Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Silent Screams – Sotto il velo

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sar3tta89
view post Posted on 8/1/2009, 21:59




E rieccomi! Spero che l'attesa non sia stata troppa, o che in tal caso ne sia valsa l'appena attendere... Lo spero davvero ^.^
Vi ringrazio per i vostri commenti, ma di più per il fatto che leggete questa ff.

Con Questo:
Buona Lettura ;)




p.s. Come farei senza la mia beta?! G R A Z I E!







3. Scuse Sospette




Giunta alla lezione delle undici e mezza, entrai nell’aula dove gli alunni di Serpeverde e Grifondoro del quarto anno mi aspettavano per una delle lezioni sui Patronus.

Ma non ebbi modo di iniziarla, poiché nell’aula irruppe la persona che meno mi sarei aspettata di vedere dopo quel che mi aveva fatto.

Severus Piton.

Percorse a grandi passi l’aula gettando occhiate malevoli verso gli alunni mormoranti, fino a raggiungere la cattedra da cui non mi ero mai alzata. Tenevo gli occhi puntati su di lui in uno sguardo aspro, tuttavia lui parve solamente esserne compiaciuto e in un gesto celere si sporse verso di me poggiando le mani sulla cattedra.

“Da quando, noi avremmo una relazione?” mormorò ad alta voce mellifluo, attirando su di sé l’attenzione di tutti.

I miei pensieri subirono una leggera scossa, o meglio un’incredibile frenata tanto da urtare contro un muro invisibile.

Ancora stordita lanciai un’occhiata oltre le spalle degli alunni che tendevano le orecchie verso di noi e ci guardavano interessati.

“Allora?!” fremette Piton – questa volta a bassa voce, risvegliandomi da quello stato catatonico.

“Noi.. cosa?” chiesi sbalordita e agghiacciata da una simile possibilità.

Non avrei osato uscire con lui, nemmeno se fosse stato l’ultimo uomo sulla Terra.

“Il nostro Auror Clarence Wilson, va dicendo che nascondiamo una relazione segreta.”

“Dannazione! Che idiota!” mormorai, ma Severus sentendo quelle mie parole si rilassò.

“Hai parlato di ieri sera?” chiese togliendo le mani dalla cattedra per riprendere una postura eretta.

Guardai nuovamente dietro le spalle e infine lanciai uno sguardo d’intesa a Piton, che si voltò immediatamente verso le due case. Gli alunni che sussurravano tra loro – chissà quali argomenti - si immobilizzarono al solo sguardo del professore.

“Potete tornare nelle vostre rispettive Sale comuni. La lezioni di oggi non si terrà.” E guardando gli alunni sbalorditi ma impietriti dalla curiosità, continuò “Andate, prima che vi costringa a fermarvi e che vi assegni compiti extra.”

Gli alunni sparirono in un batter d’occhio, e quando Severus tornò a guardarmi lo invitai a sedersi. Ma preferì rimanere in piedi, così da poter tenere la situazione sott’occhio.

Mi guardava in attesa di una risposta, leggermente irritato da tanto indugio.

Lo guardai decisamente seccata da quella situazione che si era creata, e annuii.

“Sì, ho parlato di ieri sera. Che ci siamo visti per via di una banale incomprensione.”

Esplose in una strana risata, che non riuscii bene ad interpretare.

“Banale incomprensione? Non avevi scuse migliori?”

Non riuscii a reprimere la frustrazione e sbuffai sonoramente.

“Insomma, ho capito che non mi sopporti. E se ti fa piacere saperlo” mi alzai avvicinandomi a lui che distava da me pochi passi e quando fu ad un palmo di mano dal mio viso “la cosa è reciproca”.

Non so cosa mi prese, forse il pensiero di quel che mi aveva fatto che riaffiorava. Il desiderio di potergli far capire in qualche modo il mio incondizionato odio e che da quel momento in poi avrebbe ottenuto nient’altro che indifferenza. Ma per qualche ragione non mi sapevo comunque spiegare se fosse realmente, e solo, per quella motivazione.

E niente mi vietò di pensare che in realtà poteva essere stato il suo andarmi sempre contro.

Nel mentre che i miei dubbi scorrevano liberi come il vento, Severus non si era mosso.

Non sorrideva, non muoveva gli occhi dai miei, non diceva una parola.

Mi spaventò quel silenzio e quell’immobilità riportandomi inevitabilmente al ricordo di ciò che era successo la sera prima, quando mi aveva letto la mente senza che glielo consentissi volontariamente.
Distolsi improvvisamente lo sguardo e gesticolando quasi scottata da un fuoco incorporeo, iniziai a lanciare accuse contro di lui.

“Sei un infame!” gli dissi, lui improvvisamente si mosse poiché avvertii l’aria spostarsi intorno a me.

“E perché mai?” era tornato incredibilmente ironico, e mi guardava con vago divertimento.

Alzai gli occhi per guardarlo. “Sai benissimo per cosa! Non avevi alcun diritto di abusare di me!”

“Abusare? Non ti ho nemmeno mai sfiorata.” Quel suo tono tranquillo e distaccato mi parve una lama di rasoio che raschiava contro una
lavagna, davvero insopportabile.

Mi avvicinai nuovamente – e pericolosamente – a lui, con mio disappunto non si mosse e l’espressione non era altro che un mondo a me impenetrabile.

“Smettila” ordinai davvero furiosa, cercando di mantenere quel poco autocontrollo che mi era rimasto.

“Di fare cosa?” si avvicinò.

Lo guardai scettica al fatto che ormai l’unica cosa che ci divideva dal vero contatto fisico erano gli abiti.

“Di cercare di leggermi la mente.” sussurrai a denti stretti cercando di allontanarmi da lui.

Lui al contrario di me si avvicinava e voltandosi sfilò la bacchetta per chiudere prepotentemente la porta.

“Cos..?” non ebbi modo di concludere, poiché mi spinse contro la cattedra che stava proprio dietro di me.

“Rimani seduta!” mi ordinò, sistemandosi la camicia e il mantello.

Lo guardai inorridita, più andava avanti quella strana situazione più avevo il timore che in qualche modo non ne sarei uscita illesa.

“Sarah” era la prima volta che mi chiamava per nome, e sentirlo pronunciare dalle sue labbra con tanta risolutezza mi provocò un brivido che mi percosse il corpo, come la scarica elettrica che avevo subito qualche minuto prima per la notizia falsa che circolava su di noi.

“Vorrei che tu capissi la gravità che questa situazione potrebbe avere in futuro..” disse pacato sedendosi a sua volta sulla cattedra, affiancandomi.

