Severus Piton & Alan Rickman Fan Forum

moon poisoned, godetevi questa storiella

« Older   Newer »
  Share  
banchan
view post Posted on 14/6/2008, 11:59 by: banchan




ecco a voi il seguitoooo!! TADAAAN, mi scuso per le torture che infliggo a Sev, mi scuso anche perchè non sono affatto finite, volevo creare una situazione un pò tragica, (masochismo?), spero che vi piaccia comunque, in seguito migliorerà, non vi preoccupate. preparate i fazzolettini *si inginocchia con le mani giunte*

mi voltai verso l’alta finestra sforzandomi di non emettere alcun suono, si intravedeva la luna, lentamente sussurrai : “guardi, la luna è quasi piena, che ci abbia inebriato, avvelenato? In fondo…è sempre la luna…”.
Anche Piton volse lo sguardo alla luna e sembrò prendere un po’ di colore, con un filo di voce mi rispose “la luna è la causa di tutto” dicendo questo mi si avvicinò nuovamente mi cinse la vita cogliendomi di sorpresa, sentivo il suo fiato sul collo …i suoi lisci capelli ricadevano soffici sul colletto della mia divisa, ne sentivo il profumo, presi il suo volto tra le mani e lo baciai dolcemente una, due, tre volte. Finalmente la sua debole voce spezzò il silenzio con delle parole che crearono dei solchi giganteschi sul mio animo “non…lasciar...ancor…”. mi guardava con degli occhi nei quali leggevo il dolore più nero e la passione più lacerante, non ero io quella che stava tenendo tra le braccia. Eppure non avevo forza per sottrarmi.
Appoggiai nuovamente il viso contro il suo corpo, i battiti del suo cuore, con voce soave cominciai a cantilenare la ninna nanna che mio padre soleva cantarmi quando ero piccola per permettermi di addormentarmi serenamente…quando smisi di cantare, decisa, puntai gli occhi nei suoi.
La mia mano scese a cercare quella di Piton, trovandola intrecciò le dita con le sue. Mi guardai intorno, era tutto così buio…rispecchiava fin troppo bene i nostri sentimenti, solo una cosa sembrava luccicare nelle tenebre, un contenitore che sembrava contenere luce liquida…gli rivolsi un ultimo sguardo e in silenzio uscii dalla stanza buia con la sensazione di avere un macigno nella gola.
Corsi per i corridoi, non sapevo minimamente dove stavo andando, continuavo ancora a correre, il cuore e a mille, arrivata al quarto piano che a quell’ora era silenzioso e deserto, mi appoggiai contro un muro, piangevo, volevo piangere, volevo piangere per il cuore ferito del professore, volevo piangere per il mio amore impossibile, volevo piangere perché sapevo che l’amaro nel mio cuore non sarebbe svanito tanto facilmente.
Fortunatamente il giorno dopo era domenica e potei dormire fino a tardi, quando mi svegliai Cassandra era al mio capezzale e mi guardava con gli occhi pieni di apprensione. Ricambiai lo sguardo e con la voce ancora impastata dal sonno le augurai buongiorno. Lei stringendomi forte il braccio mi chiese: “uno, mi devi dire come è andata ieri con George, due, mi devi dire perché sei fuggita a metà appuntamento e dov’eri, ti ho cercata dappertutto.”
Le dissi in poche parole cosa avevamo fatto il giorno precedente io e George all’appuntamento, saltando volontariamente la parte in cui ci eravamo baciati e le dissi che ero corsa via perché avevo una forte nausea e che ero stata in infermeria. Cassandra non aveva l’aria di essersela bevuta ma comunque mi disse con voce severa:”ieri ho parlato con George, pare che non riesca a trovare un controincantesimo per i suoi capelli, vai da lui, e scusati per essere fuggita…” annuii con un cenno del capo e mi misi i primi vestiti che trovai, scesi nella sala grande e incontrai alcuni ragazzi del grifondoro che chiacchieravano, c’era anche la sorella di George e Fred, Ginny, ma di loro neanche l’ombra, mi avvicinai a lei e le chiesi con voce mielosa “scusami sai dov’è George?” lei si voltò verso di me con aria noncurante e disse ”sì, è sul prato vicino al lago, sembrava abbastanza depresso” e con un’occhiataccia mi congedò. Mi incamminai verso il lago controvoglia…lo vidi da lontano, la sua figura smilza si stagliava contro il lago, ancora i capelli neri sulla testa. Mi avvicinai e con una pacca lo feci sussultare. Con voce stanca mi disse “ah sei tu…” feci un gran sorriso sforzato e mi sedetti accanto a lui, lo guardai negli occhi e mormorai: “abluo” e i suoi capelli tornarono del rosso di sempre, facendomi più vicina dissi:”scusami per ieri, non mi sentivo bene, avevo tanta nausea e non volevo vomitarti addosso, ero troppo emozionata…ehm dal bel pomeriggio trascorso insieme” sembrava una scusa un po’ forzata ma ci tenevo all’amicizia con George. Sorridendo il ragazzo mi disse “ah menomale, pensavo di aver esagerato di nuovo, credevo di averti spaventato, comunque visto che ora sei qui ne approfitto per domandarti ciò che non sono riuscito a chiederti ieri…” prese fiato e disse con decisione “Ottavia, diventa la mia ragazza”. Lo guardai fissa per un secondo poi sbattendo convulsamente le palpebre sfoderai un altro dei miei sorrisi forzati e con un filo di voce dissi :
“beh ecco…io”
TI PREGO!”
“fammici pensare per favore”
lo guardai fissa con decisione quando lui con un gran sorriso mi abbraccio e mi diede un rapido bacio sulla guancia. Mi alzai ridendo e mi incamminai con George verso il castello.
Perché gli avevo detto di farmici pensare se sapevo gia la risposta? Ancora non riuscivo a capirlo, pensai che stavo impazzendo, il mio unico pensiero, infondo, non aveva di certo i capelli rossi…

In quel momento l’uomo che occupava a mente di quella ragazza si trovava a miglia e miglia di distanza, nella stessa cittadina in cui, quattordici anni prima, egli giurò a se stesso che non avrebbe mai più dovuto cercare la felicità. Camminava lentamente per le strade buie, il cielo nuvoloso sopra di lui, era quasi sera, si avvicinò silenzioso verso il cancello della chiesetta che ricordava anche troppo bene, nel giardino si estendevano silenti molte steli di pietra, statue dagli occhi di ghiaccio, un piccolo sentiero. Il vento, forte e freddo, rispecchiava in pieno quello che c’era nel cuore di Piton. Camminava, camminava quasi automaticamente, a un tratto fece scorrere una mano nella tasca interna del suo vestito ne tirò fuori una sigaretta vecchia e consunta, con un leggero colpo di bacchetta la accese, facendo nascere un’unica, minima fonte di calore nel giro di almeno 100 metri, non fumava da 10 anni, il sapore amaro del tabacco gli scivolava lento nella gola, assaporava la triste sensazione a poco a poco, mentre guardava stagliarsi in lontananza la marmorea figura di una lapide bianca.


commentini pleaseee
 
Top
364 replies since 9/6/2008, 12:21   3723 views
  Share