è una brava donna ed è molto competente, e perciò mi fido.”

“Sì la McGranitt è una brava donna.” Conclusi sorridendo e poi aggiunsi guardando il ragazzino che dormiva nel letto dell’infermeria “Scusatemi sono passata di qui, per fare delle domande a vostro figlio.. ma vedo che dorme e non vorrei disturbarlo.. perciò vi dispiace se faccio qualche domanda a voi?”

La signora McColt scambiò uno sguardo preoccupato con il signor Fynnes, e strinse la mano del figlio con maggior vigore. Posai lo sguardo altrove in attesa di risposte. L’infermeria era vuota, c’eravamo solo noi e il ragazzo che dormiva.

Il signor Fynnes quando tornai a guardarlo si stava passando una mano pallida tra i capelli brizzolati e mi stava sorridendo socchiudendo appena gli occhi scuri.

“Ma certo. Se può essere utile per il bene di Edward..”

Annuii. “Sì, potrebbe. Vostro figlio aveva qualche nemico all’interno della sua classe?”
“Oh no!” disse subito la signora McColt sbarrando gli occhi spaventata.
“Perché mai Edward doveva avere dei nemici all’interno della sua classe?!” chiese evasivo il signor Fynnes.

“Sono particolari importanti, signor Fynnes. Lei più di me potrà capire che è fondamentale arrivare a capo di questi problemi.. e volevo sapere, se ha detto qualcosa di importante sul suo aggressore.”

La signora McColt scosse la testa: “Non parla da quando è stato portato in infermeria.. è sotto shock” e sottovoce mormorò “il mio povero bambino” mentre carezzava il dorso della mano del figlio che stava distesa lungo il fianco. “Mi scusi, ma lei non è un Auror! Che c’entra un’insegnante con lo svolgimento delle indagini?” chiese improvvisamente la signora McColt, lasciando la mano di Edward che ancora dormiva beatamente, mentre si alzava irritata.

Prima che potessi aprir bocca per rispondere, una voce familiare alle mie spalle disse: “Signorina Morgan?”

Mi voltai arrendevole sapendo chi fosse. “Sì?”

Guardai dritto negli occhi la faccia paffuta di Clarence Wilson che mi guardava sospettoso con gli occhi grigiastri stretti a fessure. Strinse la mano ai due genitori del ragazzino e poi mi guardò quasi sorridendo.

“Potrei parlarle un attimo.. in privato?”

Assentii, scusandomi con il signor Fynnes e la signora McColt che furono evidentemente sollevati di essersi in qualche modo liberati di me.

Camminai a capo chino dietro Wilson e quando m’invitò ad uscire dall’infermeria lo fissai finché non richiuse le porte alle sue spalle.

“Mi dica” una volta che fummo lontani da occhi indiscreti Clarence Wilson tirò fuori il suo taccuino e la sua penna magica, che iniziarono a scrivere morbosamente non appena furono liberati dalla presa possente delle grandi manone del vecchio Auror.

“Perché porge delle domande ai genitori del ragazzo?” chiese tirando fuori gli occhiali da vista dalla giacca nera che indossava quel giorno. Li pulì minuziosamente e se li mise, mentre tirava fuori un altro foglio e lo teneva basso lungo il fianco.

“Io..” non riuscii a trovare le parole e prima che potessi rifilargliene alcune, Clarence chiaramente soddisfatto che non trovassi una scusa adatta alzò il foglio fin sopra il mento coprendo così i lunghi baffoni.

“Il decreto ministeriale numero 13 e comma B, dichiara che tutti i sospettati o possibili sospettati e vittime di attentati devono attenersi alla prassi che potrà comprendere le seguenti: sottoporsi all’interrogatorio dei soli membri incaricati dall’unico e solo Ministro della Magia, e lasciare che questi svolgano il loro lavoro senza essere ostacolati da terzi. Nel momento in cui il decreto venisse violato le conseguenze potrebbero essere le tali: essere sottosti ad un udienza disciplinare e giudicati in base all’accusa di «ostacolo alla legge emessa dal Ministero della Magia in persona» ed essere spediti ad alla Prigione dei Maghi” e sorridendo aggiunse “meglio conosciuta con il nome di Azkaban.”

“Ma è assurdo!” dissi improvvisamente vedendo il viso paffuto di Wilson diventare paonazzo.

“Il Ministero della Magia ha leggi molto semplici, se lei non desidera seguirle la aspetta l’udienza disciplinare per ostacolo alla legge, signorina Morgan. Mi pare di esser stato chiaro su questo punto... o mi sbaglio?” mi lanciò un’occhiata truce e io ricambiai. “Chiarissimo” dissi allontanandomi furiosa.

Era possibile che con tutte le persone che dovevano entrar in quel momento nell’infermeria, dovesse essere proprio Clarence Wilson?!

Mentre me ne andavo verso il mio ufficio, dalle finestre che si affacciavano al prato della scuola vidi Silente e la McGranitt fermi quasi all’entrata della scuola a conversare con i loro soliti modi tranquilli.

Poco dopo anche Severus si unì a loro. Per un attimo mi domandai di cosa parlassero, ma quando Severus alzò gli occhi verso la finestra incontrando i miei mi allontanai in direzione del mio ufficio cancellando anche solo il pensiero.

Per quel giorno di Severus Piton, di enigmi, di Auror e di domande.. ne avevo abbastanza. Mi sarei riposata quel giorno e più tardi avrei pensato a tutto, compreso il mistero dell’enigma.

 
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LadySeveraPendergast
view post Posted on 26/1/2009, 19:08




Che bel capitolo sostanzioso! Certo che Sev è insistente!!! La sua ultima frase suonava come una minaccia bella e buona! Cmq non capisco...Jerard che fine ha fatto? Il sogno era una specie di premonizione....ma lui è morto??
Mah...beh... aspetto il prossimo aggiornamento nella speranza che il mistero diventi meno fitto XDDD!
 
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view post Posted on 27/1/2009, 12:50
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Erede Universale del prof. Snape

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che bel capitolo, molto avvincente la storia, continua così :)
 
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StregattaMatta
view post Posted on 27/1/2009, 18:45




C'è sempre più carne al fuoco eh?
Adesso ci si mette anche questo Jerard a complicare tutto con questa fugace apparizione...
Sempre meglio comunque!
Brava
 
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Sevyforever
view post Posted on 27/1/2009, 23:32




Certo è un bel mistero...Jerard che "ricompare" all'improvviso dopo tanto tempo dicendole quella frase...un vero enigma...
 
