Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Silent Screams – Sotto il velo

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sar3tta89
view post Posted on 4/2/2009, 13:05 by: sar3tta89




Questo capitolo diciamo che è in tema per questo mese x) sperando di esaudire i vostri desideri.. per ora non ci saranno molte risposte(non picchiatemi!!!) ma prometto che presto verranno fuori da sè.. per ora non posso che augurarvi buona lettura. Spero tanto che il capitolo vi piaccia.

E scusate gli eventuali errori di battitura, ma l'ho riletto velocemente prima di postarlo.













8. Appartengo a te








Il tempo passò in fretta e natale era quasi alle porte, gli insegnanti si preparavano per le ultime lezioni prima di lasciare Hogwarts e gli alunni facevano altrettanto. Fino ad allora non vi erano più stati omicidi e Silente non era ancora tornato dal suo lungo viaggio in Bulgaria, come aveva detto Severus, il preside aveva preferito prendere vie più lunghe per raggiungere la penisola balcanica.
Nel frattempo, le mie lezioni erano proseguite con assoluta normalità a parte i commenti di alcuni alunni sulla mia relazione con Piton che oramai non mi preoccupavano più.. proprio come gli sguardi arcigni dell’Auror Clarence Wilson, che si dedicavano alla mia persona ogni volta che potevano. Severus Piton come al suo solito era il solito freddo, indifferente e impassibile alla vita degli altri. Passava il suo tempo a evitarmi per chissà quale ragione, anche se potevo presumere che il motivo fosse legato alle tante domande in cui lo sommergevo ogni talvolta che lo incontravo solo per qualche corridoio. Non riusciva mai a sviarmi e questo mi pareva lo irritasse parecchio, nonostante tutto evitavo cautamente di chiederglielo e mi limitavo a porgli le domande - per me - importanti.
L’ultimo giorno di lezione, precisamente il 21 dicembre, la scuola era in festa e tutti compresi gli insegnanti erano felici di poter staccare per quel tanto che bastava da riprendere fiato dopo i tre mesi intensi di quell’inizio anno. Persino io ero sollevata di poter dare un taglio alle mie lezioni e riposarmi, e mi organizzai una tranquilla gita ad Hogsmeade proprio per il giorno prima della vigilia, magari per comprarmi qualche regalino.. o per tenerne uno pronto per Jerard - se mai Silente l’avesse riportato prima di Natale.
Il giorno dopo, mi avviai di buon mattino verso la stradina che portava ad Hogsmeade e decisamente di buon umore percorsi buona parte del viale esterno alla scuola canticchiando fra me e me. Quando giunsi davanti ai cancelli mi stupii di trovare Piton che usciva - proprio in quel momento, intraprendendo anche lui la strada che portava ad Hogsmeade a passo celere.
“Severus” lo chiamai e lui si paralizzò e senza preoccuparsi minimamente della sua reazione si voltò appena per guardarmi con disprezzo.
“Sì?” chiese sforzandosi di essere pacato.
“Anche tu ad Hogsmeade, a comprare gli ultimi regali di natale?” dissi sprizzando felicità da tutti i pori saltellandogli per un attimo a fianco, come un bambina in festa.
“Regali?” ripeté ironico, continuando a tenere il passo svelto e gettandomi un’occhiata disgustata dalla mia eccessiva felicità.
“Suvvia, Severus! Non vorrai dirmi che tu non festeggi il natale?” chiesi tenendo il suo passo dannatamente veloce.
“Proprio così” rispose con voce piatta, mentre la strada si apriva sul villaggio pieno di gente che trasportava buste e bustine.
Vedere le luci natalizie mi metteva sempre il buonumore e volevo che almeno quel natale fosse speciale. Severus intanto si era decisamente dileguato e io mi lasciai trasportare dall’animosità della gente che felice si dirigeva di negozio in negozio per comprare i regali da mettere sotto il proprio albero.
Anche i locali quel giorno erano strapieni e nessuno, tranne la Testa di porco, aveva un tavolo libero a propria disposizione. Con riluttanza dopo le spese, mi guardai intorno costretta a prendere una stradina per raggiungere il malconcio locale.