Non dicevo una parola, ero ancora impietrita da quel suo brusco comportamento. E in fin dei conti non riuscivo a dire una sola parola che non esprimesse odio e disgusto.

“Il primo omicidio è avvenuto la sera in cui tu, sei arrivata qui.”

E a quel punto i suoi occhi neri fissavano i miei. Scossi la testa, e aggrottai la fronte.

“Credi che io sia la causa.. di.. di questi omicidi?”

Avvicinò il suo viso al mio, in una maniera disdicevole alla situazione, ma per quanto fosse fuori luogo non riuscii a sottrarmi a quel contatto così ravvicinato.

“Non lo credo, ma tu spiegami.. come hai certe percezioni?”
Sapevo già che lui potesse aver scoperto il mio segreto, ma sentirglielo dire mi diede una sferzata ai ricordi dimenticati del passato.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma la richiusi immediatamente. Cercai di indirizzargli uno sguardo di rinnego, ma in qualche modo in quel piccolo istante mi pareva più umano di quando mi aveva gettato sulla cattedra poco prima. Era lì, ad un palmo di mano dal mio viso e non faceva nulla, mi guardava con il respiro rilassato e potevo percepire ogni suo sospiro.

Ma sapevo anche di non riuscirci proprio. Confidare la provenienza delle mie percezioni uditive, che scaturivano da qualcosa oltre la normale comprensione umana; e Severus per quanto fosse animato da istinti prevalentemente selvaggi – nei miei confronti, era pur sempre un essere umano. Il mio segreto doveva essere nascosto, protetto.

Il solo sapere avrebbe causato morte, e sofferenze. Era già successo in passato. E forse era proprio per quello che in fin dei conti non avevo mai lasciato Londra; non solo per l’ansia che mi provocava l’attesa, ma perché io stessa dovevo proteggere non solo me stessa, ma anche gli altri da conoscere un segreto più terribile di quanto qualcuno si sarebbe mai immaginato.

“Non posso” dissi incurante del suo sguardo contrariato, mi alzai lentamente e raccogliendo le pergamene cadute a terra (quando avevo urtato contro la cattedra) lo sentii andare via, senza dire nulla. E la cosa in qualche modo mi lasciò davvero perplessa.




La sera stessa, ero veramente stanca solo per sfuggire ai continui sguardi indagatori e le domande inopportune dei miei colleghi.

Nascondi davvero una relazione con Piton?” mi avevano chiesto più persone, e avevo riso ogni volta che potevo, e ogni volta avevo ottenuto uno sguardo confuso oppure sempre più accusatore. Ed era per quello che avevo passato l’intera giornata a sfuggire a tutti.

Le mie lezioni erano state rimandate tutte dal grande uomo che è Silente, per proteggermi da altri inutili interrogatori. Aveva detto: “Con il tempo passano anche le panzane, vedrai che al tuo ritorno in aula sarà rimasto soltanto un brutto ricordo sbiadito dell’accaduto. Una settimana è ciò che serve per aiutare queste voci ad essere arginate.

E così mi ritrovavo dopo solo una settimana dal mio arrivo al punto da capo, ovvero del tempo libero da spartire in qualche maniera.

Per quanto ne sapevo il professor Piton, al contrario mio, avrebbe proseguito le sue lezioni senza problemi. Ma lui che problemi poteva avere, quando Clarence andava dicendo che ero stata io a confessare la mia relazione segreta con Piton?

E considerando il rispetto – e la paura- che incuteva Piton negli allievi e colleghi, dubitavo che qualcuno potesse avere il coraggio di fare gli interrogatori a cui invece non esitavano a sottoporre me.

Sbuffai stravaccata sulla mia sedia in pelle di drago rosso scuso, guardai la scrivania e vidi un malloppo di pergamene da correggere.

“Non ho altro da fare..” e mi rassegnai iniziando a correggere la prima pergamena.

Quando fui a metà del lavoro sentii bussare alla porta. Mi fermai e guardai verso la porta per poi spostare l’attenzione sull’orologio a pendolo al fianco della porta.

Mezzanotte in punto.

Chi diavolo bussa alla mia porta a quest’ora della notte? pensai irritata.

Mi alzai e mi avvicinai lentamente accostando l’orecchio alla porta.

Sentii un respiro lento, regolare e.. familiare.

Sembrerà stupido, ma io riuscivo a distinguere una persona da un’altra anche solo per un loro sospiro.

Aprii appena l’uscio – il giusto per affacciarmi, e mi sporsi guardando il viso di Severus illuminarsi dall’onda di luce che avvolse il corridoio buio.

“Che vuoi?” chiesi secca, senza alcun giro di parole.

Mi sorrise appena. “Posso?” fece per fare un passo in avanti, e scossi il capo immediatamente.

“Devo parlarti.” Si guardò intorno e aggiunse “In privato.”

Sospirai e mi spostai lateralmente per aprire la porta, e farlo entrare.

Severus entrò e si richiuse la porta alle sue spalle, mentre io facevo il giro della mia scrivania per riprendere il mio posto.

Con un cenno assorto lo invitai a sedere, anche se effettivamente mi faceva davvero sentire a disagio essere lì – sola – con lui.

“Volevi dirmi?” colsi il momento, sperando se ne andasse il più presto possibile.

Lo guardai appena, tornando sulle mie correzioni.

“Vorrei scusarmi per l’altra sera” scorsi l’ombra di un sorriso, e vidi che mi porgeva una tazza di tè caldo. Inarcai un sopracciglio stupita, e presi la tazza di tè portandola subito alla labbra per berne un sorso.

Notai che mi fissava, forse in attesa di una risposta. Nel frattempo sorseggiava anche lui del tè dalla sua tazza.

Realizzai che Severus mi aveva davvero chiesto scusa, e per quanto fossi arrabbiata con lui per ciò che era successo in precedenza non riuscivo a non perdonarlo.

Sorrisi e annuii. “Mi fa piacere.. sapere che anche tu, riconosci i tuoi errori.”

Alzandomi persi l’equilibrio e ricaddi sulla sedia. Forse ero più stremata di quanto pensassi.

“C’è qualcosa che non va?” mi chiese pacato, lasciando la sua postazione.

Non ebbi il tempo di rifiutare che Piton mi aveva già cinta al fianco, quando tentai di rialzarmi.

“Credo di essermi stancata troppo” mormorai con improvvisa consapevolezza della mia voce roca. Severus stette in silenzio e mi prese in braccio con la stessa agilità di quando mi aveva spinta contro la cattedra nella mia classe.