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•.:.• Lady Death •.:.•
view post Posted on 28/1/2009, 18:26




Che capitolo! Molto bello e pieno di domande senza rispostaXD Le risposte quando potremmo averle?

Scrivi molto bene, complimenti!


Aspetto il tuo prossimo aggiornamento ^^
 
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sar3tta89
view post Posted on 1/2/2009, 19:57




BUONA LETTURA, ragazze! :)


SPOILER (click to view)
Vi lascio un mio lavoretto grafico.. fatemi sapere che ne pensate se vi va :)












7. Liliam








Avevo sempre passato del tempo a chiedermi perché mio padre se n’era andato, perché ero stata la pecca della mia famiglia.. e perché amassi sconsideratamente quello che era parso essere l’unica vera e propria figura paterna nella mia vita, tanto da farmi penare al solo pensiero della sua scomparsa. Perché proprio Jerard?

Perché mi aveva sostenuta forse? Perché in vita mia era l’unico uomo che mi avesse trattato da persona adulta, anziché da bambina?

Certamente era stato l’uomo che più aveva avuto importanza nella mia infanzia. Lodavo quell’uomo da sempre e ogni qualvolta che mi capitava di ripensare ai bei momenti.. i miei ricordi cadevano distrattamente su lui.

Il mio era un amore di una figlia, certo.. ma forse oltrepassava di poco anche la soglia padre/figlia; dopotutto lui non era veramente mio padre, era solo stato l’amore di mia sorella.

Liliam. Ed ecco che ritornava.

Perché Severus mi aveva chiesto di lei?

Quale ricordo possedevo di lei, che facesse sembrare più di quel che volevo dimostrare? E perché mi metteva così a disagio parlare della grande donna che mi aveva cresciuta?

Non lo sapevo, ogni volta che provavo a ricordare.. il vuoto era l’unica risposta alle mie domande. Il mio era un buio totale, un buio in cui la luce non vi era.

Toc, toc.

Mi voltai sdraiata nel mio letto a fissare la porta aperta che dava sul mio studio, come se da un momento all’altro potesse apparire quella persona che avrebbe avuto tutte le risposte alle mie domande con sé.

Purtroppo non era così. Sulla soglia era apparso ancora una volta Severus, il viso pallido i cui lineamenti erano segnati da qualcosa di più profondo delle sue espressione inumane.

Per qualche ragione, sapevo che dietro la sua ostilità c’era un’altra persona. Che la ragione per cui fosse così disinteressato della vita stessa fosse il motivo per cui portasse quella maschera d’orrore che aveva di sé.

La sua temutissima fama lo precedeva in tutto. Lo fissai per qualche istante e anche i suoi occhi neri erano fissi sui miei.

“Liliam mi ha cresciuta, ma.. se provo a ricordare qualcosa di lei.. beh io..” sospesi un attimo quelle parole tra il vuoto e il silenzio che ci divideva “ho un vuoto” mormorai infine mettendomi a sedere sul letto.

Severus avanzò di qualche passo e mi raggiunse, sedendosi a sua volta. La sua solita maschera di disinteresse se ne stava lì, dove io potevo vederla.. ma nonostante la portasse, questo non significava che era possibile sfiorarla. No, lui era impenetrabile ad ogni contatto umano.

“Per qualche ragione.. il tuo inconscio ha eliminato parte di quel ricordo, Sarah.” disse pratico, come se ci avesse ragionato per ore e attirando il mio interesse verso di lui.

“Per quale motivo?” chiesi afferrando l’idea di ottenere risposte concrete.

Severus aggrottò la fronte e si passò una mano sotto il mento pensieroso, poi la sua espressione mutò e mi fissò oltre gli occhi neri, nuovamente inespressivi.

“Una ragione.. che posso ipotizzare porti una simile situazione, può essere un trauma psicologico.”

Accigliata chiesi un po’ scettica: “E quale sorta di trauma potrei aver subito?”

Con cipiglio lui ricambiò il mio sguardo e si lisciò la veste nera sul petto, senza più degnarmi di uno sguardo.

“Un lutto” disse in tono piatto, “ E direi che ce n’è motivo.. dato che tua sorella è morta.” concluse.

“Morta?” chiesi con voce soffocata e sbiancando di colpo. “Mia sorella non è morta!” obiettai inferocita. Uno scherzo simile non lo tolleravo affatto.

Attesi risposte e lui mormorò: “Sì, Sarah” si addolcì appena e aggiunse: “Cinque mesi fa.”

Persi per qualche attimo la concentrazione e mi ritrovai a vagare nell’inconscio, pensando: Liliam morta? No.. non può essere.

Finché Severus non mi scosse con le sue parole.

“È stata ricoverata qualche un anno fa al San Mungo per lesioni gravissime e da lì non è più uscita.” Fece una pausa sentendo per qualche ragione che fosse la cosa migliore da fare, e forse per me lo era..

“Sapendo che era babbana, la sola motivazione è che sia stata la magia a recargli quei danni cerebrali..” proseguì tenendo gli occhi fissi su di me, che se non fosse stato per il letto avrei certamente ceduto.

“Danni.. cerebrali?”

“Sì, i guaritori al San Mungo hanno tentato di salvarla.. e quando sembrava migliorare.. beh, lei non ce l’ha fatta.”

Severus notando la mia espressione incerta che apprendeva man mano le informazioni che lui mi dava, lo lasciò spiazzato e improvvisamente confuso domandò: “Non ne sapevi nulla?”

Scossi il capo.

“Sarah.. tu hai firmato il certificato di morte babbano.”

Un’altra mazzata mi colpì in pieno volto. Come avevo potuto firmare il certificato di morte di mia sorella, senza nemmeno rendermene conto o non avendone comunque alcun ricordo?

Ero pietrificata, confusa.. e arrabbiata. Sentivo nuovamente il vuoto intorno a me e Severus non era sicuramente d’aiuto, ma almeno lui aveva delle risposte.

Respirai con affanno per qualche secondo e cercando di regolare i miei battiti che andavano oltre l’eccessivo, continuai a sgomberare la mente.. cercando di pensare il meno possibile.

Quando ripresi il controllo su me stessa, sentii il bisogno di raccontare ciò che mi era accaduto nelle ultime settimane e in quel momento Piton era l’unica persona che poteva capire o scoprire qualcosa. O almeno ci speravo.

“I-io.. ho fatto un sogno Severus..” gli raccontai tutto quanto, anche il ricordo dell’acquario fino a quando ero tornata Beauxbatons, infine gli passai il foglio su cui avevo trascritto velocemente le parole di Jerard e le supposizioni che avevo a riguardo.