Quando entrai, me ne pentii subito. Il luogo era angusto e la clientela – compreso il padrone – erano decisamente strani. Tutti mi fissarono attoniti, per loro doveva essere una novità che una donna di giovane età entrasse in quel locale disgustosamente sudicio, mi aggirai per qualche tavolo, finchè non ne raggiunsi uno accanto alla finestra trovo sporca per poter vedere qualcosa fuori se non sagome offuscate.
Il barista continuò a fissarmi in lontananza alle prese con uno straccio sporco, con cui puliva un bicchiere. Posando le buste, tornai dal barista che mi guardò seccato dalla mia presenza al bancone.
“Scusi..” dissi gentilmente, “.. non è che avrebbe del succo di Zucca?”
“No” mi rispose senza alzare gli occhi, mantenendo con più vigore lo strofinaccio.
Deglutendo, mi guardai in giro. Ogni singola persona la dentro, aveva gli occhi su di me.
“Se fossi in lei” disse burbero il vecchio padrone, “non me ne starei da queste parti.” E alzando gli occhi rivelò due splendidi occhi azzurri che le ricordarono qualcuno, ma troppo preoccupata ad annuire, mise da parte quel pensiero.
Tornò al suo tavolino e vide un uomo seduto lì.
“Pericoloso per una ragazzina, girare sola soletta.” mormorò tenendosi il volto coperto, dove solo gli occhi si intravvedevano chiaramente.
Presi le buste ignorandolo e quando stavo per uscire, quell’uomo mi sbarrò la strada.
“Ferma!” mi ordinò in un sussurro basso e rauco.
Messa con le spalle al muro, lo guardai reprimendo l’orrore. Gettai un’occhiata alle spalle di quell’uomo cercando qualcuno che mi guardasse, ma tutti avevano perso interesse a fissarmi.
Dannazione! pensai.
“Che vuole?” chiesi a mezza voce.
Mi prese per il polso e mi portò fuori il locale, in una stradina laterale. Non c’era nessuno, le strade erano completamente sgombre. Tutti avevano evidentemente finito le proprie spese.
Mentre l’uomo incappucciato mi tirava, cercai la bacchetta con la mano libera, senza trovarla però – dovevo averla lasciata nel mio alloggio, per la fretta di uscire.
Rimpiansi la felicità che avevo provato quella mattina, e mi maledissi per aver deciso di entrare in un locale tanto maledetto.
Ad un certo punto l’uomo si fermò nel bel mezzo della strada mentre i fiocchi di neve ci sfioravano e alcuni si posavano sui nostri abiti. Mi guardò oltre i suoi occhi azzurri(deve essere la giornata degli occhi chiari – pensai, cercando di sdrammatizzare) e si levò lo straccio che gli copriva il volto, mostrando un bell’uomo dagli zigomi pronunciati, che portava una barba non troppo folta.. con labbra fine(segnate soltanto da una cicatrice che attraversava l’angolo sinistro del labbro inferiore) e i capelli lunghi fin quasi alle spalle.
Spavalda lo guardai con disgusto. Un attimo dopo l’uomo si avvicinava a me puntandomi la bacchetta sotto il mento.
“Faresti meglio a tenere la sfrontatezza per altra gente, ragazza!” disse dolcemente, “E ora..” mormorò platealmente a voce alta “.. permettimi” si avvicinò e io indietreggiai trovandomi con le spalle contro la parete. Socchiusi gli occhi e pregai in silenzio che non mi accadesse nulla, ma oltre l’angolo c’era il respiro di qualcuno che ascoltava.. restai a lungo immobile, isolandomi e scoprendo che quella persona la conoscevo. Quando quel ragazzo mi sfiorò la guancia con i polpastrelli, si fermò improvvisamente pietrificato. Riaprii gli occhi e vidi Severus che gli puntava la bacchetta alle spalle.
“Faresti meglio” disse lentamente scandendo le parole “a sparire” digrignò i denti a queste ultime parole, e l’uomo arrogante si voltò a fronteggiarlo convinto magari di spaventarlo con “BUH!”. Era poco più alto di Severus, ma non incuteva sicuramente più paura di lui.
L’uomo senza nome, indietreggiò. “I-io..”
“Vattene!” gli ordinò Piton facendo echeggiare la sua furia in ogni angolo di quel vicolo.