Aggirò la mia scrivania nell’ufficio con immensa facilità, e aprì la porta della mia stanza. Nel momento in cui l’aprì mi resi conto che un uomo solo in vita mia era entrato nella mia camera da letto, e mi sentii davvero più stupida di quanto pensassi e mi sentii davvero stupida perché sulle mie guance affiorò un improvviso rossore: segno del mio evidente imbarazzo.

Ma almeno a quello, Severus fece finta di non accorgersene.

Perché era così imbarazzante trovarmi con lui in una camera da letto?

Era semplicemente stato gentile nei miei confronti, e mi stava per lasciare sul mio letto perché non riuscivo a camminare.

Mi distese sul mio letto e mi guardò in maniera del tutto disinteressata ad ogni mia sorta di pensiero.

Era piegato, proteso verso di me e lo guardai sdraiata sul letto senza dire una parola.

Mi sentivo tanto una bambina, il cui genitore le stava per rimboccare le coperte. E con mio stupore mi coprì veramente.

“Non..” cercai di dire, ma in meno che non si dica ero sotterrata dalle coperte sino al meno.

Sorrise beffandosi della situazione. “Molto carina” e lo sentii ridere mentre si allontanava, ma per qualche ragione lo fermai.

“Aspetta!”

Sebbene fossi certa di non sopportarlo affatto, di essere convinta che il mio fosse odio vero e puro, l’avevo fermato veramente perché volevo che lui restasse ancora.

Ma quando si voltò mi disse: “Notte” e rise, richiudendosi la porta alle sue spalle.

Che comportamento da demente, pensai stizzita. Cosa mi era mai passato per la testa?!

Non lo sapevo. Era quello che m’infastidiva. Nonostante tutto, mi addormentai decisa a non risvegliarmi prima del giorno seguente.







Durante la notte mi sentii in una sorte di dormiveglia, che mi faceva aprire le palpebre appesantite dalla stanchezza. Quando fui sicura di essere abbastanza stanca, provai ad abbandonare la posizione fetale che avevo assunto per comodità e mi girai con molta difficoltà a pancia in su.

Quando aprii gli occhi rimasi sconcertata, decisamente premuta contro il materasso per lo stupore. Un’ombra mi sovrastava, e le incantevoli labbra fine si arcuarono in un mezzo sorriso vedendo i miei occhi sgranarsi improvvisamente privi di ogni sonnolenza.

Tentai di respirare, ma anche quello evidentemente mi riusciva difficile.

Teneva le mani poco più sopra le mie spalle, ed era chino a guardarmi.

Non vedevo nulla di lui, se non i contorni toccati dai raggi della luna.

Quando stavo per aprire bocca mi posò delicatamente due dita contro le labbra, e con l’altra mano iniziò a sfiorarmi seguendo la linea delle sopracciglia, per scendere verso gli zigomi poco accentuati e scendere verso le mie labbra. Si soffermò a lungo su quelle.

Potevo sentire ogni sussulto che mi facevano fare le sue mani fredde sulla mia pelle calda, ma nonostante ciò era tutto così piacevole.

Lasciai che quell’ombra prendesse posto accanto a me, e lo fissai sdraiandomi di lato. Continuava a guardarmi a sua volta, nei suoi occhi guizzava la luce della luna che batteva sulla finestra accanto a letto.

“Perché?” chiesi, lasciando che mi venisse più vicino sotto le coperte.

Non rispose, lasciò che le sue dita seppur un poco ruvide scivolassero lungo l’incavo della gola provocandomi una specie di grugnito. Abbassai gli occhi completamente paralizzata.

Lui rise sottovoce, e i suoi movimenti lenti passarono ai miei capelli con cui giocherellò un po’.

Mi avvicinai con circospezione al suo petto, e senza chiedere il permesso ci appoggiai il capo con delicatezza e stetti in ascolto.

Il suo cuore batteva i colpi a ritmo intenso, passai le dita sulla camicia e la sbottonai lentamente con molta pigrizia. La sua mano fermò la mia, costringendomi ad intrecciare le mie dita alle sue. Fu una cosa molto strana, era davvero tanto tempo che non dormivo con un uomo.. e il fatto che ce ne fosse uno nel mio letto mi rendeva decisamente su di giri, ma la cosa che non concepivo era: perché un uomo che odiavo tanto era nel mio letto?

Lo desideravo davvero così tanto?

Mi fermai, allontanandomi da lui. Socchiusi gli occhi e poco dopo risentii il suo respiro sulla mia pelle. Stavamo giocando? Quella era una probabilità.

“Rispondimi..” mormorai con voce impastata dal sonno.

Mi avvolse tra le sue braccia stringendomi al petto. E non sapevo il perché, ma ero davvero serena.

“In qualche maniera Sarah, non riesco a respingerti..” la sua espressione s’infittì “.. e mi snerva.”

Mi alzai poggiando su un gomito e giocando con il colletto della sua camicia, lo guardai facendo vagare lo sguardo sul suo viso più pallido sotto la luce fioca della luna.

Sorrise nuovamente, la sua espressione era davvero una cornice di beatitudine in quel momento, cosa che non si poteva dire durante la giornata.

“Per cosa sei venuto questa sera?” e mi soffermai un attimo per poi aggiungere “Sii sincero!”

Sospirò e divagò per qualche momento.

“Sai..” disse sfiorandomi i capelli in una carezza “.. non credo di essere mai stato più sincero con una persona.” mormorò.

Sorrisi e risposi: “Nella maniera più assoluta” concordai.

Improvvisamente si soffermò con le dita sulle mie labbra e fissandole prese a parlare lentamente.

“Contro ogni regola avrei voluto baciarti quella mattina.. in quella classe..” corrugò l’espressione e poco dopo la rilassò in un altro sorriso “.. ed è allora che hai detto «Non posso», ma il tuo segreto in quel momento mi era parso privo di interesse davanti all’idea di.. baciarti. E per quello che sono andato via.”

Deglutii la cosa a fatica, e mi ritrovai involontariamente più vicina al suo viso. Non mi ero accorta che mentre lo ascoltavo mi ero comodamente sdraiata nuovamente sul suo petto.

Mi accorsi poco dopo che la camicia era aperta sul suo petto, evidentemente avevo giocherellato abbastanza da sbottonarla.

Trattenni il respiro e pregai di non arrossire, per non tradirmi proprio in quel momento.

Mi strinsi a lui senza ben sapere cosa stava succedendo, ma istintivamente mi sentivo più protetta, più possessiva.. più legata a lui di quanto potessi immaginare.