Lui parve studiarle per un attimo con sguardo attento, ma poco dopo corrugando appena la fronte se lo intascò.

“Penso che avrò bisogno di tempo per studiare le parole.” disse a voce bassa.

Annuii, stringendomi nelle spalle. “Vorrei soltanto delle risposte” sussurrai a stento.

Sapevo che stavo cedendo, la mia voce aveva assunto dei toni leggermente più acuti del normale. E il pensiero che mi colpiva continuamente era: “Liliam è morta”.

Severus non disse nulla, forse non riuscii a trovare le parole di risposta al mio dolore o forse capiva ciò che desideravo di più: il silenzio.

Non mi strinse, non mi sussurrò parole di conforto.. rimase lì a guardare la finestra proprio come aveva fatto la sera in cui avevo parlato con Silente, lasciando quello spazio d’intimità tra noi.

Qualche ora più tardi si alzò e mi guardò appena prima di andarsene.

Sentendo la porta richiudersi, scoppiai in lacrime e mi lasciai andare a quel pianto che mi ero tanto negata fino ad allora. Non dovevo più nascondere di essere forte, lì non c’era più nessuno. La stanza era immersa nell’ombra e io ero sola con il mio dolore.

Rimasi a letto per quelle che parvero ore, finché non sentii la porta riaprirsi seguito da un rumore stridulo della porta che cigolava. Stetti in attesa finché sulla soglia illuminata non riapparve Severus. Lo fissai accecata, e strinsi gli occhi a fessure tentando di distinguere la sua tenebrosa sagoma. Severus avanzò svelto al mio letto.

“Silente ti vuole parlare.”

Mordicchiai con intensità il labbro inferiore cercando di mantenere la calma, fino a che non lo feci sanguinare. In quel momento l’unica cosa a mancarmi era la tranquillità.

“Perché?” chiesi a mezza voce.

“Sbrigati” fu la sua risposta e mi sorrise appena, voltandomi le spalle ed uscendo dalla mia stanza. Rimasi immobile per un lungo intervallo di tempo a guardare la porta aperta, in una qualche maniera mi sembrava una sorta di dejavù.

Scossi la testa risvegliandomi da quello strano ricordo. Più tardi, quando lasciai l’ufficio con Severus mi sentivo a disagio, ripensavo a quando ero entrata la prima volta nella scuola.. a quando l’avevo conosciuto. Una morsa mi si strinse nel petto, mentre di sottecchi mi riscoprii a fissarlo. Lui mi guardò appena, e riprese a guardare davanti a sé.

Poco dopo mi accorsi che non stavamo andando in direzione dell’ufficio del preside, ma dei sotterranei.

Severus cogliendo il mio sguardo interrogativo, disse: “Ha preferito così.”

Sorpassammo numerosi gruppi di alunni fermi nel corridoio a chiacchierare, e al nostro passaggio si ammutolirono fissandoci a bocca spalancata e sfogliando una copia della Gazzetta del Profeta.

Con mio forte disappunto mi promisi di sfogliarla anche io più tardi, quando ne avessi avuto finalmente l’occasione.

Non appena fummo di fronte alla porta del suo ufficio Severus aprì appena l’uscio e m’invitò ad entrare sparendo nel buio, la luce della stanza era flebile e nella maggior della stanza si poteva intravvedere appena il suo interno.

Avanzai di un passo verso la soglia, fermandomi solamente quando ero a pochi passi dall’entrare. Restai in ascolto e sentii il silenzio, il respiro di Piton e Silente –entrambi in mia attesa, il vento scuotere gli alberi, il battito del mio cuore che accelerava di tanto in tanto, le risate al piano di sopra dei ragazzi e il chiasso proveniente dalla Sala Grande dove quasi tutti erano a cena.

Severus tornò ad affacciarsi e con uno sguardo persuasivo mi invitò nuovamente ad entrare.

Non appena fui entrata intravidi la lunga barba di Silente che toccava il pavimento e lui stesso – i cui occhi azzurri rilucevano anche nell’oscurità – che mi scrutava con attenzione. Guardandolo agitata, mi strinsi nelle spalle e avanzai ancora nella stanza in penombra.

L’imponente presenza di Silente si rilassò in un sorriso e disse con voce calma: “Tranquilla, non ti devi preoccupare..”

Annuii e mi sedetti sapendo benissimo qual’era la motivazione per cui Silente era lì.

“Sarah, immagino voi sappiate il motivo per cui si trova qui..” incominciò Silente intrecciando le mani e fissandosi le unghie con indifferenza “.. abbiamo avuto notizie da fonti certe, che vostra sorella Liliam tempo fa è stata ricoverata per gravissimi danni causati dall’uso improprio della magia da parte di un mago – il cui nome per ora è ignoto. Questo ‘qualcuno’ ha tentato su di lei un incantesimo di modifica della memoria, con scarso successo ovviamente.. riportando danni permanenti – purtroppo.”

“L’incantesimo Oblivion..” dissi con poca convinzione, anche se doveva essere per forza quello.

“Sì, esattamente..” annuì Silente riaggiustandosi gli occhiali a mezzaluna sulla punta del suo naso adunco.

“Perché mai.. ha tentato di modificarle la memoria?” dissi alludendo al mago senza nome.

“Potrebbe aver visto qualcosa che non doveva, Sarah. Ma questo.. ahimè.. non lo possiamo sapere.”

Improvvisamente Severus si fece avanti nel buio e prese una bottiglietta vuota che riconobbi subito.. era la bottiglietta del veritaserum che aveva utilizzato su di me. La posò delicatamente sulla scrivania e Silente fece un cenno di assenso senza guardarlo.

“Severus mi ha raccontato di essere ricorso a mezzi inadatti per scoprire la verità sul vostro conto, ma ha anche aggiunto che nel vostro caso non ha avuto alcun effetto.. è vero?”

“Sì, mi ha portato allucinazioni..”

“Come immaginavo” disse Silente dolcemente e colsi l’ombra di un sorriso sul suo volto, “Il tuo sistema nervoso l’ha respinto provocando le allucinazioni.” mi spiegò, senza essere comunque chiaro.

“I tuoi poteri sensoriali, forse non sono gli unici che possiedi Sarah..” proseguì vedendo la mia faccia trasformarsi da un’espressione sorpresa ad un’altra confusa.

“Lei quindi dice che.. io(portai le mani la petto indicandomi).. possiedo più di una dote, professore?” chiesi con voce strozzata.

“Non lo so per certo, Sarah. Le mie sono solo ipotesi.” mi chiarì vedendomi tesa.

Solo ipotesi dunque? L’udito non era l’unica facoltà che possedevo?