Il volto pallido era contratto da spasmi irregolari e le labbra erano increspate in una smorfia di evidente disgusto. L’uomo non se lo fece ripetere due volte e scappò il più veloce possibile da lì.
Quando fummo soli, ci guardammo un attimo interminabile mentre lui tratteneva la rabbia con lo percorreva. Mi sentii appagata da un’insensata sensazione di felicità e notai distrattamente che la neve stava scendendo a fiotti coprendo in fretta il vicolo, di neve.
Cercai di trattenermi dal dirgli grazie, per qualche ragione sapevo che ringraziarlo l’avrebbe fatto arrabbiare ancor di più di quanto già non fosse. Arrossii con il cuore a mille, come quello di una ragazzina e gli indirizzai uno sguardo di scusa, anche se in verità non so proprio di cosa dovessi scusarmi. Lui sempre pallido di rabbia non disse più una parola durante il tragitto, ma trasse qualche respiro profondo – forse cercando di sbollire la collera – di tanto in tanto, facendomi strada verso Hogwarts, sotto la neve fitta.
Un’ora dopo eravamo nuovamente davanti ai cancelli, lì mi fermai e alzando gli occhi al cielo scorsi i merletti che si stagliavano davanti a me, il castello era magnifico. O forse ero io che vedevo tutto con altri occhi.
Scossi la testa, e sentii lo sguardo di Severus su di me. Volsi piano il capo verso di lui e quando i nostri occhi si incrociarono sussultai come scossa da corrente elettrica, il mio cuore prese ad accelerare e i brividi mi percossero il corpo partendo dalle braccia. Lui distolse lo sguardo e attraversò i cancelli, sempre senza una parola.
Non mi spiegavo cosa mi stesse accadendo, o almeno, non volevo crederci. Non poteva succedere a me.
“No no no” farfugliai sotto voce, ma lui colse comunque i miei borbottii e ormai all’ingresso della scuola mi chiese: “Cosa sarebbe a dire no?” sussurrò con voce arcigna, sollevando un sopracciglio e scrutando il mio volto in cerca della risposta.
“Ehm” dissi cadendo dalle nuvole e arrossendo(o meglio.. prendendo fuoco!), balbettai qualcosa del tipo “N-null.. N-Nulla!”
Severus mi scrutò poco convinto e quasi facendo spallucce irritato sparì oltre la scala dei sotterranei. Restai lì a lungo, pensando con preoccupazione ciò che significava tutto quello che provavo, ovvero: problemi.
Proprio come mi aspettavo, il mio comportamento nei suoi confronti mutò decisamente e non riuscivo per qualche ragione a trovare le parole ogni volta che lo incontravo e quando mi capitava – nelle rare volte in cui accadeva – che mi parlasse tendevo a fare figuracce pazzesche, tipo: ammutolirmi, balbettare, inciampare e cose simili. Davvero imbarazzante, e lui tendeva a sogghignare malignamente ogni qualvolta capitava. E quando capii che la sua poteva essere un’arma contro di me, prese ad affiancarmi sempre più spesso durante le vacanze natalizie. Iniziavo a non sopportare la sua continua presenta – anche se ammettevo che fosse piacevole, ma sapendo il motivo per cui mi punzecchiava mi trattenni più volte dal mandarlo al diavolo.
Una sera infatti, mentre mi allontanavo a passo celere da Severus sbottai furiosamente: “Oh maledetto il gargoyle, che mi ha fatto arrivare in questa scuola!”
Severus quella sera aveva deciso che era il momento di obiettare il mio «nuovo» modo di fare, che contrariamente a quanto diceva sembrava divertirlo parecchio.
Percorsi l’ingresso che portava al ponte e quando arrivai fui finalmente lieta di essere lì, sola con il silenzio e la mia solitudine.
Quella settimana le cose erano peggiorate, e ogni attimo di quelle vacanze che erano iniziate così bene, sembravano essere destinate ad essere solo l’ombra di un vero e proprio incubo.
Mi sporsi oltre l’arcata, guardando il vuoto sottostante con immenso desiderio di lasciarmi andare, ma pensando a quanto stupida fosse un’azione come quella mi allontanai immediatamente lasciandomi crollare lungo la parete in legno trovandomi con le gambe strette al petto e la testa china su esse.