L’odio forse non era altro che un sentimento contrario a ciò che pensavo di provare, e Severus non fece altro che stringermi, confermando il fatto che in qualche modo il nostro era stato amore a prima vista.






La mattina seguente al mio risveglio trovai il letto vuoto, tastai più volte per essere sicura di questo. Sdraiandomi nuovamente sulla schiena a guardare il soffitto, sospirai e sentii un dolore acuto trapassarmi. Mi sentivo a pezzi.

Cercavo di realizzare se la notte precedente fosse stata solo uno strano sogno, mi guardai al fianco verso il comò e presi un bicchiere d’acqua.

Mandai giù una sorsata, il sudore imperlava la mia fronte e per qualche ragione sentii le braccia e il resto del corpo intorpidito.

Scattai in piedi, infuriata, prendendo la mia roba. Avevo realizzato una realtà che non mi piaceva affatto, e mi portava nuovamente ad essere furiosa.

Severus non era mai stato nella mia stanza, le mie erano state altro che semplici allucinazioni.

La cosa che più mi faceva arrabbiare era che le mie allucinazioni provenivano da una sola risposta: ero stata drogata.
 
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LadySeveraPendergast
view post Posted on 8/1/2009, 23:38




Ti confesso che l'avevo pensato che il thè fosse drogato...non è da Sev..già fare le scuse a qualcuno è troppo per lui...in più il thè! Però credevo ci avesse messo tipo del veritaserum per sapere il motivo delle percezioni...invece no..a cosa sono servite ste allucinazioni??? E poi, erano allucinazioni????? Mah...continua presto.....

Ilaria
 
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StregattaMatta
view post Posted on 9/1/2009, 01:08




Questo Severus mi sembrava troppo gentile e remissivo in effetti...non era da lui!
Ma è stata drogata da chi?Il mistero si infittisce...XD
Bravissima

Irene
 
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view post Posted on 9/1/2009, 09:25
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Erede Universale del prof. Snape

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Mmm, sono curiosa di conoscere il seguito della storia, proprio come detto da StregattaMatta il mistero si infittisce...
 
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Swindle
view post Posted on 9/1/2009, 11:40




Uuuuh!!!
Capitolo perfetto, come ti ho detto!!!
Anch'io mi ero un pò spaventata a leggere le sue scuse e il tè... meno male che poi mi hai spiegato subito!!! :P :P :P
E ora una bel capitolone interessante ci vuole, zìzì!!!
Complimenti, continua così!
Un bacio, Rika :P
 
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•.:.• Lady Death •.:.•
view post Posted on 9/1/2009, 18:33




Il capitolo mi ha fatto incuriosire... Aggiorna ti prego al più presto possibile, perchè quando sono curiosa, io non ho più la pazienza di aspettare...
 
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view post Posted on 12/1/2009, 18:17
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*w* wiiii spettacolo questo mistero che si infittisce....bella bella,continua presto!
 
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sar3tta89
view post Posted on 13/1/2009, 20:53




Questo capitolo lo dedico alla mia carrrrrisssima beta, che mi assorbe sempre anche quando non ha tempo per ascoltarmi.
Grazie di tutto, ti voglio bene.




Spero che il capitolo serva a sfamare un pò della vostra curiosità ;)
ahahah, BUONA LETTURA! :D







4. Verità di Ghiaccio (Prima Parte)





L’ondata di sensazioni improvvise, quelle salite a galla la notte prima erano una valida motivazione del mio delirio.. ed erano la prova di ciò che avevo subito.

Irruppi nell’ufficio di Severus facendo sbattere la porta contro il muro, mi guardai attorno vedendo nient’altro che una stanza vuota. Lui non c’era.

Mi diressi verso la sua scrivania e guardai le sue carte, frugai sperando di non essere scoperta. In caso contrario, l’avrei affrontato.

Guardai dentro i cassetti, tra le pozioni che vi erano sugli scaffali impolverati, senza trovare nulla. Guardai la porta che portava alla sua stanza.

Lanciai un’occhiata alla porta spalancata da cui ero entrata, e non sentendo rumori andai a richiudere la porta per dirigermi con tranquillità nella sua camera da letto.

La stanza non era molto grande, giusta per un letto un comò al suo fianco e un grande armadio.

Frugai nei cassetti del comodino, trovando altro che biancheria. Mi sentii un imbarazzata e anche un po’ stupida guardando l’interno del cassetto. Aprii l’altro, e trovai dei libri. Li tirai fuori, notando che parlavano tutti di “poteri sovrannaturali”. Risi seccamente.

Stava portando avanti ricerche su di me.

Quando il cassetto fu libero dai libri, notai in fondo una parte del legno che non combaciava affatto con il fondo su cui era poggiato.

Il cassetto aveva il doppio fondo, e i libri servivano a coprirlo.

Con le unghie cercai di sollevare il compensato. Fremente di rabbia, trovai un composto dentro una piccola bottiglietta in vetro.

Sopra vi era scritto: Veritaserum.

Mi appoggiai al fianco del letto con la mano che tastava la fronte fredda.

Veritaserum? Aveva utilizzato del veritaserum con me? Pensai riguardando la bottiglietta vuota e ripetendo a mente il nome inciso su di essa.

Quando mi fui ripresa guardai nuovamente all’interno del cassetto, dove trovai anche una specie di quaderno.

Lo aprii e vidi che possedeva numerose pagine scritte, la cui calligrafia apparteneva sicuramente a Severus. Lessi appena la prima pagina, prima di sentire un rumore provenire dal corridoio. Qualcuno stava scendendo nei sotterranei.

Dannazione!

Risistemai immediatamente tutto, compreso quel quaderno e mi sistemai seduta sulla sedia davanti alla sua scrivania. Ero sicura che fossero i passi di Severus, quel suo passo veloce e felpato, l’avrei riconosciuto ovunque.

Non appena girò il pomello e aprì, sorrisi vedendo il suo volto contrarsi in una sottospecie di smorfia alla mia vista.

Era disturbato dalla mia presenza. Sorrisi compiaciuta, e a dir la verità un po’ irritata dalle mie recenti scoperte.

“Che ci fa qui?”

Risi. “Ma come?” chiesi ironica “Pensi che non mi renda conto, di quando vengo drogata?”

Gli angoli della sua bocca si allargarono in un ghigno. “Credevo ci avresti messo molto meno ad arrivarci..” fece una pausa avanzando nella stanza e si fermò sedendo su una sedia lontana da me. “In realtà, ci speravo.” Mormorò guardandomi negli occhi.