“Lei sa.. perché le possiedo queste.. qualità?” domandai incerta mentre mi sporgevo dalla mia sedia, lasciando cadere i capelli sulla spalla.

“Per qualche ragione” incominciò Severus dall’altra parte della stanza – mi voltai a fissarlo, “noi pensiamo che potrebbero essere quelli che i babbani chiamano più comunemente «poteri extrasensoriali post-traumatici».”

“Oh insomma” risi spiazzata da quell’assurdità “vi sembro eccentrica? Una sempre a disagio?”

Continuai assumendo un colorito rossastro: “Penso di possederli questi poteri?! No! Io li ho!”

Ripresi fiato e ritrovando la calma, aggiunsi: “E anche se non li volessi, devo tenermeli.. perché è questo quello che sono.”

“Sarah” incominciò Silente pacatamente, porgendomi del succo di zucca. Lo presi e strinsi i polpastrelli sul vetro, sentendo appena il rumore impercettibile delle crepe che si stavano formando su quest’ultimo. Come previsto il bicchiere si ruppe nel mio pugno, tagliandomi a fondo la mano.

Silente gettò un’occhiata rapida e colsi un’espressione grave sul suo volto, quasi di preoccupazione. Per qualche ragione mi sentii un’idiota.

Loro mi avevano soltanto dato delle risposte e mi avevano confidato le loro ipotesi.. e io che avevo fatto? Li avevo aggrediti come a mio solito.

Severus si allontanò e sentii il rumore di lui che cercava tra gli scaffali, mentre io fissavo assorta il sangue che sgorgava lentamente dalla ferita. Per un attimo sentii l’istinto di avvicinare le labbra alla mano e ripulire io stessa la ferita.

Scossi la testa e avvertii lo sguardo fisso di Silente su di me, ma del resto quando rialzai il capo vidi che aveva lo sguardo posato altrove.

“Sarah..” riprese Silente, come se avesse atteso un ‘via’. “Penso proprio che questo le spetti saperlo.. Sappiamo dove si trova il signor Constatine.”

E’ quella fu la clamorosa notizia che aprì le speranze in me, notando lo sguardo cupo di Severus che mi fissava con una ciotola di essenza di purvincolo in mano.

Più tardi quando Silente se ne fu andato, io tornai nel mio ufficio con la ciotola in una mano e l’altra che teneva saldamente un fazzoletto in stoffa.

Ripensai alle ultime parole di Silente, che doveva intraprendere un viaggio (“Mi porti con se..” lo pregai.) solitario (“No, Sarah. Hogwarts ha bisogno di lei!” aveva risposto alle mie suppliche) per cercare Jerard, che a quanto pareva viveva da tempo in Bulgaria nascosto da qualche parte dei Monti Balcani.

Non conoscevano il motivo per cui se ne stava nascosto, e da quelle parti Silente non aveva ottenuto risposte chiare dagli altri componenti della comunità magica, che erano stati abbastanza vaghi sulla localizzazione della zona in cui Jerard si trovava.

Speravo che una volta ritrovato Jerard, la cui persona era stata data per deceduta, mi avesse dato delle risposte su ciò che stava succedendo.. e magari su ciò che poteva essermi successo in passato.

Con questo pensiero, una volta arrivata nel mio ufficio, presi la Gazzetta del Profeta di quel giorno e la sfogliai distrattamente.. finchè un articoletto in fondo a pagina 4 non destò la mia attenzione.

Il titolo diceva:





STRANI AMORI AD HOWGARTS PORTANO SCALPORE TRA LA POPOLAZIONE MAGICA
a cura di Rita Skeeter.
- Continua la storia segreta tra colleghi



Come tutta Hogwarts ormai sa, gli strani amori di Hogwarts continuano a far scalpore tra la popolazione magica che è venuta a conoscenza tempo fa della presunta, ma ormai certa, relazione del Professore di Pozioni(Severus Piton) con la nuova e giovane insegnante di Difesa contro Le Arti Oscure(Sarah Michelle Morgan). Questa relazione è stata scoperta e poi riconfermata dall’Auror di Grado Massimo, Clarence Wilson, che si trova attualmente in servizio nei pressi della scuola per scoprire il criminale che ha compiuto i terribili omicidi che hanno coinvolto gli alunni di Hogwarts. I due insegnante apparentemente disinteressati dell’accaduto continuano a vivere in quello che loro credono ‘in segreto’, la loro relazione da amanti.
La cosa stupisce e mette disagio tra i genitori degli alunni, che si preoccupano che una situazione simile possa avere degli inconvenienti spiacevoli sui loro figli soggetti alle lezioni di entrambi gli insegnanti correlati.
Un genitore(che ci ha pregato di mantenere l’anonimità) ha posto reclamo scritto – provvisto di firme di altri genitori - al preside ‘Albus Percival Wulfric Brian Silente’, che ha risposto alle preoccupazioni dei genitori con una frase ad effetto:
“I Nostri Insegnanti, non sono tenuti a delle risposte sulle loro possibili relazioni personali. Gli alunni inoltre non subiranno inconvenienti, in quanto è in loro compito mantenere fuori i problemi personali dal proprio lavoro. Con questo concludo.”
Dunque, il preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts non ha smentito la relazione tra i due suoi insegnanti, nonché suoi subordinati.
E a noi non resta che attendere qualche altra rivelazione da parte di altre fonti.
La vostra Rita Skeeter promette di rivelarvi al più presto altre scottanti notizie sui due insegnanti. E con questo vi lascio fino a nuove notizie.


Vostra, Rita Skeeter.







Ancora una volta mi ritrovai ad accartocciare la Gazzetta del Profeta, trovando che non dicesse nient’altro di utile se non tali assurdità.

La gettai a terra e pregai che Silente trovasse presto Jerard, che la verità venisse fuori.. e che gli omicidi cessassero.

Desideravo che Clarence Wilson se ne andasse lontano da me, per mettere finalmente fine a quelle assurde voci di corridoio sulla mia presunta relazione con Piton.. anche se per qualche ragione non era quello ad infastidirmi, ma il fatto di essere sulla bocca di tutti.. cosa che ad Hogwarts era ormai di routine: Sarah Michelle Morgan, l’insegnante più in voga del momento.

Risi e pensai che Rita Skeeter, Clarence Wilson e qualsiasi altro membro della comunità magica poteva dire ciò che voleva su di me.. tanto la cosa oramai non mi toccava più.

Ciò che contava in quel momento era scoprire la verità.
 