Sentendo dei passi in lontananza e una porta schiudersi, non mi stupii, rialzando il capo, di vedere la sagoma spiccare da quella porta. Risi mentre depressa aspettavo un’altra sua sentenza sul mio bizzarro comportamento, che in fondo io odiavo parecchio.
Quando fu a portata d’orecchio disse: “Si può sapere, che ti prende?” chiese diretto senza preamboli.
Lo guardai stringendo gli occhi seccata: “Che ne puoi sapere tu?” mormorai sprezzante alzandomi in piedi. Gli occhi neri di Piton mi colpirono come una frusta a quella risposta.
“Sei..” incominciò con tono piatto, cercò la parola adatta.. finchè io non dissi frustrata: “Odiosa?”
“No” rispose lui freddo.
“Disgustosa allora..” aggiunsi vedendo il volto di Severus contrarsi in una smorfia seccata.
“Io proprio non ti capisco” disse sinceramente Severus con un moto d’irritazione, mentre si appoggiava ad un’arcata, “A volte sei estroversa, spigliata.. naturale” aggiunse senza incrociare il mio sguardo posandolo altrove. “Ma ora.. la tua spavalderia tanto ovvia (gli lanciai un’occhiataccia) quando infantile (sbuffai sonoramente, ma lui mi ignorò) è scomparsa.. Sei incerta su ciò che dici e spesso le balbetti anche.. sei chiusa in te stessa e se vuoi sapere la verità.. mi dai sui nervi.” Cercò i miei occhi e mi guardò sincero. “Qual è il problema?” chiese pacato, con una nota leggera di gentilezza nella voce.
Lo guardai stringendomi nelle spalle e pensai che dopo tutto, se lui era stato sincero con me.. potevo esserlo anche io.
Non farlo – mi disse una vocina nella mia testa – te ne pentirai, Sarah!
Oh insomma, risposi alla vocina pestifera.. non potrebbe andare peggio di così!
Non farlo – ripeté la vocina.
Taci! e poi scossi la testa, rendendomi conto di parlare con una vocina immaginaria.. stavo proprio delirando.
Alzai gli occhi e vidi lo sguardo di Severus accigliato che si tratteneva dal ripetere che gli davo sui nervi facendo così.
“Allora?” disse seccato, perdendo la poca calma che aveva cercato di mostrarmi.
“Il fatto è..” indugiai un attimo e poi tutto d’un fiato ripetei furente: “Il fatto è che io ti amo!”
“Non è possibile” mormorò aspro fissandomi con cipiglio.
“Perché? Non mi credi?” dissi avanzando, mentre lui stava immobile con un sopracciglio arcuato.
“Non è questo” rispose pacato, con il suo fastidiosissimo tono di totale indifferenza.
Avanzai di un altro passo sorridendo. “No infatti.. il fatto è che mi ami anche tu, ma tu a differenza di me hai paura di dirlo apertamente”
“Tu stai delirando” ribatté acido.
“Un magnifico delirio allora” risposi perfettamente tranquilla, con una certa nota d’ironia nella voce. Finalmente sentivo di essere tornata libera di essere me stessa, il macigno che avevo sullo stomaco lo avevo appena gettato sentendomi nuovamente audace come poco tempo prima.
“Non direi proprio.” fece per voltarsi, incamminandosi verso il grande portone che riportava dentro alle mura di Hogwarts.
Corsi. Non appena lo affiancai, appoggiai la mia mano sulla sua spalla. Lui si voltò impassibile.
“Che vuoi ancora?”
“La storia dell’uomo cinico che non ha sentimenti con me non funziona! Quindi è inutile.” conclusi mentre ostentavo appena un desiderio di dirgli anche che non serviva che mi respingesse un momento di più. “Volevi sapere che problema avevo.. e ora lo sai! E tu che fai? Te ne vai.. fuggi via..” lasciai le parole in sospeso facendo calare il silenzio tra di noi, un silenzio teso che di parole ne diceva più di quanto avesse potuto anche solo discutendone.
Mi fissava accigliato.
“Sarah” disse infine dopo un lungo silenzio, “di grazia, cosa ti fa pensare che io ti ami?” strinse le labbra e al mio sguardo perplesso passò un ghigno di vittoria. Non sapevo perché avevo detto con convinzione che anche lui ricambiava, ma ne ero convinta. Il mio era un sesto senso.
