Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

Silent Screams – Sotto il velo

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sar3tta89
view post Posted on 22/1/2009, 21:33 by: sar3tta89




Ok eccoci al quinto capitolo, scusate l'attesa ma ho talmente tante cose che.. solo oggi ho avuto il tempo di dare un'occhiata al testo.

Lascio a voi i commenti.
Bacione, Sara









5. Verità di Ghiaccio (Seconda Parte)





Capii che la buona fede di Severus ad aver mantenuto il segreto era sincera, e mi sentii appagata da un’inaspettata felicità.

Potevo finalmente condividere il mio segreto, e volevo che ci fossero entrambi per poter dire veramente tutto.

Silente colse quel mio desiderio inaspettato negli occhi, e assentì immediatamente alzandosi e parlando ad uno dei quadri appesi dietro di lui.

Qualche minuto dopo, qualcuno aveva bussato alla porta. E indubbiamente non poteva essere altro che Severus, a quell’ora della notte.

A meno che non fosse accaduto qualche altro omicidio. A questo pensiero rabbrividii inconsciamente.

Severus tossì come per risvegliarmi dai miei incubi ad occhi aperti e snervata da quei modi sempre poco educati, lo guardai truce.

“E’ da bambina che possiedo quest’innata capacità.” incominciai, sapendo che qualcuno nella stanza conosceva già questa parte della storia.

Silente mi fissava silenzioso, con uno sguardo interessato e quasi incuriosito dalla storia che ancora non conosceva.

Severus invece se ne stava seduto affianco a me, e non mi guardava nemmeno. I suoi occhi guardavano oltre le spalle di Silente, oltre la finestra , e chissà in quale posto andavano a posarsi.

“Avevo all’incirca sei anni, quando ebbi la prima prova che constatò che non avevo un normale udito come quello degli altri esseri umani. Potevo sentire tutto anche a distanza di chilometri, e in primo tempo è stato davvero insopportabile..” il ricordo tanto acceso di quei momenti mi fece stringere nelle spalle, ricordai le vivide urla che avevo lanciato i primi giorni “.. tanto che mi diedero per pazza. I miei genitori adottivi, non sapevano che mi stesse succedendo e mi sottoposero a molte cure, finché” socchiusi gli occhi rivivendo quei terribili momenti che avevano costellato la mia triste infanzia “ non fui rinchiusa in una casa di cura per malattie mentali.”

Sospirai e gettai uno sguardo preoccupato a Silente, che invece mi osservava con molta dolcezza. Non osai osservare l’espressione di Piton, ma vidi con la coda degli occhi che aveva smesso di fissare la finestra e che aveva rivolto la sua attenzione su di me.

Perfetto, pensai.

“Cosa è successo in quel posto?” mi chiese Silente evidentemente preso.

“Non riuscivo a controllare i rumori che entravano e uscivano dalla mia testa, e per me era davvero come impazzire. Per quanto giovane che fossi, mi ero davvero convinta di essere pazza..”

Lasciai che il silenzio calasse per un millesimo di secondo, il tempo di ricordare i particolari che avevo sommerso con gli anni.

Premetti le dita contro le tempie.

“Ricordo che un anno dopo, che stavo lì dentro, avevo iniziato a migliorare. Potevo regolare come delle frequenze i rumori, e sintonizzarmi su quello che desideravo sentire.. e finsi di non aver più quegli strani sintomi che mi rendevano agli occhi umani, una pazza.”

Consciamente evitai di accennare a particolari a cui mi sentivo in parte legata.

“L’anno seguente ritornai alla mia vita, alla mia famiglia.. a scuola. Sembrava essere tutto normale dopo che ci avevo preso la mano.. ma ai miei tredici anni qualcosa aveva nuovamente sconvolto il corso degli eventi. Ero in casa mia, nella mia stanza al piano di sopra.. con un’amica a fare i compiti. Era pomeriggio inoltrato.. e sentii un rumore al piano di sotto.. una lotta disperata.. il tutto se fossi stata normale l’avrei sentito come la mia amica, un normale rumore di chi sposta i mobili per pulire, o cose simili”





Tornai con i ricordi a quei giorni, a quella casa.