Provai un brivido, una leggera paura impadronirsi di me.

Ma la rabbia prevalse, e ringraziai il mio carattere impetuoso.

“Ci speravi? Oh diamine, ma cosa credevi di fare?!” urlai alzando e sbattendo le mani sulla sua cattedra parola per parola “Cosa ti è saltato in mente?! DIMMELO!” dissi con veemenza, vedendo la sua faccia indurirsi senza però rispondere alle mie domande.

Non disse una parola, contrasse la bocca e le sue labbra divennero sempre più fine.

Socchiuse appena gli occhi, e mi scrutò.

Sentivo la collera scorrermi nelle vene, tremavo, ma non per il freddo.

Ad un certo punto mi accorsi che le lacrime si erano fatte posto sul mio viso, facendomi sembrare disperata. Esausta.

“Perché mi fai questo? Che ti ho fatto?” chiesi ancora, stringendo i pugni convulsamente.

“Ho bisogno di sapere” disse distaccato, come sicuro di aver risposto a tutte le mie domande passeggiando avanti e indietro per la stanza, riflettendo.

Lo guardai sconvolta, portandomi le mani in testa. Stavo forse impazzendo?

Improvvisamente Severus si fermò nel bel mezzo della stanza, e mi fissò incerto.

“Non riesco a capire perché con te non abbia funzionato..” mormorò senza guardare me, ma il pavimento.

Ripensai fugacemente alla prima pagina e di ciò che avevo letto. Lui aveva trascritto i miei dati e le informazioni ricevute da fonti anonime.

Chi mi conosceva così bene da poter dare informazioni su di me?!

Digrignai i denti e quando con poco autocontrollo mi avventai in nuove accuse, lui era vicino a me. “Perché tieni un diario con informazioni su di me?”

“Ti importerebbe?” disse sempre parlando tra sé.

“COSA DIAVOLO STAI DICENDO?” urlai scuotendo la testa.

Severus si spostò verso una poltrona in pelle di drago verde scuro, e si lasciò andare con un sospiro. Stravaccato nella versione di un Dio depresso, perso in quelle che sono le sue disgrazie di essere quello che è.

Inaspettatamente alzò gli occhi e parlò chiaro con voce priva di allusioni, di ironia, priva di ogni sentimento umano. Non riuscivo ad essere così cinica come lo era lui, e per quanto m’invitò ad ascoltarlo e a sedermi, non riuscii a risedermi.

Ero troppo nervosa, troppo arrabbiata. Un fuoco invisibile mi stava bruciando dall’interno, sentivo attraversarmi le vene, sprigionare una rabbia repressa.. una tristezza assoluta. E tutto ciò mi portava una sconsiderata voglia di scappare il più lontano possibile da lì, da lui.

Da quando ero lì era stato il motivo della mia continua collera, delle mie continue preoccupazioni o dubbi che fossi veramente io la colpevole tutto quello che accadeva intorno a noi. Come se un’altra maledizione mi avesse colpita veramente.

“Con te il veritaserum non ha funzionato.” disse Severus portando la mia attenzione su di lui.

“Perché?”

Che me ne importava? Dovevo essere felice, che quel diavolo d’uomo non aveva ottenuto ciò che desiderava. Ma per qualche ragione, quella rivelazione mi spaventava.

“Non lo so.”

Mi spazientii. “Come non lo sai? Qui il potion master sei tu?! NON IO!”

Lui fece per alzarsi poi si rilasciò cadere sullo schienale della poltrona e sorrise amareggiato.

“Sei umana?” mi chiese perdendo un po’ di quel tono distaccato.

Lo guardai stupita. “CERTO! CHE DOMANDE!”

“Ce la fai a non urlare per un momento?!” mormorò massaggiandosi delicatamente le tempie.

Pietrificata dal suo tono stanco, persi le staffe e feci per andarmene quando mi prese il polso.

Voltai appena il capo per notare che era in piedi al mio fianco.

“No” pronunciò con molta calma. Sospirai e lo affrontai faccia a faccia.

“Non ci riesco! Sono troppo arrabbiata per restare.. non capisci?” cercai i suoi occhi, e non li trovai. Non stava fissando me, ma oltre la mia spalla.

Mi voltai e rimasi per un attimo interdetta. Alla porta, Clarence Wilson ci fissava con un mezzo sorriso che appariva sotto i lunghi baffoni. Gli occhi grigiastri brillavano di nuove notizie, ma prima che potessi fermarlo lasciò la soglia.

Severus mi prese da dietro per le spalle. “Lascialo andare”
Lo guardai stupita. “Scherzi? Quello andrà a dire che ormai è certo della nostra – e feci le virgolette con le dita - relazione.”

“Siediti e ascolta” mi ordinò poco dopo “senza proteste” aggiunse vedendomi aprire la bocca per ribattere.

Mi sedetti sulla sedia in legno, quella in assoluto più scomoda che mi potesse capitare.

“Penso che tu sia diversa” iniziò voltandomi le spalle, dunque non potevo conoscere la sua espressione.

La voce era calma, con il suo notevole e ormai conosciuto autocontrollo. L’uomo di pietra, che non poteva scalfito nemmeno dalla rabbia.

“Diversa?” chiesi incerta, per la prima volta assaporavo la mia stessa anormalità con un retrogusto amaro. Il significato ero cambiato da quando ero arrivata lì.

Decisa a non prostrare il fatto che ero abbattuta, aggiunsi: “Lo sono sempre stata.”

Ma la mia voce aveva assunto un altro tono, molto più che esausto.

“Sì, ma non nella maniera in cui credi tu..” rifletté Severus, poggiandomi i palmi delle mani sulle spalle. Per guardarmi negli occhi dovette inginocchiarsi.

“In che senso?” mi protesi verso di lui.

“Questo me lo devi spiegare tu.”

Sbuffai riportando indietro il capo, lontano dal suo viso. “Non posso! Te l’ho già detto!”

Lui mi lasciò le spalle e rialzandosi fece per entrare nella sua stanza, e quando mi guardò i suoi occhi erano iniettati di rabbia pura.

“Puoi andartene” disse glaciale, richiudendosi la porta alle spalle.

Rimasi a fissare la porta chiusa. Era sicuramente lui il pazzo, non io.

Uscii da lì, prima di essere fermata ancora e tornai nel mio alloggio dove credevo di poter essere al sicuro.

Ma questo mi riportò alla mente, che non potevo essere al sicuro in alcun luogo, se nei dintorni vi stava Severus.