“Ebbene?” aggiunse, sarcastico e in modo maledettamente perfido.
Sbuffai non riuscendo a trovare le parole adatte e feci per andarmene decisamente arresa, ma lui mi fermò come al suo solito prendendomi il polso.
“Devi rispondere” sussurrò in maniera suadente.
Mi voltai e socchiusi stancamente gli occhi.
“Non lo so.. è come una sorta di sesto senso.” spiegai sapendo che mi avrebbe preso sicuramente per una stupida.
“Sesto senso?” ripeté impietrito, “E’ di certo la cosa più stupida che tu potessi dire.”
Cercai di capire se stesse scherzando e quando mi voltai nuovamente verso di lui, si era già allontanato a grandi passi nella direzione opposta all’entrata della scuola.
Lo seguii nuovamente e la cosa iniziava ad irritarmi. Il nostro era un tira e molla perentorio e temevo avremmo continuato così ancora a lungo. Mi augurai che non fosse così.
“Scherzi?” dissi affannata, mentre mi piegavo sulle ginocchia per la stanchezza. Il suo passo era dannatamente veloce.
“No” disse secco, “non ci si affida a cose come il sesto senso! Deve essere una cosa che tu sai, e se la sai.. sei certo che questa sia vera.”
Alzai gli occhi, e lo vidi chinarsi verso di me. “Dannatamente infantile a volte.” e detto questo si allontanò nuovamente a grandi passi, senza che io lo seguissi.
Fissai il suo mantello nero sparire oltre le grandi porte per poi richiudersi immediatamente. Infantile?
Più ci ragionavo e più non capivo il motivo di tanta rabbia, mi sarei aspettata una risata ma non rabbia. Erano due giorni che non vedevo l’ombra di Severus per i corridoi, sembrava si fosse nuovamente deciso ad evitarmi e io, non potevo che essere arresa.
Fortunatamente le vacanze natalizie stavano per terminare e dopo quei tre giorni gli alunni sarebbero tornati nelle loro classi, e io avrei smesso di pensare troppo impegnata dal mio lavoro.
Una sera stavo correggendo qualche relazione che avevo assegnato prima delle vacanze e mentre intingevo per l’ennesima volta la mia piuma mi fermai sentendo passi arrivare dal corridoio fino a raggiungere la mia porta e fermarsi. Senza esitare dissi: “Avanti”.
La porta si aprì e apparve chi più di tutti desideravo entrasse da quella porta. Severus.
Lasciai cadere la piuma. E tutto accadde in un attimo.
“Io ti odio quando fai così!” gli dissi andandogli incontro.
Lui fece un mezzo sorriso. “Lo so”
“E allora perché..?” chiesi arrivandogli vicino alla punta del suo naso. I miei occhi inquisitori lo scrutavano con inconsistente rabbia.
“Non ne ho idea.” disse avvicinando una mano alla mia guancia. Socchiusi gli occhi al suo tocco leggero e intenso allo stesso tempo.
I brividi mi percossero come la volta in cui eravamo ai cancelli quando avevo realizzato ciò che provavo realmente per lui.
“Infantile?” sussurrai schiudendo appena le labbra, sentendo poi le sue dita disegnarne i contorni.
“Sì” sussurrò con voce carica di desiderio, carezzandomi le labbra con le sue.
Trattenni i sospiri che ormai si erano fatti irregolari sentendo le labbra di Severus arrivare sino all’incavo del mio collo.
“Cosa..” mormorai cercando di parlare, ma lui mi fece tacere continuando a baciarmi sempre con più ardore e trasportata lasciai le nostre labbra danzare insieme.
Quando mi lasciò(senza nemmeno una parola), ero completamente smarrita, non avevo parole e ne pensieri. Sapevo solo che ero completamente impazzita per un uomo che avevo detestato con ardore e che ora volevo come nessun altro in vita mia.
*
Quando le vacanze terminarono le lezioni ripreso, ma di Silente non si vedeva ancora l’ombra. Non avevo il coraggio di parlarne con Severus, poiché da quella sera non avevamo più scambiato nemmeno una parola e la cosa era già abbastanza imbarazzante.