Risalii quelle scale che avevo sceso così tante volte in vita mia, entrai nella prima stanza lungo il corridoio a sinistra delle scale, e vidi il luccicare dei colori dell’arcobaleno sulla carta da parati.

Il mio letto spinto appena al fianco destro della camera con il comò sotto la finestra, e una luce fioca provenire dalla scrivania posta trasversalmente al letto, dove io stavo seduta accanto alla mia amica Jenna.

Ai piedi del letto proprio accanto al muro stava il mio armadio, su cui dentro stavano meravigliosi specchi tutti rifiniti a mano.

Riabbracciai quella pacifica calma, quell’incantevole momento in cui ti confidi con un’amica. Ma tutto fu spezzato. Strinsi i pugni sulle ginocchia e sentii addosso gli occhi di Severus in particolar modo, stava cercando di capire cosa provassi forse.

Sentivo la sua tensione mentre raccontavo. Lo vedevo irrigidirsi sempre di più sotto la punta del mio naso.

“Vorrei poter spiegare” mormorai rendendomi conto che ero incapace di render vivo un ricordo tanto brutale.

Me ne stavo seduta nella mia cameretta, e chiacchieravo allegramente con Jenna. Sorridevo finché non sentii un affanno, un urlo silenzioso coperto da una mano posata sopra le labbra che lo emettevano. Un corpo solido che urtava un mobile, e potevo anche sapere quale.

Mi irrigidii. La mia amica mi vedeva spesso perdermi in un bicchier d’acqua, perciò non s’infuriò.

Le chiesi se aveva sentito quel rumore, e mi sorrise dicendomi che come al solito mia madre faceva davvero troppo caos per spostare i mobili.

Ma sapevo che non era così. Le chiesi di restare dov’era, e quando fui certa che non si sarebbe mossa di là saltai lungo le scale, con una velocità inaudita, con una forza che mai mi sarei aspettata di avere sfondai la porta.

L’adrenalina poteva fare tante cose, pensai. Ma abbandonai quel dettaglio, e mi gettai a capofitto verso il corridoio immenso.
Fino ad arrivare nella cucina ormai diventata silenziosa. Mi fermai davanti alla porta, cercando di percepire un qualsiasi rumore.

Magari mia madre che si muoveva con goffaggine tra i fornelli, o che sbuffava per aver esagerato troppo con qualche spezia. Tutto taceva in cucina.

Sentivo Jenna al piano di sopra dondolarsi sulla sedia, ma non sentivo nulla provenire dalla cucina.

Cercai di ritrovare il coraggio, e spinsi la porta scorrevole.

Apparentemente non vi era nulla di strano osservando il tutto dalla porta. La cucina e l’isolotto erano apparentemente immacolati dalla mia angolazione.

Girai con molta calma l’isolotto e per un attimo sospirai, pensando di essere stata troppo esagerata. Ma arrestai quei pensieri all’istanti nel momento in cui vidi la cosa che più avevo temuto.

Mia madre che giaceva a terra, priva di ogni colorito. Era rigida quando la toccai, e decisamente gelida. Inconsciamente trattenni il respiro e un urlo scivolò via poco dopo.

Mi resi conto di aver guardato dalla parte sbagliata per cercare qualcosa che non andava. Dalla parte che ero entrata, sopra la porta, il sangue imbrattava le pareti una volta di un bianco immacolato.

“Mamma” scossi il corpo. Niente.

Più tardi quando Jenna mi venne a cercare, non vedendomi far ritorno in camera corse fuori dalla stanza urlando. Non la rividi più d’allora.




Guardai Silente riemergendo da quel ricordo spiacevole. E mi resi conto che ero bagnata sulle guance e sul mento, evidentemente avevo pianto.

Severus invece se ne stava in disparte, in piedi accanto alla finestra, e in qualche modo ringraziai quello spazio di intimità che aveva lasciato allontanandosi.

“Sarah, ci racconterai il resto un’altra volta. Va a riposarti.” Annuii e strinsi la mano a Silente, ringraziandolo di avere tanta pazienza.