Richiudendo la porta mi lasciai cadere lungo di essa, crollando esausta a terra.

In che senso ero diversa, più di quanto non lo sia già stata prima del Veritaserum? Perché quest’ultimo non aveva funzionato con me?

Perché, perché e perché.. troppe domande senza risposta. Iniziavo davvero a perdere la calma e l’autocontrollo.

Improvvisamente sentii una voce acuta risuonarmi nelle orecchie: “Sangue”.

Cercai di mantenere il respiro regolare. Sentii la voce ripetersi più e più volte, allora abbandonai il mio alloggio uscendo nei bui corridoi della scuola.

La voce intanto era svanita, ma con la sua sparizione sentii un urlo agghiacciante provenire dalla fine del corridoio. Corsi e quando svoltai l’angolo urtai contro Severus, ricadendo tra le sue braccia.

Rimasi per un attimo stupita nel rivederlo dopo averlo lasciato furioso nella sua stanza nemmeno un’ora prima, ma riprendendomi mi rialzai e scappai verso la direzione dove le urla riecheggiavano insistentemente nella mia testa.

L’eco dei passi mi fece capire che Severus mi aveva seguita, e anche lui come me correva nella stessa direzione. Sapeva forse, che avvertivo qualcosa e in qualche modo stava provando a fidarsi di me.

Arrivati alla fine del corridoio trovammo un ragazzo morente, tramortito dall’eccessiva perdita di sangue che aveva subito il suo corpo. Era del primo anno, Corvonero.

Il torace presentava un vasto squarcio proprio come il precedente omicidio, solo che questa volta il ragazzo era ancora vivo e il cuore era ancora al suo rispettivo posto.

Severus quando mi voltai era già sparito a chiamare aiuto, e io levai la bacchetta in alto.. quando sentii il ragazzino mugugnare qualcosa.
“Cosa?” mi sporsi verso di lui, e il ragazzo ripeté qualcosa di incomprensibile alle mie orecchie.

Successivamente svenne, proprio quando arrivarono i rinforzi.





Quella giornata sembrava destinata a non terminare mai. Mi ritrovavo ancora una volta in una settimana nell’ufficio di Silente. Severus se ne stava in disparte in un angolo dell’ufficio, ad osservare dalla finestra il buio pesto, costernato da grandi nuvoloni grigi.

Io invece ero costretta a star seduta sotto i riflettori, in quanto dovevo una spiegazione dell’inspiegabile senso dell’olfatto che avevo sviluppato nei riguardi dei fatti accaduti in altrettante insolite circostanze.

Silente raggiunse il suo posto dopo aver gettato un’occhiata eloquente a Severus, che annuii impercettibilmente sotto i miei occhi, per poi abbandonare l’ufficio.

Mi scrutò un attimo interminabile oltre i suoi occhiali a mezzaluna, e mi servì proprio come il primo giorno che ero entrata in quell’ufficio una tazza di tè e biscotti.

Quella sera tuttavia ero troppo nauseata per poter bere o mangiare. Il pensiero di addentare qualcosa mi rivoltava lo stomaco. Forse era la paura che comandava la ragione, che mi riportava i pensieri alla notte prima quando ero stata drogata. Per un attimo mi venne da chiedermi se Silente, conosceva davvero così bene Severus da potersi fidare realmente di lui.

“Severus, mi ha detto che per lei è molto facile.. sentire..”

Oh perfetto! Severus non si era tappato la sua splendida boccuccia di rose.

Lo guardai afflitta, non sapevo che dire. Ero troppo agghiacciata, incazzata e suvvia anche sbalordita.

In pochi giorni il mio segreto era diventato di dominio pubblico. Pensando alla mia scarsa riservatezza in quel posto scoppiai in una risata isterica. Forse avevo solo bisogno del tempo, e mi sarei abituata a rendere pubblica una cosa simile.

Silente non disse nulla, non accennò ad altro e attese con molta cortesia o molta pazienza la mia risposta.

Cercavo di trattenermi dal dire che Severus, era davvero un’idiota. Ma non ci riuscii.

“Signore” mormorai sentendo la mia voce rotta da un tormento interiore, mi fermai ad ascoltare il rumore del mio cuore accelerato e del mio respiro affannato.

Quando fui sicura di aver ripreso il controllo su di me, parlai nuovamente e questa volta nella mia voce vi era una tranquillità inaudita.

“Vorrei poterle dire ciò che dovrei, ma penso che proteggere voi, il professor Piton” quest’ultimo nome lo dissi con poco interesse, “.. e altre persone, sia la cosa più importante.. non so se mi spiego”

Cercai i suoi occhi azzurri e quando li trovai erano ben disposti.

“Capisco, ma è bene che qualcuno a volte corra dei rischi..”

“Ha ragione, ma non credo che questo sia il momento adatto per creare scompiglio nella comunità magica.”

Albus mi indirizzò un sorriso stupito e con voce molto più risoluta disse: “Non crederà che vogliamo rendere pubblica una capacità come la sua?”

Increspai appena le labbra non sicura di aver sentito bene.

“Intende dire che non lo sa nessuno.. a parte lei e.. Piton?”

Scosse la testa in segno di assenso. Mi sentii davvero una stupida ad aver creduto nella poca buona fede di Silente, e lasciai un silenzio inequivocabile del mio leggero imbarazzo.

Quando ripensai alla decisione da prendere, era giunto il momento dell’inevitabile verità.

 
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view post Posted on 13/1/2009, 21:06
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Erede Universale del prof. Snape

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Mi piace sempre di più questa storia, aspetto con impazienza il prossimo capitolo, complimenti sei bravissima :)
 
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LadySeveraPendergast
view post Posted on 13/1/2009, 21:33




Sfamare la nostra curiosità??? io direi che più che altro l'aumenta!!!
Finalmente è l'ora della verità....chissà cosa nasconde sta ragazza!
Aggiorna prestissimo!!!
 
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•°o.OdamÅrwenO.o°•
view post Posted on 14/1/2009, 08:54




Ho letto la tua storia a più riprese, purtroppo il lavoro non mi consente di dedicare il tempo che vorrei alla lettura.
Devo farti i miei complmenti!
La trama è molto avvincente, è vero, ma con il tuo modo di scrivere sei riuscita a renderla più reale.
I personaggi, a tratti, escono dalle pagine e sembrano prendere vita per poi rituffarsi nel testo.
Mi piace!
Scrivi in modo pulito, semplice, eppure talvolta sai inserire accenti complessi e molto sfaccettati che rendono papata la lettura.
Aggiorna presto, ti seguo impaziente!
 