Non sapendo bene che fare avevo lasciato che le cose andassero così seguendo il loro corso e sperando in un miglioramento delle cose tra di noi. Sperare dopo tutto non era proibito.
Ma Severus evitava caldamente di incontrarmi da solo, anche se alle volte i nostri sguardi si incrociavano appena quasi cercandosi. Quello che supponevo è che anche lui fosse confuso, anche se al contrario di me non lo dava molto a vedere, mentre io alle volte mi ci perdevo proprio.
Sentivo il fuoco scorrermi nelle vene, la passione bruciarmi dentro e detestavo non capire se fosse tutto frutto di un desiderio passeggero. Non volevo abbandonarmi così a qualcuno che non amavo veramente, sarei andata contro i pochi principi morali che mi avevano resa quella che ero.
“Professoressa?” scossi la testa vedendo un alunno del primo anno guardarmi interrogativo.
“Ehm sì?” chiesi risistemando le pergamene sulla scrivania dell’aula completamente vuota.
“Il professor Piton, mi ha mandato per avvertirla che il professor Silente è tornato..”
“Solo questo?”
Beh certo, che poteva venirti a riferire il ragazzino?! – disse la vocina che ormai sembrava essersi unita alla mia completa pazzia.
“S-sì” annuì l’alunno.
“Bene, puoi andare.” congedandolo, lo seguii svelta per raggiungere l’ufficio del preside.. nel momento in cui arrivai vidi Severus attendermi all’entrata del passaggio segreto – già aperto – che portava alla scala a chiocciola.
Alzò gli occhi verso di me e io incrociando i suoi non feci una piega. “Ora mandi i tuoi alunni per parlare con me?” chiesi scettica avanzando.
“Sono convinto che fosse la cosa migliore” annuì lui, senza cedere.
“Al diavolo ciò che è giusto!” sbottai, salendo la scala a chiocciola e sentendo i suoi passi poco dietro di me.
Bussammo e quando entrammo l’ufficio era vuoto.
Ci guardammo intorno per notare che non c’era anima viva in quella stanza, nemmeno la fenice Funny.
“Che..” incominciai, mentre Severus si adagiò su una sedia all’angolo della parete circolare. “.. significa?”
“Niente, solo che dobbiamo aspettarlo” disse Severus con il tono annoiato di chi è stufo di dover spiegare ogni insignificante piccolezza.
“Dettagli, certo!” mormorai fuori di me.
“Perché ti scaldi tanto?” sussurrò ironico Severus, lanciandomi uno sguardo persuasivo.
Arrossii e non riuscii più a ribattere nulla, lasciando così il solito silenzio imbarazzante scendere su di noi.
Ma Severus più che imbarazzato sembrava crogiolarsi felicemente in quel silenzio pieno di equivoci e la cosa mi dava davvero sui nervi, facendomi spazientire sempre di più ogni minuto che passavo in sua compagnia.
Silente spalancò la porta trascinando con sé Jerard ferito. Vedendolo scattai in piedi e corsi verso di lui.
“Oh Jerard” mormorai passandomi un suo braccio sulla spalla e trascinandolo fino a dov’ero seduta.
Lui mi guardò oltre i suoi occhi color ghiaccio e un sorriso – seppur dolorante – apparve sul suo viso. “E’ bello rivederti, piccola.” riuscì a dire. Ricambiai il sorriso stringendogli una mano, fino a guardarmi oltre le spalle. Severus ci fissava impenetrabile ma con chiaro disgusto, mentre Silente invece si era lisciato la veste per poi sedersi sulla sua sedia dietro la scrivania del suo ufficio.
“Silente” iniziai a dire e lui fece un cenno di far silenzio.
“Questa è una lunga storia. Penso che il signor Constantine preferirà riferire lui stesso ciò che ha da dirle, Sarah.” Scambiò un’occhiata con Jerard e lui dolorante annuì.
Lo guardai confusa, cosa che ormai capitava troppo spesso e diretta chiesi: “Cosa riguarda?”
Jerard mi guardò dispiaciuto e sussurrò: “Riguarda te, Sarah.. e Liliam.”
Me.. e Liliam. Cosa voleva dire?
 
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106 replies since 30/12/2008, 22:27   1559 views
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