Il preside mi strinse a sua volta la mano, e forse vedendomi troppo sconvolta gettò un’occhiata verso l’ombra alla finestra e gli disse: “Severus, saresti così gentile da accompagnare la nostra professoressa fino al suo alloggio?”

Non ebbi il tempo di rifiutarmi che Piton mi aveva già affiancata.

Restò in silenzio tutto il tragitto, e fu davvero un sollievo non dover commentare il mio triste passato con lui. Non mi piaceva parlare di me, non volevo essere l’oggetto di una discussione.

Quando raggiungemmo la porta del mio ufficiò, mi guardò con circospezione e mi chiese con voce vellutata: “Chi è Liliam?”
Lo guardai torva, e ignorando la sua domanda dissi stancamente:“Un’altra volta Severus. Notte.”

Richiusi la porta alle mie spalle, e lo sentii andare via senza dire nulla, senza lamentarsi.

Aggirai la scrivania per raggiungere la porta della mia stanza e l’aprii.

Mi distesi sul letto e guardai il soffitto per ore senza riuscire a prendere minimamente sonno.

Liliam, ripensai. Perché mi aveva chiesto di lei?
Abbandonai il mio letto, e mi rivestii lasciando anche il mio ufficio.

Scesi le scale mobili con un po’ di difficoltà, non mi ero ancora abituata al loro continuo cambiare.

Poco dopo mi ritrovai finalmente davanti alla Sala Grande, vi entrai stancamente e con mia sorpresa vi trovai Silente, la McGranitt e Sibilla Cooman.

Quest’ultima confabulava sottovoce all’orecchio di Minerva, che annuiva torva. E di tanto in tanto scuoteva la testa contrariata.

Non appena varcai la soglia, gli occhi azzurri di Silente si posarono su di me e con un gesto sempre molto cortese mi invitò ad avvicinarmi.

La Cooman si scostò dalla McGranitt e sgranò gli occhi spaventata, scusandosi e sparendo nella porta dietro alla tavolata degli insegnanti.

“Devi scusare Sibilla.” mi disse Minerva, seguendo il mio sguardo vacuo sulla porta chiusa dietro di loro “E’ una brava donna.” aggiunse.

Annuii.

“Desideri anche tu fare uno spuntino notturno, Sarah?” sorrise Silente, indicando tutto il ben di Dio che si trovava sulla tavola.

Sorrisi e mi accomodai alla sinistra del vecchio preside, servendomi anche io qualcosa nel piatto. Mentre trangugiavo un panino con la marmellata, Silente e la McGranitt si lasciarono andare in una conversazione riguardanti Clarence Wilson e l’altro tirapiedi mandati dal Ministero della Magia.

L’ultimo io personalmente, non l’avevo ancora incontrato e ringraziavo la fortuna per questo.

Se Clarence Wilson mi aveva dato del filo da torcere, immaginiamoci l’altro cosa mi avrebbe combinato. Avevo fin troppi problemi, senza contare la mia immaginaria relazione con l’insegnante di pozioni in questione.

Emisi un sospiro, e Silente non se lo lasciò sfuggire – accantonando momentaneamente la sua interessante conversazione con Minerva McGranitt.

“Qualcosa ti preoccupa?”

La McGranitt mi fissò oltre i suoi occhiali rettangolari, lasciandoli cadere distrattamente sulla punta del naso.

“No, professore. Sono solo molto stanca.”

Nonostante la mia risposta, Silente mi fissò e lasciò trasparire uno sguardo di profondo dubbio.

Sapeva che non era proprio questa la motivazione, ma tornò comunque a parlare con la McGranitt e di tanto in tanto a guardarmi come a incoraggiarmi a confidare le mie preoccupazioni.

Quando finii di mangiare, sia Silente che la McGranitt si alzarono e mi augurarono la buonanotte. Io restai ancora qualche minuto a fissare le tavolate delle quattro case vuote, e a riflettere.

I pensieri mi portarono più in là di quanto avrei potuto credere e crollai troppo stanca per raggiungere il mio alloggio.
 
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106 replies since 30/12/2008, 22:27   1559 views
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