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•.:.• Lady Death •.:.•
view post Posted on 14/1/2009, 20:07




Bel capitolo!

Aggiorna presto ti prego *_*
 
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StregattaMatta
view post Posted on 16/1/2009, 16:47




Bravissima!!I miei complimenti!
Comunque più che soddisfare la mia curiositò,questo capitolo l'ha fatta lievitare alle stelle!xD
Aggiorna presto

Irene
 
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Swindle
view post Posted on 16/1/2009, 18:32




:OO: :OO: :OO:
Grazie mille per la dedica!!!
Questo capitolo è fantastico, mi piace molto come hai aggiustato le cose, ma soprattutto mi piace un sacco il loro dialogo & litigio!!! XD
Complimetoni, ora aspetto con ansia il prossimo capitolo!!!
Un bacione, Rika ;)
 
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sar3tta89
view post Posted on 22/1/2009, 21:33




Ok eccoci al quinto capitolo, scusate l'attesa ma ho talmente tante cose che.. solo oggi ho avuto il tempo di dare un'occhiata al testo.

Lascio a voi i commenti.
Bacione, Sara









5. Verità di Ghiaccio (Seconda Parte)





Capii che la buona fede di Severus ad aver mantenuto il segreto era sincera, e mi sentii appagata da un’inaspettata felicità.

Potevo finalmente condividere il mio segreto, e volevo che ci fossero entrambi per poter dire veramente tutto.

Silente colse quel mio desiderio inaspettato negli occhi, e assentì immediatamente alzandosi e parlando ad uno dei quadri appesi dietro di lui.

Qualche minuto dopo, qualcuno aveva bussato alla porta. E indubbiamente non poteva essere altro che Severus, a quell’ora della notte.

A meno che non fosse accaduto qualche altro omicidio. A questo pensiero rabbrividii inconsciamente.

Severus tossì come per risvegliarmi dai miei incubi ad occhi aperti e snervata da quei modi sempre poco educati, lo guardai truce.

“E’ da bambina che possiedo quest’innata capacità.” incominciai, sapendo che qualcuno nella stanza conosceva già questa parte della storia.

Silente mi fissava silenzioso, con uno sguardo interessato e quasi incuriosito dalla storia che ancora non conosceva.

Severus invece se ne stava seduto affianco a me, e non mi guardava nemmeno. I suoi occhi guardavano oltre le spalle di Silente, oltre la finestra , e chissà in quale posto andavano a posarsi.

“Avevo all’incirca sei anni, quando ebbi la prima prova che constatò che non avevo un normale udito come quello degli altri esseri umani. Potevo sentire tutto anche a distanza di chilometri, e in primo tempo è stato davvero insopportabile..” il ricordo tanto acceso di quei momenti mi fece stringere nelle spalle, ricordai le vivide urla che avevo lanciato i primi giorni “.. tanto che mi diedero per pazza. I miei genitori adottivi, non sapevano che mi stesse succedendo e mi sottoposero a molte cure, finché” socchiusi gli occhi rivivendo quei terribili momenti che avevano costellato la mia triste infanzia “ non fui rinchiusa in una casa di cura per malattie mentali.”

Sospirai e gettai uno sguardo preoccupato a Silente, che invece mi osservava con molta dolcezza. Non osai osservare l’espressione di Piton, ma vidi con la coda degli occhi che aveva smesso di fissare la finestra e che aveva rivolto la sua attenzione su di me.

Perfetto, pensai.

“Cosa è successo in quel posto?” mi chiese Silente evidentemente preso.

“Non riuscivo a controllare i rumori che entravano e uscivano dalla mia testa, e per me era davvero come impazzire. Per quanto giovane che fossi, mi ero davvero convinta di essere pazza..”

Lasciai che il silenzio calasse per un millesimo di secondo, il tempo di ricordare i particolari che avevo sommerso con gli anni.

Premetti le dita contro le tempie.

“Ricordo che un anno dopo, che stavo lì dentro, avevo iniziato a migliorare. Potevo regolare come delle frequenze i rumori, e sintonizzarmi su quello che desideravo sentire.. e finsi di non aver più quegli strani sintomi che mi rendevano agli occhi umani, una pazza.”

Consciamente evitai di accennare a particolari a cui mi sentivo in parte legata.

“L’anno seguente ritornai alla mia vita, alla mia famiglia.. a scuola. Sembrava essere tutto normale dopo che ci avevo preso la mano.. ma ai miei tredici anni qualcosa aveva nuovamente sconvolto il corso degli eventi. Ero in casa mia, nella mia stanza al piano di sopra.. con un’amica a fare i compiti. Era pomeriggio inoltrato.. e sentii un rumore al piano di sotto.. una lotta disperata.. il tutto se fossi stata normale l’avrei sentito come la mia amica, un normale rumore di chi sposta i mobili per pulire, o cose simili”





Tornai con i ricordi a quei giorni, a quella casa.

Risalii quelle scale che avevo sceso così tante volte in vita mia, entrai nella prima stanza lungo il corridoio a sinistra delle scale, e vidi il luccicare dei colori dell’arcobaleno sulla carta da parati.

Il mio letto spinto appena al fianco destro della camera con il comò sotto la finestra, e una luce fioca provenire dalla scrivania posta trasversalmente al letto, dove io stavo seduta accanto alla mia amica Jenna.

Ai piedi del letto proprio accanto al muro stava il mio armadio, su cui dentro stavano meravigliosi specchi tutti rifiniti a mano.

Riabbracciai quella pacifica calma, quell’incantevole momento in cui ti confidi con un’amica. Ma tutto fu spezzato. Strinsi i pugni sulle ginocchia e sentii addosso gli occhi di Severus in particolar modo, stava cercando di capire cosa provassi forse.

Sentivo la sua tensione mentre raccontavo. Lo vedevo irrigidirsi sempre di più sotto la punta del mio naso.

“Vorrei poter spiegare” mormorai rendendomi conto che ero incapace di render vivo un ricordo tanto brutale.

Me ne stavo seduta nella mia cameretta, e chiacchieravo allegramente con Jenna. Sorridevo finché non sentii un affanno, un urlo silenzioso coperto da una mano posata sopra le labbra che lo emettevano. Un corpo solido che urtava un mobile, e potevo anche sapere quale.

Mi irrigidii. La mia amica mi vedeva spesso perdermi in un bicchier d’acqua, perciò non s’infuriò.