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LadySeveraPendergast
view post Posted on 1/2/2009, 21:25




Mamma mia, il mistero è diventato ancora più fitto se possibile....Jerard vivo ma nascosto??? Liliam morta??? Lei ha firmato ma non lo sa??? E che altri poteri ha?? Non sarà mica una sottospecie di vampiro dato che aveva la tentazione di leccarsi il sangue sulla mano???
Beh, la loro "relazione" va avanti a meraviglia devo dire..piuttosto speriamo che sbocci qualcosa fra loro presto XD!!
 
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Sevyforever
view post Posted on 1/2/2009, 23:04




La storia si fa sempre più intrigante...quanti misteri...
Aggiorna presto, sono veramente curiosa di sapere cosa è successo nel passato di Sarah e come si evolve la storia con Severus..
 
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StregattaMatta
view post Posted on 2/2/2009, 16:13




Questa storia è un giallo...ogni capitolo il mistero si infittisce!Ne verremo a fine vero?
Sono curiosissima di sapere come andrà avanti la storia!

Irene
 
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sar3tta89
view post Posted on 4/2/2009, 13:05




Questo capitolo diciamo che è in tema per questo mese x) sperando di esaudire i vostri desideri.. per ora non ci saranno molte risposte(non picchiatemi!!!) ma prometto che presto verranno fuori da sè.. per ora non posso che augurarvi buona lettura. Spero tanto che il capitolo vi piaccia.

E scusate gli eventuali errori di battitura, ma l'ho riletto velocemente prima di postarlo.













8. Appartengo a te








Il tempo passò in fretta e natale era quasi alle porte, gli insegnanti si preparavano per le ultime lezioni prima di lasciare Hogwarts e gli alunni facevano altrettanto. Fino ad allora non vi erano più stati omicidi e Silente non era ancora tornato dal suo lungo viaggio in Bulgaria, come aveva detto Severus, il preside aveva preferito prendere vie più lunghe per raggiungere la penisola balcanica.
Nel frattempo, le mie lezioni erano proseguite con assoluta normalità a parte i commenti di alcuni alunni sulla mia relazione con Piton che oramai non mi preoccupavano più.. proprio come gli sguardi arcigni dell’Auror Clarence Wilson, che si dedicavano alla mia persona ogni volta che potevano. Severus Piton come al suo solito era il solito freddo, indifferente e impassibile alla vita degli altri. Passava il suo tempo a evitarmi per chissà quale ragione, anche se potevo presumere che il motivo fosse legato alle tante domande in cui lo sommergevo ogni talvolta che lo incontravo solo per qualche corridoio. Non riusciva mai a sviarmi e questo mi pareva lo irritasse parecchio, nonostante tutto evitavo cautamente di chiederglielo e mi limitavo a porgli le domande - per me - importanti.
L’ultimo giorno di lezione, precisamente il 21 dicembre, la scuola era in festa e tutti compresi gli insegnanti erano felici di poter staccare per quel tanto che bastava da riprendere fiato dopo i tre mesi intensi di quell’inizio anno. Persino io ero sollevata di poter dare un taglio alle mie lezioni e riposarmi, e mi organizzai una tranquilla gita ad Hogsmeade proprio per il giorno prima della vigilia, magari per comprarmi qualche regalino.. o per tenerne uno pronto per Jerard - se mai Silente l’avesse riportato prima di Natale.
Il giorno dopo, mi avviai di buon mattino verso la stradina che portava ad Hogsmeade e decisamente di buon umore percorsi buona parte del viale esterno alla scuola canticchiando fra me e me. Quando giunsi davanti ai cancelli mi stupii di trovare Piton che usciva - proprio in quel momento, intraprendendo anche lui la strada che portava ad Hogsmeade a passo celere.
“Severus” lo chiamai e lui si paralizzò e senza preoccuparsi minimamente della sua reazione si voltò appena per guardarmi con disprezzo.
“Sì?” chiese sforzandosi di essere pacato.
“Anche tu ad Hogsmeade, a comprare gli ultimi regali di natale?” dissi sprizzando felicità da tutti i pori saltellandogli per un attimo a fianco, come un bambina in festa.
“Regali?” ripeté ironico, continuando a tenere il passo svelto e gettandomi un’occhiata disgustata dalla mia eccessiva felicità.
“Suvvia, Severus! Non vorrai dirmi che tu non festeggi il natale?” chiesi tenendo il suo passo dannatamente veloce.
“Proprio così” rispose con voce piatta, mentre la strada si apriva sul villaggio pieno di gente che trasportava buste e bustine.
Vedere le luci natalizie mi metteva sempre il buonumore e volevo che almeno quel natale fosse speciale. Severus intanto si era decisamente dileguato e io mi lasciai trasportare dall’animosità della gente che felice si dirigeva di negozio in negozio per comprare i regali da mettere sotto il proprio albero.
Anche i locali quel giorno erano strapieni e nessuno, tranne la Testa di porco, aveva un tavolo libero a propria disposizione. Con riluttanza dopo le spese, mi guardai intorno costretta a prendere una stradina per raggiungere il malconcio locale.
Quando entrai, me ne pentii subito. Il luogo era angusto e la clientela – compreso il padrone – erano decisamente strani. Tutti mi fissarono attoniti, per loro doveva essere una novità che una donna di giovane età entrasse in quel locale disgustosamente sudicio, mi aggirai per qualche tavolo, finchè non ne raggiunsi uno accanto alla finestra trovo sporca per poter vedere qualcosa fuori se non sagome offuscate.
Il barista continuò a fissarmi in lontananza alle prese con uno straccio sporco, con cui puliva un bicchiere. Posando le buste, tornai dal barista che mi guardò seccato dalla mia presenza al bancone.
“Scusi..” dissi gentilmente, “.. non è che avrebbe del succo di Zucca?”
“No” mi rispose senza alzare gli occhi, mantenendo con più vigore lo strofinaccio.
Deglutendo, mi guardai in giro. Ogni singola persona la dentro, aveva gli occhi su di me.
“Se fossi in lei” disse burbero il vecchio padrone, “non me ne starei da queste parti.” E alzando gli occhi rivelò due splendidi occhi azzurri che le ricordarono qualcuno, ma troppo preoccupata ad annuire, mise da parte quel pensiero.
Tornò al suo tavolino e vide un uomo seduto lì.
“Pericoloso per una ragazzina, girare sola soletta.” mormorò tenendosi il volto coperto, dove solo gli occhi si intravvedevano chiaramente.
Presi le buste ignorandolo e quando stavo per uscire, quell’uomo mi sbarrò la strada.
“Ferma!” mi ordinò in un sussurro basso e rauco.
Messa con le spalle al muro, lo guardai reprimendo l’orrore. Gettai un’occhiata alle spalle di quell’uomo cercando qualcuno che mi guardasse, ma tutti avevano perso interesse a fissarmi.
Dannazione! pensai.
“Che vuole?” chiesi a mezza voce.
Mi prese per il polso e mi portò fuori il locale, in una stradina laterale. Non c’era nessuno, le strade erano completamente sgombre. Tutti avevano evidentemente finito le proprie spese.
Mentre l’uomo incappucciato mi tirava, cercai la bacchetta con la mano libera, senza trovarla però – dovevo averla lasciata nel mio alloggio, per la fretta di uscire.
Rimpiansi la felicità che avevo provato quella mattina, e mi maledissi per aver deciso di entrare in un locale tanto maledetto.
Ad un certo punto l’uomo si fermò nel bel mezzo della strada mentre i fiocchi di neve ci sfioravano e alcuni si posavano sui nostri abiti. Mi guardò oltre i suoi occhi azzurri(deve essere la giornata degli occhi chiari – pensai, cercando di sdrammatizzare) e si levò lo straccio che gli copriva il volto, mostrando un bell’uomo dagli zigomi pronunciati, che portava una barba non troppo folta.. con labbra fine(segnate soltanto da una cicatrice che attraversava l’angolo sinistro del labbro inferiore) e i capelli lunghi fin quasi alle spalle.
Spavalda lo guardai con disgusto. Un attimo dopo l’uomo si avvicinava a me puntandomi la bacchetta sotto il mento.
“Faresti meglio a tenere la sfrontatezza per altra gente, ragazza!” disse dolcemente, “E ora..” mormorò platealmente a voce alta “.. permettimi” si avvicinò e io indietreggiai trovandomi con le spalle contro la parete. Socchiusi gli occhi e pregai in silenzio che non mi accadesse nulla, ma oltre l’angolo c’era il respiro di qualcuno che ascoltava.. restai a lungo immobile, isolandomi e scoprendo che quella persona la conoscevo. Quando quel ragazzo mi sfiorò la guancia con i polpastrelli, si fermò improvvisamente pietrificato. Riaprii gli occhi e vidi Severus che gli puntava la bacchetta alle spalle.
“Faresti meglio” disse lentamente scandendo le parole “a sparire” digrignò i denti a queste ultime parole, e l’uomo arrogante si voltò a fronteggiarlo convinto magari di spaventarlo con “BUH!”. Era poco più alto di Severus, ma non incuteva sicuramente più paura di lui.
L’uomo senza nome, indietreggiò. “I-io..”
“Vattene!” gli ordinò Piton facendo echeggiare la sua furia in ogni angolo di quel vicolo.
Il volto pallido era contratto da spasmi irregolari e le labbra erano increspate in una smorfia di evidente disgusto. L’uomo non se lo fece ripetere due volte e scappò il più veloce possibile da lì.
Quando fummo soli, ci guardammo un attimo interminabile mentre lui tratteneva la rabbia con lo percorreva. Mi sentii appagata da un’insensata sensazione di felicità e notai distrattamente che la neve stava scendendo a fiotti coprendo in fretta il vicolo, di neve.