Le chiesi se aveva sentito quel rumore, e mi sorrise dicendomi che come al solito mia madre faceva davvero troppo caos per spostare i mobili.

Ma sapevo che non era così. Le chiesi di restare dov’era, e quando fui certa che non si sarebbe mossa di là saltai lungo le scale, con una velocità inaudita, con una forza che mai mi sarei aspettata di avere sfondai la porta.

L’adrenalina poteva fare tante cose, pensai. Ma abbandonai quel dettaglio, e mi gettai a capofitto verso il corridoio immenso.
Fino ad arrivare nella cucina ormai diventata silenziosa. Mi fermai davanti alla porta, cercando di percepire un qualsiasi rumore.

Magari mia madre che si muoveva con goffaggine tra i fornelli, o che sbuffava per aver esagerato troppo con qualche spezia. Tutto taceva in cucina.

Sentivo Jenna al piano di sopra dondolarsi sulla sedia, ma non sentivo nulla provenire dalla cucina.

Cercai di ritrovare il coraggio, e spinsi la porta scorrevole.

Apparentemente non vi era nulla di strano osservando il tutto dalla porta. La cucina e l’isolotto erano apparentemente immacolati dalla mia angolazione.

Girai con molta calma l’isolotto e per un attimo sospirai, pensando di essere stata troppo esagerata. Ma arrestai quei pensieri all’istanti nel momento in cui vidi la cosa che più avevo temuto.

Mia madre che giaceva a terra, priva di ogni colorito. Era rigida quando la toccai, e decisamente gelida. Inconsciamente trattenni il respiro e un urlo scivolò via poco dopo.

Mi resi conto di aver guardato dalla parte sbagliata per cercare qualcosa che non andava. Dalla parte che ero entrata, sopra la porta, il sangue imbrattava le pareti una volta di un bianco immacolato.

“Mamma” scossi il corpo. Niente.

Più tardi quando Jenna mi venne a cercare, non vedendomi far ritorno in camera corse fuori dalla stanza urlando. Non la rividi più d’allora.




Guardai Silente riemergendo da quel ricordo spiacevole. E mi resi conto che ero bagnata sulle guance e sul mento, evidentemente avevo pianto.

Severus invece se ne stava in disparte, in piedi accanto alla finestra, e in qualche modo ringraziai quello spazio di intimità che aveva lasciato allontanandosi.

“Sarah, ci racconterai il resto un’altra volta. Va a riposarti.” Annuii e strinsi la mano a Silente, ringraziandolo di avere tanta pazienza.

Il preside mi strinse a sua volta la mano, e forse vedendomi troppo sconvolta gettò un’occhiata verso l’ombra alla finestra e gli disse: “Severus, saresti così gentile da accompagnare la nostra professoressa fino al suo alloggio?”

Non ebbi il tempo di rifiutarmi che Piton mi aveva già affiancata.

Restò in silenzio tutto il tragitto, e fu davvero un sollievo non dover commentare il mio triste passato con lui. Non mi piaceva parlare di me, non volevo essere l’oggetto di una discussione.

Quando raggiungemmo la porta del mio ufficiò, mi guardò con circospezione e mi chiese con voce vellutata: “Chi è Liliam?”
Lo guardai torva, e ignorando la sua domanda dissi stancamente:“Un’altra volta Severus. Notte.”

Richiusi la porta alle mie spalle, e lo sentii andare via senza dire nulla, senza lamentarsi.

Aggirai la scrivania per raggiungere la porta della mia stanza e l’aprii.

Mi distesi sul letto e guardai il soffitto per ore senza riuscire a prendere minimamente sonno.

Liliam, ripensai. Perché mi aveva chiesto di lei?
Abbandonai il mio letto, e mi rivestii lasciando anche il mio ufficio.

Scesi le scale mobili con un po’ di difficoltà, non mi ero ancora abituata al loro continuo cambiare.

Poco dopo mi ritrovai finalmente davanti alla Sala Grande, vi entrai stancamente e con mia sorpresa vi trovai Silente, la McGranitt e Sibilla Cooman.

Quest’ultima confabulava sottovoce all’orecchio di Minerva, che annuiva torva. E di tanto in tanto scuoteva la testa contrariata.

Non appena varcai la soglia, gli occhi azzurri di Silente si posarono su di me e con un gesto sempre molto cortese mi invitò ad avvicinarmi.

La Cooman si scostò dalla McGranitt e sgranò gli occhi spaventata, scusandosi e sparendo nella porta dietro alla tavolata degli insegnanti.

“Devi scusare Sibilla.” mi disse Minerva, seguendo il mio sguardo vacuo sulla porta chiusa dietro di loro “E’ una brava donna.” aggiunse.

Annuii.

“Desideri anche tu fare uno spuntino notturno, Sarah?” sorrise Silente, indicando tutto il ben di Dio che si trovava sulla tavola.

Sorrisi e mi accomodai alla sinistra del vecchio preside, servendomi anche io qualcosa nel piatto. Mentre trangugiavo un panino con la marmellata, Silente e la McGranitt si lasciarono andare in una conversazione riguardanti Clarence Wilson e l’altro tirapiedi mandati dal Ministero della Magia.

L’ultimo io personalmente, non l’avevo ancora incontrato e ringraziavo la fortuna per questo.

Se Clarence Wilson mi aveva dato del filo da torcere, immaginiamoci l’altro cosa mi avrebbe combinato. Avevo fin troppi problemi, senza contare la mia immaginaria relazione con l’insegnante di pozioni in questione.

Emisi un sospiro, e Silente non se lo lasciò sfuggire – accantonando momentaneamente la sua interessante conversazione con Minerva McGranitt.

“Qualcosa ti preoccupa?”

La McGranitt mi fissò oltre i suoi occhiali rettangolari, lasciandoli cadere distrattamente sulla punta del naso.

“No, professore. Sono solo molto stanca.”

Nonostante la mia risposta, Silente mi fissò e lasciò trasparire uno sguardo di profondo dubbio.

Sapeva che non era proprio questa la motivazione, ma tornò comunque a parlare con la McGranitt e di tanto in tanto a guardarmi come a incoraggiarmi a confidare le mie preoccupazioni.

Quando finii di mangiare, sia Silente che la McGranitt si alzarono e mi augurarono la buonanotte. Io restai ancora qualche minuto a fissare le tavolate delle quattro case vuote, e a riflettere.

I pensieri mi portarono più in là di quanto avrei potuto credere e crollai troppo stanca per raggiungere il mio alloggio.
 
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106 replies since 30/12/2008, 22:27   1559 views
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