Cercai di trattenermi dal dirgli grazie, per qualche ragione sapevo che ringraziarlo l’avrebbe fatto arrabbiare ancor di più di quanto già non fosse. Arrossii con il cuore a mille, come quello di una ragazzina e gli indirizzai uno sguardo di scusa, anche se in verità non so proprio di cosa dovessi scusarmi. Lui sempre pallido di rabbia non disse più una parola durante il tragitto, ma trasse qualche respiro profondo – forse cercando di sbollire la collera – di tanto in tanto, facendomi strada verso Hogwarts, sotto la neve fitta.
Un’ora dopo eravamo nuovamente davanti ai cancelli, lì mi fermai e alzando gli occhi al cielo scorsi i merletti che si stagliavano davanti a me, il castello era magnifico. O forse ero io che vedevo tutto con altri occhi.
Scossi la testa, e sentii lo sguardo di Severus su di me. Volsi piano il capo verso di lui e quando i nostri occhi si incrociarono sussultai come scossa da corrente elettrica, il mio cuore prese ad accelerare e i brividi mi percossero il corpo partendo dalle braccia. Lui distolse lo sguardo e attraversò i cancelli, sempre senza una parola.
Non mi spiegavo cosa mi stesse accadendo, o almeno, non volevo crederci. Non poteva succedere a me.
“No no no” farfugliai sotto voce, ma lui colse comunque i miei borbottii e ormai all’ingresso della scuola mi chiese: “Cosa sarebbe a dire no?” sussurrò con voce arcigna, sollevando un sopracciglio e scrutando il mio volto in cerca della risposta.
“Ehm” dissi cadendo dalle nuvole e arrossendo(o meglio.. prendendo fuoco!), balbettai qualcosa del tipo “N-null.. N-Nulla!”
Severus mi scrutò poco convinto e quasi facendo spallucce irritato sparì oltre la scala dei sotterranei. Restai lì a lungo, pensando con preoccupazione ciò che significava tutto quello che provavo, ovvero: problemi.
Proprio come mi aspettavo, il mio comportamento nei suoi confronti mutò decisamente e non riuscivo per qualche ragione a trovare le parole ogni volta che lo incontravo e quando mi capitava – nelle rare volte in cui accadeva – che mi parlasse tendevo a fare figuracce pazzesche, tipo: ammutolirmi, balbettare, inciampare e cose simili. Davvero imbarazzante, e lui tendeva a sogghignare malignamente ogni qualvolta capitava. E quando capii che la sua poteva essere un’arma contro di me, prese ad affiancarmi sempre più spesso durante le vacanze natalizie. Iniziavo a non sopportare la sua continua presenta – anche se ammettevo che fosse piacevole, ma sapendo il motivo per cui mi punzecchiava mi trattenni più volte dal mandarlo al diavolo.
Una sera infatti, mentre mi allontanavo a passo celere da Severus sbottai furiosamente: “Oh maledetto il gargoyle, che mi ha fatto arrivare in questa scuola!”
Severus quella sera aveva deciso che era il momento di obiettare il mio «nuovo» modo di fare, che contrariamente a quanto diceva sembrava divertirlo parecchio.
Percorsi l’ingresso che portava al ponte e quando arrivai fui finalmente lieta di essere lì, sola con il silenzio e la mia solitudine.
Quella settimana le cose erano peggiorate, e ogni attimo di quelle vacanze che erano iniziate così bene, sembravano essere destinate ad essere solo l’ombra di un vero e proprio incubo.
Mi sporsi oltre l’arcata, guardando il vuoto sottostante con immenso desiderio di lasciarmi andare, ma pensando a quanto stupida fosse un’azione come quella mi allontanai immediatamente lasciandomi crollare lungo la parete in legno trovandomi con le gambe strette al petto e la testa china su esse.
Sentendo dei passi in lontananza e una porta schiudersi, non mi stupii, rialzando il capo, di vedere la sagoma spiccare da quella porta. Risi mentre depressa aspettavo un’altra sua sentenza sul mio bizzarro comportamento, che in fondo io odiavo parecchio.
Quando fu a portata d’orecchio disse: “Si può sapere, che ti prende?” chiese diretto senza preamboli.
Lo guardai stringendo gli occhi seccata: “Che ne puoi sapere tu?” mormorai sprezzante alzandomi in piedi. Gli occhi neri di Piton mi colpirono come una frusta a quella risposta.
“Sei..” incominciò con tono piatto, cercò la parola adatta.. finchè io non dissi frustrata: “Odiosa?”
“No” rispose lui freddo.
“Disgustosa allora..” aggiunsi vedendo il volto di Severus contrarsi in una smorfia seccata.
“Io proprio non ti capisco” disse sinceramente Severus con un moto d’irritazione, mentre si appoggiava ad un’arcata, “A volte sei estroversa, spigliata.. naturale” aggiunse senza incrociare il mio sguardo posandolo altrove. “Ma ora.. la tua spavalderia tanto ovvia (gli lanciai un’occhiataccia) quando infantile (sbuffai sonoramente, ma lui mi ignorò) è scomparsa.. Sei incerta su ciò che dici e spesso le balbetti anche.. sei chiusa in te stessa e se vuoi sapere la verità.. mi dai sui nervi.” Cercò i miei occhi e mi guardò sincero. “Qual è il problema?” chiese pacato, con una nota leggera di gentilezza nella voce.
Lo guardai stringendomi nelle spalle e pensai che dopo tutto, se lui era stato sincero con me.. potevo esserlo anche io.
Non farlo – mi disse una vocina nella mia testa – te ne pentirai, Sarah!
Oh insomma, risposi alla vocina pestifera.. non potrebbe andare peggio di così!
Non farlo – ripeté la vocina.
Taci! e poi scossi la testa, rendendomi conto di parlare con una vocina immaginaria.. stavo proprio delirando.
Alzai gli occhi e vidi lo sguardo di Severus accigliato che si tratteneva dal ripetere che gli davo sui nervi facendo così.
“Allora?” disse seccato, perdendo la poca calma che aveva cercato di mostrarmi.
“Il fatto è..” indugiai un attimo e poi tutto d’un fiato ripetei furente: “Il fatto è che io ti amo!”
“Non è possibile” mormorò aspro fissandomi con cipiglio.
“Perché? Non mi credi?” dissi avanzando, mentre lui stava immobile con un sopracciglio arcuato.
“Non è questo” rispose pacato, con il suo fastidiosissimo tono di totale indifferenza.
Avanzai di un altro passo sorridendo. “No infatti.. il fatto è che mi ami anche tu, ma tu a differenza di me hai paura di dirlo apertamente”
“Tu stai delirando” ribatté acido.
“Un magnifico delirio allora” risposi perfettamente tranquilla, con una certa nota d’ironia nella voce. Finalmente sentivo di essere tornata libera di essere me stessa, il macigno che avevo sullo stomaco lo avevo appena gettato sentendomi nuovamente audace come poco tempo prima.
“Non direi proprio.” fece per voltarsi, incamminandosi verso il grande portone che riportava dentro alle mura di Hogwarts.
Corsi. Non appena lo affiancai, appoggiai la mia mano sulla sua spalla. Lui si voltò impassibile.
“Che vuoi ancora?”
“La storia dell’uomo cinico che non ha sentimenti con me non funziona! Quindi è inutile.” conclusi mentre ostentavo appena un desiderio di dirgli anche che non serviva che mi respingesse un momento di più. “Volevi sapere che problema avevo.. e ora lo sai! E tu che fai? Te ne vai.. fuggi via..” lasciai le parole in sospeso facendo calare il silenzio tra di noi, un silenzio teso che di parole ne diceva più di quanto avesse potuto anche solo discutendone.
Mi fissava accigliato.
“Sarah” disse infine dopo un lungo silenzio, “di grazia, cosa ti fa pensare che io ti ami?” strinse le labbra e al mio sguardo perplesso passò un ghigno di vittoria. Non sapevo perché avevo detto con convinzione che anche lui ricambiava, ma ne ero convinta. Il mio era un sesto senso.
“Ebbene?” aggiunse, sarcastico e in modo maledettamente perfido.
Sbuffai non riuscendo a trovare le parole adatte e feci per andarmene decisamente arresa, ma lui mi fermò come al suo solito prendendomi il polso.
“Devi rispondere” sussurrò in maniera suadente.
Mi voltai e socchiusi stancamente gli occhi.
“Non lo so.. è come una sorta di sesto senso.” spiegai sapendo che mi avrebbe preso sicuramente per una stupida.
“Sesto senso?” ripeté impietrito, “E’ di certo la cosa più stupida che tu potessi dire.”
Cercai di capire se stesse scherzando e quando mi voltai nuovamente verso di lui, si era già allontanato a grandi passi nella direzione opposta all’entrata della scuola.
Lo seguii nuovamente e la cosa iniziava ad irritarmi. Il nostro era un tira e molla perentorio e temevo avremmo continuato così ancora a lungo. Mi augurai che non fosse così.
“Scherzi?” dissi affannata, mentre mi piegavo sulle ginocchia per la stanchezza. Il suo passo era dannatamente veloce.
“No” disse secco, “non ci si affida a cose come il sesto senso! Deve essere una cosa che tu sai, e se la sai.. sei certo che questa sia vera.”
Alzai gli occhi, e lo vidi chinarsi verso di me. “Dannatamente infantile a volte.” e detto questo si allontanò nuovamente a grandi passi, senza che io lo seguissi.
Fissai il suo mantello nero sparire oltre le grandi porte per poi richiudersi immediatamente. Infantile?
Più ci ragionavo e più non capivo il motivo di tanta rabbia, mi sarei aspettata una risata ma non rabbia. Erano due giorni che non vedevo l’ombra di Severus per i corridoi, sembrava si fosse nuovamente deciso ad evitarmi e io, non potevo che essere arresa.
Fortunatamente le vacanze natalizie stavano per terminare e dopo quei tre giorni gli alunni sarebbero tornati nelle loro classi, e io avrei smesso di pensare troppo impegnata dal mio lavoro.
Una sera stavo correggendo qualche relazione che avevo assegnato prima delle vacanze e mentre intingevo per l’ennesima volta la mia piuma mi fermai sentendo passi arrivare dal corridoio fino a raggiungere la mia porta e fermarsi. Senza esitare dissi: “Avanti”.
La porta si aprì e apparve chi più di tutti desideravo entrasse da quella porta. Severus.
Lasciai cadere la piuma. E tutto accadde in un attimo.
“Io ti odio quando fai così!” gli dissi andandogli incontro.
Lui fece un mezzo sorriso. “Lo so”
“E allora perché..?” chiesi arrivandogli vicino alla punta del suo naso. I miei occhi inquisitori lo scrutavano con inconsistente rabbia.
“Non ne ho idea.” disse avvicinando una mano alla mia guancia. Socchiusi gli occhi al suo tocco leggero e intenso allo stesso tempo.
I brividi mi percossero come la volta in cui eravamo ai cancelli quando avevo realizzato ciò che provavo realmente per lui.
“Infantile?” sussurrai schiudendo appena le labbra, sentendo poi le sue dita disegnarne i contorni.
“Sì” sussurrò con voce carica di desiderio, carezzandomi le labbra con le sue.
Trattenni i sospiri che ormai si erano fatti irregolari sentendo le labbra di Severus arrivare sino all’incavo del mio collo.
“Cosa..” mormorai cercando di parlare, ma lui mi fece tacere continuando a baciarmi sempre con più ardore e trasportata lasciai le nostre labbra danzare insieme.
Quando mi lasciò(senza nemmeno una parola), ero completamente smarrita, non avevo parole e ne pensieri. Sapevo solo che ero completamente impazzita per un uomo che avevo detestato con ardore e che ora volevo come nessun altro in vita mia.
*
Quando le vacanze terminarono le lezioni ripreso, ma di Silente non si vedeva ancora l’ombra. Non avevo il coraggio di parlarne con Severus, poiché da quella sera non avevamo più scambiato nemmeno una parola e la cosa era già abbastanza imbarazzante.
Non sapendo bene che fare avevo lasciato che le cose andassero così seguendo il loro corso e sperando in un miglioramento delle cose tra di noi. Sperare dopo tutto non era proibito.
Ma Severus evitava caldamente di incontrarmi da solo, anche se alle volte i nostri sguardi si incrociavano appena quasi cercandosi. Quello che supponevo è che anche lui fosse confuso, anche se al contrario di me non lo dava molto a vedere, mentre io alle volte mi ci perdevo proprio.
Sentivo il fuoco scorrermi nelle vene, la passione bruciarmi dentro e detestavo non capire se fosse tutto frutto di un desiderio passeggero. Non volevo abbandonarmi così a qualcuno che non amavo veramente, sarei andata contro i pochi principi morali che mi avevano resa quella che ero.
“Professoressa?” scossi la testa vedendo un alunno del primo anno guardarmi interrogativo.
“Ehm sì?” chiesi risistemando le pergamene sulla scrivania dell’aula completamente vuota.
“Il professor Piton, mi ha mandato per avvertirla che il professor Silente è tornato..”
“Solo questo?”
Beh certo, che poteva venirti a riferire il ragazzino?! – disse la vocina che ormai sembrava essersi unita alla mia completa pazzia.
“S-sì” annuì l’alunno.
“Bene, puoi andare.” congedandolo, lo seguii svelta per raggiungere l’ufficio del preside.. nel momento in cui arrivai vidi Severus attendermi all’entrata del passaggio segreto – già aperto – che portava alla scala a chiocciola.
Alzò gli occhi verso di me e io incrociando i suoi non feci una piega. “Ora mandi i tuoi alunni per parlare con me?” chiesi scettica avanzando.
“Sono convinto che fosse la cosa migliore” annuì lui, senza cedere.
“Al diavolo ciò che è giusto!” sbottai, salendo la scala a chiocciola e sentendo i suoi passi poco dietro di me.
Bussammo e quando entrammo l’ufficio era vuoto.
Ci guardammo intorno per notare che non c’era anima viva in quella stanza, nemmeno la fenice Funny.
“Che..” incominciai, mentre Severus si adagiò su una sedia all’angolo della parete circolare. “.. significa?”
“Niente, solo che dobbiamo aspettarlo” disse Severus con il tono annoiato di chi è stufo di dover spiegare ogni insignificante piccolezza.
“Dettagli, certo!” mormorai fuori di me.
“Perché ti scaldi tanto?” sussurrò ironico Severus, lanciandomi uno sguardo persuasivo.
Arrossii e non riuscii più a ribattere nulla, lasciando così il solito silenzio imbarazzante scendere su di noi.
Ma Severus più che imbarazzato sembrava crogiolarsi felicemente in quel silenzio pieno di equivoci e la cosa mi dava davvero sui nervi, facendomi spazientire sempre di più ogni minuto che passavo in sua compagnia.
Silente spalancò la porta trascinando con sé Jerard ferito. Vedendolo scattai in piedi e corsi verso di lui.
“Oh Jerard” mormorai passandomi un suo braccio sulla spalla e trascinandolo fino a dov’ero seduta.
Lui mi guardò oltre i suoi occhi color ghiaccio e un sorriso – seppur dolorante – apparve sul suo viso. “E’ bello rivederti, piccola.” riuscì a dire. Ricambiai il sorriso stringendogli una mano, fino a guardarmi oltre le spalle. Severus ci fissava impenetrabile ma con chiaro disgusto, mentre Silente invece si era lisciato la veste per poi sedersi sulla sua sedia dietro la scrivania del suo ufficio.
“Silente” iniziai a dire e lui fece un cenno di far silenzio.
“Questa è una lunga storia. Penso che il signor Constantine preferirà riferire lui stesso ciò che ha da dirle, Sarah.” Scambiò un’occhiata con Jerard e lui dolorante annuì.
Lo guardai confusa, cosa che ormai capitava troppo spesso e diretta chiesi: “Cosa riguarda?”
Jerard mi guardò dispiaciuto e sussurrò: “Riguarda te, Sarah.. e Liliam.”
Me.. e Liliam. Cosa voleva dire?
 
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StregattaMatta
view post Posted on 4/2/2009, 18:06




Ma io ti adoroo!!
Mi fa impazzire il modo in cui scrivi.La tue storie sono stupende!!
E poi finalmente Severus e Sarah si sono baciatiii..e lui è fantastico!
Bravissima

Irene
 
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106 replies since 30/12/2008, 22:27   1559 views
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